E’ l’Italia che va…
Nell’ultimo decennio si è registrato un significativo aumento delle cancellazioni anagrafiche di cittadini italiani per l’estero (emigrazioni) e un volume di rientri che non bilancia le uscite (complessivamente 899.000 espatri e 372.000 rimpatri). Di conseguenza i saldi migratori con l’estero dei cittadini italiani, soprattutto a partire dal 2015, sono stati in media negativi per 69.000 unità l’anno.
Nel 2019 il volume complessivo delle cancellazioni anagrafiche per l’estero è di 180.000 unità, in aumento del 14,4% rispetto all’anno precedente. Le emigrazioni dei cittadini italiani sono il 68% del totale (122.020). Se si considera il numero dei rimpatri (iscrizioni anagrafiche dall’estero di cittadini italiani), pari a 68.207, il calcolo del saldo migratorio con l’estero degli italiani (iscrizioni meno cancellazioni anagrafiche) restituisce un valore negativo di 53.813 unità. Il tasso di emigratorietà dei cittadini italiani è pari a 2,2 per mille.
Quindi è il Nord la ripartizione di residenza da cui partono i flussi più consistenti di trasferimenti all’estero di cittadini italiani, in termini sia assoluti (59.000, pari al 49% degli espatri) sia relativi rispetto alla popolazione residente (2,4 italiani per mille residenti). Dal Mezzogiorno si sono trasferiti all’estero oltre 43.000 italiani (2,2 per mille) mentre dal Centro sono espatriati circa 19.000 connazionali, con un tasso di emigratorietà (1,8 per mille) sotto la media nazionale.
La distribuzione degli espatri per regione di partenza mette in evidenza una situazione più eterogenea: la regione da cui emigrano più italiani, in valore assoluto, è la Lombardia con un numero di cancellazioni anagrafiche per l’estero pari a 23.000; seguono Sicilia e Veneto (entrambe 12.000), Campania (11.000) e Lazio (9.000).
In termini relativi, rispetto alla popolazione italiana residente nelle regioni, il tasso di emigratorietà più elevato si ha in Trentino-Alto Adige (4 italiani per mille residenti). In Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Veneto, Sicilia, Molise, Lombardia e Abruzzo la propensione a emigrare è di circa 3 italiani per mille residenti. Le regioni con il tasso di emigratorietà per l’estero più basso sono invece Toscana, Liguria e Lazio, che presentano valori pari a circa 1,7 per mille.
Nel 2019, gli italiani espatriati sono prevalentemente uomini (55%). Fino ai 25 anni, il contingente di emigrati ed emigrate è ugualmente numeroso (entrambi 20.000) e presenta una distribuzione per età perfettamente sovrapponibile. A partire dai 26 anni fino alle età anziane, invece, gli emigrati iniziano a essere costantemente più numerosi delle emigrate: dai 75 anni in poi le due distribuzioni tornano a sovrapporsi.
L’età media degli emigrati è di 33 anni per gli uomini e 30 per le donne. Un emigrato su cinque ha meno di 20 anni, due su tre hanno un’età compresa tra i 20 e i 49 anni mentre la quota di ultracinquantenni è pari al 13%. Considerando il livello di istruzione posseduto al momento della partenza, nel 2019 un italiano emigrato su quattro è in possesso di almeno la laurea (30mila). Rispetto all’anno precedente le numerosità dei laureati emigrati è in lieve aumento (+1,4%). L’incremento è molto più consistente se si amplia lo spettro temporale: rispetto a cinque anni prima gli emigrati con almeno la laurea crescono del 23%.
Quasi tre cittadini italiani su quattro trasferitisi all’estero nel 2019 hanno 25 anni o più: sono poco più di 87.000 (il 72% del totale degli espatriati); di essi quasi uno su tre (28.000) è in possesso di almeno la laurea. In questa fascia d’età si riscontra una lieve differenza di genere riguardo alla consistenza e al titolo di studio di chi espatria: le italiane emigrate sono meno numerose (rappresentano circa il 43% del totale degli espatriati di 25 anni o più) ma sono più frequentemente in possesso di almeno la laurea (il 36% contro il 30% dei loro coetanei).
Rispetto al 2010, inoltre, l’aumento degli espatri di laureati è più evidente per le donne (+8%) che per gli uomini (+3%). Tale incremento risente in parte dell’aumento contestuale dell’incidenza di donne laureate nella popolazione (dal 5,5% del 2010 al 7,8% del 2019)
L’altra faccia della medaglia è costituita dai rimpatri: nel 2019, considerando il rientro degli italiani di 25 anni e più con almeno la laurea (15.000), la perdita netta (differenza tra rimpatri ed espatri) di popolazione ‘qualificata’ è di 14.000 unità. Tale perdita riferita agli ultimi dieci anni ammonta complessivamente a poco meno di 112.000 unità.
Davanti a tale situazione Uecoop invita le Istituzioni italiane a ‘fermare la fuga dei cervelli’: “In questo contesto il sistema cooperativo con quasi 80.000 realtà a livello nazionale e oltre 1.000.000 di addetti rappresenta un importante ‘ammortizzatore’ occupazionale con il 66% degli addetti che ha un diploma di scuola secondaria mentre più del 15% è laureato, con una incidenza trasversale su più settori: dall’edilizia alla sanità, dall’informatica all’agricoltura, dalla logistica al terziario avanzato…
Bisogna offrire ai giovani opportunità di lavoro e futuro in Italia per evitare l’impoverimento del Paese non solo dal punto di vista economico ma anche sociale considerato la pressione sul sistema del welfare visto che in Italia quasi 14.700.000 di persone hanno superato la barriera dei 64 anni contro le 12.800.000 di dieci anni fa”.
Secondo la Coldiretti la ‘fuga’ di 28.000 laureati all’estero è costata oltre € 3.000.000.000 spesi dallo Stato italiano per l’istruzione partendo dal primo anno di elementari e arrivando all’ultimo anno di università:
“In un Paese vecchio come l’Italia la prospettiva dell’abbandono per molti giovani italiani è una perdita di risorse insopportabile se si vuole tornare a crescere ma anche il risultato di una evidente sconfitta per tutti, dal mondo scolastico a quello imprenditoriale, dalle famiglie alle Istituzioni”.
E propone l’agricoltura come ‘risorsa’: “In questo scenario l’agricoltura rappresenta una speranza e una risorsa per le nuove generazioni ed in controtendenza rispetto all’andamento generale nel 2020, con la crisi provocata dall’emergenza Covid, si registra uno storico balzo del 14% del numero di giovani imprenditori in agricoltura, rispetto a cinque anni fa”.
Infatti con oltre 55.000 under 35 alla guida di imprese agricole e allevamenti, l’Italia è leader europeo nel numero di imprese condotto da giovani, anche grazie alla svolta green nei consumi e nel lavoro favorita dalla pandemia.
Però oltre un giovane italiano su due (55%) fra i quasi 39.000 che hanno presentato domanda per l’insediamento in agricoltura in Italia si è visto respingere il proprio progetto imprenditoriale a causa degli errori di programmazione delle amministrazioni regionali, con il rischio di perdere i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea:
“Occorre sostenere il sogno imprenditoriale di una parte importante della nostra generazione che mai come adesso vuole investire il proprio futuro nelle campagne e per questo va liberata dal peso della burocrazia che impedisce anche il pieno utilizzo delle risorse comunitarie”.