Il card. Parolin spiega l’accordo con la Cina
“Le due Parti hanno concordato di prorogare la fase attuativa sperimentale dell’Accordo Provvisorio per altri due anni”: così sì è stabilito tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese in merito all’Accordo sulla nomina dei vescovi stipulato a Pechino il 22 settembre 2018 ed entrato in vigore un mese dopo.
Nel comunicato la Santa Sede ha ritenuto positivo l’avvio dell’applicazione dell’Accordo di fondamentale valore ecclesiale e pastorale: “è intenzionata a proseguire il dialogo aperto e costruttivo per favorire la vita della Chiesa cattolica e il bene del Popolo cinese”.
Però la Santa Sede è consapevole che per la Chiesa in Cina ‘permangono non poche situazioni di grande sofferenza’, ed ha sollecitato il governo cinese a ‘favorire un più fruttuoso esercizio della libertà religiosa’. Il criterio seguito è stato quello di provare a affrontare e risolvere i problemi uno alla volta, a partire da quello più urgente, nella ‘impossibilità di affrontarli tutti insieme’.
Ad inizio ottobre al Pime il segretario di stato vaticano, card. Pietro Parolin, aveva sottolineato che l’attuale dialogo tra Santa Sede e Cina ha radici antiche ed è la continuazione di un cammino iniziato molto tempo fa e portato avanti dagli ultimi papi:
“Il dialogo tra Santa Sede e Cina che si sta svolgendo durante questo pontificato ha radici antiche: è la continuazione di un cammino iniziato molto tempo fa. Papa Francesco ha richiamato spesso una delle grandi figure che ha iniziato tale dialogo, Matteo Ricci, ed è tornato recentemente a parlarne”.
Ed ha ripercorso i 150 del Pime, iniziati proprio con i missionari in Cina: “Questi 150 anni sono iniziati con l’arrivo dei missionari del Pime in Henan. Ma fin dal 1858 il Pime è presente ad Hong Kong, che Propaganda Fide considerava di grande importanza per le missioni in Cina.
Propaganda scelse infatti di affidare Hong Kong al Pime proprio per questo: era bene che il procuratore di Roma ad Hong Kong, cui facevano capo tutte le congregazioni missionarie in Cina, non appartenesse a nessuna di queste”.
Ma l’evangelizzazione è stata difficile: “I primi missionari segnalarono anzitutto l’ostilità delle alte classi sociali che vedevano il lavoro da loro svolto a livello popolare come un’imposizione delle potenze europee. Dovettero anche fronteggiare iniziative organizzate per cacciare i missionari stranieri e impedire le conversioni dei cinesi al cristianesimo. I motivi di tanta ostilità non erano religiosi ma di avversità verso lo straniero…
I missionari del vostro istituto si distinsero subito per le loro opere di carità tra le classi popolari. Però devono essere stati capaci di sviluppare anche un dialogo con le classi più elevate se già alla fine dell’Ottocento poterono entrare a Kaifeng, la capitale della provincia di Henan, da cui erano stati a lungo tenuti lontani: era il segno di un rapporto diverso con governanti, mandarini, letterati”.
Poi ha ricordato l’importanza della lettera apostolica di papa Benedetto XV: “Come ho già accennato, il cammino del dialogo tra Santa Sede e Cina ha avuto una tappa importante con la lettera apostolica Maximum Illud di Benedetto XV, che riguardava tutto il mondo ma fu pensata specificamente per la situazione cinese.
Questa lettera sollecitò tutto il mondo missionario ad un ripensamento profondo che, per quanto riguarda la Cina, trovò un interprete coraggioso in mons. Celso Costantini, primo delegato apostolico in questo Paese. E’ stato Costantini a realizzare nel 1924 a Shanghai quel Sinodo cinese auspicato dai missionari del Pime già a fine Ottocento”.
Però dal 1948 cominciarono le espulsioni dei missionari: “A Kaifeng mons. Pollio fu arrestato, processato, incarcerato e infine espulso. Di lui tracciò un grande elogio mons. Riberi quando fu sottoposto ad interrogatorio a Nanchino… Con l’espulsione dei missionari stranieri si delineò una grande sfida: la Chiesa cattolica sarebbe scomparsa dalla Cina?
Molti cinesi, anche non comunisti ha scritto ancora p. Lazzarotto, erano convinti che le chiese cristiane, sostenute dall’estero, non sarebbero sopravvissute con l’allontanamento dei missionari e sulle sole forze dei convertiti cinesi. Insomma ritenevano che queste Chiese non avessero messo serie radici in Cina e che i cattolici cinesi sarebbero diventati non solo meno occidentali ma anche meno cristiani”.
Però il dialogo è proseguito: “Nel 2007 Benedetto XVI ha scritto che alcuni pastori ‘sotto la spinta di circostanze particolari hanno acconsentito a ricevere l’ordinazione episcopale senza il mandato pontificio’, ma in seguito, su loro richiesta, ‘il Papa, considerando la sincerità dei loro sentimenti e la complessità della situazione… ha concesso ad essi il pieno e legittimo esercizio della giurisdizione episcopale’.
La piena comunione di tutti i vescovi cinesi con il Papa è stata poi definitivamente raggiunta nel settembre 2018 e nel messaggio scritto a commento dell’Accordo tra Santa Sede e Repubblica popolare cinese, papa Francesco ne ha sottolineato l’importanza perché le nomine episcopali (oggetto di tale Accordo) sono fondamentali per ‘sostenere e promuovere l’annuncio del Vangelo in Cina e… ricostituire la piena e visibile unità nella Chiesa’… Malgrado tanti travagli e tanti limiti, nella sostanza più profonda, la sfida è stata superata: oggi, in Cina, pur con tutti i suoi problemi e le sue difficoltà, la Chiesa cattolica c’è”.
Ed infine un’annotazione ricorrendo ad una sua citazione: “In questi due anni, intanto, ho notato segni di avvicinamento tra i cattolici cinesi che su tante questioni sono rimasti a lungo divisi. E’ un segno importante perché, come dicevo due anni fa, ‘alla comunità cattolica in Cina (ai Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai fedeli) il Papa affida in modo particolare l’impegno di vivere un autentico spirito di riconciliazione tra fratelli, ponendo dei gesti concreti che aiutino a superare le incomprensioni del passato, anche del passato recente.
In questo modo i fedeli, i cattolici in Cina potranno testimoniare la propria fede, un genuino amore e aprirsi anche al dialogo tra tutti i popoli e alla promozione della pace’. Molto attuale, infine, mi pare anche un altro obiettivo che ci proponevamo con la firma dell’Accordo Provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese sulla nomina dei vescovi”.