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Le scuole paritarie cattoliche sono di buona qualità

Le scuole paritarie cattoliche in Italia sono ampiamente promosse per l’impegno profuso nell’aggiornamento didattico e nella cura della comunità educativa, così come è stato certificato dal Quarto monitoraggio della qualità della scuola cattolica italiana, elaborato dal Centro Studi per la Scuola Cattolica della CEI (in riferimento all’anno scolastico 2021/2022), a partire dai dati dell’Invalsi utilizzati per documentare le prassi educative e i risultati ottenuti, che in conclusione sintetizza alcuni ‘divari’:
“Il presente monitoraggio conferma una serie di divari che caratterizzano le scuole cattoliche. Il primo è purtroppo di carattere economico, visto che i costi favoriscono l’iscrizione di alunni appartenenti a fasce socio-culturali tendenzialmente più elevate (e questo può spiegare almeno in parte anche i buoni risultati scolastici). Il secondo divario è di carattere territoriale, con una condizione migliore delle scuole cattoliche nelle regioni del Nord e più problematica al Sud. Il terzo divario da ricordare è quello ordinamentale tra le scuole dell’infanzia, numericamente maggioritarie, e gli altri ordini di scuola.
Si tratta più in generale di due segmenti del sistema che presentano dinamiche differenti: nel medio periodo sono soprattutto le scuole dell’infanzia a manifestare un preoccupante calo numerico nel numero di scuole e di iscritti, mentre nella secondaria si registrano timidi segnali di ripresa negli ultimi anni. I due segmenti risultano diversi anche dal punto di vista gestionale, dove si conferma, soprattutto nell’infanzia, la crescita dell’iniziativa laicale, pur in presenza di una faticosa tenuta delle congregazioni religiose”.
In compenso nella scuola cattolica ci sono molte risorse per l’offerta formativa: “Le risorse delle scuole cattoliche sono senz’altro buone, soprattutto sul piano materiale, con un patrimonio edilizio solido ed abbondante. Le risorse umane sono meno stabili, ma hanno il loro punto di forza nella formazione permanente. Tra gli obiettivi qualificanti delle scuole cattoliche viene confermato l’impegno per la costituzione di una comunità educativa, che riesce a coinvolgere positivamente alunni e genitori.
L’offerta formativa è buona e spesso arricchita da attività e servizi integrativi. L’attenzione all’inclusione di alunni stranieri e con disabilità è condizionata dai costi, ma c’è uno sforzo costante di aumentare progressivamente queste componenti della scolaresca. I risultati scolastici possono apparire un punto di forza delle scuole cattoliche, visti gli esiti quasi sempre migliori del resto del sistema di istruzione, ma le scuole cercano di mantenere anche un’identità ecclesiale, sebbene non sia questo il principale fattore di attrazione”.
Nell’arco di questi anni le scuole cattoliche possono vantare una lunga tradizione, anche se non mancano scuole di nuova istituzione. In media, sulla base dell’indagine campionaria del 2022, l’età delle scuole si aggira intorno al secolo di vita: 78,8 anni per le scuole dell’infanzia, 93 anni per le scuole primarie, 98 anni per le secondarie di I grado e 108 anni per le secondarie di II grado.
L’andamento delle iscrizioni nel breve-medio periodo costituisce comunque l’indicatore più importante per valutare la vitalità di una scuola. A partire dal picco del 2010-11, nell’arco di 13 anni sono scomparse in tutto 1.843 scuole (-19,7%), con una media di oltre 140 all’anno, ma con sensibili variazioni da un anno all’altro, non solo in negativo, come mostrano le colonne che per ogni ordine e grado di scuola evidenziano la variazione percentuale rispetto all’anno precedente.
Disaggregando l’analisi per singolo livello scolastico si può notare che il grosso delle chiusure sono concentrate nella scuola dall’infanzia (-1.568 = -22,2%), mentre per il resto si perdono 149 scuole primarie (-13,2%), 79 scuole secondarie di I grado (-13,4%) e 47 scuole secondarie di II grado (-7,8%), precisando però che tra queste ultime l’andamento è molto più irregolare per via di aumenti e diminuzioni sensibili anche nel breve periodo.
Più interessante (e critico) è l’andamento del numero di iscrizioni, che mostra nell’arco dello stesso periodo la perdita complessiva di 225.501 alunni (-30,4%), derivante da un calo di 175.615 bambini nella scuola dell’infanzia (-38,7%), di 34.815 alunni nella scuola primaria (-22,2%), di 5.291 alunni nella scuola secondaria di I grado (-8,0%) e di 9.780 studenti nella secondaria di II grado (-15,3%).
Quindi la secondaria di II grado sta facendo registrare sistematicamente dal 2018-19 una tendenza all’aumento delle iscrizioni, che va a temperare il calo più grave subito negli anni precedenti. Se si confronta questa leggera ripresa con la diminuzione del numero di scuole, si può parlare di una sorta di ottimizzazione del settore con la scomparsa delle scuole più piccole e la maggiore capacità attrattiva delle scuole rimaste (almeno nel caso delle secondarie di II grado): “In ogni caso, viste le motivazioni economiche che condizionano in genere le iscrizioni, il mantenimento di un discreto numero di alunni può essere già un primo indicatore di qualità, dato che le famiglie ritengono di continuare a investire in queste scuole”.
Quindi l’offerta formativa è buona e spesso arricchita da attività e servizi integrativi. I contenuti che riguardano la costruzione di una comunità educativa si colloca al terzo posto con il 35,1% delle scelte (ma nelle secondarie di II grado è al primo posto con il 57,7%). Inoltre dall’analisi emerge che le scuole cattoliche sono inclusive:
“Il 6% degli iscritti non sono italiani e questa percentuale, sui rispettivi iscritti, nelle scuole statali nell’insieme si attesta al 10,8%. Va notato che nel corso degli anni è andata progressivamente crescendo nelle scuole cattoliche la quota di alunni stranieri, parallelamente al tasso di immigrazione”, ha rilevato Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio nazionale per l’Educazione, la scuola e l’università, ricordando che “una maggiore presenza di stranieri è impedita dai costi, ma la distanza non è incolmabile e le scuole cattoliche sono per loro natura aperte all’accoglienza e al dialogo interculturale”.
Un dato significativo è inoltre quello riguardante l’alleanza scuola-famiglia: i genitori partecipano in misura più che doppia alle elezioni degli organi collegiali interni rispetto a quanto accade nel resto delle scuole italiane. Il 93% dei genitori partecipa ai colloqui periodici con gli insegnanti (93,0%), prende parte a attività ricreative di vario genere (33,6%), collabora concretamente alla gestione della scuola (20,9%) e alla promozione di iniziative culturali in accordo con il gestore (15,0%).
Il monitoraggio mette in luce anche alcuni ‘gap’, di cui il primo è quello di carattere economico, visto che i costi favoriscono l’iscrizione di alunni appartenenti a fasce socio-culturali tendenzialmente più elevate (e questo può spiegare almeno in parte anche i buoni risultati scolastici). Il secondo è di carattere territoriale, con una condizione migliore delle scuole cattoliche nelle regioni del Nord e più problematica al Sud. Il terzo è quello ordinamentale tra le scuole dell’infanzia, numericamente maggioritarie, e gli altri ordini di scuola.
Le risorse delle scuole cattoliche sono senz’altro buone, soprattutto sul piano materiale, con un patrimonio edilizio solido e abbondante. Alle aule ordinarie, infatti, si aggiungono gli spazi per attività speciali: il 97,7% delle scuole posseggono cortili, il 95,6% palestre, il 94,9% un laboratorio di informatica, l’84,9% un laboratorio scientifico ed il 74,3% una mensa. Le risorse umane sono meno stabili, ma hanno il loro punto di forza nella formazione permanente: il 7% del personale presta servizio a titolo gratuito; il 57% è assunto con contratto a tempo indeterminato mentre il 35,9% a tempo determinato.
Papa Francesco elogia la Guardia di Finanza per la promozione della legalità

In occasione del 250° anniversario della fondazione della Guardia di Finanza papa Francesco ha ricevuto in udienza i militari appartenenti al corpo militare, che ha come motto ‘Nella tradizione, il futuro’: “Questo è il motto del vostro 250° anniversario. Nella tradizione c’è il futuro. Fa riferimento alle radici che hanno portato alla fondazione della Guardia di Finanza e le hanno dato una direzione di crescita”.
Ed ha ricordato la missione di questo Corpo: “Nata come Corpo speciale per il servizio di vigilanza finanziaria e difesa ai confini, ha assunto compiti di polizia tributaria ed economico-finanziaria, di polizia sul mare, con una importante missione nell’ambito del soccorso, sia in mare che in montagna.
Ricordo storico di questo impegno è l’aiuto offerto ai profughi ebrei e ai perseguitati durante i due grandi conflitti mondiali. Un vasto ambito di interventi, dunque, che intende rispondere ai problemi con la concretezza della presenza e dell’azione puntuale, veicolando al contempo un’alternativa culturale ad alcuni mali che rischiano di inquinare la società”.
Il papa li ha ricevuti nella festa del protettore del corpo militare: “Il vostro Patrono è San Matteo (oggi è la festa), apostolo ed evangelista. Egli, infatti, era stato un ‘pubblicano’, cioè un esattore delle tasse, mestiere doppiamente disprezzato al tempo di Gesù, perché asservito al potere imperiale e perché corrotto. A me piace andare alla chiesa dei francesi a vedere quel Caravaggio, ‘La conversione di Matteo’, che simboleggia così profondamente”.
Quindi ha sottolineato che la logica della ricchezza è difficile da cambiare: “Matteo rappresentava una mentalità utilitarista e senza scrupoli, devota solo al ‘dio denaro’. Anche ai nostri giorni una logica simile si ripercuote sulla vita sociale, causando squilibri ed emarginazione: dagli sprechi alimentari (questo è uno scandalo, gli sprechi alimentari, è uno scandalo!) all’esclusione di cittadini dal beneficiare di alcuni loro diritti”.
Le parole del papa sono state chiare quando ha affrontato il tema della finanza: “Anche lo Stato può finire vittima di questo sistema; perfino quegli Stati che, pur disponendo di ingenti risorse, rimangono isolati sul piano finanziario o del mercato globale. Come si spiega la fame nel mondo, oggi, quando ci sono tanti, tanti sprechi nelle società sviluppate? E’ terribile questo. E un’altra cosa: se si fermassero un anno dal fabbricare le armi, finirebbe la fame nel mondo. Meglio le armi che risolvere la fame”.
Il compito della Guardia di Finanza è quello di contribuire alla giustizia ‘economica’: “In questo panorama, voi siete chiamati a contribuire alla giustizia dei rapporti economici, verificando l’osservanza delle norme che disciplinano le attività dei singoli e delle imprese. Perciò vigilate sul dovere di ogni cittadino di contribuire secondo criteri di equità alle necessità dello Stato, senza che vengano privilegiati i più forti, e contrastate l’uso inappropriato di internet e delle reti sociali. Sia riguardo alla riscossione delle imposte, sia nella lotta al lavoro sommerso e sottopagato (questo è un altro scandalo), o comunque lesivo della dignità umana, la vostra azione è di primaria importanza”.
E’ un servizio per il ‘bene comune’: “E tutto questo è il vostro modo concreto e quotidiano di servire il bene comune, di essere vicini alla gente, di contrastare la corruzione e promuovere la legalità. Quella corruzione che si fa sotto il tavolo… Perciò la risposta, l’alternativa non sta solo nelle norme, ma in un ‘nuovo umanesimo’. Rifondare l’umanità”.
Ad un certo punto Matteo cambiò mentalità: “Matteo, in un certo senso, passò dalla logica del profitto a quella dell’equità. Ma, alla scuola di Gesù, egli superò anche l’equità e la giustizia e conobbe la gratuità, il dono di sé che genera solidarietà, condivisione, inclusione. La gratuità non è soltanto una dimensione finanziaria, ma è una dimensione umana. Diventare [persone] al servizio degli altri, gratuitamente, senza cercare il proprio profitto. Perché, se la giustizia è necessaria, essa non è sufficiente a colmare quei vuoti che solo la gratuità, la carità, l’amore può sanare”.
Ed ha elogiato la Guardia di Finanza per i ‘servizi’ svolti: “Voi lo sperimentate ad esempio quando organizzate l’accoglienza e il soccorso ai migranti in pericolo nel Mediterraneo. Grazie di questo, grazie. Oppure negli interventi coraggiosi per le calamità naturali, in Italia e altrove. Ma pensiamo al contrasto alla piaga del traffico di stupefacenti, ai mercanti di morte. Il vostro servizio non si esaurisce nella protezione delle vittime, ma include il tentativo di aiutare la rinascita di chi sbaglia: infatti, agendo con rispetto e integrità morale potete toccare le coscienze, mostrando la possibilità di una vita diversa”.
Ha concluso l’udienza con una riflessione sulla globalizzazione: “Anche in questo modo si può e si deve costruire un’alternativa alla globalizzazione dell’indifferenza, che distrugge con la violenza e la guerra, ma pure trascurando la cura della socialità e dell’ambiente. In effetti, la ricchezza di una Nazione non sta solo nel suo PIL, risiede nel suo patrimonio naturale, artistico, culturale, religioso, e nel sorriso dei suoi abitanti, dei suoi bambini… Serve questo slancio solidale verso l’altro come via per la pace e come speranza di un futuro migliore!”
(Foto: Santa Sede)
730ª Perdonanza Celestiniana. L’Arcivescovo metropolita de L’Aquila: il perdono è una festa

“Ricordiamo, ad esempio, la grande ‘perdonanza’ che san Celestino V volle concedere a quanti si recavano nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, a L’Aquila, nei giorni 28 e 29 agosto 1294, sei anni prima che papa Bonifacio VIII istituisse l’Anno Santo. La Chiesa già sperimentava, dunque, la grazia giubilare della misericordia. Ed ancora prima, nel 1216, papa Onorio III aveva accolto la supplica di san Francesco che chiedeva l’indulgenza per quanti avrebbero visitato la Porziuncola nei primi due giorni di agosto. Lo stesso si può affermare per il pellegrinaggio a Santiago di Compostela: infatti Papa Callisto II, nel 1122, concesse di celebrare il Giubileo in quel Santuario ogni volta che la festa dell’apostolo Giacomo cadeva di domenica. E’ bene che tale modalità ‘diffusa’ di celebrazioni giubilari continui, così che la forza del perdono di Dio sostenga e accompagni il cammino delle comunità e delle persone”.
Così scrive papa Francesco nel cap. 5 della bolla di indizione giubilare ‘Spes non confundit’, commentato nei mesi scorsi dall’allora arcivescovo della diocesi de L’Aquila, card. Giuseppe Petrocchi: “La notizia della citazione della ‘grande Perdonanza’ di san Celestino V nella Bolla di indizione del Giubileo “accende il cuore degli Aquilani quindi di una città riconoscente verso Dio e verso papa Francesco. Considero questa Bolla per tutta la Chiesa una pietra miliare non soltanto sulla via della sinodalità ma anche sulla strada della Perdonanza… Perciò la speranza cristiana e umana è anche l’anima della Perdonanza Celestiniana, è un punto di riferimento importantissimo, una sorta di bussola che ci consente di orientarci nella vita ecclesiale e sociale”.
A pochi giorni dall’apertura della 730ª Perdonanza Celestiniana, abbiamo chiesto a mons. Antonio D’Angelo, neo arcivescovo metropolita de L’Aquila, di spiegarci il motivo della ‘concessione’ di questa indulgenza: “La Perdonanza Celestiniana è l’indulgenza plenaria concessa proprio a L’Aquila da san Celestino V all’indomani dell’inizio del suo ministero come successore di Pietro, per onorare la memoria di san Giovanni Battista. Il capoluogo d’Abruzzo dal 1294 celebra ogni anno, come previsto nella Bolla pontificia ‘Inter Sanctorum Solemnia’, questa grande festa del perdono dai primi vespri del 28 agosto ai secondi vespri del 29 agosto. San Celestino istituisce la Perdonanza perché ogni cristiano faccia esperienza della misericordia di Dio, un dono necessario alla vita del credente per il suo cammino di fede”.
Per quale motivo la remissione dei peccati è una festa?
“Recentemente ho avuto modo di ribadire che il perdono è medicina necessaria per sostenere il credente lungo il percorso della vita terrena. Senza il perdono diventa difficile trovare quell’equilibrio interiore capace di pesare le cose con verità e giustizia, condizione essenziale per ritrovare costantemente armonia con se stessi e con gli altri. La catena della rabbia, dell’aggressività, della rivalsa potrà essere spezzata solo con il perdono che porta alla vera pace. E’ una festa perché la persona ritrova se stessa, si riabilita per il cammino dell’esistenza, è un’esperienza di risurrezione, una nuova vita”.
Perché la Perdonanza è patrimonio immateriale dell’Unesco?
“La storia ci insegna che il perdono è sempre necessario tra le persone e le comunità nazionali. San Giovanni Paolo II, nel 2002, all’indomani degli eventi drammatici dell’11 settembre 2001 affermava: ‘In quanto atto umano, il perdono è innanzitutto un’iniziativa del singolo soggetto nel suo rapporto con gli altri suoi simili. La persona, tuttavia, ha un’essenziale dimensione sociale, in virtù della quale intreccia una rete di rapporti in cui esprime se stessa: non solo nel bene, purtroppo, ma anche nel male. Conseguenza di ciò è che il perdono si rende necessario anche a livello sociale.
Le famiglie, i gruppi, gli Stati, la stessa Comunità internazionale, hanno bisogno di aprirsi al perdono per ritessere legami interrotti, per superare situazioni di sterile condanna mutua, per vincere la tentazione di escludere gli altri non concedendo loro possibilità di appello. La capacità di perdono sta alla base di ogni progetto di una società futura più giusta e solidale’ (Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXXV Giornata Mondiale della Pace, 1 Gennaio 2002, n. 9).
Dunque la scelta dell’Unesco di riconoscere la Perdonanza come Patrimonio immateriale dell’umanità penso risieda nella consapevolezza che il perdono sia necessario perché il mondo sia più giusto e capace di riconciliazione”.
In quale modo la Chiesa Aquilana si sta preparando al Giubileo?
“Dopo la storica visita pastorale di papa Francesco a L’Aquila, il 28 agosto 2022, l’Arcidiocesi, raccogliendo l’auspicio dello stesso papa, affinché L’Aquila possa diventare ‘Capitale di perdono, di pace e di riconciliazione’, sta vivendo un percorso spirituale di preparazione al Giubileo che coinvolge le comunità del territorio diocesano.
Infatti, dal 28 agosto 2022, grazie alla Penitenzieria Apostolica, la Comunità ecclesiale ha vissuto prima ‘l’Anno della Misericordia’ ed ora, fino a dicembre inizio dell’Anno giubilare, sta celebrando ‘l’Anno del Perdono e della Preghiera’. Due anni in cui, oltre ai gruppi parrocchiali della Diocesi tanti altri pellegrini, da varie parti d’Italia, si sono recati in pellegrinaggio nella di Basilica di santa Maria di Collemaggio, per ottenere l’indulgenza plenaria.
In particolare ricordo gli studenti delle Università Pontificie, i giovani e le famiglie della Regione Ecclesiastica di Abruzzo-Molise. Infine, il prossimo 7 settembre sarà presente a L’Aquila mons. Rino Fisichella, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione e responsabile del Giubileo del 2025, nell’ambito del Terzo convegno storico-pastorale organizzato dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose dell’Aquila ‘Fides et Ratio’ sul tema: San Celestino V, Pellegrino di Speranza”.
(Tratto da Aci Stampa)
Papa Francesco: le virtù teologali caratterizzano la vita cristiana

“Sabato prossimo ricorre il decimo anniversario della canonizzazione di San Giovanni Paolo II. Guardando la sua vita, possiamo vedere che cosa può raggiungere l’uomo accettando e sviluppando in sé i doni di Dio: fede, speranza e carità. Rimanete fedeli alla sua eredità. Promuovete la vita e non lasciatevi ingannare dalla cultura della morte. Per sua intercessione, chiediamo a Dio il dono della pace per la quale egli, come Papa, si è tanto impegnato”: al termine dell’udienza generale odierna papa Francesco ha ricordato, in lingua polacca, il decimo anniversario della canonizzazione di san Giovanni Paolo II. Eppoi ha lanciato un appello per la pace, ricordando che con la guerra guadagnano solo i fabbricanti di armi:
“E poi il pensiero va alla martoriata Ucraina, alla Palestina, a Israele, al Myanmar che sono in guerra, e a tanti altri Paesi. La guerra sempre è una sconfitta, e quelli che guadagnano di più sono i fabbricatori di armi. Per favore, preghiamo per la pace! Preghiamo per la martoriata Ucraina: soffre tanto, tanto. I soldati giovani vanno a morire. Preghiamo. E preghiamo anche per il Medio Oriente, per Gaza: si soffre tanto lì, nella guerra. Per la pace tra Palestina e Israele, che siano due Stati, liberi e con buoni rapporti”.
In precedenza, proseguendo il ciclo delle catechesi su ‘I vizi e le virtù’, papa Francesco aveva incentrato la riflessione sul tema ‘La vita di grazia secondo lo Spirito’, che affronta le virtù teologali: “Già prima di Cristo si predicava l’onestà come dovere civile, la sapienza come regola delle azioni, il coraggio come ingrediente fondamentale per una vita che tende verso il bene, la moderazione come misura necessaria per non essere travolti dagli eccessi”.
Per il papa le virtù sono un patrimonio dell’umanità, che il cristianesimo ha saputo valorizzare: “Questo patrimonio tanto antico, patrimonio dell’umanità, non è stato sostituito dal cristianesimo, ma messo bene a fuoco, valorizzato, purificato e integrato nella fede. C’è dunque nel cuore di ogni uomo e donna la capacità di ricercare il bene. Lo Spirito Santo è donato perché chi lo accoglie possa distinguere chiaramente il bene dal male, avere la forza per aderire al bene rifuggendo dal male e, così facendo, raggiungere la piena realizzazione di sé”.
In base ad una definizione del Catechismo della Chiesa cattolica la vita del cristiano si basa anche su altre tre virtù: “Essa si attua con il dono di altre tre virtù, prettamente cristiane, che spesso vengono nominate insieme negli scritti del Nuovo Testamento. Questi atteggiamenti fondamentali, che caratterizzano la vita del cristiano, sono tre virtù che noi diremo adesso insieme: la fede, la speranza e la carità”.
E sono definite ‘teologali’, in quanto completano la vita ‘buona’ del cristiano: “Gli scrittori cristiani le hanno ben presto chiamate virtù ‘teologali’, in quanto si ricevono e si vivono nella relazione con Dio, per differenziarle dalle altre quattro chiamate ‘cardinali’, in quanto costituiscono il ‘cardine’ di una vita buona. Queste tre sono ricevute nel Battesimo e vengono dallo Spirito Santo. Le une e le altre, sia le teologali sia le cardinali, accostate in tante riflessioni sistematiche, hanno così composto un meraviglioso settenario, che spesso viene contrapposto all’elenco dei sette vizi capitali”.
La virtù teologale permette di non agire con arroganza: “Mentre il rischio delle virtù cardinali è quello di generare uomini e donne eroici nel compiere il bene, ma tutto sommato soli, isolati, il grande dono delle virtù teologali è l’esistenza vissuta nello Spirito Santo. Il cristiano non è mai solo.
Compie il bene non per un titanico sforzo di impegno personale, ma perché, come umile discepolo, cammina dietro al Maestro Gesù. Lui va avanti nella via. Il cristiano ha le virtù teologali che sono il grande antidoto all’autosufficienza. Quante volte certi uomini e donne moralmente ineccepibili corrono il rischio di diventare, agli occhi di chi li conosce, presuntuosi e arroganti!”
La catechesi è una ‘condanna’ della superbia: “La superbia è un veleno potente: ne basta una goccia per guastare tutta una vita improntata al bene. Una persona può avere compiuto anche una montagna di opere benefiche, può aver mietuto riconoscimenti ed encomi, ma se tutto ciò l’ha fatto solo per sé stesso, per esaltare sé stessa, può dirsi ancora una persona virtuosa? No!”
Però ha ricordato anche che il bene è un modo di vita: “Il bene non è solo un fine, ma anche un modo. Il bene ha bisogno di tanta discrezione, di molta gentilezza. Il bene ha bisogno soprattutto di spogliarsi di quella presenza a volte troppo ingombrante che è il nostro io. Quando il nostro ‘io’ è al centro di tutto, si rovina tutto. Se ogni azione che compiamo nella vita la compiamo solo per noi stessi, è davvero così importante questa motivazione? Il povero ‘io’ si impadronisce di tutto e così nasce la superbia”.
Quindi le virtù teologali aiutano a compiere le necessarie correzioni: “Lo sono soprattutto nei momenti di caduta, perché anche coloro che hanno buoni propositi morali a volte cadono. Tutti cadiamo, nella vita, perché tutti siamo peccatori. Come anche chi si esercita quotidianamente nella virtù a volte sbaglia (tutti sbagliamo nella vita): non sempre l’intelligenza è lucida, non sempre la volontà è ferma, non sempre le passioni sono governate, non sempre il coraggio sovrasta la paura”.
Ed ha concluso la catechesi con l’invito a vivere secondo lo Spirito Santo: “Ma se apriamo il cuore allo Spirito Santo (il Maestro interiore), Egli ravviva in noi le virtù teologali: allora, se abbiamo perso la fiducia, Dio ci riapre alla fede (con la forza dello Spirito, se abbiamo perso la fiducia, Dio ci riapre alla fede); se siamo scoraggiati, Dio risveglia in noi la speranza; e se il nostro cuore è indurito, Dio lo intenerisce col suo amore”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco ai biblisti: Bibbia è patrimonio di tutti
Wonderful Sila Festival: nel cuore della Calabria la maratona musicale con Boomdabash, Saturnino e tanti altri grandi artisti

Concerti live, intrattenimento e attività extra: sono questi gli ingredienti del ‘Wonderful Sila Festival’, che sabato 12 agosto farà tappa nel cuore della Sila calabrese: “Sono felice di come sta andando l’organizzazione dell’evento, in un territorio meraviglioso in cui spesso la musica non arriva – ha commentato il direttore artistico Antonio Vandoni, che è anche direttore artistico di Radio Italia, con oltre trent’anni di esperienza nel campo musicale.
Quesito giuridico (civilistico-amministrativo-tributario-canonico) sulla compatibilità del «MOTU PROPRIO» (2023) “Il diritto nativo:il patrimonio della Sede Apostolica” con il can. 1258 CIC, l’art. 831 CC, la L. 127/97 ed il D.lgs. n. 117/2017 s.m.i. PARTE TERZA 3- RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA SUGLI ENTI ECCLESIASTICI

Premesso quanto illustrato nei due precedenti articoli ( F. Trombetta e G. Di Giacinto) qui pubblicati (…..), riteniamo utile citare preliminarmente una delle più rilevanti Sentenze della Cassazione civile , la n. 5418 del 1993, essa ribadisce il principio – già espresso in altra occasione (negli anni 69 e 70) – secondo il quale le norme canoniche acquistano forza nell’ordinamento italiano in virtù del rinvio formale; di conseguenza, l’eventuale mancanza dell’autorizzazione può essere dedotta solo dagli ENTI ECCLESIASTICI nel cui interesse è svolto il controllo e non anche dall’ altro contraente. E’ stato rilevato, inoltre, che con la Legge121/85 è stata soppressa , per lo Stato italiano , ogni ingerenza nell’amministrazione dei beni degli ENTI ECCLESIASTICI ormai sottoposta all’esclusivo controllo canonico ! (dopo l’ abrogazione dell’art. 17 c.c. avvenuta con la L. 127/97 ).
Quesito giuridico (civilistico-amministrativo-tributario-canonico) sulla compatibilità del «MOTU PROPRIO» (2023) “Il diritto nativo:il patrimonio della Sede Apostolica” con il can. 1258 CIC, l’art. 831 CC, la L. 127/97 ed il D.lgs. n. 117/2017 s.m.i. 2- COMPARAZIONE CANONICO-CIVILISTICA

Premesso quanto ha illustrato brillantemente il mio ex studente (attuale P. Avv. Dott. Giuseppe Di Giacinto, tirocinante giudiziario, primo classificato nel mese di Marzo 2023 presso Corte d’Appello) nel precedente articolo qui pubblicato (…..),cercherò di completare la complessa configurazione della vicenda sancita dalla recente normativa, avvalendomi della dottrina più accreditata e della giurisprudenza consolidata in tali contesti.
Papa Francesco invita a custodire la memoria per immagini

Nel messaggio alla Fondazione ‘Memorie Audiovisive del Cattolicesimo’ papa Francesco ha insistito sull’importanza della custodia della memoria per immagini. Dopo aver già affrontato il tema in una intervista con don Dario Viganò, concessa per il libro ‘Lo sguardo porta del cuore’, papa Francesco è tornato sull’argomento in un messaggio inviato alla neonata Fondazione italiana MAC – Memorie Audiovisive del Cattolicesimo, presieduta dallo stesso Viganò, istituita “per rispondere all’urgenza culturale del recupero, della preservazione e della valorizzazione del patrimonio storico audiovisivo e di quello documentale ad esso collegato, relativo al cattolicesimo”.