25 aprile: il contributo dei cattolici alla liberazione dell’Italia

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Dopo l’8 settembre e fino al termine della guerra (e magari anche oltre, considerando gli strascichi di violenza successivi al 25 aprile), una scelta si impose a moltissimi italiani ‘servire’ nelle file della Repubblica sociale italiana (Rsi) oppure ‘passare’ in montagna; si impose a un grande numero di preti, sul se e sul come accettare e coprire le decisioni dei propri fedeli oppure ottemperare o meno alle esigenti richieste delle parti in campo; si impose ancora a molte donne e molte religiose, e in tal caso maturò un autentico volontariato resistenziale (o viceversa fascista repubblicano).

Alla luce delle nuove sensibilità e delle più recenti ricerche risulta elevato il numero dei cristiani che operarono per salvare tutti coloro che si trovavano in pericolo, senza badare troppo alle appartenenze religiose o politiche. Al panorama organizzativo e solidale già noto si sono aggiunti i recuperi di figure finora trascurate: da Odoardo Focherini a padre Placido Cortese e a Giovanni Palatucci (per citare solo tre tra le tante vittime cristiane della propria generosità verso i perseguitati), o di nuovi ‘Giusti tra le nazioni’ come l’ex podestà di Cagliari Vittorio Tredici.

Lo stesso Giuseppe Dossetti nell’immediato dopoguerra si rivolgerà al suo maestro di spiritualità, don Dino Torreggiani, contestandogli amichevolmente: ‘Ci avete fatto lavorare molto, ma non ci avete educato a capire il fascismo’. Anche Giuseppe Lazzati lasciò trasparire la sua critica temporalmente successiva verso chi ‘insegnava la indifferenza della chiesa per i regimi politici’.

Con la Resistenza i cattolici maturano un nuovo progetto democratico, che può essere sintetizzato nella solenne affermazione di Teresio Olivelli ne ‘Il ribelle’: “Siamo dei ribelli: la nostra è anzitutto una rivolta morale. Contro il putridume in cui è immersa l’Italia svirilizzata, asservita, sgovernata, depredata, straziata, prostituita nei suoi valori e nei suoi uomini… La nostra rivolta non data da questo a quel momento, non va contro questo o quell’uomo, non mira a questo o quest’altro punto del programma: è rivolta contro un sistema e un’epoca, contro un modo di pensiero e di vita, contro una concezione del mondo. Mai ci sentimmo così liberi come quando ritrovammo nel fondo della nostra coscienza la capacità di ribellarci alla passiva accettazione del fatto brutale”.

L’apporto dei cattolici alla Resistenza è stato molto importante, come ha sottolineato lo storico Vittorio Emanuele Giuntella: “La presenza dei cattolici militanti nella Resistenza è… assai più frantumata e sfugge ad una rilevazione numerica, o a una sistematica classificazione, come si è tentato di fare da più parti, con intenti denigratori o apologetici, nella polemica successiva. Nella condizione storica e geografica della Resistenza non si avrà mai abbastanza attenzione alla casualità dell’adesione a una formazione, o all’altra, per la vicinanza topografica, il prestigio goduto, la omogeneità (ex alpini, paesani della stessa valle, ceti sociali identici), l’urgenza della scelta, prescindendo dall’assunzione o meno dell’ideologia, che ispirava la formazione nella quale si entrava”.

Quindi la rete capillare delle parrocchie fu fondamentale; ed i sacerdoti pagarono questo schierarsi: più di 200 furono uccisi dai nazifascisti, in rappresaglie ed in esecuzioni sommarie, per punire, in maniera esemplare, la loro collaborazione con i partigiani. Durante i mesi della Resistenza, pur nell’unità d’intenti per raggiungere l’obiettivo della fine della guerra e dell’oppressione nazifascista e lavorare per un futuro di progresso e di democrazia, emersero alcune fondamentali differenze tra i cattolici e i comunisti, sul comportamento durante la guerra ma anche sul dopo.

Per questo l’Azione Cattolica Italiana ha ‘lanciato’ nel 2020 un portale intitolato ‘Biografie Resistenti’, un progetto curato dall’Isacem-Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI. Il lavoro, in continua opera di aggiornamento, ha previsto una prima fase di censimento di soci, socie e assistenti di Azione cattolica che hanno partecipato attivamente e in vario modo alla lotta di liberazione nazionale e, successivamente, la schedatura dei nominativi individuati attraverso la descrizione dei dati biografici essenziali.

Come dimostrano cifre e testimonianze raccolte nella documentazione archivistica dell’Isacem, i tesserati dell’Azione Cattolica morti nella Resistenza (tra laici e ecclesiastici) furono 1.481: tra essi si contano 112 medaglie d’oro, 384 medaglie d’argento, 358 medaglie di bronzo, alle quali bisogna aggiungere un numero non definito di altre onorificenze militari e il titolo di ‘giusto fra le nazioni’. A questi vanno inoltre sommati tutti quelli che, pur non ottenendo un’onorificenza, parteciparono alla lotta contro l’occupante come combattenti, staffette, cappellani militari o membri dei Comitati di liberazione nazionale locali.

Sottolineando il contributo dei cattolici alla Resistenza il prof. Paolo Trionfini, direttore dell’Isacem e docente incaricato di Geopolitica contemporanea alla Lumsa di Roma, ha ribadito che l’incontro dei soci dell’Azione Cattolica con papa Francesco nel giorno della Liberazione è una data che invita a riflettere sul significato di Resistenza: “Come potevano i cattolici che avevano deciso di imbracciare un’arma sentirsi sicuri nella loro scelta, quando anche la condanna della violenza continuava a essere il tratto distintivo, tanto più che iniziava una guerra civile? In effetti, su questo punto, si aprì uno dei casi di coscienza più angoscianti e tormentati per i cattolici, perché chi era convinto della necessità e della giu­stezza della causa resistenziale rimaneva, tuttavia, perplesso sull’uso della violenza che necessariamente la guerra partigiana implicava.

Le risposte a tali interrogativi e dubbi non furono univoche all’interno del mondo resistenziale. Per rimanere a esponenti dell’Ac, Giuseppe Dossetti, ad esempio, fin dal settembre del 1943, si dichiarò personalmente contrario all’uso delle armi, senza per questo voler condizionare altri tipi di scelta. Il riminese Alberto Marvelli, beatificato nel 2004, fu contrario non solo alla violenza ma anche alla partecipazione alla Resistenza, prodigandosi per alleviare le sofferenze materiali e morali della popolazione. La maggior parte dei cattolici che fece la scelta dì militare nelle formazioni partigiane si convinse, comunque, dell’inevitabilità dell’uso delle armi, cercando, per quanto possibile, come avrebbe ricordato Ermanno Gorrieri, di umanizzare gli aspetti più crudi della guerra partigiana”.

Infine l’Associazione Nazionale Partigiani Cattolici ANPC) ha ricordato che la Costituzione Italiana nasce dalla Resistenza: “La Resistenza ha fondato la Costituzione, baluardo di diritti e di doveri per una nazione capace di autodeterminarsi e dedicare la propria sovranità per ripudiare la guerra e ogni discriminazione. L’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani è ancora qui e sempre ci sarà per continuare una battaglia pacifica a difesa dei valori della libertà e della democrazia e quindi contro ogni forma di razzismo, antisemitismo e apologia di regimi illiberali e criminali”.

Per tale associazione la Resistenza non potrà essere dimenticata dalla storia: “Esprimiamo solidarietà agli ebrei italiani e in particolare agli ebrei romani che continuano a essere offesi dopo le atrocità subite dal regime fascista delle leggi razziali. La ‘Resistenza ora è sempre’ è il manifesto di un impegno che non potrà mai venire meno e al quale educare le giovani generazioni che, lontane dai fatti storici, devono sentirsi protagoniste di un futuro costruito per dire mai più alla guerra.

Il 25 aprile 2024 è alla vigilia di una importante convocazione elettorale per eleggere il Parlamento europeo. I nostri martiri hanno combattuto e sognato patrie in pace in una Europa in pace: a loro forti del loro esempio e della loro eredità tocca il destino di dobbiamo essere non pacifisti ma operatori di pace”.

(Foto: Azione Cattolica Italiana)

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