Card. Repole: la preghiera è respiro per la vita

Condividi su...

“La preghiera con cui Gesù si è rivolto personalmente a Dio ci ha permesso di scoprire chi siamo, quale sia la nostra identità più vera e profonda. Io non sono il frutto del caso. Sono una creatura di Dio, sono voluto e fato da Lui, sono costantemente mantenuto in vita da Lui. Una preghiera antica, pensando a tutti gli esseri viventi ed in particolare all’uomo, si rivolge a Dio con delle parole toccanti: ‘Se nascondi il tuo volto, vengono meno, togli loro il respiro, muoiono e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra’. E’ un modo poetico per dire che non siamo solo stati creati in un momento del passato, ma che in ogni istante, anche adesso, sono l’alito e il respiro di Dio che ci permettono di essere vivi e di respirare”.

Con queste parole è iniziato il dialogo dell’arcivescovo di Torino, card. Roberto Repole con i giovani sull’approfondimento della Parola di Dio, in quanto Egli ha creato l’uomo nella prospettiva di Gesù: “E tuttavia io sono, tra tutti gli esseri viventi, una creatura davvero speciale. Dio mi ha creato pensando a Gesù, in attesa di Lui, ad immagine Sua. Ascoltando la sua preghiera, sentendo che Lui si rivolge a Dio chiamandolo Padre, percependo che Egli ha un rapporto intorno con Lui ed è totalmente abbandonato nelle sue mani, scopriamo allora che anche noi uomini siamo, in Lui e attraverso di Lui, figli di Dio.

Anche noi abbiamo accesso ad un rapporto intimo con Dio; anche noi siamo tanto più noi stessi quanto più ci sentiamo sostenuti ed abbracciati da Dio Padre e siamo abbandonati a Lui; anche noi ci sentiamo tanto più realizzati quanto più attraversiamo la vita sapendoci accompagnati da Gesù e fidandoci, con Lui e come Lui, di Dio che è nostro Padre”.

La paternità di Dio si manifesta nella preghiera: “Attraverso di esse, infatti, ci rivolgiamo a Dio non come ad un Essere superiore, ad una entità astratta. Ci rivolgiamo a Lui chiamandolo e riconoscendolo come Padre e Padre nostro. Pregando così, diciamo di percepirci, con Gesù e per mezzo di Lui, figli di Dio , di ricevere costantemente la sua vita di Padre e di avere con Lui un rapporto personale.

Pregando così, diciamo di percepirci come unici, ma non soli: Dio è il Padre nostro, e dunque tra di noi siamo fratelli, tra noi circola la stessa vita di Dio. Io posso contare su di te e tu puoi contare su di me, io mi sento responsabile di te e so di essere custodito e amato da te”.

Gesù insegna una preghiera diversa: “E’ molto istruttivo il fatto che Gesù dica di non pregare come fanno gli ipocriti, che pregano con l’intenzione di farsi vedere, ed inviti a non sprecare le parole come fanno i pagani. Come a dire che con le parole del ‘Padre nostro’ ci viene consegnato il modo proprio di pregare dei cristiani, il prototipo ed il significato di ogni loro preghiera”.

Perciò è stato un invito ad ‘impararle’ per capire il senso: “Certo, noi dobbiamo imparare queste parole a memoria e siamo chiamati a recitarle almeno alcune volte al giorno, specie al mattino quando ci svegliamo e alla sera prima di addormentarci. Ma ascoltando e recitando proprio queste parole impariamo poco per volta quale sia il senso della preghiera, quale significato abbia per noi esseri umani la preghiera, che cosa vi si esprime, come si debba pregare”.

Con la preghiera del ‘Padre Nostro’ Gesù sconfigge la nostra solitudine: “Nel consegnarci questa preghiera Gesù ci permette di prendere in mano quello che è, probabilmente, il nostro amore più grande e il nostro desiderio più intenso. Posso temere di essere solo, di essere abbandonato in balia di me stesso, di avere in mano la vita senza sapere che cosa farne. Ed, all’inverso, ciò che più desidero è entrare in relazione con qualcuno, essere visto, rompere la solitudine e l’isolamento. Le parole che Gesù ci consegna ci permettono di entrare in un dialogo con il Padre”.

Quindi la preghiera non invita all’isolamento: “Nella preghiera scopro che Dio mi parla, che parla proprio a me, che mi dice che Lui non mi dimentica, mi ha in mente, mi accompagna, che Lui mi ha a cuore, che è Lui che rompe il mio isolamento. La preghiera è un dialogo all’interno di una relazione che nasce prima di tutto dall’ascolto di un Dio che desidera parlarmi, stare con me.

All’interno di questa relazione anche io posso affidare a Dio ciò che vivo, ciò che più mi sta a cuore. Entro in relazione con Dio che si prende a cuore la mia vita, a cui posso affidare la mia esistenza. La preghiera è fondamentalmente un dialogo in cui Dio mi parla e mi ascolta”.

Inoltre nella preghiera si chiede la venuta del Regno di Dio: “Riconosciamo con queste parole che non è poi così vero che per essere veramente realizzato, come donne e come uomini, dobbiamo fare sempre quello che vogliamo e, soprattutto, dobbiamo avere sempre tutto sotto il nostro controllo. Quando viviamo con questo atteggiamento in realtà siamo spesso in preda all’ansia, ci troviamo a spendere mille energie per trovare un attimo di pace, rischiamo di sentirci frustrati e persino falliti quando le cose non vanno come le abbiamo programmate.

In ogni caso, siamo sempre in balia degli eventi perché, per quanto controlliamo e decidiamo, molto di quello che accade non dipende da noi ed è fuori dal nostro controllo. Le parole della preghiera ci dicono che il segreto della nostra umanità è altrove: sta nel percepire che la storia è nelle mani di Dio, che non è poi così decisivo il fato che controlliamo tutto, che ciò che conta davvero è la sua volontà, che è una volontà di bene e di vita per tutti e per ognuno”.

In questo consiste la bellezza della preghiera: “Il segreto della vita è dire: io mi affido a te o Padre; so che, qualunque cosa accada, tu vuoi il mio bene e desideri la mia gioia; percepisco che voglio

davvero il mio bene quando cerco e desidero quello che cerchi e desideri tu. Diciamo anche non abbandonarci alla tentazione, ammettendo che siamo fragili ma che possiamo contare sulla presenza e la vicinanza di Dio. Non siamo perfetti, possiamo inciampare e cadere, possiamo talvolta

sbagliare il bersaglio e cercare la vita là dove invece incontriamo solo la morte. Ma abbiamo la possibilità di riconoscerlo senza timori; e soprattutto possiamo vedere che anche quando ci distacchiamo da Dio, Lui non si distacca da noi, ci è vicino, ci accompagna: se cadiamo, ci rialza; se ci allontaniamo, continua a tenderci la mano”.

In questo senso la preghiera illumina la vita: “Se Gesù ci consegna la preghiera del «Padre nostro» e se è necessario ogni tanto trovare degli spazi di isolamento, di solitudine e di silenzio per entrare in relazione con Dio, per dare respiro all’anima e ritrovare il segreto del nostro essere donne e uomini, non è perché il resto della vita sia meno importante o sia privo di interesse.

Al contrario, il momento della solitudine e della preghiera serve ad illuminare ogni altro attimo

della nostra vita. Preghiamo per trovare il senso profondo di tutto il tempo in cui non preghiamo, per vivere in pienezza ogni istante della nostra esistenza e ogni attività in cui siamo immersi ed impegnati. Ci potremmo anche esprimere in questo modo: di tanto in tanto, nella nostra settimana e nelle nostre giornate, ci ritiriamo in preghiera perché tuta la nostra vita sia animata dallo Spirito di Gesù che ci permette di pregare”.

In questo modo la preghiera si fonde con la vita: “Preghiamo perché tutta la nostra vita, in tutte le sue fibre e in tutti i suoi attimi, sia in definitiva la preghiera più bella rivolta a Dio. Possiamo infatti essere intelligenti o meno, capaci o meno capaci, più leader o più gregari, di successo o no… ma ciò che davvero conta di noi è quanto la nostra vita è vissuta in intimità con Dio e con i fratelli. Se c’è questo, c’è tutto. Quando c’è questo, sperimentiamo tuta la felicità di cui disponiamo in questo nostro mondo”.

(Foto: diocesi di Torino)

151.11.48.50