Il card. Parolin ai nuovi sacerdoti: sacerdozio è fonte di misericordia
Sabato scorso il card. Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, ha ordinato 29 sacerdoti della prelatura dell’Opus Dei, nella basilica di Sant’Eugenio. All’inizio della liturgia è stata letta una lettera di papa Francesco, nella quale condivide la sua gioia con i 29 sacerdoti e le loro famiglie:
“Chiedo ai nuovi sacerdoti di considerare, insieme alla grandezza del dono del sacerdozio, il significato di riceverlo proprio in questi momenti di tanta sofferenza nel mondo, in cui la presenza di Cristo sofferente e misericordioso diventa particolarmente palpabile; una presenza che il Signore vuole realizzare attraverso il vostro ministero.
Come i discepoli, sperimenteremo che, con Lui a bordo, non siamo naufraghi. Perché questa è la forza di Dio: trasformare tutto ciò che ci accade in qualcosa di buono, anche il male. Il Santo Padre conclude chiedendo ai nuovi sacerdoti che “attraverso la loro unione con il Papa realizzino sempre quell’aspirazione di san Josemaría: Tutti, con Pietro, a Gesù attraverso Maria”.
Durante l’omelia, il cardinale Pietro Parolin ha approfondito l’immagine del buon pastore, che ispira ogni sacerdote a essere “fonte di vita, di misericordia, di semplicità”.
Ha ricordato che “essere pastori non consiste in una serie di compiti, bensì nell’assumere uno stile di vita… Il pastore non vive dove vuole, ma dove è meglio per il gregge. Il pastore non è tanto una guida per gli altri, quanto colui che condivide la sua vita con le pecore”.
Per il segretario di Stato vaticano l’idea del pastore “non si riferisce al governo ma alla vita, e per questo Gesù caratterizza il buon pastore come colui che dà la vita per le pecore… Il ministero che assumete, cari ordinandi, è una questione di vita, non dimenticatelo mai… Non siete chiamati a fare cose, ma a dare e condividere la vostra vita, e così potete realizzare pienamente la chiamata ad agire nella persona di Cristo”.
Riprendendo gli scritti di san Josemaría Escrivá il card. Parolin ha sottolineato che “il sacerdote, chiunque egli sia, è sempre un altro Cristo… So quanta importanza attribuite nella vostra vita al sacramento della riconciliazione e non posso che esortarvi a continuare a farlo, per essere dispensatori della grazia e del perdono del Signore, di cui il mondo di oggi ha estremamente bisogno”.
Un’altra caratteristica del pastore è la semplicità, della quale ha parlato santa Teresa di Calcutta e che si ottiene ‘nel silenzio della preghiera’: “La semplicità nasce dalla trasparenza della preghiera e si manifesta in azioni concrete come condurre una vita ordinata, senza essere ingolfato in mille cose, che potrebbero mettere a repentaglio la semplicità di un cuore pienamente dedicato al Signore”.
Infine il cardinale si è riferito alla necessità di “portare a tutti la voce del buon pastore, affinché si sentano amati da Cristo. Questo richiede di non essere introverso ma estroverso; non desideroso di essere rilevante ma di far conoscere Gesù:… richiedere di coniugare la carità pastorale a una sana creatività, fedeltà e flessibilità, fede e cuore disponibile; andare alla ricerca degli altri piuttosto che aspettarli; accogliere e non rifiutare le domande più complesse di oggi, soprattutto quelle dei giovani”.
Al termine della cerimonia il prelato dell’Opus Dei, mons. Fernando Ocáriz, ha ringraziato per la presenza del card. Parolin, che solo il giorno precedente ieri si trovava in Libano per portare in quei luoghi la vicinanza e per la sollecitudine del Papa: “La presenza del cardinale ci riporta subito a quella del Santo Padre Francesco, che manda la benedizione apostolica ai nuovi sacerdoti, alle loro famiglie e a tutti i presenti in questa celebrazione. Continuiamo a sostenere il Papa ed i suoi collaboratori con la nostra orazione”.
Poi ha ringraziato le famiglie dei nuovi consacrati: “Rivolgo un pensiero speciale alle famiglie e agli amici che a causa dell’emergenza sanitaria non sono potuti venire qui, per essere fisicamente presenti accanto a noi. Ma a voi tutti, presenti o collegati alla celebrazione tramite internet, dico: grazie. Lo dico soprattutto ai genitori dei nuovi sacerdoti: grazie per aver collaborato con Dio nel far germogliare nei vostri figli la vocazione sacerdotale”.
Tra i nuovi sacerdoti c’è anche l’italiano Giovanni Vassallo che desidera ‘che in questi tempi di pandemia si sappia ‘stare’ con le persone’. Invece Andrej Matis, di 31 anni, è il primo sacerdote della prelatura in Slovacchia: “La bellezza può aprire le porte e mostrare il cammino – spiega –. Prima pensavo che queste considerazioni fossero solo belle parole, ma adesso ho cambiato opinione”.
Inoltre vi sono diversi africani, come l’ugandese Andrew Ekemu. Nato a Kapchorwa nel 1981, Andrew ha studiato veterinaria nella Makerere Unversity di Kampala: “In Uganda c’è una popolazione giovane e per questo le chiedo preghiere perché molti giovani del mio paese scoprano la grandezza di una vita vissuta con Cristo e al servizio degli altri”.
(Foto: Opus Dei)