Città di Castello: accanto ai malati Covid alla scuola della beata Margherita

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Cieca, con una gamba più lunga e una più corta, povera. Ma mossa da una fede incrollabile che la spinge a farsi ‘angelo’ degli ultimi. Un’icona della sofferenza che si fa carità. La beata Margherita da Città di Castello continua a essere accanto a chi è piegato dalla malattia. Anche al tempo del coronavirus. Perché nel suo nome la diocesi di Città di Castello ha donato all’ospedale della città umbra un apparecchio portatile per le radiografie digitali di cui il presidio aveva immediato bisogno: quasi € 60.000, come ha spiegato il vescovo di Città di Castello, Domenico Cancian:

“E’ un piccolo segno per celebrare il settimo centenario della morte della beata. Non volevamo che l’anniversario cadesse invano. Se un secolo fa la ricorrenza aveva fatto nascere un istituto per donne cieche, in questo nostro tempo di pandemia abbiamo scelto di essere accanto a chi è toccato dal morbo. E abbiamo voluto venire incontro a un’urgenza del nostro ospedale. Del resto la beata Margherita ha sperimentato in prima persona la sofferenza fisica, ma invece di piangersi addosso si è fatta prossima, vicina a coloro che erano nella prova”.

A don Andrea Czortek, storico e membro del Comitato promotore, e a don Francesco Mariucci, componente della Consulta dell’Ufficio dei beni culturali della diocesi, abbiamo chiesto perché la città la riconosce come santa per le guarigioni: “La sua esistenza segnata dalle tribolazioni è una testimonianza di inclusione oltre ogni forma di disabilità”.

Poi hanno raccontato la situazione in cui si trova le città della diocesi in questo periodo: “Anche la diocesi di Città di Castello, al nord dell’Umbria, ha dovuto fare i conti con l’emergenza Covid 19. Il vescovo mons. Domenico Cancian, unitamente ai preti ed ai diaconi della diocesi, si sono mostrati da subito vicini alla paura e al disorientamento dei fedeli.

Rispettando le stringenti normative previste per arginare la pandemia, ognuno ha cercato di sostenere i fratelli con tutti i mezzi possibili. Non si possono citare i tanti interventi personali di ciascuno, ma si può ricordare la preghiera ai cimiteri che il Vescovo ed i parroci hanno fatto, da soli, per ricordare i morti là sepolti ed i tanti deceduti a causa della pandemia”.

In tale situazione in quale modo la diocesi è vicina alla gente?

“Il vescovo, fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria, ha cercato di realizzare una significativa donazione all’ospedale di Città di Castello, individuato come uno degli ospedali Covid della regione Umbria, che si è trovato ad affrontare numerose difficoltà. A seguito del confronto tra l’ufficio economato della diocesi con la direzione sanitaria dell’ospedale, affrontate molte difficoltà per reperire quanto richiesto, la diocesi di Città di Castello ha consegnato l’apparato portatile per radiografia digitale M40-1° WDM destinato all’Ospedale tifernate.

La diocesi ha provveduto ad acquistare l’apparecchiatura sostenendo la spesa di € 58.000,00 (iva compresa) nella consapevolezza che anche questa donazione sarebbe servita alla USL per far fronte efficacemente all’emergenza Covid- 19. Questo segno di carità si è quasi naturalmente collegato al settimo centenario della morte di beata Margherita di Città di Castello (nata alla Metola nel 1287). Margherita, nata cieca e con difficoltà nella deambulazione, durante la sua vita si prodigò per alleviare le sofferenze morali e materiali della popolazione tifernate”.

In questo tempo di coronavirus cosa significa aprire un giubileo alla beata Margherita?

“La celebrazione del settimo centenario della morte della beata Margherita, avvenuta a Città di Castello il 13 aprile 1320, è stata una scelta pastorale maturata dalla Diocesi di Città di Castello fin dall’anno  2018. Tale scelta è stata poi condivisa con l’Arcidiocesi di Urbino–Urbania–Sant’Angelo in Vado, nel cui territorio si trova la località Metola (nel comune di Mercatello sul Metauro) dove  Margherita nacque nel 1287.

Le due diocesi hanno dato vita ad un comitato promotore composto anche dall’Ordine dei Domenicani (al quale la beata appartenne come terziaria) e dai comuni di Città di Castello, Mercatello sul Metauro e Sant’Angelo in Vado. La scelta, dunque, è stata compiuta in maniera del tutto indipendente dall’attuale pandemia di coronavirus Covid-19, scoppiata proprio circa due mesi prima dalla data che era stata prevista per la solenne apertura del centenario. Appena saranno resi noti i tempi per il superamento della prima fase di emergenza il comitato tornerà a riunirsi per impostare il nuovo calendario e il nuovo programma delle celebrazioni.

L’anno centenario non intende solo ricordare un personaggio del passato, ma principalmente vuole fare oggi memoria di una esperienza umana e cristiana vissuta sette secoli fa nella nostra terra, lasciandoci interpellare, come comunità ecclesiale e cittadina, dalla vita e dall’insegnamento di questa santa. L’apertura delle celebrazioni avrà anche il senso di una ripresa piena della vita ecclesiale e civile”.

Quale messaggio di speranza scaturisce dalla vita della beata?

“La vita dei santi consegna sempre un insegnamento che resta attuale, al di là delle mutazioni dovute al volgere del tempo, perché è una vita fondata su Gesù Cristo, il vivente, e sul suo Vangelo. In particolare, dalla vita della beata Margherita scaturiscono dei messaggi di grande attualità. Pur evitando le facili attualizzazioni la sua vicenda ci insegna la fiducia in Dio, che non abbandona mai i suoi figli; l’accettazione di noi stessi e dei nostri limiti; la possibilità di mettersi a servizio di Dio e del prossimo qualunque sia la nostra condizione.

Il messaggio di speranza nasce soprattutto da due aspetti. Innanzi tutto, Margherita nasce cieca e con una difformità degli arti inferiori che per tutta la vita le renderà difficoltosa la deambulazione. Ebbene, pur con questi limiti fisici ha saputo vivere appieno la propria umanità e raggiungere le vette della santità attraverso una vita di preghiera, povertà e servizio. Il secondo aspetto è il fatto che ella sia stata abbia conosciuto per ben due volte il rifiuto, essendo stata rifiutata prima dalla famiglia, che l’ha abbandonata a Città di Castello, e poi da una comunità di monache.

Ogni volta ha potuto sperimentare la misericordia del Signore attraverso la carità di altri fratelli che l’hanno accolta. Nessuno è svantaggiato davanti a Dio, nessuno è abbandonato da Dio, la carità (in questo caso espressa nell’accoglienza) offre a ciascuno la possibilità di vivere la propria vita valorizzando le proprie potenzialità. Questo il messaggio di speranza che scaturisce dalla vita della beata Margherita”.

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