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Il cardinal Makrickas a Tolentino: il pane è necessario per camminare verso il Regno di Dio

I ‘panini benedetti’ sono un segno particolare della devozione a san Nicola da Tolentino, legati ad un episodio della sua vita, in quanto, gravemente malato, ottenne la grazia della guarigione per intervento della Vergine Maria, che, apparsa in visione, gli aveva assicurato: ‘Chiedi in carità, in nome di mio Figlio, un pane. Quando lo avrai ricevuto, tu lo mangerai dopo averlo intinto nell’acqua, e grazie alla mia intercessione riacquisterai la salute’. Il santo non esitò a mangiare il pane ricevuto in carità da una donna di Tolentino, riacquistando così la salute. Da quel giorno san Nicola prese a distribuire il pane benedetto ai malati che visitava, esortandoli a confidare nella protezione della Vergine Maria per ottenere la guarigione dalla malattia e la liberazione dal peccato.

La Chiesa ha approvato l’istituzione e l’uso dei Panini nella quarta domenica di quaresima, prescrivendo un rito speciale per la loro benedizione, analogo a quello della benedizione delle palme, ma riservato all’Ordine Agostiniano. Mentre se ne fa la distribuzione ai fedeli, è cantato un inno che esalta i prodigi compiuti dai ‘panini benedetti’ Il rito si chiude con una preghiera al santo tolentinate nella quale si invoca il suo patrocinio su la Chiesa e su quanti lo pregano.

I ‘panini benedetti’ di san Nicola sono confezionati presso il Santuario con farina di grano ed acqua, senza lievito, cotti al forno. Sono un segno sacramentale della Chiesa, come lo è per esempio l’acqua santa, ed operano grazie nella vita in misura della fede nel Signore. Per tale occasione, invitato dagli agostiniani e dall’Unione Montana dei Monti Azzurri, il card. Rolandas Makrickas, arciprete coadiutore della basilica di Santa Maria Maggiore, ha concelebrato la santa Messa, al termine della quale abbiamo chiesto di spiegarci quanto sono importanti i ‘panini’ di san Nicola per la Chiesa:

“Sono venuto a conoscenza di questa storia dei panini di san Nicola, quando ho ricevuto dai padri agostiniani l’invito a venire a Tolentino per celebrare la quarta domenica di quaresima. La simbologia del pane è sempre molto suggestiva, in quanto esso è il nostro cibo quotidiano, ma anche un segno per pensare al cibo per la nostra anima. Il miracolo di san Nicola da Tolentino invita a pensare a questo significato di cercare, noi cristiani, a cercare il pane che sazia non solo il nostro corpo, ma soprattutto il pane ‘celeste’, che nutre la nostra anima per essere più vicini a Dio”.

Nella stessa domenica si è svolto anche il Giubileo dei Missionari della Misericordia: quanto è importante la misericordia di Dio?

“Nella Chiesa ci sono due pilastri principali: il sacramento della riconciliazione ed il sacramento dell’eucarestia. Per questo è importante ricordare la misericordia di Dio, che purifica la nostra anima per vivere meglio la vita cristiana. E’ molto importante ricordare queste persone, che a nome di Gesù, portano il perdono ai fedeli. I sacerdoti che si dedicano al sacramento della confessione sono i missionari della misericordia; per questo celebrare questa domenica e ricordare non soltanto il sacramento, ma anche le persone che celebrano questo sacramento avvicinandoci a Cristo attraverso il sacramento”.

Come vivere questo periodo verso la Pasqua nella misericordia?

“Questo periodo quaresimale ci ricorda che siamo in cammino continuo di conversione. Siamo chiamati durante la Quaresima a camminare attraverso un pellegrinaggio di conversione, sperimentando la misericordia di Dio e vivendola in modo pieno con la consapevolezza che c’è un Padre misericordioso che accoglie tutti”.

Per quale motivo anche in Lituania è venerato san Nicola da Tolentino?

“Da noi san Nicola da Tolentino è venerato soprattutto per la sua profonda spiritualità di pregare per le anime dei defunti, perché la vita umana continua nell’eternità. Da noi è molto sentita la preghiera a favore dei defunti, affinchè possano vedere il volto di Dio. Questa spiritualità di san Nicola da Tolentino era spesso ricordata nella mia famiglia”.

(Tratto da Aci Stampa)

XXI Domenica Tempo Ordinario: Signore, tu hai parole di vita eterna!

Il Vangelo descrive la reazione della folla e di alcuni discepoli di Gesù al discorso  a Cafarnao, dopo la moltiplicazione dei pani: ‘Io sono il pane vivo disceso dal cielo; chi mangia di questo pane avrà la vita eterna’. La folla rispose a Gesù. ‘Questo linguaggio è duro’; cioè incomprensibile, inaccettabile! Chi può intenderlo? La risposta di Gesù è assai ferma: ‘Questo vi scandalizza?  Allora se vedeste il figlio dell’uomo salire là dov’era prima?’ 

Per la folla il linguaggio è duro sia per l’intelligenza, che non riesce a cogliere il grande mistero dell’Eucaristia; sia per la volontà del popolo  che non intendeva accogliere Gesù come Figlio di Dio. Gesù non cambia anzi ribadisce: il mio corpo è vero cibo, il mio sangue è vera bevanda. L’Eucaristia è il grande mistero dell’amore di Dio: un amore incommensurabile, vero, gratuito e l’uomo, dinnanzi ad esso, non può rimanere passivo; il monologo deve diventare dialogo o, come si dice: amore con amore si paga.

L’uomo è chiamato a dare una risposta; è necessario operare una scelta: o accettare la proposta divina o andare via. Il Vangelo evidenzia che molti andarono via, Gesù non si scompone anzi dice ai dodici: se volete, potete andare via anche voi. Nella vita ogni uomo , ricco o povero, ignorante o dotto, è chiamato nella vita a fare la sua scelta nel nome di Dio; come Cristo Gesù ha amato la Chiesa dando la vita per essa, così nella famiglia lo sposa per la sposa e viceversa; sono scelte fondamentali.

La vita non è e non può essere uno scherzo; è quanto di bello, di nobile Dio ha realizzato  prima con la creazione, poi con la redenzione operata da Gesù, che è morto in croce per salvarci, ed ha istituito l’Eucaristia come cibo e nutrimento dell’anima per la vita eterna.

Accettare la proposta di Gesù è entusiasmante per chi ha fede. Gesù conosce bene l’esigenza del cuore umano, la debolezza dell’uomo e perciò il bisogno di una scelta generosa, di un ‘sì’ che coinvolga il credere e l’operare, l’intelligenza e la volontà. Da qui le parole di Gesù agli apostoli: scegliete! Volete restare e rimanere con me o andarvene? I dodici rimasero e Pietro, a nome di tutti, disse. ‘Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna’.

Anche se il discorso di Gesù appare duro, non ammette eccezioni, gli Apostoli hanno operato la propria scelta. Il tema della scelta oggi interpella ciascuno di noi: essere cristiani   comporta il diritto di invocare Dio ‘Padre nostro’; se Dio è padre, è necessario per noi vivere da figli, da fratelli tra di noi: non c’è alternativa. Non si può piegare un ginocchio davanti a Dio e l’altro davanti a Satana, al denaro, al gretto egoismo, al mero piacere per il piacere.

A Cafarnao i Discepoli scelsero Cristo ; noi, comunità cristiana, davanti all’Eucaristia dobbiamo operare la nostra scelta e rimanere fedeli alla scelta operata. Nella nostra scelta non può coesistere il doppio giuoco: nessuno può servire due padroni; con Dio non c’è compromesso, né doppio giuoco; Dio è Padre, che ti ama, e amore con amore si ripaga. Dio un giorno ci dirà: rendi conto della tua vita: cosa hai fatto della tua intelligenza? Della tua volontà? Dei carismi ricevuti e dei talenti a te affidati? 

Come verdi il processo ci sarà e sarà inevitabile. Non importa quello che dice la gente, o l’amico, o l’ammiratore; Gesù non giudica per sentito dire ma sarà la mia, la tua coscienza a dover rispondere. Amico che ascolti o leggi, è necessario essere uomini ricolmi di fede e di umiltà, come Maria, e con l’apostolo Pietro dire: ‘Signore, tu solo hai parole di vita eterna! Ma tu, Signore, sostieni sempre la mia fede’.   

XX Domenica Tempo Ordinario: tutti invitati al grande banchetto della vita!

Il tema della Liturgia è chiaro sin dalla prima lettura: ‘La Sapienza ha imbandito la tavola: venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che  ho preparato’. Il tema del banchetto è presente attraverso i suoi elementi costitutivi: il pane e il vino; mangiare e bere. Il sacramento dell’Eucaristia si rifà sempre alla cena pasquale degli ebrei durante la quale Gesù istituì l’Eucaristia utilizzando i mezzi a disposizioni: pane e vino ed ordinò ai suoi Apostoli. ‘Fate questo in memoria di me’. Nella Messa celebrata sono riunite due mense: quella della Parola e quella del Pene e Vino.

La lettura della Parola di Dio e la comunione eucaristica. Cristo Gesù si dà a noi in due modi; ascoltando la sua Parola ‘non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio’: le folle che andavano dietro a Gesù per ascoltarlo dimenticavano persino di andare a casa per mangiare. Nell’ultima cena poi Gesù istituisce l’Eucaristia: segno visibile di nutrimento  per l’anima: prendete e mangiate, questo è il mio corpo. 

A questo banchetto siamo invitati tutti, senza alcuna discriminazione, è un banchetto in cui regna  solo l’amore, la fratellanza, l’accoglienza: è l’immagine del regno di Dio creato per la salvezza di tutti. La Messa è il convito della salvezza a cui tutti  siamo invitati.  Partecipare a questo banchetto non è opzionale ma indispensabile per la salvezza eterna. Chi si astiene dal partecipare volontariamente e senza motivo agisce in disaccordo con  la parola e la volontà di Cristo. 

Dalla parola di Dio e dall’Eucaristia il credete riceve nutrimento e vita. L’Eucaristia, come vedi, è un mistero che noi accettiamo con gratitudine e gioia come un miracolo d’amore, come dono incomparabile e prezioso.  Un dono concreto e fisico da fare ripugnanza a quanti ascoltano e non hanno fede e, perciò, replicano. ‘Come può costui darci la sua carne da mangiare?’ Chi ha fede in Dio, accetta il suo messaggio di amore: ‘Io  sono il pane vivo disceso dal cielo’, mangiando il quale si ha la vita eterna; è il nutrimento dell’anima che vuole vivere  secondo Dio.

Gesù spiega inoltre che questo pane è la sua carne offerta in sacrificio di redenzione; è il frutto dell’amore di Dio verso l’uomo  per il quale Gesù muore in croce offrendo la sua vita in riscatto per tutti. Un dono visibile: il suo corpo sacrificato; il corpo di Gesù, che riceviamo nella Eucaristia, è l’espressone chiara della sua personalità, della sua relazione con gli altri. Cristo infatti si è manifestato agli uomini nella carne e il popolo ha riconosciuto Gesù nel suo corpo e da questo si sono sentiti accolti, ascoltati, perdonati.

Gesù con il suo corpo rivela la sua divinità e la sua umanità. ‘Sono il pane vivo disceso dal cielo: il mio corpo è vero cibo, il mio sangue vera bevanda’.  Questa parola è dura, dissero alcuni e se ne andarono; Gesù, rivolto ai suoi discepoli, disse: se volete, potete andare via anche voi, ma l’apostolo Pietro rispose: ‘Signore, tu hai parole di vita eterna’.

Tutto ciò che si dice della personalità di Gesù nel Vangelo è presente nell’Eucaristia: è  lo stesso Gesù che attraverso l’Eucaristia nutre quanti credono in Lui. Per chi non crede nessuna prova è sufficiente; per chi crede l’Eucaristia è la vita di Cristo in noi e riceverla significa condurre uno stile di vita contrassegnata dalla sua presenza. Chi mangia di questo pane vivrà in eterno.

Da non dimenticare che Gesù nell’ultima cena, prima di celebrare l’Eucaristia, lava i piedi agli Apostoli; bisogna essere puliti, prima di ricevere questo pane, sia nel corpo che nell’anima. Per questo la Liturgia inizia sempre chiedendo perdono a Dio  dei peccati.

XIX Domenica Tempo Ordinario: Io sono il pane vivo disceso dal cielo

Il brano del Vangelo focalizza tre temi, al centro c’è l’azione salvifica di Cristo Gesù; nessuno si può salvare se non per mezzo di Cristo; la nostra fede in Lui è un dono speciale  di Dio all’uomo che Egli ha creato a sua immagine e somiglianza. Dio non dimentica mai l’uomo e si rivolge a lui donando Gesù, vero uomo e vero Dio. Accettare Cristo, dono di Dio, significa avere la vita eterna: ‘a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio’.

Mosè aveva impetrato la manna dal cielo con la preghiera; Elia nel deserto fu sfamato da Dio con la focaccia inviata con un angelo; Gesù non è venuto per portarci un dono dal cielo ma Egli stesso è il vero dono del Padre: dono riservato a quanti, innestati a Cristo Gesù con il battesimo, vivono la grazia di Dio  con fede e amore. Avere fede in Lui, accoglierlo è l’unica cosa necessaria; è l’unica via da percorrere. Nel viaggio della vita Gesù ci offre se stesso, dono del Padre; vero pane del viaggio per arrivare alla grande meta.

‘Io sono i pane vivo disceso dal cielo’ è la grande rivelazione che Gesù offre alla sua Chiesa; Gesù ci invita a bandire dalla vita tutto ciò che viola la carità (odio, egoismo, sopraffazione) e ci indica la via da seguire: essere disponibili ed aiutare il prossimo per riscattarsi da tutte le ingiustizie sofferte. Ci sentiamo deboli? Alimentiamo allora la nostra anima con Gesù che è ‘il pane vivo disceso dal cielo’. 

Gli ebrei avevano mangiato i cinque pani moltiplicati , erano rimasti affascinati e volevano farlo re; Gesù li smonta e li spinge  in altra direzione: procuratevi il cibo che dura per la vita eterna; poi continua: ‘Io sono il pane della vita’ dono di Dio all’uomo. Gesù vuole che tale verità venga da tutti conosciuta perché a tutti sia offerta la salvezza. La salvezza infatti è la risultante di due componenti: una divina, l’altra umana; Gesù è il dono del  Padre, ma è altresì necessario l’assenso dell’uomo, l’accoglimento libero e responsabile di questo dono mirabile.

Credere in Cristo non è un fatto teorico, una adesione concettuale, ma significa accettare Cristo con fede e amore. L’adesione a Gesù non si ferma ad una fede astratta o all’amore teorico ma giunge ala comunione perfetta con il sacramento dell’Eucaristia. Questa è il cibo per l’uomo in pellegrinaggio verso la casa del Padre, cibo prefigurato dalla manna del deserto .

‘Io sono il pane della vita’: queste parole di Gesù risvegliano in noi stupore e gioia per il dono dell’Eucaristia; nel Vangelo la gente rimane scandalizzata, si strappa le vesti dicendo:  questo Gesù noi lo conosciamo, è il figlio di Maria, del fabbro Giuseppe, come può dire: sono ill pane disceso dal cielo?  Ed io e tu, amico che ascolti, ci scandalizziamo? Gesù è sempre quell’uomo dinanzi al quale ‘i ciechi vedono, i muti parlano, i morti risuscitano’, Egli è veramente il Figlio di Dio che ci ha salvati; colui che ha aperto per noi le porte del regno dei cieli: nell’Eucaristia ci è dato il pegno della gloria futura.

Nel sacrificio eucaristico, nella celebrazione della Messa si perpetua in forma incruenta il sacrificio di Gesù in croce per la salvezza di tutti gli uomini. Il grande sant’Agostino, filosofo e teologo, evidenzia anche l’aspetto sociale dell’Eucaristia: come diversi chicchi di grano formano l’unico pane, come diversi acini di uva danno vita all’unico vino che, consacrati sono l’Eucaristia, così è necessario uscire dalla propria individualità per riscoprirsi fratelli e sorelle alimentati dallo stesso pane celeste. Gesù è veramente il pane della vita; la Madonna, la Vergine Maria nel cui seno il Verbo si fece carne, ci aiuti a crescere e a nutrire sempre la nostra anima di questo pane vivo disceso del cielo.

Papa Francesco: letteratura essenziale nella formazione

“Venerdì scorso a Bkerke, in Libano, è stato beatificato il Patriarca Stefano Douayhy, che guidò con saggezza la Chiesa Maronita dal 1670 al 1704, in un’epoca difficile segnata anche da persecuzioni. Maestro di fede e pastore sollecito, fu testimone di speranza sempre accanto alla gente. Anche oggi il popolo libanese soffre tanto! In particolare, penso alle famiglie delle vittime dell’esplosione del Porto di Beirut. Auspico che si faccia presto giustizia e verità. Il nuovo Beato sostenga la fede e la speranza della Chiesa in Libano, e interceda per questo amato Paese”.

Con queste parole dopo la recita dell’Angelus oggi papa Francesco ha espresso la sua preoccupazione per il Medio Oriente: “Seguo con grandissima preoccupazione quanto sta accadendo in Medio Oriente, e auspico che il conflitto, già terribilmente sanguinoso e violento, non si estenda ancora di più. Prego per tutte le vittime, in particolare per i bambini innocenti, ed esprimo vicinanza alla comunità drusa in Terra Santa e alle popolazioni in Palestina, Israele, e Libano”.

Ugualmente preoccupato per il Myanmar, ma soprattutto per Gaza: “Non dimentichiamo il Myanmar. Si abbia il coraggio di riprendere il dialogo perché cessi subito il fuoco a Gaza e su tutti i fronti, si liberino gli ostaggi, si soccorrano le popolazioni con gli aiuti umanitari. Gli attacchi, anche quelli mirati, e le uccisioni non possono mai essere una soluzione. Non aiutano a percorrere il cammino della giustizia, il cammino della pace, ma generano ancora più odio e vendetta. Basta, fratelli e sorelle! Basta! Non soffocate la parola del Dio della Pace ma lasciate che essa sia il futuro della Terra Santa, del Medio Oriente e del mondo intero! La guerra è una sconfitta!”

Inoltre non ha dimenticato quello che sta avvenendo in Venezuela: “Altrettanta preoccupazione esprimo per il Venezuela, che sta vivendo una situazione critica. Rivolgo un accorato appello a tutte le parti a cercare la verità, ad esercitare moderazione, ad evitare ogni tipo di violenza, a comporre i contenziosi con il dialogo, ad avere a cuore il vero bene della popolazione e non interessi di parte. Affidiamo questo Paese all’intercessione di Nostra Signora di Coromoto, tanto amata e venerata dai venezuelani, e alla preghiera del Beato Josè Gregorio Hernandez, la cui figura tutti accomuna”.

Mentre prima della recita dell’Angelus papa Francesco ha incentrato la sua riflessione sull’importanza del nutrimento eucaristico: “Sono stati protagonisti di un’esperienza per il loro cammino, ma non ne hanno colto la portata: la loro attenzione si è concentrata solo sui pani e sui pesci, sul cibo materiale, che è finito subito. Non si sono accorti che quello era solo uno strumento, attraverso cui il Padre, mentre saziava la loro fame, rivelava loro qualcosa di molto più importante.

E cosa rivelava il Padre? La via della vita che dura per sempre e il gusto del pane che sazia oltre ogni misura. Il vero pane, insomma, era ed è Gesù, il suo Figlio amato fatto uomo, venuto a condividere la nostra povertà per guidarci, attraverso di essa, alla gioia della comunione piena con Dio e con i fratelli”.

Ed ha messo ‘in guardia’ dall’occuparsi solo di cose materiali:” Pensiamo a quei genitori che faticano tutta la vita per crescere bene i figli e lasciare loro qualcosa per il futuro. Che bello quando questo messaggio è compreso, e i figli sono grati e a loro volta diventano solidali tra loro come fratelli! E’ vero.

E’ triste, invece, quando litigano per l’eredità (ho visto tanti casi, è triste), e sono in lotta l’uno contro l’altro, e magari non si parlano per i soldi, non si parlano per anni! Il messaggio del papà e della mamma, il loro lascito più prezioso, non sono i soldi: è l’amore, è l’amore con cui donano ai figli tutto quello che hanno, proprio come fa Dio con noi, e così ci insegnano ad amare”.

Inoltre oggi il papa ha pubblicato una lettera sul ruolo della letteratura nella formazione personale: “Spesso nella noia delle vacanze, nel caldo e nella solitudine di alcuni quartieri deserti, trovare un buon libro da leggere diventa un’oasi che ci allontana da altre scelte che non ci fanno bene. Poi non mancano i momenti di stanchezza, di rabbia, di delusione, di fallimento, e quando neanche nella preghiera riusciamo a trovare ancora la quiete dell’anima, un buon libro ci aiuta almeno a passare la tempesta, finché possiamo avere un po’ più di serenità.

E forse quella lettura ci apre nuovi spazi interiori che ci aiutano ad evitare una chiusura in quelle poche idee ossessive che ci intrappolano in maniera inesorabile. Prima della onnipresenza dei media, dei social, dei cellulari e di altri dispositivi, questa era un’esperienza frequente, e quanti l’hanno sperimentata sanno bene di cosa sto parlando. Non si tratta di qualcosa di superato”.

L’invito alla lettura è rivolto soprattutto ai seminaristi: “Questo mi porta a valutare molto positivamente il fatto che, almeno in alcuni Seminari, si superi l’ossessione per gli schermi -e per le velenose, superficiali e violente fake news- e si dedichi tempo alla letteratura, ai momenti di serena e gratuita lettura, a parlare su questi libri, nuovi o vecchi, che continuano a dirci tante cose. Ma in generale si deve, con rammarico, constatare che nel percorso formativo di chi è avviato al ministero ordinato, l’attenzione alla letteratura non trova al momento un’adeguata collocazione”.

La letteratura è molto importante per la formazione sacerdotale: “Quest’ultima è spesso considerata, infatti, come una forma di intrattenimento, ovvero come un’espressione minore della cultura che non apparterrebbe al cammino di preparazione e dunque all’esperienza pastorale concreta dei futuri sacerdoti. Tranne poche eccezioni, l’attenzione alla letteratura viene considerata come qualcosa di non essenziale. Al riguardo, desidero affermare che tale impostazione non va bene. E’ all’origine di una forma di grave impoverimento intellettuale e spirituale dei futuri presbiteri, che vengono in tal modo privati di un accesso privilegiato, tramite appunto la letteratura, al cuore della cultura umana e più nello specifico al cuore dell’essere umano”.

E’ un appello ad annunciare la ‘carne’ di Gesù: “L’urgente compito dell’annuncio del Vangelo nel nostro tempo richiede, dunque, ai credenti e ai sacerdoti in particolare l’impegno a che tutti possano incontrarsi con un Gesù Cristo fatto carne, fatto umano, fatto storia. Dobbiamo stare tutti attenti a non perdere mai di vista la ‘carne’ di Gesù Cristo: quella carne fatta di passioni, emozioni, sentimenti, racconti concreti, mani che toccano e guariscono, sguardi che liberano e incoraggiano, di ospitalità, di perdono, di indignazione, di coraggio, di intrepidezza: in una parola, di amore”.

La  letteratura aiuta i sacerdoti ad annunciare il Vangelo: “Ed è proprio a questo livello che un’assidua frequentazione della letteratura può rendere i futuri sacerdoti e tutti gli agenti pastorali ancora più sensibili alla piena umanità del Signore Gesù, in cui si riversa pienamente la sua divinità, e annunciare il Vangelo in modo che tutti, davvero tutti, possano sperimentare quanto sia vero ciò che dice il Concilio Vaticano II: ‘in realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo’. Ciò non vuol dire il mistero di un’umanità astratta, ma il mistero di quell’essere umano concreto con tutte le ferite, i desideri, i ricordi e le speranze della sua vita”.

Ed infine la letteratura è una missione:”La missione di custode del creato, assegnata da Dio ad Adamo, passa innanzitutto proprio dalla riconoscenza della realtà propria e del senso che ha l’esistenza degli altri esseri. Il sacerdote è anche investito di questo compito originario di “nominare”, di dare senso, di farsi strumento di comunione tra il creato e la Parola fatta carne e della sua potenza di illuminazione di ogni aspetto della condizione umana”.

In questo c’è affinità tra sacerdote e poeta: “L’affinità tra sacerdote e poeta si manifesta così in questa misteriosa e indissolubile unione sacramentale tra Parola divina e parola umana, dando vita ad un ministero che diviene servizio pieno di ascolto e di compassione, ad un carisma che si fa responsabilità, ad una visione del vero e del bene che si schiude come bellezza”.

(Foto: Santa Sede)

XVIII Domenica Tempo Ordinario: Gesù Eucaristia: il vero pane che dà la vita eterna

Dopo l’evento della moltiplicazione dei pani operata da Gesù, la folla avrebbe voluto proclamarlo re, ma Gesù si sottrasse. Ritrovatosi in seguito tra la folla, Gesù invita ed esorta la folla a “procurarsi non il cibo che perisce ma quello che dura per la vita eterna e che l Figlio dell’uomo darà”. L’opposizione è chiara tra il cibo che perisce e quello che dura per la vita eterna. Il popolo ebreo per 40 anni nel deserto era stato alimentato con la manna che cadeva dal cielo; ora Gesù davanti alla folla affamata provvide con la moltiplicazione dei pani.

Ma sia la manna del deserto sia il pane moltiplicato era un cibo che nutriva solo il corpo; Gesù ora guida il popolo a comprendere che l’uomo nella sua integralità non ha bisogno solo del cibo materiale, che lo mangi e poi torni ad avere fame, ma necessita di un cibo che nutre lo spirito. Nutrimento essenziale dello spirito è la “fede”: credere in Dio ed amarlo è il fine supremo della fede; la fede non è frutto  della fatica dell’uomo, ma è opera divina perché è grazia di Dio.

L’uomo spesso si sofferma alle cose materiali: al cibo che nutre il corpo, alla manna o al pane che si acquista con il lavoro. Gesù invece va oltre ed invita: “datevi da fare non per il cibo he non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna; Il cibo che Gesù è venuto a portarci. La fede, il credere in Gesù, figlio di Dio; nutrire lo spirito, l’anima con l’Eucaristia, che è Gesù, pane vivo disceso dal cielo, il cibo che sazia veramente il nostro spirito ed apre alla vita eterna.      

I Maestri ebrei insegnavano che il Messia avrebbe, come Mosè, dato al nuovo popolo la manna miracolosa (Michea 7, 15); la manna, evidenzia Gesù, non era il vero pane celeste; è Gesù  che dà il suo corpo e il suo sangue come  vero cibo dell’anima: chi mangia questo pane avrà la vita eterna: ‘Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame; chi crede in me non avrà più sete’. E’ necessario nutrire il corpo, ma è più urgente nutrire l’anima destinata alla vita eterna. La fede in Gesù è vera luce; è un fidarsi di Dio e della sua parola che trascende  la regione umana.

Questa fede troviamo in Maria che, all’annuncio dell’Angelo, davanti al mistero dell’incarnazione del Verbo eterno risponde: ‘Eccomi, sono la serva del Signore; sia fatto di me secondo la tua parola’. Fede grande quella di Maria, fede sofferta che la rende beata. Il cristiano è chiamato ad abbandonarsi in Dio come il bimbo tra le braccia della mamma, sicuro di trovare in lei il vero difensore. La fede è sempre l’incontro tra Dio e l’uomo; con essa Dio realizza il piano di salvezza.

La fede è vero dono di Dio a cui deve rispondere la decisione dell’uomo. Allora si è vincitori. Il Vangelo evidenzia l’episodio dei quella donna, non ebrea, che invoca la grazia per la figlia; Gesù risponde: non è bene che il pane dei figli venga buttato ai cani; ma quella donna, dalla fede vera e profonda, non si arrende e risponde: hai ragione, Signore, ma i cagnolini hanno diritto alle briciole che cadono dalla mensa. Gesù conclude: vai donna, tua figlia è salva perché grande è la tua fede. La fede è guardare Cristo, attaccarsi a Lui, conformarsi alla sua vita, al suo messaggio di salvezza.

La fede in Cristo esige una conversione profonda e definitiva che dà origine ad una particolare sensibilità e ad un giudizio nuovo ; la fede procura all’anima una manna nuova, straordinaria perché apre i nostri occhi al dono dell’Eucaristia: ‘Venite a me, dice Gesù, siete stanchi, affaticati, oppressi, io vi ristorerò, prendete e mangiate: questo è il mio corpo, questo è il calice della nuova alleanza tra Dio e l’uomo’.  

Nell’Eucaristia scopriamo il pane che alimenta concretamente il nostro passaggio dell’uomo vecchio all’uomo nuovo creato nella giustizia e nella santità. E’ necessario perciò chiedersi: perché si cerca Dio? La risposta valida è una sola. Per instaurare una storia di amore con Gesù non a nostro uso e consumo, per risolvere i nostri problemi ma per la gloria di Dio che è nostro creatore e padre. La Madonna, la Vergine Santissima nostra madre, ci aiuti a rispondere con amore all’amore di Dio.

XVII Domenica del Tempo Ordinario: Gesù ha compassione della folla e moltiplica i pani

L’uomo ama la moltiplicazione che conferisce vanto e potere; Gesù nel Vangelo mostra di apprezzare la divisione con gli altri, che evidenzia  amore e solidarietà.  I verbi usati da Gesù nell’evento sono spezzare, dare, distribuire; mai Gesù usa il verbo moltiplicare; la Liturgia odierna si concentra ed invita a meditare il mistero profondo racchiuso nell’evento, che offre due piste di letture: una evidenzia ed approfondisce la dottrina sociale della Chiesa, la seconda  ha una valenza prettamente eucaristica. L’evento è come una medaglia a due facce.

Dio conosce bene l’uomo e le sue necessità  di pane e di cibo; l’ha creato a sua immagine e nella preghiera ci invita  a rivolgerci a Dio dicendo ‘dacci oggi il nostro pane quotidiano’, ma l’umo ha anche un’anima che si nutre: da qui Gesù promette un cibo adeguato: il suo corpo e la sua anima, l’Eucaristia. Il dialogo tra Gesù e Filippo è singolare: la gente aveva dimenticato di tornare a casa  e Filippo chiede a Gesù: ‘Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?’

Un dialogo semplice quanto affettuoso sino a quando interviene Andrea che evidenzia la presenza di un ragazzo con cinque pani ed alcuni pesci. Una presenza risolutiva; Gesù fa mettere tutti a sedere e poi opera il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.

Gesù chiede sempre la collaborazione dell’uomo in favore dell’uomo; Gesù chiede il coinvolgimento diretto: donare anche se i mezzi di cui si dispone sono modesti; è con questo ‘quasi niente’ che Gesù darà da mangiare alla folla. Dio ha creato tutto per tutti e laddove c’è  piena determinazione di solidarietà, di condivisione, dell’apporto umano sincero e profondo, Gesù non nega mai il suo intervento, quell’intervento divino che ci fa obbligo  di amare non a parole ma in chiave di vera concretezza. Ciò che Cristo Gesù chiede è sempre disponibilità, collaborazione, solidarietà: se tu puoi e vuoi dare l’uno, Gesù ti darà ‘cento’.

L’evento induce la folla a riflettere e si pone subito la domanda: chi è costui? È un uomo, un grande maestro, il grande profeta atteso? E’ forse il Messia predetto da secoli?  Gesù non ha agito  certo per farsi pubblicità e, avendo visto che volevano rapirlo per proclamarlo re, si ritirò subito, solo , sulla montagna. Egli non è venuto per avere poteri politici ma per servire ; non è venuto per comandare ma per insegnare ad amare; rifiuterà la sovranità temporale anche davanti a Pilato: ‘Il mio regno non è di questo mondo’. La sua missione è salvare l’uomo e aprire le porte del regno dei cieli.  

La moltiplicazione dei pani offre anche la pista eucaristica: Gesù sa bene che l’uomo è corpo e spirito: se il corpo necessita del pane quotidiano, non meno necessario è il cibo dell’anima: ‘Non di solo pane vivrà l’uomo’; egli si nutre anche della parola di Dio, per la quale il popolo, la folla aveva dimenticato di tornare a casa per mangiare. Gesù, anche se sollecito ai bisogni materiali dell’uomo, guarda l’uomo integrale e, mentre offre il pane terreno, prepara la folla a ricevere l’altro pane, quello spirituale, l’Eucaristia; dirà espressamente: vi ho dato il pane che oggi lo mangi e poi torni ad aver fame; vi darò un altro pane e chi lo mangia avrà la vita eterna.

Il pane promesso è sacramento per l’uomo in viaggio (homo viator) perché possa raggiungere la meta del suo pellegrinaggio terreno: ‘Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno’. L’Eucaristia è il pane che nutre l’anima; quel pane che ci sostiene nel cammino verso il cielo. Questo pane è anche simbolo dell’amore, della solidarietà, della condivisione.  La Vergine Maria, che ha detto il suo ‘sì’ al Signore, ci aiuti ad aprire il cuore  agli altri.

Papa Francesco: l’Eucarestia è dono di Dio

“Prese il pane e recitò la benedizione (Mc 14,22). E’ il gesto con cui si apre il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia nel Vangelo di san Marco. E noi potremmo partire da questo gesto di Gesù (benedire il pane) per riflettere sulle tre dimensioni del Mistero che stiamo celebrando: il ringraziamento, la memoria e la presenza”; dopo 7 anni, papa Francesco nel pomeriggio ha celebrato in san Giovanni in Laterano la solennità del Corpus Domini con la processione fino a Santa Maria Maggiore: partirà dopo la celebrazione e sarà terminata dalla benedizione solenne del Papa impartita con il Santissimo Sacramento, sottolineando tre le dimensioni del sacramento dell’Eucarestia, ringraziamento, memoria e presenza.

Ringraziamento, in quanto è la parola stessa che invita a rendere grazie: “La parola ‘Eucaristia’ vuole proprio dire ‘grazie’: ‘ringraziare’ Dio per i suoi doni, e in questo senso il segno del pane è importante. E’ l’alimento di ogni giorno, con cui portiamo all’Altare tutto ciò che siamo e che abbiamo: vita, opere, successi, e anche fallimenti, come simboleggia la bella usanza di alcune culture di raccogliere e baciare il pane quando cade a terra: per ricordarsi che è troppo prezioso per essere buttato, anche dopo che è caduto. L’Eucaristia, allora, ci insegna a benedire, ad accogliere e baciare, sempre, in rendimento di grazie, i doni di Dio, e questo non solo nella celebrazione: anche nella vita”.

Il ringraziamento a Dio avviene attraverso concrete azioni: “Ad esempio non sprecando le cose e i talenti che il Signore ci ha dato. Ma anche perdonando e risollevando chi sbaglia e cade per debolezza o per errore: perché tutto è dono e nulla può andare perduto, perchè nessuno può rimanere a terra, e tutti devono avere la possibilità di rialzarsi e di riprendere il cammino. E noi possiamo fare questo anche nella vita quotidiana, svolgendo il nostro lavoro con amore, con precisione, con cura, con precisione, come un dono e una missione. E sempre aiutare chi è caduto: una volta soltanto nella vita si può guardare una persona dall’alto in basso: per aiutarla a risollevarsi. E questa è la nostra missione”.

Dopo il ringraziamento segue la benedizione del pane, che è memoria di un avvenimento: “Per l’antico Israele si trattava di ricordare la liberazione dalla schiavitù d’Egitto e l’inizio dell’esodo verso la terra promessa. Per noi è rivivere la Pasqua di Cristo, la sua Passione e Risurrezione, con cui ci ha liberato dal peccato e dalla morte. Fare memoria della nostra vita, fare memoria dei nostri successi, fare memoria dei nostri sbagli, fare memoria di quella mano tesa del Signore che sempre ci aiuta a sollevarci, fare memoria della presenza del Signore nella nostra vita”.

In questa memoria si gioca la libertà di ciascuna persona: “C’è chi dice che è libero chi pensa solo a sé stesso, chi si gode la vita e chi, con menefreghismo e magari con prepotenza, fa tutto quello che vuole a dispetto degli altri. Questa non è libertà: questa è una schiavitù nascosta, una schiavitù che ci rende più schiavi ancora.

La libertà non si incontra nelle casseforti di chi accumula per sé, né sui divani di chi pigramente si adagia nel disimpegno e nell’individualismo: la libertà si incontra nel cenacolo dove, senza alcun altro motivo che l’amore, ci si china davanti ai fratelli per offrire loro il proprio servizio, la propria vita, come salvati”.

In questo modo l’Eucarestia diventa presenza ‘reale’: “E con questo ci parla di un Dio che non è lontano, che non è geloso, ma vicino e solidale con l’uomo; che non ci abbandona, ma ci cerca, ci aspetta e ci accompagna, sempre, al punto da mettersi, indifeso, nelle nostre mani. E questa sua presenza invita anche noi a farci prossimi ai fratelli là dove l’amore ci chiama…

Vediamo ogni giorno troppe strade, forse una volta odorose di pane sfornato, ridursi a cumuli di macerie a causa della guerra, dell’egoismo e dell’indifferenza! È urgente riportare nel mondo l’aroma buono e fresco del pane dell’amore, per continuare a sperare e ricostruire senza mai stancarsi quello che l’odio distrugge”.

E la processione è un gesto di vicinanza a tutti: “E’ questo anche il significato del gesto che faremo tra poco, con la Processione Eucaristica: partendo dall’Altare, porteremo tra le case della nostra città il Signore. Non lo facciamo per metterci in mostra, e neanche per ostentare la nostra fede, ma per invitare tutti a partecipare, nel Pane dell’Eucaristia, alla vita nuova che Gesù ci ha donato. Facciamo la processione con questo spirito”.

Mentre dopo la recita dell’Angelus di questa mattina papa Francesco ha sottolineato la dimensione del dono eucaristico: “Comprendiamo allora che celebrare l’Eucaristia e cibarci di questo Pane, come facciamo specialmente alla domenica, non è un atto di culto staccato dalla vita o un semplice momento di consolazione personale; sempre dobbiamo ricordarci che Gesù, prendendo il pane, lo spezzò e lo diede loro, perciò, la comunione con Lui ci rende capaci di diventare anche noi pane spezzato per gli altri, capaci di condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo”.

E’ stato un invito a diventare ‘eucaristici’: “Ecco, fratelli e sorelle, a cosa siamo chiamati: a diventare ciò che mangiamo, a diventare ‘eucaristici’, cioè persone che non vivono più per sé stesse, nella logica del possesso e del consumo, ma che sanno fare della propria vita un dono per gli altri. Così, grazie all’Eucaristia, diventiamo profeti e costruttori di un mondo nuovo: quando superiamo l’egoismo e ci apriamo all’amore, quando coltiviamo legami di fraternità, quando partecipiamo alle sofferenze dei fratelli e condividiamo il pane e le risorse con chi è nel bisogno, quando mettiamo a disposizione di tutti i nostri talenti, allora stiamo spezzando il pane della nostra vita come Gesù”.

(Foto: Santa Sede)

Arnoldo Mosca Mondadori: la ‘Casa dello Spirito e delle Arti’ per dare senso alla vita

“Vi ringrazio tutti perché siete un seme di speranza. Con il sostegno della Fondazione ‘Casa dello Spirito e delle Arti’, voi date dei segnali che si oppongono alla cultura dello scarto, purtroppo diffusa. Invece voi cercate di costruire, con le ‘pietre scartate’, una casa dove si respiri un clima di amicizia sociale e di fraternità. Non tutto è facile, non sono tutte ‘rose e fiori’! Ognuno di noi ha i suoi limiti, i suoi sbagli e i suoi peccati. Tutti noi. Ma la misericordia di Dio è più grande, e se ci accogliamo come fratelli e sorelle Lui ci perdona e ci aiuta ad andare avanti”.

Da queste parole di papa Francesco pronunciate nel 2022 in un’udienza, iniziamo il dialogo con il presidente della Fondazione ‘Casa dello Spirito e delle Arti’, Arnoldo Mosca Mondadori, membro del cda dell’Opera ‘Cardinal Ferrari’, pronipote di Arnoldo, fondatore della Mondadori e nipote di Alberto, fondatore de ‘Il Saggiatore’, poeta e curatore dell’opera di Alda Merini, oltre che intimo amico: “Ogni progetto della Fondazione nasce dal desiderio e dall’intenzione di realizzare, all’interno della Chiesa Cattolica e a suo servizio, quella collaborazione e sintonia auspicata dal Concilio Vaticano II tra sacerdoti e laici, per testimoniare insieme Cristo Luce del mondo”.

Cosa è la Fondazione ‘Casa dello Spirito e delle Arti’?

“E’ una Fondazione nata con la signora Marisa Baldoni nel 2012, che cerca di porre al centro la dignità di ogni essere umano, sopratutto di persone che si trovano a vivere in situazione di grande povertà. E cerca di fare questo offrendo opportunità concrete di lavoro. I due progetti principali della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti sono il progetto ‘Metamorfosi’ ed il progetto ‘Il senso del Pane’, che si svolgono sopratutto nelle carceri”.

Per quale motivo un progetto chiamato il ‘senso del pane’?

“Il progetto ‘Il senso del Pane’ è nato per cercare di testimoniare la reale presenza di Gesù nell’Eucaristia. Ho sempre sentito dentro di me che Gesù è davvero presente nel pane consacrato. Quel pane è la luce del mondo: è il vero Sole che sostiene il mondo. Ma spesso questo è ignorato.

 Per questo motivo nasce il progetto: per l’amore verso l’Eucaristia, verso Gesù, per cercare di testimoniarlo”.

Come nasce il ‘senso del pane’?

“Nasce nel carcere di Opera nel 2015. Per testimoniare il mistero dell’amore di Gesù, che dà se stesso per tutti, per salvare tutti. E nasce proprio dalle mani di chi ha sbagliato. Il primo laboratorio di produzione di ostie ha coinvolto infatti nel 2015 tre persone detenute condannate per omicidio, che avevano fatto un autentico percorso di presa di coscienza del male commesso, attraverso un progetto che pone al centro la giustizia riparativa.

Queste tre persone detenute sono state assunte e hanno iniziato a produrre le ostie. Le prime ostie sono state donate a papa Francesco, che le ha consacrate, e poi a chiese italiane e diocesi di tutto il mondo. Grazie a Ennio Doris, questo progetto si è sviluppato in 18 Paesi del mondo, coinvolgendo più di trecento persone nel lavoro di produzione delle ostie da donare alle chiese. Non solo persone detenute ma anche persone che vivono in contesti di grande fragilità, come la guerra, la persecuzione, la povertà assoluta.

Ogni persona coinvolta è aiutata e accompagnata nel suo percorso di reinserimento sociale. Le ostie vengono sempre donate alle chiese di tante Diocesi del mondo e viene chiesto ai sacerdoti di testimoniare sempre da dove le ostie provengono, dunque l’unione inscindibile tra Gesù e i poveri, e comunicare ai fedeli la reale presenza di Gesù nel Santissimo Sacramento”.

Cosa sono i laboratori eucaristici?

“Sono i luoghi dove vengono prodotte le ostie. Di solito in ogni laboratorio lavorano da un minimo di 3 persone, come nel carcere femminile di San Vittore a Milano, fino a 27 persone, come nel carcere giovanile di Frutal, in Brasile. In ogni laboratorio eucaristico c’è un referente spirituale che aiuta le persone nel loro cammino verso il reinserimento sociale, abitativo e lavorativo.

I laboratori eucaristici sono dei ‘luoghi ponte’ affinché, attraverso questo lavoro pratico e spirituale, le persone possano ritrovare dignità, speranza e autonomia. Mi ha molto colpito vedere come in Turchia, donne che erano schiave a causa della prostituzione, grazie a questo lavoro si sono liberate e ora vivono una vita normale. Mi colpisce vedere come tanti giovani grazie a questo lavoro (penso ad esempio al Mozambico e ai giovani detenuti in fase di reinserimento o in Spagna o nello Zambia) riescono a riprendere in mano la propria vita, avviando un’attività autonoma. Più passano gli anni, più vedo i frutti concreti di questo lavoro dedicato a Gesù e alla testimonianza”.

E ci può spiegare l’iniziativa dei ‘rosari del mare’?

“Quando sono andato a Lampedusa ed ho visto arrivare le barche con i migranti, barche che venivano distrutte e smaltite come rifiuti speciali, ho pensato che quel legno potesse diventare memoria della storia di quelle persone in fuga dalla guerra e dalla povertà. Allora, nel 2021 abbiamo chiesto al Governo italiano che il legno delle barche, anziché essere distrutto, potesse essere riutilizzato. Le croci arrivano quindi dal carcere insieme ai grani, sempre nati da quel legno, e in un locale messo a disposizione dalla basilica di San Pietro due persone rifugiate assemblano i Rosari.

Con questa attività da una parte cerchiamo con questo progetto, che si chiama ‘Metamorfosi’, di far sì che tanti giovani, ricevendo un rosario, possano conoscere il dramma contemporaneo dei migranti. Dall’altra diamo lavoro in carcere, negli istituti penitenziari di Opera, Monza, Rebibbia e Secondigliano, dove ci sono le diverse liuterie e falegnamerie, per sottolineare l’importanza dell’articolo 27 della Costituzione italiana, secondo cui la pena deve tendere alla rieducazione del condannato”.

L’associazione è attiva anche in Terra Santa: perché sostenete la produzione di ostie a Gaza e a Betlemme?

“Avevamo aperto il laboratorio di produzione di ostie sia nella Striscia di Gaza sia a Betlemme, grazie a Ennio Doris, nel 2021. Quando è iniziata la guerra a Gaza, la produzione di ostie è continuata e la nostra Fondazione ‘Casa dello Spirito e delle Arti’ ha continuato a sostenere la comunità della Chiesa di Gaza. Il fatto che in quella situazione così dolorosa, in quel ‘Calvario a cielo aperto’, continui a nascere il pane che poi diventa Gesù, è un segno di speranza. Vedere le fotografie dei fedeli che preparano con gioia il pane che nella Messa viene consacrato, è un segnale di vera testimonianza”.

Quale tipo di rete siete in grado di offrire?

“Come Fondazione lavoriamo sempre con referenti locali, cioè ogni laboratorio ha un responsabile (di solito un sacerdote), che aiuta ogni persona sia all’interno del laboratorio, sia nel momento in cui la persona è pronta per uscire e reinserirsi nel contesto sociale esterno. Dunque le persone sono aiutate, attraverso i laboratori e attraverso questo lavoro in cui centrale è la preparazione di quello che sarà il Corpo di Cristo, a ritrovare prima di tutto pace interiore.

Ogni laboratorio è davvero come un ‘piccolo monastero’. Si respira nei laboratori una grande serenità. Nei laboratori le persone ritrovano la fiducia. E’ molto importante anche che le persone coinvolte ricevano uno stipendio o un supporto economico, che permette loro di poter pensare al proprio futuro e al sostegno delle proprie famiglie. L’ultima fase è l’accompagnamento delle persone che escono dai laboratori (di solito la permanenza non supera i due anni) verso il reinserimento sociale, abitativo, lavorativo”.

(Foto: Casa delle Arti e dello Spirito)

Papa Francesco alla Papal Foundation: la preghiera è importante per sviluppare solidarietà

Oggi papa Francesco ha ricevuto in udienza, in occasione del loro pellegrinaggio annuale a Roma, i membri della ‘Papal Foundation’, che sostiene diversi progetti educativi, caritativi e apostolici della Chiesa e assegna borse di studio a laici, sacerdoti e religiosi per studiare a Roma, ringraziandoli di fornire assistenza a chi ne ha bisogno con lo scopo di favorire lo sviluppo integrale:

“Fin dalla sua nascita, la Papal Foundation è stata veicolo di questa gioia pasquale portando la vicinanza, la compassione e la tenerezza dell’amore di Gesù a tanti fratelli e sorelle in tutto il mondo. Il vostro sostegno a vari progetti educativi, caritativi e apostolici favorisce lo sviluppo integrale di molti, tra cui poveri, rifugiati, migranti e, attualmente, un numero crescente di persone colpite dalla guerra e dalla violenza.

Nello stesso tempo, le borse di studio destinate a laici, consacrati, seminaristi e sacerdoti di Paesi in via di sviluppo consentono loro di proseguire gli studi presso le Università Pontificie di Roma e forniscono a quanti le ricevono gli strumenti per testimoniare più efficacemente il Vangelo sia nei loro Paesi d’origine sia altrove”.

Un lavoro di solidarietà alimentato dalla fede cattolica: “Come ben sapete, il vostro lavoro trova la sua sorgente e la sua ispirazione nella nostra fede cattolica, che chiede di essere continuamente alimentata dalla partecipazione alla vita della Chiesa, dai Sacramenti e dal tempo trascorso in silenzio alla presenza del Signore nella preghiera e nell’adorazione. Non dimenticate di adorare. La preghiera dell’adorazione noi l’abbiamo trascurata, dobbiamo riprenderla: adorare, in silenzio”.

Per questo ha ribadito lo stretto legame della solidarietà con la preghiera, richiamando la propria Lettera a mons. Rino Fisichella per il Giubileo 2025: “A questo proposito, la vostra visita avviene durante l’Anno della Preghiera, mentre la Chiesa si prepara a celebrare il Giubileo del 2025. Attraverso la perseveranza nella preghiera, noi diventiamo a poco a poco ‘un cuore solo e un’anima sola’ sia con Gesù che con gli altri, e ciò si traduce in solidarietà e condivisione del nostro pane quotidiano”.

Infine ha evidenziato che la preghiera è importante per sviluppare un ‘legame’ spirituale: “Questo frutto della vita spirituale è importante per il vostro nobile impegno, perché, anche se forse non le incontrerete mai direttamente, i programmi della Papal Foundation promuovono un legame spirituale e fraterno con persone di molte culture, lingue e regioni diverse che ricevono assistenza. Il vostro servizio è tanto più necessario nel nostro tempo, segnato dall’individualismo e dall’indifferenza”.

Inoltre la preghiera, che non deve mancare neanche nei momenti ‘oscuri’ della vita, ha fatto da filo conduttore alla visita papale ai bambini della parrocchia ‘San Giovanni Maria Vianney’, in zona Borghesiana, periferia est di Roma, incontrando i bambini che si preparano alla Prima Comunione:

“Anche nei momenti bui, dobbiamo ringraziare il Signore, perché Lui ci dà la pazienza di tollerare le difficoltà. Diciamo insieme: grazie Signore per darci la forza di tollerare il dolore… Ma voi pregate? Come pregate? Cosa si può dire al Signore?”. Ed un bambino ha detto che in famiglia si prega sempre prima di mangiare. “Lui ha detto una cosa importante. Ma voi sapete che ci sono tanti bambini che non hanno da mangiare? Ringrazio il Signore che mi dà da mangiare? Lo ringrazio per avermi dato una famiglia?”.

L’ultima domanda ha toccato il tema della fede. “Voi siete cristiani? Voi avete fede? Diciamolo insieme: grazie Signore per avermi dato la fede… Dobbiamo ringraziarlo sempre, in ogni momento. Io vi do un consiglio. Prima di andare a dormire pensate: per cosa oggi posso ringraziare il Signore? Ringraziate”.

(Foto: Santa Sede)

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