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Riccardo Moro: ‘La remissione del debito è il nome della pace’

L’associazionismo cattolico e laico ha raccolto l’appello di papa Francesco che, nel messaggio per la 58ª Giornata Mondiale della Pace del 1º gennaio, ha scelto il titolo: ‘Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace’ in un incontro organizzato, nei primi giorni dell’anno, all’Università Lateranense dall’Istituto di Diritto Internazionale della Pace ‘Giuseppe Toniolo’, in collaborazione con Azione Cattolica Italiana, Pontificia Università Lateranense, Forum Internazionale di Azione Cattolica e Caritas Italiana, aperto dal  prof. Giulio Alfano, delegato del ciclo di studi in ‘Scienze della Pace e Cooperazione Internazionale’ dell’Università Lateranense.

I promotori hanno spiegato che il messaggio di papa Francesco richiama con urgenza la necessità di condonare i debiti e di promuovere modelli economici fondati su giustizia e solidarietà; la remissione del debito si inserisce nel contesto del Giubileo, ispirandosi alla tradizione giubilare ebraica: “E’ un passo essenziale per liberare i popoli oppressi da vincoli economici iniqui, che soffocano il presente e ipotecano il futuro”.

Negli interventi il prof. Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale di Azione Cattolica, ha dichiarato: “La speranza non è semplice ottimismo, ma si concretizza nei gesti e nei segni che possiamo compiere. Questo Giubileo è un’occasione per ripensare il nostro modo di abitare la casa comune. Guerre, cambiamento climatico, disuguaglianze: è il momento di cambiare rotta”. Mentre da Bangkok, Sandro Calvani, presidente del Consiglio Scientifico dell’Istituto Toniolo, ha ribadito: “Dio ci ha affidato la custodia della creazione. Il primo passo per ristabilire la pace è il perdono, spinta iniziale per riattivare il motore delle relazioni”.

Don Paolo Asolan, teologo e docente alla Pontificia Università Lateranense, ha approfondito il tema della remissione dei peccati e della cancellazione dei debiti in chiave giubilare e l’economista Riccardo Moro, docente di Politiche dello Sviluppo all’Università Statale di Milano, ha ricordato il percorso iniziato nel 2000 con la cancellazione del debito di alcuni Stati africani: “All’epoca si era raggiunto un risultato storico, ma oggi ci ritroviamo con le stesse problematiche. Le crisi economiche, la pandemia e nuovi prestiti spesso predatori hanno aggravato la situazione”, proponendo di creare presso le Nazioni Unite un forum dedicato alla gestione delle crisi di sovraindebitamento, integrando anche il debito climatico.

Infine Chiara Mariotti, rappresentante dell’Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani, ha evidenziato che “il debito è un ostacolo insormontabile per il progresso verso giustizia sociale e diritti umani. Nel 2023, i Paesi in via di sviluppo hanno accumulato un debito estero di $ 8.000.000.000.000, con più di 3.000.000.000 di persone che vivono in nazioni dove si spende più per interessi sul debito che per servizi pubblici”.

Sull’importanza del messaggio per la pace di papa Francesco avevamo incontrato, nei giorni precedenti al convegno, il prof. Riccardo Moro, invitato all’Abbadia di Fiastra di Tolentino da don Rino Ramaccioni, in collaborazione con l’Azione Cattolica della diocesi di Macerata, il Sermir di Recanati ed il Sermit di Tolentino: per quale motivo papa Francesco abbina la remissione dei debiti alla pace?

“Per avere pace abbiamo bisogno di condizioni di vita, in cui la dignità di tutti gli esseri umani sia riconosciuta e sia consentita. In questo momento abbiamo una clamorosa disparità nelle condizioni di vita tra Paesi ricchi e Paesi a basso e medio reddito, che generano condizioni di vulnerabilità nei Paesi più poveri, che hanno un debito verso l’estero molto consistente, come era successo già 25 anni fa, perché questi Paesi possano investire nella salute, nell’istruzione e nelle infrastrutture necessarie a cambiare le condizioni di vita, è necessario che dispongano di risorse finanziarie.

La maggior parte delle loro risorse finanziarie è, oggi, sottratta dal pagamento dei debiti, quindi è necessario trasformare i debiti in modo che non ostacolino questi interventi. Finché ci sono queste condizioni di disparità e di vulnerabilità non si ha una pace autentica. La cancellazione del debito è uno degli strumenti che concorrono a creare condizioni perché la pace possa diventare autentica”.

Quali cambiamenti culturali chiede il papa?

“Richiede un lavoro che ragioni sulle qualità delle nostre relazioni, da quelle politiche ed internazionali a quelle finanziarie, ma anche a partire dalle nostre relazioni personali ed all’interno delle nostre comunità. Nel momento in cui orientiamo le relazioni al rispetto della dignità dell’altro, cioè si fanno carico dell’umanità dell’altro, noi costruiamo pace, mentre nel momento in cui non lo facciamo la pace non è alimentata: per questo il papa parla anche di relazioni riconcilianti, che dobbiamo avere”.

Inoltre nel messaggio il papa propone alcune azioni da compiere: in quale modo?

“Da un lato occorre sostenere il percorso che i soggetti del dialogo politico hanno: ci sono le reti di società civile che si stanno muovendo per dialogare con governi ed istituzioni internazionali su una definizione di nuove regole del debito e la conseguente cancellazione di esso, che è diventato insostenibile. Dall’altro lato, con un percorso sul territorio di formazione culturale, che serve ad un’animazione del tempo del giubileo per quanto riguarda la comunità cristiana e dall’altro lato serve a formare la nostra comunità civile per costruire consenso più consistente intorno a leggi nazionali ed internazionali improntate alla solidarietà. Da questo punto di vista sta nascendo una campagna, che si chiama ‘Cambiamo la rotta’, lanciata durante il convegno da parte di molte aggregazioni laicali del mondo cattolico”.    

E’ ripetibile un’operazione come quella proposta da san Giovanni Paolo II durante il Giubileo del 2000?

“Bisogna essere obiettivi. Le condizioni sono diverse rispetto a 25 anni fa. Nonostante le regole, prestatori spregiudicati hanno cominciato a concedere soldi facili a leader altrettanto spregiudicati soprattutto nelle zone in cui si concentrano risorse minerarie di interesse strategico per le economie progredite. Quindi l’indebitamento è aumentato di nuovo, con la differenza rispetto al 2000 che ora spesso i creditori non sono più i governi o il Fondo Monetario Internazionale o la Banca Mondiale, ma soggetti privati e gruppi finanziari con i quali è molto più difficile imbastire un dialogo politico come avvenne allora”.

(Tratto da Aci Stampa)

Da Pesaro in cammino per cambiare il mondo in tre azioni: perdono, remissione, pace

Perdono, debito e disarmo: queste sono state le tre tappe che hanno orientato quasi 2.000 persone arrivate a Pesaro l’ultimo giorno dello scorso anno per partecipare alla 57ª edizione della Marcia nazionale per la pace, voluto nella capitale della cultura italiana dall’arcivescovo di Pesaro e di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado, mons. Sandro Salvucci, insieme alla Cei, Pax Christi, Agesci, Caritas Italiana, Movimento dei Focolari, Azione Cattolica Italiana, Acli e Libera, alla presenza delle autorità civili e dei rappresentanti delle altre confessioni che hanno contribuito a questo momento ecumenico, aperto dalla fiaccola del pellegrinaggio Macerata-Loreto e da quella giunta da Betlemme. Ed a conclusione della Marcia della pace l’annuncio della prossima località ospitante la marcia: Catania.

Fra canti e meditazioni i partecipanti hanno raggiunto la cattedrale della città per la celebrazione eucaristica, presieduta da mons. Salvucci e concelebrata dai vescovi e sacerdoti presenti: “Nell’anno del Giubileo vorrei farvi una proposta: scambiamoci gli auguri di un buon anno benedicendoci a vicenda; annunceremo così il sogno di fraternità e pace del Signore. La pace è una responsabilità di tutti soprattutto in questo tempo in cui sembra che la parola guerra abbia riacquistato l’esclusiva; noi non vogliamo rassegnarci ma essere costruttori di pace”.

La marcia della pace si è articolata in tre momenti, di cui il primo ha riguardato il perdono con la testimonianza di Giorgio Pieri, responsabile del ‘Progetto Cec’ (Comunità educanti con i carcerati) dell’associazione ‘Papa Giovanni XXIII’, che ha iniziato con una frase di papa san Giovanni Paolo II (‘Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono’): “Abbiamo capito che bisogna lavorare sulla ferita e che la ferita nasce soprattutto in ambito familiare. Non tutti quelli che hanno problemi familiari vanno a finire in carcere, ma la maggioranza di quelli che sono in carcere hanno avuto problemi familiari. Quindi se si vuole costruire la pace, si deve custodire la famiglia.

Sul perdono abbiamo capito che prima di chiedere perdono alla società, le persone devono imparare a perdonare se stesse e che, come il male fisico può essere curato, così anche il male morale può essere curato. Questa è la bella notizia. Ed allora ci vogliono luoghi, comunità, che sono come ospedali da campo, come diceva il papa, dove il medico è il Signore”.

Poi è seguita la testimonianza di Antonio, un ex carcerato: “Io faccio parte delle persone che sono andate in carcere e hanno sbagliato. Ogni uomo ha una storia e molte volte il reato è solo la punta di un iceberg, perché al di sotto c’è un malessere, una ferita. Questo non giustifica il male che uno fa, ma qual è la differenza tra il carcere e la Casa in cui mi trovo?

Che nella nostra Casa si accende la fiaccola della speranza. Sant’Agostino diceva che la speranza ha due vie: l’indignazione e il coraggio. L’indignazione è capire quello che non va, il coraggio è cambiarlo. Ma per cambiare occorre la comunità; io da solo non posso farlo. Io posso alzare la mano per chiedere aiuto, ma occorre qualcuno che mi aiuti a sorreggere quella mano”.

Quindi il perdono è un bene non solo per chi lo chiede, ma anche per chi lo concede, come ha raccontato la sorella di Antonio, Evelina: “Perdono non vuol dire dimenticare. Quello che è stato fatto, però, è il passato e magari può continuare a procurare ancora delle ferite, ma il perdono è guardare l’altro ed amarlo così come è.

Per perdonare, bisogna sentirsi perdonati e io mi sono sentita perdonata da Dio, perché anche io mi chiedevo che cosa avessi fatto di male per portare mio fratello a compiere un reato e mi sentivo bisognosa di perdono. Perdonare se stessi è molto più difficile che perdonare l’altro. E’ un cammino. Ma la pace solo così può essere costruita, perché la pace è un ‘per – dono’ è un dono che faccio a me, a lui e agli altri”.

Nella seconda tappa della Marcia è stato affrontato il tema del debito, tema centrale del messaggio del papa per la Giornata della pace con la testimonianza del prof. Gabriele Guzzi, docente di economia all’Università di Cassino: “L’attuale sistema economico capitalistico è il più anticristiano possibile; non punta alla remissione del debito, ma alla sua espansione.

Questo tipo di economia è volto ad accumulare cose, accumulare denaro, che sono surrogati di quel rapporto di fede, di fiducia profonda tra le persone, che non può essere solo un’esperienza spirituale, ma deve governare anche l’economia… Dobbiamo cambiare la logica che sta dietro questa economia, dobbiamo cambiare mentalità, altrimenti rimarremo alla superficie, non riusciremo a colmare il vuoto che si è creato”.

E’ stato un invito a cambiare mentalità ‘economica’, capace di condurre alla pace: “Noi dobbiamo cambiare la gerarchia di valori di questa società. Il denaro non è un elemento aggregante, ma è un elemento individualizzante ontologicamente. Disgrega tutti gli altri valori: il valore del bene, del bello, della giustizia… Io credo che si debba cambiare radicalmente il sistema monetario internazionale… L’economia non deve essere la continuazione della guerra con altri mezzi”.

Ed ecco la testimonianza di John Mpaliza, attivista congolese di ‘Peace Walking Man Foundation’: “Il Congo è il paese da cui provengono quasi tutte le materie prime di cui il mondo ha bisogno e che vengono estratte in condizioni di lavoro disumane. Io, cittadino italiano ed europeo, mi vergogno di questa situazione in cui ho perso anche familiari e che ha fatto 10.000.000 di vittime in 13 anni…

Il papa nell’enciclica ‘Laudato sì’ ha parlato del debito che abbiamo nei confronti della Madre Terra e delle nuove generazioni e dice che bisogna pagare il debito verso i paesi poveri: e quando si parla di Paesi poveri si pensa subito all’Africa. La stessa cosa l’ha detta Giovanni Paolo II nel 2000 e temo che dopo questo giubileo si continuerà a dire la stessa cosa”.

Infine nella terza tappa il tema ha riguardato il disarmo con la testimonianza di don Fabio Corazzina, aderente a ‘Pax Christi’, che ha raccontato le ‘occasioni’ di pace sorte a Brescia, città ‘armata’: “E’ nato l’OPAL (Osservatorio sulla produzione di armi leggere), che cerca di capire come si producono gli alti profitti che la Beretta sta ottenendo in questo periodo. Negli anni ’80 è stata approvata la legge 185 che chiedeva un controllo sulla produzione, su dove venivano vendute queste armi e sui sistemi bancari di pagamento. Ma questa legge è stata pian piano disattesa”.

Ed ecco, al termine di questa marcia della pace, la risonanza della frase di mons. Tonino Bello come incoraggiamento al popolo della pace: “Don Tonino Bello diceva: se vuoi cambiare il mondo, devi saper coniugare tre verbi: denunciare, annunciare, sacrificare”.

(Tratto da Aci Stampa)

Papa Francesco invita a lasciarsi sorprendere da Dio

“Il Papa San Paolo VI volle che il primo giorno dell’anno diventasse la Giornata Mondiale della Pace. Quest’anno essa si caratterizza, a motivo del Giubileo, per un tema peculiare: quello della remissione dei debiti. Il primo a rimettere i debiti è Dio, come sempre gli chiediamo pregando il ‘Padre nostro’, riferendoci ai nostri peccati e impegnandoci a perdonare a nostra volta chi ci ha offeso. E il Giubileo chiede di tradurre questa remissione sul piano sociale, perché nessuna persona, nessuna famiglia, nessun popolo sia schiacciato dai debiti. Incoraggio pertanto i Governanti dei Paesi di tradizione cristiana a dare buon esempio, cancellando o riducendo quanto più possibile i debiti dei Paesi più poveri”.

Al termine della recita dell’Angelus del primo giorno dell’anno papa Francesco ha sottolineato il problema del debito, ringraziando coloro che si impegnano per la pace nei luoghi di guerra: “Ringrazio per tutte le iniziative di preghiera e impegno per la pace promosse in ogni parte del mondo dalle comunità diocesane e parrocchiali, da associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali, come la Marcia nazionale per la pace che si è svolta ieri a Pesaro. E saluto i partecipanti alla manifestazione ‘Pace in tutte le terre’ organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio in diversi Paesi. Saluto la Comunità di Sant’Egidio, che è lì.

Esprimo il mio grato apprezzamento a tutti coloro che nelle tante aree di conflitto lavorano per il dialogo e per i negoziati. Preghiamo perché su ogni fronte cessino i combattimenti e si punti decisamente alla pace e alla riconciliazione. Penso alla martoriata Ucraina, a Gaza, a Israele, al Myanmar, al Kivu e a tanti popoli in guerra. Ho visto nel programma ‘A Sua Immagine’ filmati e fotografie della distruzione che fa la guerra. Fratelli, sorelle, la guerra distrugge, distrugge sempre! La guerra è sempre una sconfitta, sempre”.

Mentre prima della recita dell’Angelus papa Francesco ha raccontato la ‘sorpresa’ natalizia: “La sorpresa e la gioia del Natale continuano nel Vangelo della liturgia di oggi, che narra l’arrivo dei pastori alla grotta di Betlemme. Dopo l’annuncio degli angeli, infatti, essi ‘andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino, adagiato nella mangiatoia’.

Questo incontro riempie tutti di stupore, perché i pastori ‘riferirono ciò che del bambino era stato detto loro’: il nuovo nato è il ‘salvatore’, il ‘Cristo’, il ‘Signore’! Riflettiamo su quello che i pastori hanno visto a Betlemme, il bambino, e anche su quello che non hanno visto, cioè il cuore di Maria, che serbava e meditava tutti questi fatti”.

Ed ha indicato il cuore di Maria come un esempio di speranza: “Al neonato Messia, che manifesta la misericordia del Padre, corrisponde il cuore di Maria, la Vergine Madre. Questo cuore è l’orecchio che ha ascoltato l’annuncio dell’Arcangelo; questo cuore è la mano di sposa data a Giuseppe; questo cuore è l’abbraccio che ha avvolto Elisabetta nella sua vecchiaia. Nel cuore di Maria, nostra Madre, batte la speranza; batte la speranza della redenzione e della salvezza per ogni creatura”.

Al termine un pensiero per le mamme: “Le mamme! Le mamme hanno sempre a cuore i loro figli. Oggi, in questo primo giorno dell’anno, dedicato alla pace, pensiamo a tutte le mamme che gioiscono in cuor loro, e a tutte le mamme che hanno il cuore pieno di dolore, perché i loro figli sono stati portati via dalla violenza, dalla superbia, dall’odio. Quanto è bella la pace! E quanto è disumana la guerra, che spezza il cuore delle mamme!”

Nella celebrazione eucaristica il papa ha ricordato il mistero di Dio fatto uomo, in quanto ‘nato da donna’: “Nato da donna. Questa espressione anzitutto ci riconduce al Natale: Il Verbo si è fatto carne. L’Apostolo Paolo specifica che è nato da donna, sente quasi la necessità di ricordarci che Dio si è fatto veramente uomo attraverso un grembo umano”.

E’ stato un invito a non immaginarsi Dio: “C’è una tentazione, che affascina oggi tante persone ma che può sedurre anche tanti cristiani: immaginare o fabbricarci un Dio ‘astratto’, collegato a una vaga idea religiosa, a qualche buona emozione passeggera. Invece, è concreto, è umano: è nato da donna, ha un volto e un nome, e ci chiama ad avere una relazione con Lui.

Cristo Gesù, il nostro Salvatore, è nato da donna; ha carne e sangue; viene dal seno del Padre, ma si incarna nel grembo della Vergine Maria; viene dall’alto dei cieli ma abita le profondità della terra; è il Figlio di Dio, ma si è fatto Figlio dell’uomo. Egli, immagine del Dio Onnipotente, è venuto nella debolezza; e pur essendo senza macchia, ‘Dio lo fece peccato in nostro favore’. E’ nato da donna ed è uno di noi. Proprio per questo Egli può salvarci”.  

Tale nascita narra l’umanità di Cristo: “Quest’espressione ci parla anche dell’umanità del Cristo, per dirci che Egli si svela nella fragilità della carne. Se è disceso nel grembo di una donna, nascendo come tutte le creature, ecco che Egli si mostra nella fragilità di un Bambino.

Per questo i pastori andando a vedere con i loro occhi quanto l’Angelo ha loro annunciato, non trovano segni straordinari o manifestazioni grandiose, ma ‘trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia’. Trovano un neonato inerme, fragile, bisognoso delle cure della mamma, bisognoso di fasce e di latte, di carezze e di amore”.

Citando san Luigi Maria Grignion de Montfort il papa ha sottolineato che Dio scelse di farsi  ‘bambino’: “E così in tutta la vita di Gesù possiamo vedere questa scelta di Dio, la scelta della piccolezza e del nascondimento;  Egli non cederà mai al fascino del potere divino per compiere grandi segni e imporsi sugli altri come gli aveva suggerito il diavolo, ma svelerà l’amore di Dio nella bellezza della sua umanità, abitando tra noi, condividendo la vita ordinaria fatta di fatiche e di sogni, mostrando compassione per le sofferenze del corpo e dello spirito, aprendo gli occhi dei ciechi e rinfrancando gli smarriti di cuore.

Compassione. I tre atteggiamenti di Dio sono misericordia, vicinanza e compassione. Dio si fa vicino e misericordioso e compassionevole. Non dimentichiamo questo. Gesù ci mostra Dio attraverso la sua umanità fragile, che si prende cura dei fragili”.

E’ stato un invito ad affidare questo nuovo anno alla Madonna: “Questo nuovo anno che si apre, affidiamolo a Maria, Madre di Dio, perché anche noi impariamo come Lei a trovare la grandezza di Dio nella piccolezza della vita; perché impariamo a prenderci cura di ogni creatura nata da donna, anzitutto custodendo il dono prezioso della vita, come fa Maria: la vita nel grembo materno, quella dei bambini, quella di chi soffre, la vita dei poveri, la vita degli anziani, di chi è solo, di chi è morente”.

E’ stato un invito a lasciarsi sorprendere da questa ‘novità’ divina: “Maria, Madre di Dio e Madre nostra, ci attende proprio lì nel presepe. Anche a noi mostra, come ai pastori, il Dio che ci sorprende sempre, che non viene nello splendore dei cieli, ma nella piccolezza di una mangiatoia. Affidiamo a lei questo nuovo anno giubilare, consegniamo a Lei le domande, le preoccupazioni, le sofferenze, le gioie e tutto ciò che portiamo nel cuore. Lei è mamma, lei è madre! Affidiamo a Lei il mondo intero, perché rinasca la speranza, perché finalmente germogli la pace per tutti i popoli della Terra”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco chiede la remissione dei debiti

“All’alba di questo nuovo anno donatoci dal Padre celeste, tempo Giubilare dedicato alla speranza, rivolgo il mio più sincero augurio di pace ad ogni donna e uomo, in particolare a chi si sente prostrato dalla propria condizione esistenziale, condannato dai propri errori, schiacciato dal giudizio altrui e non riesce a scorgere più alcuna prospettiva per la propria vita. A tutti voi speranza e pace, perché questo è un Anno di Grazia, che proviene dal Cuore del Redentore!”: il messaggio per la giornata mondiale della pace si intitola ‘Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace’, ed in sintonia del Giubileo papa Francesco ha sottolineato che è anno di grazia.

Ad inizio del messaggio papa Francesco ha sottolineato che il giubileo è annuncio di liberazione: “Il ‘giubileo’ risale a un’antica tradizione giudaica, quando il suono di un corno di ariete (in ebraico yobel) ogni quarantanove anni ne annunciava uno di clemenza e liberazione per tutto il popolo. Questo solenne appello doveva idealmente riecheggiare per tutto il mondo, per ristabilire la giustizia di Dio in diversi ambiti della vita: nell’uso della terra, nel possesso dei beni, nella relazione con il prossimo, soprattutto nei confronti dei più poveri e di chi era caduto in disgrazia. Il suono del corno ricordava a tutto il popolo, a chi era ricco e a chi si era impoverito, che nessuna persona viene al mondo per essere oppressa: siamo fratelli e sorelle, figli dello stesso Padre, nati per essere liberi secondo la volontà del Signore”.

Nel messaggio il papa ha invitato a riscoprire l’essenza del Giubileo, che richiama alla giustizia: “Anche oggi, il Giubileo è un evento che ci spinge a ricercare la giustizia liberante di Dio su tutta la terra. Al posto del corno, all’inizio di quest’Anno di Grazia, noi vorremmo metterci in ascolto del ‘grido disperato di aiuto’ che, come la voce del sangue di Abele il giusto, si leva da più parti della terra e che Dio non smette mai di ascoltare.

A nostra volta ci sentiamo chiamati a farci voce di tante situazioni di sfruttamento della terra e di oppressione del prossimo. Tali ingiustizie assumono a volte l’aspetto di quelle che san Giovanni Paolo II definì ‘strutture di peccato’, poiché non sono dovute soltanto all’iniquità di alcuni, ma si sono per così dire consolidate e si reggono su una complicità estesa”.

Ed ha richiamato alla responsabilità della cura del creato: “Ciascuno di noi deve sentirsi in qualche modo responsabile della devastazione a cui è sottoposta la nostra casa comune, a partire da quelle azioni che, anche solo indirettamente, alimentano i conflitti che stanno flagellando l’umanità. Si fomentano e si intrecciano, così, sfide sistemiche, distinte ma interconnesse, che affliggono il nostro pianeta”.

Con uno sguardo particolare ai migranti, invocando cambiamenti ‘duraturi’: “Mi riferisco, in particolare, alle disparità di ogni sorta, al trattamento disumano riservato alle persone migranti, al degrado ambientale, alla confusione colpevolmente generata dalla disinformazione, al rigetto di ogni tipo di dialogo, ai cospicui finanziamenti dell’industria militare.

Sono tutti fattori di una concreta minaccia per l’esistenza dell’intera umanità. All’inizio di quest’anno, pertanto, vogliamo metterci in ascolto di questo grido dell’umanità per sentirci chiamati, tutti, insieme e personalmente, a rompere le catene dell’ingiustizia per proclamare la giustizia di Dio. Non potrà bastare qualche episodico atto di filantropia. Occorrono, invece, cambiamenti culturali e strutturali, perché avvenga anche un cambiamento duraturo”.

Ed ecco che il ‘legame con il Padre’ richiama alla solidarietà: “Quando una persona ignora il proprio legame con il Padre, incomincia a covare il pensiero che le relazioni con gli altri possano essere governate da una logica di sfruttamento, dove il più forte pretende di avere il diritto di prevaricare sul più debole. Come le élites ai tempi di Gesù, che approfittavano delle sofferenze dei più poveri, così oggi nel villaggio globale interconnesso, il sistema internazionale, se non è alimentato da logiche di solidarietà e di interdipendenza, genera ingiustizie, esacerbate dalla corruzione, che intrappolano i Paesi poveri. La logica dello sfruttamento del debitore descrive sinteticamente anche l’attuale ‘crisi del debito’, che affligge diversi Paesi, soprattutto del Sud del mondo”.

Questo è il motivo per cui il papa chiede costantemente la remissione del debito: “Non mi stanco di ripetere che il debito estero è diventato uno strumento di controllo, attraverso il quale alcuni governi e istituzioni finanziarie private dei Paesi più ricchi non si fanno scrupolo di sfruttare in modo indiscriminato le risorse umane e naturali dei Paesi più poveri, pur di soddisfare le esigenze dei propri mercati. A ciò si aggiunga che diverse popolazioni, già gravate dal debito internazionale, si trovano costrette a portare anche il peso del debito ecologico dei Paesi più sviluppati.

Il debito ecologico e il debito estero sono due facce di una stessa medaglia, di questa logica di sfruttamento, che culmina nella crisi del debito. Prendendo spunto da quest’anno giubilare, invito la comunità internazionale a intraprendere azioni di condono del debito estero, riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo. E’ un appello alla solidarietà, ma soprattutto alla giustizia”.

In ultimo il papa traccia tre ‘possibili’ azioni per riaccendere la speranza, riprendendo Isacco di Ninive: “Dio, che non deve nulla a nessuno, continua a elargire senza sosta grazia e misericordia a tutti gli uomini… Dio non calcola il male commesso dall’uomo, ma è immensamente ‘ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato’. Al tempo stesso, ascolta il grido dei poveri e della terra. Basterebbe fermarsi un attimo, all’inizio di quest’anno, e pensare alla grazia con cui ogni volta perdona i nostri peccati e condona ogni nostro debito, perché il nostro cuore sia inondato dalla speranza e dalla pace”.

La preghiera del ‘Padre nostro’ esplicita chiaramente la remissione dei debiti: “rimettere un debito agli altri e dare loro speranza occorre, infatti, che la propria vita sia piena di quella stessa speranza che giunge dalla misericordia di Dio. La speranza è sovrabbondante nella generosità, priva di calcoli, non fa i conti in tasca ai debitori, non si preoccupa del proprio guadagno, ma ha di mira solo uno scopo: rialzare chi è caduto, fasciare i cuori spezzati, liberare da ogni forma di schiavitù”.

E’ una richiesta a ripensare le finanze degli Stati: “Riconoscendo il debito ecologico, i Paesi più benestanti si sentano chiamati a far di tutto per condonare i debiti di quei Paesi che non sono nella condizione di ripagare quanto devono. Certamente, perché non si tratti di un atto isolato di beneficenza, che rischia poi di innescare nuovamente un circolo vizioso di finanziamento-debito, occorre, nello stesso tempo, lo sviluppo di una nuova architettura finanziaria, che porti alla creazione di una Carta finanziaria globale, fondata sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli”.

E’ una ripresa precisa dell’appello dei papi conciliari: “Oso anche rilanciare un altro appello, richiamandomi a san Paolo VI ed a Benedetto XVI, per le giovani generazioni, in questo tempo segnato dalle guerre: utilizziamo almeno una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico. Dovremmo cercare di eliminare ogni pretesto che possa spingere i giovani a immaginare il proprio futuro senza speranza, oppure come attesa di vendicare il sangue dei propri cari. Il futuro è un dono per andare oltre gli errori del passato, per costruire nuovi cammini di pace”.

Insomma il papa ha chiesto di costruire basi solide per la pace: “Che il 2025 sia un anno in cui cresca la pace! Quella pace vera e duratura, che non si ferma ai cavilli dei contratti o ai tavoli dei compromessi umani. Cerchiamo la pace vera, che viene donata da Dio a un cuore disarmato: un cuore che non si impunta a calcolare ciò che è mio e ciò che è tuo; un cuore che scioglie l’egoismo nella prontezza ad andare incontro agli altri; un cuore che non esita a riconoscersi debitore nei confronti di Dio e per questo è pronto a rimettere i debiti che opprimono il prossimo; un cuore che supera lo sconforto per il futuro con la speranza che ogni persona è una risorsa per questo mondo”.

Marcia della pace a Pesaro per perdonare i debiti

Si svolge oggi a Pesaro la 57ª marcia nazionale per la pace, organizzata dalla Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, la Caritas Italiana, l’Azione Cattolica, Pax Christi Italia, il Movimento dei Focolari, l’Agesci, le Acli, Libera con l’Arcidiocesi di Pesaro e di Urbino – Urbania – Sant’Angelo in Vado.

La marcia inizia alle ore 15.30 all’Anfiteatro del Parco Miralfiore ed arriva alla Cattedrale di Pesaro, dove alle ore 21 sarà celebrata la Santa Messa, presieduta da Mons. Sandro Salvucci, Arcivescovo di Pesaro e di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado, e trasmessa in diretta da Tv2000. Lungo il percorso si alterneranno testimonianze e letture di brani che richiamano il messaggio di papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace sul tema: ‘Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace’ con le testimonianze di alcune esperienze di accoglienza, dialogo e nonviolenza presenti sul territorio nazionale.

Senza dimenticare i diversi contesti di conflitto, in particolare la Terra Santa, la Siria e l’Ucraina, hanno spiegato i promotori: “In questa stagione segnata da guerre insensate vogliamo sintonizzarci con lo stile giubilare invocato da Papa Francesco: per costruire la pace occorre generare perdono e saper rimettere i debiti. Senza giustizia sociale non c’è pace. Senza riconoscimento dell’altro non c’è futuro. Marceremo a Pesaro, città della cultura 2024, per ricordare a tutti la necessità di educare a una cultura della pace, fatta di incontro, di amicizia sociale e di relazioni rinnovate. Il Giubileo ci converta per trasformare l’arma del credito in debito di riconciliazione e di giustizia sociale e ambientale”.

Quest’anno c’è anche la Fiaccola della pace, portata da una delegazione del pellegrinaggio Macerata-Loreto. Il percorso si snoda su un tracciato cittadino di oltre 5 km con tre tappe di riflessione. Si inizia con il tema del perdono, presso il monumento alla Resistenza, a ottant’anni dallo sfondamento della linea gotica che passava proprio da Pesaro. Interverrà Giorgio Pieri, del progetto CEC (Comunità educanti con i carcerati) della Comunità Papa Giovanni XXIII. Poi sarà la volta del racconto di Lassina Doumbia, un migrante che permetterà di pensare alle nostre responsabilità nei confronti delle popolazioni sfruttate.

La seconda tappa, presso la chiesa di Santa Maria del Porto, metterà al centro il tema del debito, con l’intervento di Gabriele Guzzi, economista dell’Università di Cassino, e la testimonianza di EJohn Mpaliza, attivista congolese e fondatore di ‘Peace Walking Man Foundation’. L’ultima tappa si terrà presso la sfera grande di Pomodoro e toccherà il tema del disarmo, con don Fabio Corazzina e Elio Pagani di Pax Christi. Durante la marcia ci saranno altri momenti di ascolto come la testimonianza di Alberto Capannini, volontario dell’operazione ‘Colomba’ in Ucraina.

Infatti nel messaggio per tale giornata della pace papa Francesco ha richiamato ciascuno alla responsabilità: “Ciascuno di noi deve sentirsi in qualche modo responsabile della devastazione a cui è sottoposta la nostra casa comune, a partire da quelle azioni che, anche solo indirettamente, alimentano i conflitti che stanno flagellando l’umanità. Si fomentano e si intrecciano, così, sfide sistemiche, distinte ma interconnesse, che affliggono il nostro pianeta. Mi riferisco, in particolare, alle disparità di ogni sorta, al trattamento disumano riservato alle persone migranti, al degrado ambientale, alla confusione colpevolmente generata dalla disinformazione, al rigetto di ogni tipo di dialogo, ai cospicui finanziamenti dell’industria militare. Sono tutti fattori di una concreta minaccia per l’esistenza dell’intera umanità”.

A tutti il papa propone un ‘cammino di speranza’ fatto di “tre azioni possibili, che possano ridare dignità alla vita di intere popolazioni e rimetterle in cammino sulla via della speranza, affinché si superi la crisi del debito e tutti possano ritornare a riconoscersi debitori perdonati”. Infine l’appello ad utilizzare “almeno una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico”.

(Foto: Caritas)

Presentato il secondo bilancio di missione della diocesi di Milano

Nelle settimane scorse è stata presentata nella Sala conferenze della Curia arcivescovile la seconda edizione del Bilancio di Missione dell’Arcidiocesi di Milano. All’incontro sono intervenuti mons. Bruno Marinoni, Vicario episcopale per gli Affari Economici, Antonio Antidormi, Economo della Diocesi di Milano, Elena Beccalli, professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, nominata proprio giovedì scorso Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (entrerà in carica il 1° luglio), e l’Arcivescovo, mons. Mario Delpini.

Il documento – che fa riferimento ai dati economici dell’anno pastorale 2022-2023 per quanto riguarda la Curia diocesana e ai dati del 2022 per gli altri soggetti analizzati – si articola in tre capitoli. Dopo una prima parte dedicata a una panoramica della struttura della Diocesi, il secondo capitolo dettaglia il modo in cui le risorse economiche della Curia e dei cosiddetti Enti centrali vengono destinate a tre ambiti: la ‘cura pastorale’, la ‘cura amministrativa’, e il sostegno ad attività e progetti sul territorio. Viene inoltre analizzata la provenienza di queste stesse risorse.

Nel capitolo conclusivo, una novità rispetto alla prima edizione, vengono forniti i dati aggregati dei rendiconti economici delle oltre mille parrocchie della Diocesi: dall’ammontare delle offerte ricevute alle risorse destinate per le diverse tipologie di attività pastorali (educative, caritative, celebrativo sacramentali, culturali ed aggregative…), dai contributi ed entrate straordinarie alle spese per manutenzioni e ristrutturazioni. Un focus particolare è infine dedicato alla situazione del debito delle parrocchie.  

Le risorse impiegate a livello di Curia ed Enti centrali sono state pari a 68.739.473 euro e, rispetto all’anno precedente, si riscontra un significativo aumento, con un 32% di crescita dovuto sia alla definitiva uscita dal periodo emergenziale del Covid che aveva limitato in modo particolare il volume dei servizi erogati (i dati della prima edizione del Bilancio di missione facevano riferimento essenzialmente all’anno pastorale 2021-2022), sia all’aumento delle entrate da parrocchie ed enti che hanno permesso una maggiore assegnazione di contributi a favore del territorio.

 Tali risorse sono state destinate per il 43% al sostegno di attività e progetti sul territorio: oltre € 17.000.000 alla carità, quasi € 8.000.000 alle necessità delle parrocchie, circa € 1.700.000 ciascuno sia alle missioni che a progetti di educazione, formazione e cultura, poco più di € 1.000.000 all’assistenza e formazione del clero.

Il 40% delle risorse sono state invece destinate alla cosiddetta ‘cura amministrativa’ (vigilanza canonica, consulenza amministrativa, servizi) e il 17% alla ‘cura pastorale’ (indirizzo, coordinamento, formazione). Per quanto riguarda la provenienza degli oltre € 68.000.000 impiegati, il 34% è dato da contributi di parrocchie, enti e privati, il 26% dall’assegnazione dell’8xmille ordinario e straordinario, il 36% da altri proventi di attività e servizi, il 4% dall’utilizzo di fondi vincolati o riserve di patrimonio. Con riferimento ai bilanci parrocchiali, si osserva che nel 2022, a fronte di € 239.158.446 di entrate (provenienti perlopiù da offerte e collette per attività pastorali ordinarie) le uscite sono state € 227.142.287, con un saldo positivo che è dunque di oltre € 12.000.000.

La destinazione delle risorse delle parrocchie è prevalentemente (70%) sulle attività pastorali ordinarie (educative-formative, caritative, culturali e celebrative), e un’altra fetta consistente (18%) è destinata alle manutenzioni straordinarie e alle ristrutturazioni. Dal punto di vista della provenienza, la voce principale (67%) è quella delle offerte e collette, che superano i 160milioni di euro (da cui si può ricavare l’indicatore secondo cui un abitante della Diocesi fa alla parrocchia un’offerta media annuale pari ad € 28,94). 

Infine, la situazione debitoria delle parrocchie registra un trend migliorativo, con una riduzione che prosegue dal 2019 e con una progressiva trasformazione del debito dalla forma dei brevi affidamenti a quella dei mutui programmabili. Nella riduzione del debito delle parrocchie gioca un ruolo significativo anche il Fondo per la perequazione, attraverso cui le parrocchie più ‘ricche’ aiutano quelle in difficoltà: nel 2022-2023 questo Fondo ha erogato  € 1.498.000.

Papa Francesco chiede la remissione del debito

“Il vostro incontro mira a impegnarsi in un dialogo sull’attuazione delle politiche per aiutare a risolvere il problema del debito che affligge molti paesi del Sud del mondo e allo stesso modo affligge milioni di famiglie e individui in tutto il mondo”: ricevendo i partecipanti all’incontro promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze sul tema ‘Debt Crisis in the Global South’ anche papa Francesco, allo stesso modo di san Giovanni Paolo II per il Giubileo del 2000, ha chiesto di cancellare o ridurre il debito estero dei Paesi più poveri in occasione del prossimo Anno Santo.

Nell’udienza papa Francesco ha sottolineato la natura di un finanziamento: “Non si tratta di un finanziamento qualsiasi che sia utile alle persone, ma di un finanziamento che implica una responsabilità condivisa tra chi lo riceve e chi lo eroga. Il beneficio che tali finanziamenti possono apportare alla società dipende dalle loro condizioni, da come vengono utilizzati e dal contesto in cui vengono risolte le crisi debitorie che potrebbero verificarsi”.

Ha sottolineato che una globalizzazione gestita male provoca molti danni alla popolazione: “Sulla scia di una globalizzazione mal gestita, e sulla scia della pandemia e delle guerre, ci troviamo di fronte a una crisi del debito che colpisce principalmente i paesi del Sud del mondo, causando miseria e angoscia e privando milioni di persone della possibilità di una vita dignitosa. futuro. Di conseguenza, nessun governo può esigere moralmente che il suo popolo soffra di privazioni incompatibili con la dignità umana”.

Ed ecco la proposta, che ha come basi giustizia e solidarietà: “Per cercare di spezzare il ciclo del finanziamento del debito, è necessario creare un meccanismo multinazionale, basato sulla solidarietà e sull’armonia dei popoli, che tenga conto della natura globale del problema e delle sue implicazioni economiche, finanziarie e sociali. L’assenza di un tale meccanismo favorisce la mentalità del ‘ognuno per sé’, dove a perdere sono sempre i più deboli”.

Per questo è necessario porre la soluzione del debito a fondamento del diritto internazionale, come aveva chiesto san Giovanni Paolo II: “L’anno giubilare era una tradizione tra il popolo ebraico, un anno in cui venivano condonati i debiti. Vorrei fare eco a questo appello profetico, oggi più urgente che mai, tenendo presente che debito ecologico e debito estero sono due facce della stessa medaglia che ipoteca il futuro. Perciò, cari amici, il prossimo Anno Santo 2025 ci chiama ad aprire la mente e il cuore per poter sciogliere i nodi di quei legami che soffocano il presente, senza dimenticare che siamo solo custodi e amministratori, non padroni”.

Non cercare il risanamento del debito è un peccato ‘sociale’: “Vi invito a sognare e ad agire insieme nella costruzione responsabile della nostra casa comune; non possiamo abitarlo con la coscienza pulita quando sappiamo che intorno a noi c’è una moltitudine di fratelli e sorelle che sono affamati e impantanati nell’esclusione sociale e nella vulnerabilità. Lasciare passare questo è un peccato, un peccato umano. Anche se non si ha fede, è un peccato sociale”.

Mentre il giorno precedente papa Francesco aveva inviato un messaggio ai romani per ricordare il voto che papa Pio XII fece alla Madonna, ‘Salus Populi Romani’, il 4 giugno 1944 per implorare la salvezza della città: “A ottant’anni di distanza, il ricordo di quell’evento così carico di significato vuole essere occasione di preghiera per quanti hanno perso la vita nel secondo conflitto mondiale e di rinnovata meditazione intorno al tremendo flagello della guerra.

Troppi conflitti in diverse parti del mondo sono ancora oggi aperti. Penso in particolare, alla martoriata Ucraina, alla Palestina e Israele, al Sudan, al Myanmar, dove ancora rumoreggiano le armi e altro sangue umano continua ad essere versato. Sono drammi che toccano innumerevoli vittime innocenti, le cui grida di terrore e di sofferenza chiamano in causa le coscienze di tutti: non si può e non si deve cedere alla logica delle armi!”

E’ stato un invito ad essere operatori di pace: “Auspico che le iniziative promosse per commemorare il Voto popolare alla Madre di Dio, nei quattro luoghi che furono protagonisti di quell’avvenimento, possano ravvivare nei romani il proposito di essere dappertutto costruttori della pace vera, rilanciando la fraternità come condizione essenziale per ricomporre conflitti e ostilità. Può essere costruttore di pace chi la possiede in se stesso e, con coraggio e mitezza, si impegna a creare legami, a stabilire rapporti fra le persone, ad appianare le tensioni in famiglia, al lavoro, a scuola, tra gli amici”.

(Foto: Santa Sede)

A Roma sempre più famiglie sovraindebitate

“Pubblicità che promettono prestiti facili in poche ore, carte di credito e forme sempre più sofisticate di rateizzazione degli acquisti, una cultura dei consumi che non ha alla base i bisogni reali delle persone e una crisi economica che penalizza i ceti medi aprendo le porte della povertà ad un numero crescente di famiglie. La crescita esponenziale di persone sovraindebitate, che sicuramente ha nella congiuntura economica la causa principale (basti pensare alla pandemia e alla crisi inflazionistica scaturita dal conflitto in Ucraina per i rincari delle risorse energetiche) non può però prescindere da un’analisi sugli stili di vita delle famiglie, in modo particolare di quelle che frequentano le nostre comunità.

Il progetto ‘Riparto’: un aiuto alle famiglie ed agli operatori economici indebitati

La Fondazione ‘Mons. Vito De Grisantis’ onlus, impegnata dalla sua costituzione nel supporto alla creazione di impresa nel Microcredito sociale e nella prevenzione dell’usura, partner del Progetto Riparto, comunica che oggi, martedì 24 maggio dalle ore 19.00 alle ore 20.00, sulla Fanpage Facebook della Fondazione De Grisantis e in diretta streaming sulla web tv: www.radiodelcapo.it, sarà possibile seguire il webinar dal tema: ‘Il progetto Riparto: un aiuto alle famiglie ed agli operatori economici indebitati e sovra-indebitati’.

G8 di Genova: dopo 20 anni le previsioni erano giuste

“Io non ho indicazioni personali da darvi. Vorrei solo ricordarvi le parole di Gesù: ‘siate prudenti come il serpente e liberi come la colomba’. Voi avete preso l’iniziativa. Vi siete chiesti chi sono gli affamati, le vittime dell’ingiustizia e della violenza e avete proposto un impegno politico. Se in coscienza sentite che quell’impegno è giusto non fatevi frenare dall’eccessiva prudenza. Gesù ci invita a non essere avventati, ma anche ad essere liberi. Se pensate che sia giusto andare avanti, andate avanti. Siate puri e liberi come la colomba!”

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