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Matteo Ricci, il dialogo tra le culture e il dialogo con il mondo di oggi

Matteo Ricci (Macerata 1552 – Pechino 1610), esperto nelle scienze, come nelle lettere, sinologo, cartografo e matematico, dopo essere stato ordinato sacerdote nella Compagnia di Gesù in India, nel 1582 parte per una missione verso Macao. Uomo onnisciente e profondo conoscitore del Rinascimento europeo, favorisce la relazione tra le due civiltà più importanti della storia del tempo: l’Europa cristiana, impregnata di Umanesimo e di Rinascimento, e la Cina, sotto la dinastia dei Ming. Porta avanti con tenacia questo incontro di culture, che si estende, in particolare, a temi di astronomia, costumi, governo, principi etici e verità rivelata.
Questa è l’essenza del libro ‘La forza del dialogo. Matteo Ricci ponte tra Europa e Cina’, scritto dalla prof.ssa Luciana Salvucci, con saggi di Andrea Fazzini, Frediano Salvucci, Francesco Solitario, Antonio Spadaro, Antonio De Caro, con la postfazione di Dario Grandoni e la prefazione di Luigi Lacchè, che scrive: “Maestro d’Europa, ma anche, secondo un altro titolo onorifico, ‘Studioso confuciano del grande Occidente’, Ricci compì uno sforzo inedito per avvicinarsi all’antropologia culturale cinese mettendo da parte, per quanto possibile, ogni pregiudizio e sentimento di pretesa superiorità”.
Queste pagine ricostruiscono l’esperienza storica di Matteo Ricci ed il primo significativo incontro tra il sapere occidentale e quello cinese, avvenuto negli anni che vanno dagli ultimi decenni del 1500 ai primi del 1600. L’obiettivo è quello di riproporre, come esempio, l’operato di Ricci, la sua tensione verso una conciliazione, attraverso argomentazioni razionali, tra una società basata su tradizioni millenarie con dottrine etiche non facilmente compatibili e la visione della vita derivante dal Vangelo e dalla teologia cristiana.
Per quale motivo un libro su p. Matteo Ricci?
“Mi interessano l’ingegno umano, l’idea del bene e ritengo importante il dialogo costruttivo tra persone e popoli. Padre Matteo Ricci rappresenta questo per tre motivi: è missionario in Oriente, scienziato, scrittore, sinologo, cartografo, matematico; contribuisce al confronto tra fede e scienza, teorizza il dialogo e l’amicizia tra popoli e persone. L’opera travalica i generi classici di scrittura (per esempio poema, teatro), esplora nuove forme espressive basate su un interscambio tra nuovo linguaggio e rimandi alla classicità. La precede un saggio di Andrea Fazzini: ‘La dimensione teatrale dell’opera’. Autore della postfazione è Dario Grandoni, presidente della ‘Fondazione p. Matteo Ricci’, con la quale si è collaborato per la pubblicazione e la presentazione”.
Per quale motivo ha cercato un dialogo con l’Oriente?
“Matteo Ricci, uomo onnisciente e conoscitore del Rinascimento europeo, favorisce la relazione tra le due civiltà più importanti della storia del tempo: l’Europa cristiana, impregnata di Umanesimo e di Rinascimento, e la Cina, sotto la dinastia dei Ming. Porta avanti con tenacia questo incontro di culture, che si estende, in particolare, a temi di astronomia, costumi, governo, principi etici e verità rivelata”.
In quale modo ha cercato di coniugare la sapienza occidentale con la sapienza orientale?
“E’ un grande merito del gesuita aver fatto conoscere alla Cina la cultura europea, coinvolgendo importanti ‘literati’ e funzionari cinesi a lui contemporanei e contribuendo ad abbattere il muro di reciproco sospetto. Egli riesce a conquistare rispetto e ammirazione attraverso la conoscenza del pensiero cinese e mettendo a disposizione il sapere occidentale, in particolare l’arte della memoria, la matematica, la geografia e l’astronomia. Ricci rileva delle somiglianze tra la cultura confuciana e le filosofie greca e latina. Al tempo stesso, il tema dell’amicizia è fondamentale anche nel confucianesimo, in cui i rapporti con gli uomini e i familiari sono la base, secondo Confucio, su cui si costruisce uno Stato solido e duraturo”.
E’ possibile una ‘conciliazione’ tra culture?
“E’ possibile attraverso il dialogo. Nella scena ‘Dialogo sulla dottrina del Signore del Cielo’, si riporta il dialogo tra il pensiero di un letterato cinese e quello di un letterato occidentale, in parte tratto dall’opera di Matteo Ricci ‘Il vero significato del Signore del Cielo’. E’ anche possibile attraverso l’unità di armonia, sapienza e bellezza. Nell’Epilogo le parole finali della Madre del Cielo cercano di descrivere lo stato di bellezza, gioia, sapienza e amore, di un aldilà, che ricorda la vita nella terra secondo virtù. E’ proprio partendo dai principi di unità, sapienza e armonia che la cultura cinese e quella europea possono trovare un punto di incontro. E’ partendo dalla diversità come risorsa e dalla combinazione di diverse arti, che con amicizia e armonia, le due società possono dialogare sui diversi piani culturale, antropologico, teleologico e scientifico”.
Negli anni scorsi ha pubblicato anche un oratorio sacro su p. Ricci (‘Alla corte del signore del cielo’): quanto è importante il gesuita maceratese per il dialogo interreligioso?
“Padre Matteo Ricci è consapevole che il dialogo con la Cina sia importante per la convivenza pacifica tra i popoli e per la diffusione del cristianesimo nel mondo, per questo non crea dei cortocircuiti né sminuisce la grande cultura di quel popolo, imponendo una visione occidentale. Capisce che in Cina deve confrontarsi con una civiltà grande al pari di quella europea. E’ consapevole della sfida e l’accetta, utilizzando, oltre la Bibbia, la mediazione del pensiero confuciano, del pensiero umanistico e in particolare del pensiero scientifico”.
(Tratto da Aci Stampa)
Facoltà Teologica del Triveneto: la teologia per nuove sfide

Al ‘Dies academicus’ dell’inaugurazione del ventennale di fondazione della Facoltà teologica del Triveneto è stata letta la lettera inviata da papa Francesco, che ha ringraziato per il servizio svolto ed la incoraggiato a proseguire nel cammino tracciato: “Il 20° anniversario di fondazione della Facoltà teologica del Triveneto mi offre l’occasione per unirmi al comune rendimento di grazie al Signore per il bene compiuto in questi anni, specialmente in favore delle giovani generazioni del territorio. Incoraggio l’intera famiglia accademica a perseverare nella collaborazione alla missione della chiesa, per diffondere il messaggio di Cristo nel mondo, fedele alla genuina tradizione, ma aperta a leggere i segni dei tempi”.
Papa Francesco ha inviato al preside, don Maurizio Girolami, una lettera che è stata letta durante l’inaugurazione di martedì scorso, incoraggiando ad affrontare ‘nuove sfide’: “Si tratta di raccogliere con coraggio le nuove sfide per portare efficacemente la verità del Vangelo all’uomo contemporaneo. Per aggiungere questo obiettivo, la vostra Facoltà è chiamata a essere sempre più luogo di formazione non solo attraverso lo studio e l’approfondimento della teologia, ma anche con la testimonianza cristiana di ciascuno”.
Ha chiesto ai docenti di aiutare i giovani nello studio: “Auspico che i docenti sappiano aiutare soprattutto i giovani a realizzare se stessi sulla base della verità, del bene e della bellezza che hanno la loro fonte in Dio. Con tali sentimenti, rinnovo la mia gratitudine per l’importante missione educativa finora svolta e, nell’invocare sul nuovo cammino la protezione di Maria, Sede della Sapienza, di cuore invio la mia Benedizione”.
Questa inaugurazione dell’anno accademico avuto come filo conduttore lo sguardo sulla cultura in Europa e per l’Europa, come ha sottolineato il preside, don Maurizio Girolami, riprendendo le parole del presidente Mattarella pronunciate a Marsiglia: “Un tema che interessa tutti noi, poiché si comprende bene che negli scenari mondiali emergenti l’Europa, con tutto il tesoro di cultura e civiltà che porta con sé, rischia di essere schiacciata e di divenire insignificante. Con rinnovata attenzione all’impegno universitario, «con i nostri vent’anni di vita desideriamo continuare a essere luogo di ricerca, terreno dove saperi e menti si incontrano e si scontrano e, per amore della verità, fanno crescere il bene comune”.
Ed ha ribadito che l’università è un luogo di ricerca: “Il Dies odierno è carico di significati, anche perché si colloca nel contesto dell’anno giubilare e del cammino sinodale che la Chiesa italiana porterà a compimento nel prossimo aprile. Inoltre, si inaugura il 20° anno di vita della Facoltà teologica del Triveneto, istituzione accademica eretta dalla Santa Sede, voluta e sostenuta dai Vescovi delle 15 diocesi della regione ecclesiastica, perché sia espressione della missione della Chiesa di farsi portatrice del vangelo di Gesù Cristo in dialogo con il mondo, come ci insegna il Concilio vaticano II, di cui ricorre quest’anno il 60° anno dalla sua conclusione. Papa Francesco, lungo tutto il suo pontificato, si è fatto autentico interprete delle istanze del Concilio, invitando la Chiesa a essere in uscita, non solo nelle periferie esistenziali, ma anche in quelle intellettuali, perché la luce del vangelo illumini ogni uomo”.
Infine ha ricordato alcune importanti tappe di quest’anno giubilare: “Sul tema del pellegrinaggio avremo il Convegno di Facoltà a Vicenza e a Padova il prossimo 27-28 marzo. Sarà un’occasione per renderci conto del valore non solo teologico, ma anche antropologico del pellegrinaggio della fede. Lontano dal voler dimenticare qualcuno, vorrei ricordare l’arrivo degli studenti cappuccini, venuti ad arricchire la presenza francescana in Padova, sotto lo sguardo di sant’Antonio e san Leopoldo.
Il movimento nato da Francesco d’Assisi più di 800 anni orsono è strettamente legato a questa città e alla nascita delle università europee e, pertanto, possiamo essere felici di questa presenza religiosa che ci provoca nel cercare l’essenzialità della fede, la semplicità della vita e la gioia della sequela cristiana. Segno di speranza sarà anche il pellegrinaggio giubilare che vivremo ad Aquileia il prossimo il 14 giugno assieme alle altre Facoltà ecclesiastiche presenti nel Triveneto”.
Sulla complessa e lacerata cultura contemporanea, in cui la Facoltà opera a servizio delle chiese e delle comunità civili del Nordest mettendo in gioco le sue competenze, si è sviluppata la prolusione: ‘Quale cultura per l’Europa? Ragioni di speranza nel tempo dello smarrimento: interpretare il presente, progettare il futuro’, tenuta dal gran cancelliere mons. Francesco Moraglia, patriarca di Venezia:. “Cercare le ragioni della speranza significa, innanzitutto, non disperare del nostro tempo gravato da crescenti conflitti planetari, in una situazione geopolitica preoccupante che moltiplica smarrimento ed incertezza.
Di un tale smarrimento ed incertezza sono segni eloquenti tanto la perdita di senso nell’agire, quanto la confusione delle coscienze chiamate a discernere, sia le frequenti e gratuite violenze che dicono mancanza di consapevolezza. Viene alla mente la ‘banalità del male’ come la descrive Hannah Arendt. A tutto ciò si aggiunge, poi, il giudizio negativo sull’Occidente come se ad esso andasse attribuito quanto di peggio ha prodotto l’umanità”.
Il patriarca ha delineato alcuni tratti essenziali riguardanti la cultura odierna e, nel tempo del soggettivismo e dello smarrimento, ha evidenziato tra le ‘ragioni di speranza’ la capacità dell’uomo di orientarsi al Vero e al Bene e, attraverso di essi, incontrare Dio, che lo trascende e che costituisce il riferimento ultimo di senso:
“Le ragioni di speranza, e non per un futuro astrattamente migliore, ma per un rinnovato vissuto di realtà saldamente ancorato all’esperienza e alle coordinate fondamentali di orientamento esistenziale, sono ancor oggi riposte in questa capacità di universalità che è capacità di Verità, di Bontà, di Bellezza ed, attraverso queste, di Dio, che qualifica nell’intimo il cuore dell’uomo, anche quando sembra dirottarsi dalle sue fonti primarie di senso e perdersi inseguendone le fuorvianti apparenze”.
(Foto: Facoltà Teologica del Triveneto)
Don Giovanni Merlini è beato: seppe coniugare preghiera ed azione

“Nella Basilica di San Giovanni in Laterano, stamani è stato beatificato Don Giovanni Merlini, sacerdote dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Dedito alle missioni al popolo, fu consigliere prudente di tante anime e messaggero di pace. Invochiamo anche la sua intercessione mentre preghiamo per la pace in Ucraina, in Medio Oriente e nel mondo intero. Un applauso al nuovo Beato!”: al termine della recita dell’Angelus domenicale papa Francesco ha ricordato la beatificazione di don Giovanni Merlini, presieduta dal prefetto del dicastero delle cause dei santi, card. Marcello Semeraro, nella basilica di san Giovanni in Laterano.
Giovanni Merlini nacque a Spoleto il 28 agosto 1795. Ordinato sacerdote il 19 dicembre 1818, due anni dopo, partecipando ad un corso di esercizi spirituali predicato da San Gaspare del Bufalo (1786-1837), fondatore della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, colpito dal carisma del Santo, chiese di aderire alla sua opera.
Si dedicò con intensità al lavoro missionario e alla direzione spirituale di tante anime, in modo particolare quella di Santa Maria De Mattias (1805-1866), che guidò per ben 42 anni, insieme alla nascente famiglia delle Adoratrici del Preziosissimo Sangue. Svolse il suo ministero nella zona pontina e marittima, in un contesto di forte resistenza sociale allo Stato pontificio.
Nel 1847 venne eletto Moderatore Generale della Congregazione del Preziosismo Sangue, incarico che mantenne fino alla morte. Conobbe personalmente Pio IX di cui divenne consigliere spirituale. Grazie a questo legame si deve la pubblicazione, il 10 agosto 1849, del decreto ‘Redempti sumus’ con cui si istitutiva a livello universale la festa del Preziosissimo Sangue. Morì a Roma il 12 gennaio 1873 a seguito di un incidente stradale occorso nei pressi di Santa Maria in Trivio. Il decreto sull’eroicità delle virtù venne promulgato il 10 maggio 1973.
Nell’omelia il card. Semeraro ha fatto il ritratto di questo nuovo beato della Chiesa, che è stato un uomo di preghiera, che ha saputo unire nella sua vita e nel suo apostolato la dimensione attiva e quella contemplativa, che ha saputo governare con la virtù della prudenza, che ha saputo relazionarsi con amicizia verso tutti:
“Dai racconti evangelici e specialmente dal vangelo secondo Luca sappiamo che per Gesù la preghiera è un atteggiamento abituale, il luogo privilegiato in cui egli vive il mistero della sua persona e della sua missione, lo spazio vitale in cui colloca le sue relazioni con il Padre e con i discepoli. Il Padre suo Gesù lo prega sempre; da ultimo nel Getsemani e sulla croce. Per i discepoli prega quando li sceglie e quando insegna loro a pregare”.
Ed è stato un ‘ottimo’ discepolo: “In questo (oggi lo riconosciamo con gioia) il beato Giovanni Merlini è stato suo ottimo discepolo. Le testimonianze raccolte nel Processo per la sua beatificazione e canonizzazione sono unanimi nel dirci che il Signore lo aveva arricchito del dono della preghiera: una preghiera che in lui diveniva abitualmente contemplazione”.
Però la preghiera conduce all’azione: “Egli, tuttavia, fu anche uomo di azione e di apostolato, in particolare nella predicazione missionaria (cosa per la quale era molto stimato da san Gaspare), e fu pure uomo dalle ottime capacità di governo e, soprattutto, arricchito dalla virtù della prudenza. E’ questa, difatti, tra le virtù cardinali quella più necessaria in chi ha responsabilità di guida: aspetto, questo, che san Tommaso d’Aquino sottolineava in particolare giacché (diceva) è prudente chi sa decidere il da farsi concretamente e sa farlo con sapienza.
Del beato Giovanni Merlini i testimoni del processo per la beatificazione dicono che esercitava la virtù della prudenza in modo veramente straordinario: studiava le situazioni, consultava e interveniva in forme adatte e questo, specialmente in decisioni difficili per le persone, con carità”.
Infatti, come hanno riferito i testimoni, seppe coniugare insieme ‘Marta e Maria’: “Sono questi, carissimi, alcuni aspetti della vita e della spiritualità del nuovo Beato che da oggi la Chiesa ci propone per la invocazione e per la imitazione. Ce n’è, però, un altro che non voglio omettere di richiamare ed è l’amicizia con cui egli è vissuto specialmente con i confratelli nella famiglia religiosa e con le persone a lui affidate per la guida e l’accompagnamento spirituale. I nomi di san Gaspare del Bufalo e di santa Maria de Mattias sono emblematici per il loro speciale legame con il beato Giovanni Merlini”.
Seconda domenica di Natale: il Verbo si fece carne!

La liturgia oggi ci invita a meditare il Natale dal prologo del Vangelo di Giovanni: una descrizione altamente filosofica e teologica che fa gustare la grandezza del mistero della nascita di Gesù, vero Dio e vero uomo. ‘In principio era il Verbo’: il termine ‘Verbo’ traduce in italiano la parola ‘Verbum’, in greco ‘Logos’; questo termine esprime sia la parola così come esce dalle labbra sia il concetto che esso vuole significare. Ogni termine esprime un ‘concetto od idea’; la grande ‘Parola’ o ‘Verbum’ divino esprime la Sapienza eterna del Padre, che è eterno; il grande poeta Dante nella Divina Commedia sulla porte dell’inferno evidenzia la scritta: ‘Fecimi la Divina potestate (Padre), la Somma Sapienza (Figlio) e il Primo Amore (lo Spirito santo)’.
Gesù é il Verbum o Sapienza eterna incarnatasi nel seno purissimo della vergine Maria. La creazione del mondo operata da Dio è opera della sapienza eterna: ‘Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che esiste’. La nascita di Gesù è perciò la luce divina che è venuta per irradiare il cammino dell’uomo, che, a causa del peccato, viveva nelle tenebre, nell’oscurità più profonda perchè lontano da Dio, fonte della luce vera. Il prologo di questo Vangelo costituisce una sintesi mirabile di tutto il Vangelo di Giovanni.
La nascita od incarnazione del Logos (o sapienza eterna) fu preparata ed annunziata da Giovanni Battista, che non era la luce ma era nato per rendere testimonianza alla Luce vera. Quando qualcuno cominciò a scambiare Giovanni Battista per il Messia, Giovanni evidenziò: ‘Io non sono degno neppure di sciogliere i legacci dei suoi sandali … io battezzo con acqua ma Gesù, il messia, battezzerà con lo spirito santo e il fuoco!’
La nascita di Gesù era stata preannunciata dai profeti, che parlavano in nome di Dio; il popolo purtroppo, che viveva spesso nelle tenebre trascurando l’insegnamento dei profeti, aveva con il tempo deformato la figura del Messia trasformandolo in un ‘guerriero’, un re alla maniera umana. Gesù, sapienza eterna, nato dalla vergine Maria a Betlemme, come predetto dai profeti, venne tra i suoi, ma questi non lo riconobbero, non si trovò posto per Lui nella città e fu costretto a nascere in una grotta.
La sua nascita fu annunziata da una luce: ai pastori (gli angeli), ai magi (una stella cometa) e subito vennero ad adorarlo. L’incarnazione del Verbo è perciò un evento, un fatto incontrovertibile d cui si può prendere atto e non scaturisce da una speculazione filosofica e scientifica ma da un intervento particolare di Dio. Questo evento divino non si dimostra ma si accetta con fede viva e profonda, chi lo accetta sarà chiamato ad essere ‘figlio di Dio’ innestandosi a Cristo Gesù con il battesimo.
L’evento dell’incarnazione è avvenuto nel tempo ma non è legato al tempo: è un mistero dell’amore di Dio. Nella sua infinita misericordia Dio ha voluto salvare l’uomo ma nel rispetto della sua libertà: Dio vuole tutti salvi ma non costringe nessuno. Ciascuno di noi deve fare la sua scelta: accogliere o meno l’opera di Cristo Gesù non con le parole ma con i fatti; una persona non si salva perchè è giusta, osserva le leggi, ma si salva solo se accoglie Cristo e il suo messaggio di amore: ‘A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio’.
Accogliere Cristo significa innestarsi a Lui con il battesimo e amare Dio ed i fratelli in nome di Dio; Dio infatti è amore. All’inizio del nuovo anno, amico che leggi o ascolti, ti invito a camminare con il piede giusto: ama e sarai dalla parte di Cristo Gesù. La preghiera, il riflettere sulla parola di Dio, partecipare alla Messa sono mezzi insostituibili per vivere ed accogliere l’evento dell’Incarnazione del Verbo eterno.
Fondazione Oasis offre una riflessione sulla Sapienza attraverso le tradizioni

La Fondazione Oasis ha compiuto 20 anni della sua nascita, ad opera del card. Angelo Scola, ‘festeggiando’ alla ‘Abrahamic Family House’ di Abu Dhabi con un Congresso internazionale che si è svolto nel mese scorso nel luogo sorto dopo la firma del documento sulla ‘fratellanza umana’ di papa Francesco e di Ahmad al-Tayyib, grande Imam dell’università di al-Azhar: una chiesa cattolica, una sinagoga e una moschea sorgono vicine e in uno spazio comune.
E, grazie all’opera della Saint Francis Church e dell’Ufficio per il dialogo interreligioso ed ecumenico del Vicariato Apostolico dell’Arabia meridionale, nel cortile della chiesa dedicata a san Francesco si è svolto il congresso dal titolo ‘La sapienza attraverso le tradizioni: un’eredità del passato, una garanzia per il futuro’, organizzato dalla Fondazione Oasis con la partecipazione di mons. Paolo Martinelli, vicario apostolico per l’Arabia meridionale, la prof.ssa Sarah Stroumsa, docente alla ‘Hebrew University’ di Gerusalemme, il prof. Ahab Bdaiwi, docente all’università olandese di Leiden, ed il prof. Martino Diez, direttore scientifico di Oasis e docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Mons. Martinelli ha sviluppato il tema della ‘Teologia sapienziale nel pensiero di Hans Urs von Balthasar’, sviluppando un approfondimento particolare del tema della conoscenza e del sapere, attraverso il pensiero del teologo svizzero, mentre la prof.ssa Sarah Stroumsa ha trattato il tema ‘Cercatori di saggezza: La ricerca comune di ebrei, cristiani e musulmani nel mondo islamico medievale’, raccontando il dialogo, che si sviluppò nel Medio Evo. Ahab Bdaiwi ha introdotto nella discussione la tradizione islamica sciita, parlando sul tema ‘Il saggio della Medina: Ja’far al-Sadiq sulla sapienza’, illustrando il pensiero sapienziale islamico attraverso la figura e le opere di Ja’far al-Sadiq, discendente del profeta dell’Islam e sesto Imam sciita. Infine, il prof. Martino Diez ha trattato il tema su ‘La conoscenza come guarigione’, incentrato sul ‘Libro per cacciare la preoccupazione’ di Elia di Nisibi, vescovo siro-orientale dell’XI secolo, che divenne amico del visir locale, che gli chiese un ‘Libro per cacciare la preoccupazione’.
A conclusione dell’incontro ad Alessandro Banfi, direttore della comunicazione per la ‘Fondazione Internazionale Oasis per il dialogo islamo-cristiano’ e docente di ‘Digital Journalism’ all’Università Unicusano, abbiamo chiesto di raccontarci il motivo per cui ad Abu Dhabi si è svolto un incontro sulla sapienza: “Abu Dhabi significava per noi della Fondazione Oasis ‘festeggiare’ i nostri 20 anni di attività in un luogo legato all’idea stessa del dialogo interreligioso fra le tre religioni abramitiche.
E’ infatti lì che papa Francesco e al Tayyeb firmano la Dichiarazione sulla fratellanza il 4 febbraio del 2019. Poter proporre una conferenza alla Abrahamic Family House, una straordinaria realtà costituita da una chiesa cattolica, una sinagoga e una moschea, per custodire l’eredità di quella Dichiarazione, era un sogno. Grazie alla collaborazione con la Saint Francis Church e con l’Ufficio per il dialogo interreligioso ed ecumenico del Vicariato apostolico dell’Arabia meridionale, guidato da padre Stefano Luca, il sogno si è avverato andando ben oltre le nostre aspettative. Il tema della sapienza, una dimensione cara a ognuna delle tre religioni abramitiche, ci è parso una prosecuzione naturale del cammino iniziato cinque anni fa dal Santo Padre”.
Quanto è importante oggi studiare la saggezza delle tre religioni abramitiche?
“E’ un tema comune che rivela differenze e somiglianze. Per restare a quello che si è detto nella conferenza, il Vicario apostolico dell’Arabia meridionale, mons. Paolo Martinelli, è partito, diciamo così sparigliando, dalla visione teologica di Hans Urs von Balthasar che prende le mosse dalla Gloria, dalla bellezza. Ma per concludere che ‘la sapienza di Dio si manifesta in definitiva nel dono gratuito all’altro, poiché l’altro alla luce della sapienza divina è sempre amabile’. La professoressa Sarah Stroumsa, già rettrice della Hebrew University di Gerusalemme, ha portato ad esempio il dialogo medievale fra ebrei, cristiani e musulmani a partire da un patrimonio filosofico comune e dalle sue traduzioni. Lo studioso di pensiero islamico Ahab Bdaiwi, docente all’Università di Leiden, ha introdotto nella discussione il pensiero sapienziale islamico attraverso la figura e le opere di Ja’far al-Sadiq, discendente del profeta dell’Islam e sesto Imam sciita”.
In quale modo è possibile ripensare i rapporti tra mondo occidentale, mondo musulmano e mondo ebraico?
“La strada della conoscenza reciproca, delle domande aperte, di una riflessione critica e sistematica (culturale) garantisce che non si cerchino confusione, sincretismo, omologazione fra religioni. La sapienza è anzitutto porre problemi, questioni, interrogativi. A noi stessi e agli altri. Ecco perché il cammino aperto dalla dichiarazione di Abu Dhabi ha una prospettiva di grandi dimensioni”.
Quanto incide la guerra in Medio Oriente su tali rapporti?
“Tanto, com’è inevitabile. Non bisogna farsi illusioni. Ci vorrà tempo per ricostruire non solo un dialogo ma almeno una convivenza. In parte del mondo arabo si è vissuto l’attacco terroristico del 7 ottobre scorso come un passaggio indispensabile della lotta per i diritti del popolo palestinese. Nel mondo ebraico sono prevalse spinte per una colonizzazione fondamentalista sia di Gaza sia dei territori che spesso nega l’esistenza stessa dei palestinesi. Si sono compiuti crimini di guerra sia da parte di Hamas che da parte dell’esercito israeliano, che ha prodotto una risposta sproporzionata, a danno di donne e bambini. Eppure, terrorismo e guerra non risolvono nulla. Se, come speriamo in tanti, si arriverà ad un cessate il fuoco anche a Gaza dopo quello in Libano, si tratterà di ricostruire con pazienza un tessuto di convivenza sociale”.
Quale speranza possono alimentare i cristiani in Medio Oriente?
“Il compito dei cristiani in Medio Oriente è sempre stato proprio quello di favorire la convivenza e il dialogo fra le persone. Come ha detto il cardinal Pierbattista Pizzaballa, pariarca di Gerusalemme dei Latini: Bisogna trovare delle forme dove l’uno potrà vivere accanto all’altro nella maniera più pacifica e serena anche se mi chiedo come sarà possibile dopo tutto quest’odio profondo che ha ferito in maniera così generale un po’ tutta la vita delle popolazioni di questo Paese. Però bisogna lavorare per questo. La mancanza di prospettive, il chiudersi nella propria narrativa che esclude l’altro è qualcosa di molto preoccupante”.
Quale è il ‘compito’ che la Fondazione Oasis è chiamata a svolgere?
“E’ lo stesso di vent’anni fa, quando il cardinal Angelo Scola, allora Patriarca di Venezia, sentì il bisogno di iniziare questa avventura. Anzitutto la richiesta venne proprio dai cristiani del Medio Oriente: si evidenziava la necessità di tradurre testi biblici e cristiani in arabo. Alla radice di Oasis c’è proprio la traduzione. Non inganni oggi il fatto che oggi sia largamente automatizzata con l’Intelligenza Artificiale, la traduzione resta un passaggio indispensabile nel dialogo fra popoli e tradizioni. Certo se una volta era dominante l’impegno della rivista cartacea, oggi la Fondazione propone nuove occasioni di partecipazione”.
Può farci qualche esempio?
“Penso anzitutto alle nostre newsletter: ogni settimana produciamo un focus sull’attualità ed una rassegna stampa araba che arrivano ai tanti nostri abbonati. Abbiamo realizzato due serie podcast: una sui personaggi del Mediterraneo e un’altra sugli avamposti del dialogo islamo-cristiano. Oltre agli eventi al Museo diocesano di Milano e alla Abrahamic Family House, dal 2025 lanciamo i ‘Viaggi di Oasis’ in alcuni Paesi poco frequentati e conosciuti. Il primo viaggio culturale con i nostri esperti sarà il prossimo febbraio in Arabia Saudita. Le iscrizioni sono ancora aperte per chi fosse interessato. Si trova tutto qui sul nostro sito”.
(Foto: Fondazione Oasis)
XXVIII Domenica Tempo Ordinario: la vera sapienza è di lasciare che Gesù ci guardi e ci ami!

Scrive san Paolo: gli Ebrei chiedono miracoli; i Pagani invocano la sapienza umana che si chiama ‘filosofia’; per i Cristiani la vera sapienza è Cristo, che è amore ed ha dato la vita per la salvezza di tutti (cfr. 1 Cor. 1, 22-24). Il brano del Vangelo ci presenta l’incontro di un Giovane con Gesù: Nell’incontro possiamo distinguere tre momenti: a) una domanda del Giovane; b) Gesù aiuta quel giovane a scoprire il volto vero di Dio, che è amore; c) un invito di Gesù: vai, vendi, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi. Gesù invita a conseguire la vera Sapienza che è quella che guida a raggiungere il fine ultimo; la meta per la quale siamo stati creati.
La creazione è il grande atto di amore di Dio nei riguardi dell’uomo: conseguire la vita eterna. Il peccato aveva distolto l’uomo dal suo fine ultimo; ma il cuore dell’uomo è inquieto sino a quando non riposa in Dio. Per conseguire la vita eterna è necessario camminare nella via tracciata da Gesù, l’unico che poté dire: ‘Io sono la Via, la Verità e la Vita’. Dio ha scritto due libri. la natura con la molteplicità delle cose create, la Bibbia o sacra scrittura: Antino e Nuovo Testamento; se impariamo a leggere questi libri, se camminiamo nella via tracciata da Dio si arriva alla vita eterna. A causa del peccato l’uomo intravede solo la speranza terrena, frutto della sapienza terrena limitata e fragile.
Nella pienezza dei tempi Dio interviene con la rivelazione: dà all’uomo i dieci comandamenti e lo invita a guardare avanti , all’opera redentrice di Cristo Gesù. Il giovane, che si era presentato a Gesù, aveva osservato i dieci comandamenti amando Dio e i fratelli ma il suo cuore era rimasto sempre sulla terra e per la terra. Aveva accumulato molti beni sulla terra e il suo cuore era legato ad essi. Si era ora presentato a Gesù per conoscere la sua vera identità e cosa fare per assicurarsi la vita eterna.
Gesù amò subito questo giovane e gli addita i veri valori, la vita eterna; Gesù evidenzia che per seguirlo non basta l’osservanza dei dieci comandamenti, ma occorre dargli il cuore amandolo più dei beni terreni, dei parenti, della stessa vita perchè solo Dio è il Bene sommo. Lo invita perciò: vai, vendi tutto, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi ‘vieni e seguimi’! Il giovane se ne partì triste: era legato ai suoi beni terreni. Da qui il messaggio di Gesù: ‘Beati i poveri di spirito perchè di essi è il regno dei cieli” infatti dove c’è il tuo tesoro, là c’è il tuo cuore’!
Non dimenticare, amico che leggi, che i beni terreni hanno sempre un limite, viceversa il desiderio dell’uomo è sempre inappagato, non ha limiti: se hai poco non sei beato perchè cerchi ancora; se hai molto non sei beato perchè vuoi di più e temi di perdere quello che hai. Se sei ricco la tua vita è solo una bolgia ansiosa. Finché sei insoddisfatto non sei ricco ma solo povero e vivi nell’angoscia che presto dovrai lasciare tutto.
Ricordati non sei mai quello che credi di essere, nè quello che la gente pensa di te o quello che appari davanti al pubblico; sei solo quello che ami; ma amare è servire incondizionatamente. Non vali per i titoli che possiedi, per i tuoi anni o per le tue forze: tu vali solo per quello che effettivamente ami: se il tuo amore è fango, rimani infangato; se ami Dio e vedi l’immagine di Dio nei fratelli, diventerai simile a Dio. Scegli cosa ti conviene fare; la risposta non dovrebbe essere difficile.
Seguire Gesù è la vera sapienza; è la cosa più importante ma comporta rinnegare se stesso e prendere la croce ogni giorno. Conoscere Gesù e seguirlo è la vera sapienza: non è un atto di intelligenza ma del cuore, di tutta la persona, come ci insegna il Padre. Amare il Regno di Dio più della salute e della bellezza fisica è lasciare che Gesù ci guardi e ci ami.
Cristiano vero non è colui che si affanna per i beni terreni ma chi riscopre se stesso e la meta verso la quale è diretto; cristiano vero è chi ha veramente fede, speranza e carità e sperimenta ogni giorno la presenza di Gesù nella propria vita. Questa è la vera sapienza. Fare esperienza di Gesù significa fare esperienza della sapienza divina che non è un atto dell’intelletto ma del cuore, di tutta la persona.
Dio è amore e ti insegna solo ad amare nella duplice dimensione orizzontale e verticale: amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore , con tutte le forze; amerai il prossimo tuo come te stesso. Ama e sarai veramente sapiente e saggio. La Vergine Maria, che ha detto il suo “Sì” al Signore, Lei, madre di Gesù e nostra , ci aiuti a scoprire il vero senso della vita, ci aiuti ad amare e a scoprire la bellezza di fare della vita un dono prezioso a Dio, creatore e padre.
Papa Francesco ai belgi: la misericordia costruisce il futuro

Al termine della recita dell’Angelus papa Francesco ha preso da Bruxelles per rientrare a Roma con un volo della Brussels Air Line il Papa fa rientro in Vaticano, salutando la delegazione belga con un pensiero nel libro d’onore dell’aeroporto: “Grato per l’accoglienza ricevuta alla Basa aerea di Melsbroek, auspico che essa sia sempre a servizio della pace nel Belgio, in Europa e nel mondo intero”.
E prima del ritorno in Vaticano papa Francesco ha ricordato la Giornata del Migrante e del Rifugiato, sottolineando che il Belgio è terra di arrivo di tanti migranti: “Oggi si celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato sul tema ‘Dio cammina con il suo popolo’.
Da questo Paese, il Belgio, che è stato ed è tuttora meta di tanti migranti, rinnovo all’Europa e alla Comunità internazionale il mio appello a considerare il fenomeno migratorio come una opportunità per crescere insieme nella fraternità, e invito tutti a vedere in ogni fratello e sorella migrante il volto di Gesù che si è fatto ospite e pellegrino in mezzo a noi”.
Inoltre ha invitato a pregare per le nazioni martoriate dalla guerra: “Continuo a seguire con dolore e con tanta preoccupazione l’allargamento e l’intensificazione del conflitto in Libano. Il Libano è un messaggio, ma in questo momento è un messaggio martoriato, e questa guerra ha effetti devastanti sulla popolazione: tante, troppe persone continuano a morire giorno dopo giorno in Medio Oriente.
Preghiamo per le vittime, per le loro famiglie, preghiamo per la pace. Chiedo a tutte le parti che si cessi immediatamente il fuoco in Libano, a Gaza, nel resto della Palestina, in Israele. Si rilascino gli ostaggi e si permetta l’aiuto umanitario. Non dimentichiamo la martoriata Ucraina”.
Infine ha sottolineato l’importanza della recita dell’Angelus: “Questa preghiera, molto popolare nelle passate generazioni, merita di essere riscoperta: è una sintesi del mistero cristiano, che la Chiesa ci insegna a inserire in mezzo alle occupazioni quotidiane. Ve la consegno, specialmente ai giovani, e vi affido tutti alla nostra Madre Santissima, che qui, accanto all’altare, è raffigurata come Sede della Sapienza. Sì, abbiamo bisogno della sapienza del Vangelo! Chiediamola spesso allo Spirito Santo”.
Nell’omelia della celebrazione eucaristica conclusiva del viaggio apostolico nello stadio ‘Re Baldovino’ papa Francesco ha parlato della libertà dello Spirito Santo: “Ce ne parlano la prima Lettura e il Vangelo, mostrandoci l’azione libera dello Spirito Santo che, nel racconto dell’esodo, riempie del suo dono di profezia non solo gli anziani andati con Mosè alla tenda del convegno, ma anche due uomini che erano rimasti nell’accampamento”.
Ed ha definito parole sagge quelle del libro dei Numeri: “Sono parole sapienti, che preludono a ciò che Gesù afferma nel Vangelo. Qui la scena si svolge a Cafarnao, e i discepoli vorrebbero a loro volta impedire ad un uomo di scacciare i demoni nel nome del Maestro, perché, affermano, ‘non ci seguiva’, cioè ‘non è nel nostro gruppo’…
Osserviamo bene queste due scene, quella di Mosè e quella di Gesù, perché riguardano anche noi e la nostra vita cristiana. Tutti infatti, con il Battesimo, abbiamo ricevuto una missione nella Chiesa. Ma si tratta di un dono, non di un titolo di vanto.., Egli continua a riporre in noi con amore di Padre, vedendo in noi quello che noi stessi non riusciamo a scorgere. Per questo ci chiama, ci invia e ci accompagna pazientemente giorno per giorno”.
E la libertà dello Spirito Santo avviene nella comunione, raccontata nella lettera dell’apostolo san Giacomo: “L’egoismo, come tutto ciò che impedisce la carità, è ‘scandaloso’ perché schiaccia i piccoli, umiliando la dignità delle persone e soffocando il grido dei poveri… Si crea un mondo in cui non c’è più spazio per chi è in difficoltà, né c’è misericordia per chi sbaglia, né compassione per chi soffre e non ce la fa. Non c’è”.
Ed ha rimarcato il dramma degli abusi sessuali nella Chiesa: “Pensiamo a quello che accade quando i piccoli sono scandalizzati, colpiti, abusati da coloro che dovrebbero averne cura, alle ferite di dolore e di impotenza anzitutto nelle vittime, ma anche nei loro familiari e nella comunità. Con la mente e con il cuore torno alle storie di alcuni di questi ‘piccoli’ che ho incontrato l’altro ieri. Li ho sentiti, ho sentito la loro sofferenza di abusati e lo ripeto qui: nella Chiesa c’è posto per tutti, tutti, tutti ma tutti saremo giudicati e non c’è posto per l’abuso, non c’è posto per la copertura dell’abuso”.
Quella del papa è stata una scelta precisa: “Chiedo a tutti: non coprite gli abusi! Chiedo ai vescovi: non coprite gli abusi! Condannare gli abusatori e aiutarli a guarire da questa malattia dell’abuso. Il male non si nasconde: il male va portato allo scoperto, che si sappia, come hanno fatto alcuni abusati e con coraggio. Che si sappia. E che sia giudicato l’abusatore. Che sia giudicato l’abusatore, sia laica, laico, prete o vescovo: che sia giudicato”.
E’ stato un chiaro invito alla scelta della misericordia: “Se vogliamo seminare per il futuro, anche a livello sociale ed economico, ci farà bene tornare a mettere alla base delle nostre scelte il Vangelo della misericordia. Gesù è la misericordia. Tutti noi, tutti, siamo stati misericordiati. Altrimenti, per quanto apparentemente imponenti, i monumenti della nostra opulenza saranno sempre colossi dai piedi di argilla. Non illudiamoci: senza amore niente dura, tutto svanisce, si sfalda, e ci lascia prigionieri di una vita sfuggente, vuota e senza senso, di un mondo inconsistente che, al di là delle facciate, ha perso ogni credibilità, perché? Perché ha scandalizzato i piccoli”.
Ed ha concluso l’omelia con la parola della testimonianza attraverso la vita di Anna di Gesù: “E così giungiamo alla terza parola: testimonianza. Possiamo prendere spunto, in proposito, dalla vita e dall’opera di Anna di Gesù, Anna de Lobera, nel giorno della sua Beatificazione. Questa donna è stata tra le protagoniste, nella Chiesa del suo tempo, di un grande movimento di riforma, sulle orme di una ‘gigante dello spirito’, Teresa d’Avila, di cui ha diffuso gli ideali in Spagna, in Francia e anche qui, a Bruxelles, e in quelli che allora erano chiamati Paesi Bassi Spagnoli”.
La vita povera è stata una sua scelta: “In un tempo segnato da scandali dolorosi, dentro e fuori la comunità cristiana, lei e le sue compagne, con la loro vita semplice e povera, fatta di preghiera, di lavoro e di carità, hanno saputo riportare alla fede tante persone, al punto che qualcuno ha definito la loro fondazione in questa città come una ‘calamita spirituale’.
Per scelta, non ha lasciato scritti. Si è impegnata invece a mettere in pratica ciò che a sua volta aveva imparato, e con il suo modo di vivere ha contribuito a risollevare la Chiesa in un momento di grande difficoltà”.
Infine, dopo aver visitato la tomba del re Baldovino, che rifiutò di firmare la legge sull’aborto nel 1990, annuncia che darà una nuova spinta alla causa di beatificazione del re, iniziata nel 1995, il papa ha invitato i vescovi belgi a portare a termine la causa di beatificazione: “Al mio rientro a Roma avvierò il processo di beatificazione di Re Baldovino. Che il suo esempio di uomo di fede illumini i governanti. Chiedo che i vescovi belgi si impegnino per portare avanti questa causa”.
(Foto: Santa Sede)
Don Giovanni Merlini sarà il primo Beato del Giubileo!

Il 23 maggio la Sala Stampa della Santa Sede ha comunicato a tutto il mondo: «Il Sommo Pontefice Francesco, accogliendo e confermando i voti del Dicastero delle Cause dei Santi, ha dichiarato: ‘consta il miracolo, compiuto da Dio per intercessione del Venerabile Servo di Dio Giovanni Merlini’(cf. Decreto super Miro, DCS, 23 maggio 2024).
“Tale notizia è per ognuno di noi – affermano don Emanuele Lupi, Moderatore Generale della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue e sr. Nicla Spezzati, Adoratrice del Sangue di Cristo e Postulatrice della Causa – fonte di grande gioia e di sentimenti di profonda gratitudine a Dio per il dono della santità offerto alla sua Chiesa nella persona del nostro amato don Giovanni Merlini, Sacerdote e III Moderatore Generale della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, nato a Spoleto (PG) il 28 agosto 1795 e morto a Roma il 12 gennaio 1873.
Uomo di profondo discernimento e di sapienza, ha annunciato, come Missionario Apostolico, il Mistero della Redenzione ad intere popolazioni nello Stato Pontificio e nel Regno di Napoli, favorendo i miseri e i reietti. Testimone vivo di tale Mistero al cuore della Chiesa, ha ricercato e vissuto nel quotidiano la volontà di Dio, assumendo la pace significata dal Sangue di Cristo, come via regale alla santità, verbo e stile di vita. Fondata, giorno dopo giorno, nell’ascesi dell’habitare secum, nell’orazione, nel vincolo della carità fraterna – alimentato da una visione universale – la vita di Giovanni Merlini ha sapore di Vangelo”.
Dalla Segreteria di Stato del Vaticano è stata comunicata alla Postulazione la Nota (N. 644.680) in cui si afferma che: “Il Santo Padre Francesco ha concesso e disposto che il Rito della Beatificazione del Servo di Dio Venerabile Giovanni Merlini abbia luogo a Roma, il 12 gennaio 2025 alle ore 11:00, nell’Arcibasilica Papale San Giovanni in Laterano. Rappresentante del Sommo Pontefice sarà il Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi”.
“Questo Evento di grazia – sottolineano il Moderatore Generale e la Postulatrice – posto all’inizio dell’Anno giubilare 2025, ci vedrà uniti nel santo pellegrinaggio da ogni parte del mondo. È un’azione ecclesiale che ha un particolare carattere liturgico, in quanto finalizzata alla lode di Dio, nella venerazione del suo Servo fedele, Giovanni Merlini. Come Famiglia del Sangue Preziosissimo di Cristo, con tutto il popolo di Dio, invochiamo lo Spirito Santo per percorrere la via sanguinis, ‘via nuova e vivente che Cristo ha inaugurato per noi per mantenere, senza vacillare, la professione della nostra speranza’ (cf. Eb 10,20.23)”.
Don Giovanni Merlini nasce a Spoleto (PG) il 28 agosto del 1795 da Luigi Merlini e Antonia Claudi Arcangeli. Dopo essere stato ordinato sacerdote per la diocesi di Spoleto, il 19 dicembre 1818, in occasione di un corso di esercizi spirituali presso l’Abbazia di San Felice, a Giano dell’Umbria (PG), conobbe nel 1820 San Gaspare del Bufalo, fondatore della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue. L’incontro tra questi due giganti della fede cambierà le vite di entrambi. Gaspare diverrà per Giovanni padre e modello di ispirazione, tanto da convincerlo ad entrare nella Congregazione, il 15 agosto 1820, e a divenirne uno dei fiori all’occhiello.
Come nel carisma della Congregazione, don Giovanni non sarà solamente un intrepido annunciatore del Vangelo per mezzo delle missioni popolari, ma anche e soprattutto una eccellente guida spirituale. Non si può non ricordare la capacità straordinaria che ebbe di intenerire i cuori dei briganti nel basso Lazio, che a lui si rivolsero per chiedere grazia presso il Papa, nel lontano 1824.
Tra i frutti più belli della sua sapiente guida risplende nella Chiesa Santa Maria De Mattias che, nel 1834, con il suo paterno aiuto, fonderà le Adoratrici del Sangue di Cristo. Don Giovanni è stato un uomo dalle molteplici capacità e ha saputo intessere la sua vita a riflesso di quella di Cristo, incastonato, come una gemma preziosa, tra due grandi santi fondatori. Ma la sua peculiarità e quell’unicità che lo fecero brillare vennero fuori soprattutto dal 1847, quando succedette a San Gaspare del Bufalo come III Moderatore Generale della sua Congregazione.
Don Giovanni Merlini diede spazio, da quegli anni in poi, al genio che il Signore gli aveva donato per il bene del Regno di Dio. Seppe sognare in grande per entrambe le Congregazioni religiose, fino a spingersi ad aperture all’estero. Continuò ad essere ricercata ed illuminata guida di anime, tanto da divenire consigliere del Beato Pio IX, dal quale ottenne l’estensione della festa del Preziosissimo Sangue a tutta la Chiesa, con la bolla ‘Redempti sumus’ del 10 agosto 1849.
Anni di lavoro e consiglio, di preghiera innamorata ma anche di spiccate qualità artistiche, gli guadagnarono il titolo di ‘santo dei crociferi’, dal nome della piazza in cui risiedeva allora la curia generalizia dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Ed è proprio da quella stessa casa, accanto alla fontana di Trevi in Roma, che don Giovanni volò al cielo il 12 gennaio del 1873, a seguito di un brutto incidente provocatogli da un anticlericale in carrozza.
Ed ancora oggi, da quella chiesa di Santa Maria in Trivio, dove è sepolto accanto al suo santo padre Gaspare del Bufalo, continua ad intercedere e ad essere invocato dai Missionari, dalle Adoratrici e da tanti fedeli, soprattutto giovani, che chiedono a lui consiglio e preghiera. Sembra davvero che la fila di gente fuori dal suo ufficio non si sia mai esaurita, e che lui continui ancora, ora come allora, ad aspettare tante anime da guidare ed accompagnare, e soprattutto a ricordarsi di loro alla presenza del Signore Gesù.
Il 10 maggio 1973 vengono riconosciute le virtù eroiche e il 23 maggio 2024 papa Francesco ha autorizzato il Dicastero delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante il Miracolo di guarigione di un beneventano, da un ematoma retroperitoneale, attribuito all’intercessione del Venerabile Servo di Dio Giovanni Merlini.
Papa Francesco a Singapore: costruire il multilateralismo

Da Singapore, dove è arrivato ieri per l’ultima tappa del viaggio apostolico, papa Francesco nei discorso al Corpo Diplomatico ha rivolto un messaggio di speranza, come ha scritto nel Libro d’Oro: “Come la stella che guidò i Magi, così la luce della sapienza orienti sempre Singapore nella costruzione di una società unita e capace di trasmettere speranza”.
In apertura del suo discorso il papa ha evidenziato proprio l’aspetto di un crocevia, ringraziando dell’accoglienza: “Chi arriva qui per la prima volta non può non essere impressionato dalla selva di modernissimi grattacieli che sembrano sorgere dal mare. Essi sono una chiara testimonianza dell’ingegno umano, della dinamicità della società di Singapore e dell’acume dello spirito imprenditoriale, che qui hanno trovato un terreno fertile per esprimersi”.
Quest’anno Singapore festeggia i 101 anni dalla nascita di Lee Kuan Yew, che fu il Primo Ministro della Repubblica e che dal 1959 al 1990 diede forte impulso ai cambiamenti del Paese: “E’ frutto di decisioni razionali e non del caso, è il risultato di un costante impegno nel portare a termine progetti e iniziative ben ponderate e in sintonia con le caratteristiche specifiche del luogo… Singapore non solo ha prosperato economicamente, ma si è sforzata di costruire una società nella quale la giustizia sociale e il bene comune sono tenuti in grande considerazione”.
In effetti la prosperità economica di Singapore ha corso in parallelo alla costruzione di una società attenta alla giustizia sociale e al bene comune, anche se il papa ha messo in luce un rischio pericoloso se i provvedimenti non sono giusti: “Su questo fronte, riconosco e lodo le varie politiche e iniziative messe in atto per sostenere i più deboli, e auspico che venga prestata particolare attenzione ai poveri, agli anziani, le cui fatiche hanno gettato le fondamenta per la Singapore che conosciamo oggi, e anche per tutelare la dignità dei lavoratori migranti, che molto contribuiscono alla costruzione della società, e ai quali occorre garantire un salario equo”.
In effetti la cura è possibile se si mantengono le relazioni: “E’ essenziale coltivare relazioni umane reali e concrete; e che queste tecnologie si possono valorizzare proprio per avvicinarsi gli uni agli altri, promuovendo comprensione e solidarietà, e non per isolarsi pericolosamente in una realtà fittizia e impalpabile”.
Quindi ha sottolineato la coesistenza armonica di etnie, culture e religioni: “Singapore è un mosaico di etnie, culture e religioni che convivono in armonia, e questa parola è molto importante: l’armonia. Il raggiungimento e la conservazione di questa positiva inclusività sono favoriti dall’imparzialità dei poteri pubblici, impegnati in un dialogo costruttivo con tutti, rendendo possibile che ognuno apporti il suo peculiare contributo al bene comune e non consentendo all’estremismo e all’intolleranza di acquisire forza e di mettere in pericolo la pace sociale.
Il rispetto reciproco, la collaborazione, il dialogo e la libertà di professare il proprio credo nella lealtà alla legge comune sono condizioni determinanti del successo e della stabilità ottenuti da Singapore, requisiti per uno sviluppo non conflittuale e caotico, ma equilibrato e sostenibile”.
Poi ha ringraziato la Chiesa per le opere caritative nell’istruzione, nella sanità e negli aiuti umanitari, ricordando i missionari, che hanno inculturato la fede: “La Chiesa Cattolica a Singapore, fin dall’inizio della sua presenza, ha cercato di offrire il proprio apporto peculiare al cammino di questa Nazione, soprattutto nei settori dell’istruzione e della sanità, avvalendosi dello spirito di sacrificio e di dedizione dei missionari e dei fedeli.
Sempre animata dal Vangelo di Gesù Cristo, la comunità cattolica è anche in prima linea nelle opere di carità, contribuendo in modo significativo agli sforzi umanitari e gestendo a questo fine diverse istituzioni sanitarie e molte organizzazioni umanitarie, tra cui la Caritas che tutti conosciamo”.
Inoltre quest’anno ricorre anche l’anniversario delle relazioni tra Santa Sede e Singapore: “Questa mia visita, giunge a 43 anni da quando furono stabilite le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Singapore. Essa si propone di confermare nella fede i cattolici ed esortarli a proseguire con gioia e dedizione la collaborazione con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, per la costruzione di una società civile sana e coesa, per il bene comune e per una testimonianza cristallina della propria fede”.
Ha, quindi, elogiato lo Stato per aver dato un contributo allo sviluppo del multiculturalismo: “Singapore ha anche un ruolo specifico da giocare nell’ordine internazionale (questo non lo dimentichiamo) minacciato oggi da conflitti e guerre sanguinose, e mi rallegro che abbia meritoriamente promosso il multilateralismo e un ordine basato su regole da tutti condivise. Vi incoraggio a continuare a lavorare per l’unità e la fraternità del genere umano, a beneficio del bene comune di tutti, di tutti i popoli e di tutte le Nazioni, con una comprensione non escludente né ristretta degli interessi nazionali”.
Infine ha chiesto una tutela per le famiglie che rischiano di essere ‘indebolite’: “Nelle condizioni sociali attuali, le fondamenta su cui si basano le famiglie sono messe in discussione e rischiano di venire indebolite. Occorre che esse vengano poste nella condizione di trasmettere i valori che danno senso e forma alla vita e di insegnare ai giovani a formare relazioni solide e sane. Sono perciò da lodare gli sforzi compiuti per promuovere, proteggere e sostenere l’unità familiare attraverso il lavoro di varie istituzioni”.
E non ha dimenticato la cura per il creato: “Non possiamo nascondere che oggi viviamo in una crisi ambientale, e non dobbiamo sottovalutare l’impatto che una piccola Nazione come Singapore può avere in essa. La vostra posizione unica vi offre accesso a capitali, tecnologie e talenti, risorse che possono guidare l’innovazione per prendersi cura della salute della nostra casa comune.
Il vostro impegno per uno sviluppo sostenibile e per la salvaguardia del creato è un esempio da seguire, e la ricerca di soluzioni innovative per affrontare le sfide ambientali può incoraggiare altri Paesi a fare lo stesso. Singapore è un brillante esempio di ciò che l’umanità può realizzare lavorando insieme in armonia, con senso di responsabilità e con spirito di inclusività e fraternità”.
Nel ringraziamento il Presidente della Repubblica, Shanmugaratnam, ha condiviso le parole del papa: “Per noi la solidarietà e l’armonia sono state e continueranno ad essere aspetti centrali”, illustrando alcuni progetti per la salvaguardia ambientale sempre più efficace. La giornata era iniziata con un incontro con i Gesuiti, con cui ha parlato di p. Pedro Arrupe e di p. Matteo Ricci, come è stato sottolineato da un tweet di p. Spadaro: “E’ stata un’altra figura di riferimento, perché punto di riferimento per i gesuiti in questo luogo”..
(Foto: Santa Sede)
XX Domenica Tempo Ordinario: tutti invitati al grande banchetto della vita!

Il tema della Liturgia è chiaro sin dalla prima lettura: ‘La Sapienza ha imbandito la tavola: venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che ho preparato’. Il tema del banchetto è presente attraverso i suoi elementi costitutivi: il pane e il vino; mangiare e bere. Il sacramento dell’Eucaristia si rifà sempre alla cena pasquale degli ebrei durante la quale Gesù istituì l’Eucaristia utilizzando i mezzi a disposizioni: pane e vino ed ordinò ai suoi Apostoli. ‘Fate questo in memoria di me’. Nella Messa celebrata sono riunite due mense: quella della Parola e quella del Pene e Vino.
La lettura della Parola di Dio e la comunione eucaristica. Cristo Gesù si dà a noi in due modi; ascoltando la sua Parola ‘non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio’: le folle che andavano dietro a Gesù per ascoltarlo dimenticavano persino di andare a casa per mangiare. Nell’ultima cena poi Gesù istituisce l’Eucaristia: segno visibile di nutrimento per l’anima: prendete e mangiate, questo è il mio corpo.
A questo banchetto siamo invitati tutti, senza alcuna discriminazione, è un banchetto in cui regna solo l’amore, la fratellanza, l’accoglienza: è l’immagine del regno di Dio creato per la salvezza di tutti. La Messa è il convito della salvezza a cui tutti siamo invitati. Partecipare a questo banchetto non è opzionale ma indispensabile per la salvezza eterna. Chi si astiene dal partecipare volontariamente e senza motivo agisce in disaccordo con la parola e la volontà di Cristo.
Dalla parola di Dio e dall’Eucaristia il credete riceve nutrimento e vita. L’Eucaristia, come vedi, è un mistero che noi accettiamo con gratitudine e gioia come un miracolo d’amore, come dono incomparabile e prezioso. Un dono concreto e fisico da fare ripugnanza a quanti ascoltano e non hanno fede e, perciò, replicano. ‘Come può costui darci la sua carne da mangiare?’ Chi ha fede in Dio, accetta il suo messaggio di amore: ‘Io sono il pane vivo disceso dal cielo’, mangiando il quale si ha la vita eterna; è il nutrimento dell’anima che vuole vivere secondo Dio.
Gesù spiega inoltre che questo pane è la sua carne offerta in sacrificio di redenzione; è il frutto dell’amore di Dio verso l’uomo per il quale Gesù muore in croce offrendo la sua vita in riscatto per tutti. Un dono visibile: il suo corpo sacrificato; il corpo di Gesù, che riceviamo nella Eucaristia, è l’espressone chiara della sua personalità, della sua relazione con gli altri. Cristo infatti si è manifestato agli uomini nella carne e il popolo ha riconosciuto Gesù nel suo corpo e da questo si sono sentiti accolti, ascoltati, perdonati.
Gesù con il suo corpo rivela la sua divinità e la sua umanità. ‘Sono il pane vivo disceso dal cielo: il mio corpo è vero cibo, il mio sangue vera bevanda’. Questa parola è dura, dissero alcuni e se ne andarono; Gesù, rivolto ai suoi discepoli, disse: se volete, potete andare via anche voi, ma l’apostolo Pietro rispose: ‘Signore, tu hai parole di vita eterna’.
Tutto ciò che si dice della personalità di Gesù nel Vangelo è presente nell’Eucaristia: è lo stesso Gesù che attraverso l’Eucaristia nutre quanti credono in Lui. Per chi non crede nessuna prova è sufficiente; per chi crede l’Eucaristia è la vita di Cristo in noi e riceverla significa condurre uno stile di vita contrassegnata dalla sua presenza. Chi mangia di questo pane vivrà in eterno.
Da non dimenticare che Gesù nell’ultima cena, prima di celebrare l’Eucaristia, lava i piedi agli Apostoli; bisogna essere puliti, prima di ricevere questo pane, sia nel corpo che nell’anima. Per questo la Liturgia inizia sempre chiedendo perdono a Dio dei peccati.