Papa Francesco invita a vedere Dio
Come ricordato da papa Francesco nell’Angelus oggi si celebra la Giornata Mondiale dell’Infanzia Missionaria: “Le Pontificie Opere Missionarie promuovono il 6 gennaio la Giornata Mondiale dell’Infanzia missionaria, nella quale si ricorda come i bambini e i ragazzi di tutto il mondo si sentano parte di un’unica famiglia, il popolo di Dio, che cammina insieme con l’impegno di annunciare Cristo e farlo conoscere a chi non ne ha mai sentito parlare”.
E nell’Angelus il papa ha ricordato che Dio si è manifestato al mondo come Luce: “La visione di Isaia, riportata nella Liturgia odierna, risuona nel nostro tempo più che mai attuale… E’ una visione che apre il cuore, che allarga il respiro, che invita alla speranza.
Certo, le tenebre sono presenti e minacciose nella vita di ognuno e nella storia dell’umanità, ma la luce di Dio è più potente. Si tratta di accoglierla perché possa risplendere a tutti. Ma possiamo domandarci: dov’è questa luce? Il profeta la intravedeva da lontano, ma già bastava a riempire di gioia incontenibile il cuore di Gerusalemme”.
Anche l’evangelista Marco narra l’irradiazione della Luce: “L’evangelista Matteo, a sua volta, raccontando l’episodio dei Magi, mostra che questa luce è il Bambino di Betlemme, è Gesù, anche se la sua regalità non da tutti è accettata. Anzi, alcuni la rifiutano, come Erode.
E’ Lui la stella apparsa all’orizzonte, il Messia atteso, Colui attraverso il quale Dio realizza il suo regno di amore, il suo regno di giustizia, il suo regno di pace. Egli è nato non solo per alcuni ma per tutti gli uomini, per tutti i popoli. La luce è per tutti i popoli, la salvezza è per tutti i popoli”.
Infine il papa ha narrato come avviene tale irradiazione: “L’annuncio, la parola, e la testimonianza. E con lo stesso ‘metodo’ scelto da Dio per venire in mezzo a noi: l’incarnazione, cioè il farsi prossimo all’altro, incontrarlo, assumere la sua realtà e portare la testimonianza della nostra fede, ognuno.
Solo così la luce di Cristo, che è Amore, può risplendere in quanti la accolgono e attirare gli altri. Non si allarga la luce di Cristo con le parole soltanto, con metodi finti, imprenditoriali…
No, no. La fede, la parola, la testimonianza: così si allarga la luce di Cristo. La stella è Cristo, ma la stella possiamo e dobbiamo essere anche noi, per i nostri fratelli e le nostre sorelle, come testimoni dei tesori di bontà e di misericordia infinita che il Redentore offre gratuitamente a tutti. La luce di Cristo non si allarga per proselitismo, si allarga per testimonianza, per confessione della fede. Anche per il martirio”.
E nell’omelia della solennità dell’Epifania il papa ha sottolineato il valore dell’adorazione: “Nella nostra epoca è particolarmente necessario che, sia singolarmente che comunitariamente, dedichiamo più tempo all’adorazione, imparando sempre meglio a contemplare il Signore. Si è perso un po’ il senso della preghiera di adorazione, dobbiamo riprenderlo, sia comunitariamente sia nella propria vita spirituale.
Oggi, pertanto, ci mettiamo alla scuola dei Magi, per trarne alcuni insegnamenti utili: come loro, vogliamo prostrarci e adorare il Signore. Adorarlo sul serio, non come ha detto Erode: ‘Fatemi sapere dov’è il posto e io andrò ad adorarlo’. No, questa adorazione non va. Sul serio!”
Inoltre ha sottolineato il significato dell’alzare gli occhi: “Quando alziamo gli occhi a Dio, i problemi della vita non scompaiono, no, ma sentiamo che il Signore ci dà la forza necessaria per affrontarli. ‘Alzare gli occhi’, allora, è il primo passo che dispone all’adorazione. Si tratta dell’adorazione del discepolo che ha scoperto in Dio una gioia nuova, una gioia diversa”.
Però per l’adorazione è necessario mettersi in viaggio: “Prima di poter adorare il Bambino nato a Betlemme, i Magi dovettero affrontare un lungo viaggio… Il viaggio implica sempre una trasformazione, un cambiamento. Dopo un viaggio non si è più come prima.
C’è sempre qualcosa di nuovo in chi ha compiuto un cammino: le sue conoscenze si sono ampliate, ha visto persone e cose nuove, ha sperimentato il rafforzarsi della volontà nel far fronte alle difficoltà e ai rischi del tragitto. Non si giunge ad adorare il Signore senza passare prima attraverso la maturazione interiore che ci dà il metterci in viaggio”.
Ed ecco che il cammino dei Magi diventa il cammino di ogni credente: “Come i Magi, anche noi dobbiamo lasciarci istruire dal cammino della vita, segnato dalle inevitabili difficoltà del viaggio. Non permettiamo che le stanchezze, le cadute e i fallimenti ci gettino nello scoraggiamento. Riconoscendoli invece con umiltà, dobbiamo farne occasione per progredire verso il Signore Gesù.
La vita non è una dimostrazione di abilità, ma un viaggio verso Colui che ci ama. Noi non dobbiamo in ogni passo della vita far vedere la tessera delle virtù che abbiamo; con umiltà dobbiamo andare verso il Signore. Guardando al Signore, troveremo la forza per proseguire con gioia rinnovata”.
Infatti tale cammino conduce alla visione: “D’altro canto, nei Magi vediamo un atteggiamento diverso, che potremmo definire realismo teologale – una parola troppo ‘alta’, ma possiamo dire così, un realismo teologale –: esso percepisce con oggettività la realtà delle cose, giungendo finalmente alla comprensione che Dio rifugge da ogni ostentazione.
Il Signore è nell’umiltà, il Signore è come quel bambino umile, rifugge dall’ostentazione, che è proprio il prodotto della mondanità. Questo modo di ‘vedere’ che trascende il visibile, fa sì che noi adoriamo il Signore spesso nascosto in situazioni semplici, in persone umili e marginali. Si tratta dunque di uno sguardo che, non lasciandosi abbagliare dai fuochi artificiali dell’esibizionismo, cerca in ogni occasione ciò che non passa, cerca il Signore”.
(Foto: Santa Sede)