Papa Francesco chiede la remissione dei debiti

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“All’alba di questo nuovo anno donatoci dal Padre celeste, tempo Giubilare dedicato alla speranza, rivolgo il mio più sincero augurio di pace ad ogni donna e uomo, in particolare a chi si sente prostrato dalla propria condizione esistenziale, condannato dai propri errori, schiacciato dal giudizio altrui e non riesce a scorgere più alcuna prospettiva per la propria vita. A tutti voi speranza e pace, perché questo è un Anno di Grazia, che proviene dal Cuore del Redentore!”: il messaggio per la giornata mondiale della pace si intitola ‘Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace’, ed in sintonia del Giubileo papa Francesco ha sottolineato che è anno di grazia.

Ad inizio del messaggio papa Francesco ha sottolineato che il giubileo è annuncio di liberazione: “Il ‘giubileo’ risale a un’antica tradizione giudaica, quando il suono di un corno di ariete (in ebraico yobel) ogni quarantanove anni ne annunciava uno di clemenza e liberazione per tutto il popolo. Questo solenne appello doveva idealmente riecheggiare per tutto il mondo, per ristabilire la giustizia di Dio in diversi ambiti della vita: nell’uso della terra, nel possesso dei beni, nella relazione con il prossimo, soprattutto nei confronti dei più poveri e di chi era caduto in disgrazia. Il suono del corno ricordava a tutto il popolo, a chi era ricco e a chi si era impoverito, che nessuna persona viene al mondo per essere oppressa: siamo fratelli e sorelle, figli dello stesso Padre, nati per essere liberi secondo la volontà del Signore”.

Nel messaggio il papa ha invitato a riscoprire l’essenza del Giubileo, che richiama alla giustizia: “Anche oggi, il Giubileo è un evento che ci spinge a ricercare la giustizia liberante di Dio su tutta la terra. Al posto del corno, all’inizio di quest’Anno di Grazia, noi vorremmo metterci in ascolto del ‘grido disperato di aiuto’ che, come la voce del sangue di Abele il giusto, si leva da più parti della terra e che Dio non smette mai di ascoltare.

A nostra volta ci sentiamo chiamati a farci voce di tante situazioni di sfruttamento della terra e di oppressione del prossimo. Tali ingiustizie assumono a volte l’aspetto di quelle che san Giovanni Paolo II definì ‘strutture di peccato’, poiché non sono dovute soltanto all’iniquità di alcuni, ma si sono per così dire consolidate e si reggono su una complicità estesa”.

Ed ha richiamato alla responsabilità della cura del creato: “Ciascuno di noi deve sentirsi in qualche modo responsabile della devastazione a cui è sottoposta la nostra casa comune, a partire da quelle azioni che, anche solo indirettamente, alimentano i conflitti che stanno flagellando l’umanità. Si fomentano e si intrecciano, così, sfide sistemiche, distinte ma interconnesse, che affliggono il nostro pianeta”.

Con uno sguardo particolare ai migranti, invocando cambiamenti ‘duraturi’: “Mi riferisco, in particolare, alle disparità di ogni sorta, al trattamento disumano riservato alle persone migranti, al degrado ambientale, alla confusione colpevolmente generata dalla disinformazione, al rigetto di ogni tipo di dialogo, ai cospicui finanziamenti dell’industria militare.

Sono tutti fattori di una concreta minaccia per l’esistenza dell’intera umanità. All’inizio di quest’anno, pertanto, vogliamo metterci in ascolto di questo grido dell’umanità per sentirci chiamati, tutti, insieme e personalmente, a rompere le catene dell’ingiustizia per proclamare la giustizia di Dio. Non potrà bastare qualche episodico atto di filantropia. Occorrono, invece, cambiamenti culturali e strutturali, perché avvenga anche un cambiamento duraturo”.

Ed ecco che il ‘legame con il Padre’ richiama alla solidarietà: “Quando una persona ignora il proprio legame con il Padre, incomincia a covare il pensiero che le relazioni con gli altri possano essere governate da una logica di sfruttamento, dove il più forte pretende di avere il diritto di prevaricare sul più debole. Come le élites ai tempi di Gesù, che approfittavano delle sofferenze dei più poveri, così oggi nel villaggio globale interconnesso, il sistema internazionale, se non è alimentato da logiche di solidarietà e di interdipendenza, genera ingiustizie, esacerbate dalla corruzione, che intrappolano i Paesi poveri. La logica dello sfruttamento del debitore descrive sinteticamente anche l’attuale ‘crisi del debito’, che affligge diversi Paesi, soprattutto del Sud del mondo”.

Questo è il motivo per cui il papa chiede costantemente la remissione del debito: “Non mi stanco di ripetere che il debito estero è diventato uno strumento di controllo, attraverso il quale alcuni governi e istituzioni finanziarie private dei Paesi più ricchi non si fanno scrupolo di sfruttare in modo indiscriminato le risorse umane e naturali dei Paesi più poveri, pur di soddisfare le esigenze dei propri mercati. A ciò si aggiunga che diverse popolazioni, già gravate dal debito internazionale, si trovano costrette a portare anche il peso del debito ecologico dei Paesi più sviluppati.

Il debito ecologico e il debito estero sono due facce di una stessa medaglia, di questa logica di sfruttamento, che culmina nella crisi del debito. Prendendo spunto da quest’anno giubilare, invito la comunità internazionale a intraprendere azioni di condono del debito estero, riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo. E’ un appello alla solidarietà, ma soprattutto alla giustizia”.

In ultimo il papa traccia tre ‘possibili’ azioni per riaccendere la speranza, riprendendo Isacco di Ninive: “Dio, che non deve nulla a nessuno, continua a elargire senza sosta grazia e misericordia a tutti gli uomini… Dio non calcola il male commesso dall’uomo, ma è immensamente ‘ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato’. Al tempo stesso, ascolta il grido dei poveri e della terra. Basterebbe fermarsi un attimo, all’inizio di quest’anno, e pensare alla grazia con cui ogni volta perdona i nostri peccati e condona ogni nostro debito, perché il nostro cuore sia inondato dalla speranza e dalla pace”.

La preghiera del ‘Padre nostro’ esplicita chiaramente la remissione dei debiti: “rimettere un debito agli altri e dare loro speranza occorre, infatti, che la propria vita sia piena di quella stessa speranza che giunge dalla misericordia di Dio. La speranza è sovrabbondante nella generosità, priva di calcoli, non fa i conti in tasca ai debitori, non si preoccupa del proprio guadagno, ma ha di mira solo uno scopo: rialzare chi è caduto, fasciare i cuori spezzati, liberare da ogni forma di schiavitù”.

E’ una richiesta a ripensare le finanze degli Stati: “Riconoscendo il debito ecologico, i Paesi più benestanti si sentano chiamati a far di tutto per condonare i debiti di quei Paesi che non sono nella condizione di ripagare quanto devono. Certamente, perché non si tratti di un atto isolato di beneficenza, che rischia poi di innescare nuovamente un circolo vizioso di finanziamento-debito, occorre, nello stesso tempo, lo sviluppo di una nuova architettura finanziaria, che porti alla creazione di una Carta finanziaria globale, fondata sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli”.

E’ una ripresa precisa dell’appello dei papi conciliari: “Oso anche rilanciare un altro appello, richiamandomi a san Paolo VI ed a Benedetto XVI, per le giovani generazioni, in questo tempo segnato dalle guerre: utilizziamo almeno una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico. Dovremmo cercare di eliminare ogni pretesto che possa spingere i giovani a immaginare il proprio futuro senza speranza, oppure come attesa di vendicare il sangue dei propri cari. Il futuro è un dono per andare oltre gli errori del passato, per costruire nuovi cammini di pace”.

Insomma il papa ha chiesto di costruire basi solide per la pace: “Che il 2025 sia un anno in cui cresca la pace! Quella pace vera e duratura, che non si ferma ai cavilli dei contratti o ai tavoli dei compromessi umani. Cerchiamo la pace vera, che viene donata da Dio a un cuore disarmato: un cuore che non si impunta a calcolare ciò che è mio e ciò che è tuo; un cuore che scioglie l’egoismo nella prontezza ad andare incontro agli altri; un cuore che non esita a riconoscersi debitore nei confronti di Dio e per questo è pronto a rimettere i debiti che opprimono il prossimo; un cuore che supera lo sconforto per il futuro con la speranza che ogni persona è una risorsa per questo mondo”.