Papa Francesco rinnova lo Stato Vaticano
“Secondo la Costituzione conciliare ‘Lumen Gentium’, nella Chiesa tutti sono chiamati alla santità e hanno ugualmente la bella sorte della fede per la giustizia di Dio; infatti, ‘vige tra tutti una vera eguaglianza riguardo alla dignità e all’azione comune a tutti i fedeli nell’edificare il Corpo di Cristo’.
Anche nella costituzione ‘Gaudium et Spes’ si afferma che ‘tutti gli uomini hanno la stessa natura e la medesima origine; tutti, da Cristo redenti, godono della stessa vocazione e del medesimo destino divino; è necessario perciò riconoscere ognor più la fondamentale uguaglianza fra tutti’… La consapevolezza di tali valori e princìpi, progressivamente maturata nella comunità ecclesiale, sollecita oggi un sempre più adeguato conformarsi ad essi anche dell’ordinamento vaticano”.
Così è scritto nel Motu proprio di papa Francesco in tema di competenza degli organi giudiziari dello stato della Città del Vaticano, perché: “si avverte oggi l’esigenza di procedere ad alcune ulteriori modifiche dell’ordinamento giudiziario dello Stato della Città del Vaticano, anche al fine di assicurare a tutti un giudizio articolato in più gradi ed in linea con le dinamiche seguite dalle più avanzate esperienze giuridiche a livello internazionale”.
Quindi, come ha spiegato Vatican News, cardinali e vescovi accusati di reati penali dai magistrati vaticani, se rinviati a giudizio, saranno processati dal Tribunale dello Stato della Città del Vaticano come tutti gli altri e non da una Corte di Cassazione presieduta da un cardinale, come avveniva fino ad oggi.
A tale proposito il sito Voxcanonica, periodico di scienze canonisti che, approfondisce il motu proprio con un intervento dell’avvocato canonista Cristian Lanni, che ha sottolineato le modifiche giudiziarie dello Stato del Vaticano:
“La modifica, dunque, abroga la riserva di giudizio alla Cassazione per Cardinali e Vescovi; l’ultimo grado di giudizio dello Stato Vaticano è presieduto dal Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, due Cardinali membri ordinari del Collegio giudicante, un Promotore di Giustizia e un Notaio.
Il Motu proprio, di fatto, equipara gli alti Prelati a tutti i fedeli, riprendendo il principio del can. 208 C.I.C., il quale stabilisce che ‘inter christifideles omnes… vera viget quoad dignitatem et actionem æqualitatis’…
Dunque, Cardinali e Vescovi, rinviati a giudizio per reati penali comuni, ossia quelli non legati alle norme del Diritto Canonico (a cui, lo ricordiamo, l’Ordinamento vaticano si ispira, ma con esso non coincide) verranno giudicati dal Tribunale ordinario in prima istanza e secondo i gradi di giudizio previsti. Invariata la norma circa la necessità di autorizzazione del Pontefice per procedere al giudizio”.
Inoltre il 26 aprile il papa aveva firmato un altro Motu proprio, nella quale porta avanti l’adeguamento della normativa vaticana anticorruzione agli standard della Convenzione di Merida, che, approvato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2003, rappresenta lo strumento multilaterale per il coordinamento delle politiche di prevenzione della corruzione e prevede in capo agli Stati aderenti specifici obblighi di penalizzazione delle condotte illecite riconducibili al mercimonio della funzione pubblica.
Sempre dal sito Voxcanonica Andrea Miccichè, dottorando di ricerca in Diritto Canonico ed Ecclesiastico presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Catania. approfondisce le novità introdotte per il personale dipendente, anche per quanto riguarda l’aspetto patrimoniale:
“Si tratta di un corredo di informazioni che permettono di valutare la condotta di vita di chi è preposto a compiti che impegnano non solo l’immagine, ma soprattutto la testimonianza civile della Santa Sede e lo Stato della Città del Vaticano. Non è la sola condotta a rilevare, bensì anche il patrimonio”.
Il papa sottolinea che tutti i beni del personale dello Stato vaticano non siano derivati da attività contrastanti con il magistero ecclesiastico in tema di Dottrina Sociale: “Questo divieto serve a scoraggiare comportamenti che presentano rischi di corruzione o, comunque, di asservimento della funzione pubblica esercitata ad interessi diversi da quelli fatti propri dall’Ente per cui operano”.
Infine Andrea Miccichè offre una lettura esaustiva su tale Motu proprio: “Il Motu Proprio deve essere letto non come intervento isolato o come l’esempio di una legislazione emergenziale, ma come il progressivo compimento di una riforma da tempo auspicata della Curia.
Senza intervenire a gamba tesa sulle strutture, papa Francesco sta attuando quei propositi di coerenza, credibilità, testimonianza di vita ed esempio in ogni settore della Chiesa. Il diritto vaticano, pur essendo il complesso di norme che regolano la vita di uno Stato, deve essere sempre improntato alla missione evangelizzatrice che la Santa Sede esercita nella società.
Ben vengano, dunque, queste misure, accompagnate da una ponderata riflessione sui principi consolidati in tema di trasparenza finanziaria, di garanzia dei diritti e delle libertà, di oculata gestione delle risorse e, ancor di più, di una giustizia animata dalla cristiana carità”.