I vescovi lombardi rivolgono una parola di speranza ai fedeli

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“Sentiamo il desiderio che giunga a tutti una parola amica, in questo momento di complicata ripresa delle attività consuete, che è segnata dall’assedio dell’epidemia”: comincia così il messaggio dei vescovi lombardi inviato ai fedeli delle diocesi della regione, al termine della sessione svoltasi a Caravaggio.

Un messaggio di vicinanza e di speranza, in una situazione ancora difficile: “Vorremmo raggiungere tutti con una parola amica che incoraggi a guardare il futuro con speranza. La parola amica è ospitata nella conversazione di chi ascolta con attenzione e parla con semplicità sapendo di essere ascoltato; nel discorrere di chi trova conforto di condividere pensieri, buone intenzioni, trepidazione, speranze; nel confrontarsi di chi non pretende di risolvere tutto o di dettare ricette, ma è persuaso che insieme si può fare molto, qui, ora, nel gesto minimo che semina benevolenza, solidarietà, serenità”.

Sono diverse le parole amiche segnalate dai pastori. Innanzitutto la riconoscenza: “Abbiamo constatato che la gente buona, operosa, onesta, competente che tiene in piedi il mondo abita nello stesso condominio, viaggia sullo stesso treno, e nell’emergenza si rivela quell’eroismo quotidiano che non ti aspetti. La parola della riconoscenza, le espressioni di stima, l’apprezzamento per le fatiche straordinarie affrontate nel servizio sanitario, nella didattica a distanza, nella gestione dei servizi essenziali nei negozi, nei cimiteri, nella gestione dell’ordine pubblico, tutto questo può cambiare il clima della convivenza ordinaria”.

Dopo questi mesi di chiusura, i vescovi lombardi hanno invitato a pregare: “Dobbiamo ancora imparare a pregare. La preghiera: non come l’adempimento di anime devote, non come la buona abitudine da conservare, non come la pretesa di convincere Dio all’intervento miracoloso. Dobbiamo imparare la preghiera che lo Spirito di Dio suggerisce alla Sposa dell’Agnello, la preghiera ecclesiale e la preghiera che lo Spirito insegna chi non sa pregare in modo conveniente, così che possiamo gridare: Abbà, Padre!”

Un altro invito ha riguardato la partecipazione alle celebrazioni eucaristiche: “Nei giorni del blocco, abbiamo sofferto di liturgie sospese, di partecipazioni solo virtuali alle celebrazioni, e insieme abbiamo avuto esperienze di preghiere in famiglia meglio condivise, di preghiere on-line divenute consuete, di sovrabbondanti offerte di trasmissioni di momenti di preghiera.

Questo è il tempo adatto per imparare di nuovo a celebrare, a pregare insieme, a pregare personalmente, a pregare in famiglia. Ritroviamo nella domenica, nel giorno del Signore e ‘Pasqua della settimana’, il gusto e la gioia di riscoprirci Chiesa, popolo santo convocato intorno all’altare per celebrare l’Eucaristia, dopo i lunghi giorni in cui non è  stato possibile radunarci”.

La preghiera e le celebrazioni eucaristiche hanno bisogno di persone: “Abbiamo bisogno di persone che insegnino a pregare, a esprimere la fede nel grido che sveglia il Signore, nell’alleluia che celebra la Pasqua, nella docilità che ascolta e medita la Parola di Dio, nell’intercessione che esprime la solidarietà con i tribolati delle nostre comunità e di tutta l’umanità invocando Maria e tutti i santi”.

Oltre alla preghiera, i credenti devono imparare a pensare: “Adesso abbiamo bisogno di imparare a pensare. Il pensiero promettente è quello che introduce alla sapienza: non solo l’accumulo di informazioni, non solo la registrazione di dati, non solo le dichiarazioni di personaggi resi autorevoli più dagli applausi che dagli argomenti.

Il pensiero sapiente e saggio cresce nella riflessione, è aiutato dalla conversazione qualificata con gli amici, attinge con umiltà al patrimonio culturale dell’umanità, invoca la sapienza che viene dell’alto ascoltando Gesù, sapienza del Padre. Cerchiamo il significato delle cose, non solo la descrizione dei fatti; abbiamo bisogno di imparare la prudenza nei giudizi, il vigile senso critico di fronte alle mode e ai pensieri comandati, la competenza a proposito della visione cristiana della vita”.

Quindi è un invito particolare a sperare oltre la morte: “La speranza cristiana non si limita all’aspettativa di tempi migliori, ma si fonda sulla promessa della salvezza che si compie nella comunione eterna e felice con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Nel contesto che vive alternativamente e pericolosamente di depressione e di euforia, i discepoli del Risorto sono inviati per essere testimoni della risurrezione. Imparano a vivere seguendo Gesù e perciò imparano a fare della propria vita un dono, fino a morire, e già gioiscono: nella speranza sono stati salvati.

In questa ripresa dell’anno pastorale si celebrano nelle nostre comunità le messe in suffragio dei nostri morti portati alla sepoltura senza funerali: non si tratta di una consolazione surrogata alla desolazione di un mancato adempimento, ma della celebrazione comunitaria della speranza cristiana che, nella gloria del Risorto, contempla la comunione dei santi”.

Tra i segni di speranza, nell’angoscia di mesi di lockdown, di certo c’è tutto quel mondo di gratuità e solidarietà che è emerso ancora di più come patrimonio del Paese, consistente nell’imparare a prendersi cura: “Abbiamo imparato e dobbiamo imparare che la delega delle cure alle istituzioni e alle professionalità specializzate non può essere un alibi. La fraternità ci chiede quella forma di prossimità che coinvolge personalmente in relazioni di aiuto, in legami affettuosi, in parole di conforto e di testimonianza…

Imparare a prendersi cura gli uni degli altri non è un principio altisonante e retorico, ma la proposta di praticare il gesto minimo che dà volto di fraternità alla società, che coltiva l’arte del buon vicinato, che vive la professione e il tempo libero come occasioni per servire al bene comune. Ciascuno trova la sua sicurezza non nell’isolamento, ma nella solidarietà”.

La conclusione del documento dei vescovi lombardi è un invito a prendersi cura: “Imparare a prendersi cura gli uni degli altri è anche un programma di resistenza contro le forme di disgregazione sociale insinuate dalle seduzioni dell’individualismo, dell’indifferenza, dell’interesse di parte, dagli interessi di quel capitalismo senza volto e senza principi morali che vuole ridurre le persone a consumatori, le prestazioni sanitarie e assistenziali a investimenti, l’intero pianeta a fonte di guadagni praticando uno sfruttamento scriteriato”.

(Diocesi di Milano)

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