Il papa istituisce il ministero del catechista
Papa Francesco ha istituito il ministero laicale di catechista con il Motu Proprio ‘Antiquum misterium’ in cui si annuncia che la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti pubblicherà a breve il rito istitutivo. Spetterà poi alle Conferenze episcopali stabilire ‘l’iter formativo necessario e i criteri normativi per potervi accedere’.
Mons. Stefano Russo, segretario della CEI, ha affermato che si tratta di un documento che valorizza e mette in luce l’azione catechistica delle comunità: “Un contesto che, nonostante le ferite provocate dalla pandemia può e deve rigenerarsi per riconnettere il tessuto comunitario alla luce dell’esperienza della fede…
Questo è il tempo per essere artigiani di comunità aperte che sanno valorizzare i talenti di ciascuno. E’ il tempo di comunità missionarie, libere e disinteressate, che non cerchino rilevanza e tornaconti, ma percorrano i sentieri della gente del nostro tempo, chinandosi su chi è al margine.
E’ il tempo di comunità che guardino negli occhi i giovani delusi, che accolgano i forestieri e diano speranza agli sfiduciati. E’ il tempo di comunità che dialoghino senza paura con chi ha idee diverse. E’ il tempo di comunità che, come il Buon Samaritano, sappiano farsi prossime a chi è ferito dalla vita, per fasciarne le piaghe con compassione”.
In conferenza stampa mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, ha sottolineato che il motu proprio è stato emanato nel giorno della nella memoria liturgica di san Juan de Ávila (1499-1569):
“Questo dottore della Chiesa ha saputo offrire ai credenti del suo tempo la bellezza della Parola di Dio e l’insegnamento vivo della Chiesa con un linguaggio non solo accessibile a tutti, ma forte di una intensa spiritualità. Fu un fine teologo, e per questo un grande catechista.
Produsse nel 1554 il catechismo diviso in quattro parti, ‘La Dottrina cristiana’, con un linguaggio talmente semplice e accessibile a tutti da poter essere cantato come una cantilena, e appreso a memoria come una filastrocca utile per ogni circostanza della vita.
La scelta di questa scadenza non è casuale, perché impegna i catechisti a trovare ispirazione nella testimonianza di un santo che ha reso fecondo il suo apostolato catechistico con la preghiera, lo studio della teologia e la comunicazione semplice della fede”.
Quindi il nuovo Motu Proprio valorizza il ruolo dei laici nella comunità, ricordando l’esortazione apostolica ‘Evangelii nuntiandi’ di san Paolo VI, che ha cambiato il modo della catechesi: “Sono dovuti passare quasi 50 anni perché la Chiesa arrivasse a riconoscere che il servizio reso da tanti uomini e donne con il loro impegno catechistico costituisce realmente un ministero peculiare per la crescita della comunità cristiana.
Istituire un ministero da parte della Chiesa equivale a stabilire che la persona investita di quel carisma realizza un autentico servizio ecclesiale alla comunità. Il ministero è fortemente associato alle prime comunità che fin dagli inizi della loro esistenza hanno sperimentato la presenza di uomini e donne dediti a svolgere alcuni servizi particolari…
Si può affermare, pertanto, che la catechesi ha sempre accompagnato l’impegno evangelizzatore della Chiesa e si è resa ancora più necessaria quando era destinata a quanti si preparavano per ricevere il battesimo, i catecumeni. Questa attività era considerata di primaria importanza a tal punto da portare la comunità cristiana a stabilire la condivisione dei beni e il sostentamento dei catechisti”.
Per il presidente del presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione con tale istituzione il papa mette al centro la formazione del laico:
“E’ indubbio che l’istituzione di questo ministero, unitamente a quello dell’accolitato e del lettorato, permetterà di avere un laicato maggiormente formato e preparato nella trasmissione della fede.
Non ci si improvvisa catechisti, perché l’impegno di trasmettere la fede, oltre alla conoscenza dei contenuti, richiede il prioritario incontro personale con il Signore”.
Il catechista diventa responsabile della trasmissione della fede: “Chi svolge il ministero di catechista sa che parla a nome della Chiesa e trasmette la fede della Chiesa. Questa responsabilità non è delegabile, ma investe ognuno in prima persona.
Questo servizio, comunque, dovrà essere vissuto in maniera ‘secolare’ senza cadere in forme di clericalismo che appannano la vera identità del ministero, il quale deve esprimersi non primariamente nell’ambito liturgico, ma in quello specifico della trasmissione della fede mediante l’annuncio e l’istruzione sistematica”.
Infine ha invitato le Conferenze episcopali a trovare le modalità più consone per istituire questo ministero: “Ci auguriamo che in questo modo il processo dell’evangelizzazione continui il suo fecondo percorso di inculturazione nelle varie realtà locali, e i milioni di catechiste e catechisti che ogni giorno dedicano la loro vita a questo ministero così antico e sempre nuovo, possano riscoprire la loro vocazione per un coinvolgente rinnovamento del processo catechistico a favore della Chiesa e delle nuove generazioni”.
Mentre mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst, delegato per la Catechesi del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, ha sottolineato che il catechista è una vocazione laicale:
“Nel sesto punto del nuovo Motu proprio, papa Francesco sottolinea che il catechista non deve assumersi principalmente compiti liturgici o pastorali o responsabilità di altri ministeri, ma che egli stesso è nella sua testimonianza un insegnante e mistagogo, compagno e pedagogo della propria vocazione e talento, evangelicamente inteso”.