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I cattolici che fecero la Resistenza

Mi sono sempre chiesta come e perché i giornali cattolici dessero importanza al 25 aprile ed alle figure dei partigiani. La cosa era stata messa da parte perché ho molto a cui pensare, preoccupazioni varie, ma vedendo ‘Fuochi d’artificio’, una serie TV di Rai 1, la questione è tornata. La serie diretta da Susanna Nicchiarelli è tratta dall’ romanzo omonimo di Andrea Bouchard.
Nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, sulle Alpi piemontesi, quattro adolescenti (Marta, Davide, Sara e Marco) decidono di aiutare i partigiani proprio per la loro giovane età. Il romanzo ‘Fuochi d’artificio’ di Andrea Bouchard è una storia di fantasia ispirata ad eventi reali avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale.
I personaggi principali sono fittizi, ma la loro storia è ispirata alle esperienze di molti giovani che hanno partecipato alla Resistenza italiana durante la guerra come staffette partigiane. La Chiesa cattolica italiana ha una lunga tradizione di riconoscimento e celebrazione delle figure che hanno lottato per la libertà, la giustizia e la pace, anche durante la Seconda Guerra Mondiale.
Le figure come don Lorenzo Milani, don Primo Mazzolari e san Massimiliano Kolbe sono considerate esempi di fede e di impegno sociale, e la loro attività di resistenza contro il fascismo e il nazismo è vista come un’espressione della loro fede e del loro amore per il prossimo.
La Chiesa cattolica italiana celebra il 25 aprile, anniversario della Liberazione, come una festa importante, e dedica articoli e riflessioni alle figure che hanno contribuito a tale evento. Questo non significa che la Chiesa approvi o promuova la violenza o la lotta armata, ma piuttosto che riconosca il coraggio e la determinazione di coloro che hanno lottato per la libertà e la giustizia.
In particolare, la Chiesa cattolica italiana ha una lunga tradizione di sostegno alla Resistenza italiana, e molti sacerdoti e religiosi hanno partecipato attivamente alla lotta contro il fascismo e il nazismo. La Chiesa ha anche riconosciuto ufficialmente il martirio di alcuni sacerdoti e religiosi che sono stati uccisi durante la guerra, come san Massimiliano Kolbe.
Secondo le ricerche, la Chiesa condivide con queste figure come la libertà, la giustizia e la pace. La Chiesa celebra queste figure come esempi di fede, di impegno sociale e come modelli di comportamento per i credenti. La Chiesa cattolica italiana riconosce l’importanza della Resistenza italiana come un movimento di liberazione che ha contribuito a concludere la guerra riportando la democrazia in Italia. La celebrazione del 25 aprile è quindi anche un modo per riconoscere il contributo di tutti coloro che hanno lottato per la libertà e la giustizia durante la guerra.
La Chiesa, quindi, non condivide l’uso delle armi, ma la determinazione incrollabile nel voler creare un mondo migliore. Ci sono vari modi di fare resistenza. Vediamo alcuni esempi. Durante la guerra, le suore di Loreto si dedicarono all’accoglienza di orfani e bambini abbandonati. Il convento di Entally fu requisito e trasformato in un ospedale militare britannico fino al 1945.
Le Suore dell’Ordine di Loreto offrirono aiuto, protezione e assistenza a ebrei, partigiani e altri perseguitati dai nazifascisti, nascondendoli nei loro conventi e istituti. Le suore dell’Ordine di Loreto aiutarono anche i partigiani. Don Lorenzo Milani fu un prete cattolico italiano che lavorò anche con i partigiani e scrisse lettere pastorali contro la guerra e la violenza.
Don Lorenzo Milani (1923-1967) utilizzò la parola come arma nella sua attività di resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale. Il suo impegno sociale e educativo fece parte della resistenza stessa. Si schierò a favore della resistenza partigiana, che considerava una forma di resistenza legittima. Inoltre, don Milani fondò una scuola per i figli dei contadini e degli operai a Barbiana, un piccolo paese in Toscana. Criticò il sistema scolastico italiano, sostenendo l’importanza dell’educazione per tutti. Un aneddoto interessante su Don Milani: ebbe una formazione artistica e dipinse molti quadri anche assieme si suoi studenti di Barbiana.
Don Primo Mazzolari, invece, fu un prete cattolico italiano che aiutò i partigiani. Secondo altre fonti, viene considerato un prete e un partigiano, figura chiave della Resistenza italiana, particolarmente attiva nella bassa mantovana e cremonese. Era un antifascista convinto fin dagli anni ’20 e ’30. Pertanto subì persecuzioni da parte degli squadristi locali. Dopo l’8 settembre 1943, si impegnò per la liberazione.
Incoraggiò i giovani e fondò la Brigata mantovana ‘Fiamme Verdi’ per la propaganda ed il sostegno alle famiglie dei partigiani. Don Primo Mazzolari (1890-1959) fu un sostenitore della dottrina sociale della Chiesa cattolica e lavorò per promuovere la giustizia sociale e la pace. Una curiosità su don Mazzolari è che venne definito ‘La tromba dello Spirito Santo in Val Padana’ da papa Giovanni XXIII.
San Massimiliano Kolbe di cui ho parlato approfonditamente in un articolo esclusivamente su di lui, fu un frate francescano polacco ucciso in un campo di concentramento nazista. Volle salvare un altro prigioniero.
San Massimiliano Kolbe (1894-1941) fu un missionario e lavorò per promuovere la fede cattolica in Polonia e in Giappone. Kolbe fu arrestato dai nazisti nel 1941 e inviato al campo di concentramento di Auschwitz. Anche lì continuò a esercitare il suo ministero sacerdotale e aiutò gli altri prigionieri. Quando uno di loro fuggì, i nazisti selezionarono 10 di internati da uccidere come ‘prezzo da pagare’. Kolbe si offrì di prendere il posto di uno di loro, un uomo sposato con una famiglia.
Kolbe venne canonizzato come martire della fede nel 1982 ed è considerato un simbolo di amore e sacrificio. Alcide De Gasperi fu politico italiano cattolico che svolse un ruolo importante nella Resistenza italiana e nella costruzione della Repubblica Italiana.
Un fatto importante è che, secondo il ricercatore Augusto Sartorelli, De Gasperi, fino alla seconda guerra mondiale, avrebbe assunto diverse posizioni antisemite, che rispecchiavano il tradizionale antisemitismo religioso (distinto dall’antisemitismo biologico caratteristico del nazismo). Nonostante questo si aprì alla resistenza è fu anche arrestato durante il governo fascista.
Alcide De Gasperi (1881-1954) fondò la Democrazia Cristiana, partito politico che dominò la scena politica italiana per molti anni. De Gasperi sostenne l’integrazione europea e lavorò per promuovere la pace e la cooperazione tra i paesi europei. Fu fondamentale per la stesura della Costituzione italiana. Ci sono vari modi di cercare la pace, di fare resistenza non violenta. Ce ne sono per ogni occasione ed oggi celebriamo questi per il 25 aprile. Grazie a tutti quelli che lottarono e lottano ora per la pace.
I cattolici aumentano solo in Africa

Nelle scorse settimane sono stati presentati l’Annuario Pontificio 2025 e l’Annuarium Statisticum Ecclesiae 2023,in cui è stato evidenziato l’aumento dei cattolici battezzati nel mondo, che è cresciuto, tra il 2022 e il 2023, dell’1,15%: la popolazione cattolica africana è aumentata del 3,31%, seguita dall’America (0,9%), dall’Asia (0,6%) e dall’Europa (0,2%).
Secondo l’Annuario Pontificio 2025 la popolazione cattolica mondiale è aumentata dell’1,15% tra il 2022 e il 2023, passando da circa 1.039.000.000 ad 1.406.000.000; però tali cifre includono anche i cattolici che sono stati battezzati ma che in seguito hanno abbandonato la fede e la Chiesa.
L’Africa rappresenta il 20% dei cattolici nel mondo ed è caratterizzata da una diffusione molto dinamica della Chiesa cattolica: il numero dei cattolici è aumentato da 272.000.000 nel 2022 a 281.000.000 nel 2023, con un incremento relativo del +3,31%. Tra i Paesi del continente africano, in particolare, la Repubblica Democratica del Congo resta al primo posto per numero di battezzati cattolici con quasi 55.000.000, seguita dalla Nigeria con 35.000.000 milioni, nonostante le persecuzioni.
Intanto con una crescita dello 0,9% nel biennio, anche l’America consolida la sua posizione di continente in cui vive il 47,8% dei cattolici del mondo. Di questi, il 27,4% vive in America del Sud (dove il Brasile, con 182.000.000, rappresenta il 13% del totale mondiale e resta il paese con il maggior numero di cattolici), il 6,6% in America del Nord e il restante 13,8% in America Centrale. Se si rapporta il numero dei cattolici alla dimensione della popolazione, spiccano Argentina, Colombia e Paraguay, con oltre il 90% della popolazione.
Nel continente asiatico si è registrata una crescita dei cattolici dello 0,6% nel biennio e si prevede che la loro quota nel mondo cattolico nel 2023 sarà pari a circa l’11%. Nel 2023, il 76,7% dei cattolici del Sud-Est asiatico era concentrato nelle Filippine, con 93.000.000, e in India, con 23.000.000. Mentre l’Europa, pur ospitando il 20,4% della comunità cattolica mondiale, resta la regione meno dinamica, con una crescita del numero dei cattolici nel biennio pari solo allo 0,2%. Infine nel 2023 i cattolici in Oceania supereranno di poco gli 11.000.000, con un aumento dell’1,9% rispetto al 2022.
Inoltre il numero dei vescovi nel mondo cattolico è aumentato negli ultimi due anni, con un incremento complessivo dell’1,4%, passando da 5.353 nel 2022 a 5.430 nel 2023. La variazione relativa è leggermente più pronunciata per Africa e Asia e inferiore alla media mondiale per Europa e America. Ed alla fine del 2023, nelle 3.041 circoscrizioni ecclesiastiche del mondo cattolico, i sacerdoti erano 406.996, con un decremento di 734 unità rispetto al 2022, pari allo 0,2% con un aumento in Africa (+2,7%) e Asia (+1,6%) e una diminuzione in Europa (-1,6%), Oceania (-1,0%) e America (-0,7%).
La distribuzione per area geografica del 2023 mostra che, a fronte del 38,1% del totale dei sacerdoti in Europa, il 29,1% proviene dal continente americano, mentre le altre aree continentali continuano con il 18,2% dall’Asia, il 13,5% dall’Africa e l’1,1% dall’Oceania. Inoltre nel 2023 ci sono differenze significative. In particolare, le percentuali di sacerdoti superano quelle dei cattolici in Nord America (10,3% di sacerdoti contro il 6,6% dei cattolici), Europa (38,1% di sacerdoti contro il 20,4% dei cattolici) e Oceania (1,1% di sacerdoti contro lo 0,8% dei cattolici). La carenza di sacerdoti più evidente si riscontra in Sud America (12,4% di sacerdoti e 27,4% di cattolici), Africa (13,5% di sacerdoti e 20,0% di cattolici) e America Centrale continentale (5,4% di sacerdoti e 11,6% di cattolici).
Anche i diaconi permanenti sono il gruppo del clero in più rapida crescita. Nel 2023 il loro numero raggiungerà quota 51.433, rispetto ai 50.150 del 2022, con un incremento del 2,6%. I divari territoriali restano marcati: tassi di crescita significativi si osservano in Oceania (+10,8%) e nelle Americhe (+3,8%), mentre tassi di variazione in leggero calo si osservano in Africa e in Europa.
Nel 2023 è proseguito il calo registrato nel tempo sia nel numero dei religiosi professi non sacerdoti sia nel numero delle religiose professe, sebbene a un ritmo più lento; complessivamente, sono passate da 599.228 nel 2022 a 589.423 nel 2023, con una variazione relativa del -1,6%. In termini di distribuzione geografica, nel 2023, quasi il 32% risiede in Europa, seguita dall’Asia con il 30%, dall’America con il 23% (equamente distribuito tra entrambi gli emisferi), dall’Africa con il 14% e dall’Oceania con l’1%.
Il calo del numero di donne religiose professe in tutto il mondo è in gran parte attribuito a un aumento significativo dei decessi, dovuto all’elevato numero di donne religiose anziane, mentre il numero di coloro che abbandonano la vita religiosa è diminuito significativamente nel biennio. L’Africa, nel biennio 2022-2023, ha registrato un incremento significativo del 2,2%, seguita dal Sud-Est asiatico con un +0,1%. Il Nord America, da parte sua, registra una contrazione del -3,6%. Segue da vicino il Sud America con un calo del -3%, mentre il calo nell’America Centrale continentale e nelle Antille Centrali è più moderato. L’Europa detiene il record di crescita negativa, con una variazione del -3,8%.
Inoltre l’andamento globale del numero di seminaristi maggiori mostra un calo ininterrotto dal 2012: il numero di candidati al sacerdozio è sceso da 108.481 nel 2022 a 106.495 nel 2023, con una variazione del -1,8%. Il calo, osservato a livello mondiale, riguarda tutti i continenti, tranne l’Africa, dove il numero dei seminaristi è aumentato dell’1,1% (da 34.541 a 34.924). In Europa, Asia e America, ma soprattutto nel primo continente, i cali sono significativi (-4,9% in Europa, -4,2% in Asia e -1,3% in America). In Oceania la tendenza è negativa e lieve.
La distribuzione percentuale dei seminaristi maggiori per continente mostra modeste variazioni nel biennio. Africa e Asia rappresentavano il 61,0% del totale mondiale nel 2022, percentuale salita al 61,4% nel 2023. A parte il leggero aggiustamento negativo in Oceania, le Americhe e l’Europa nel suo complesso hanno visto diminuire la loro incidenza: nel 2022, i 41.199 seminaristi americani ed europei rappresentavano quasi il 38% del totale mondiale, mentre un anno dopo erano scesi al 37,7%.
Don Maurizio Chiodi: la vita riguarda tutti

Nel mese di agosto il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Vincenzo Paglia, ha consegnato a papa Francesco il ‘Piccolo lessico del fine-vita’, in cui si conferma la contrarietà al suicidio assistito ed all’eutanasia, ribadendo la difesa del diritto alla vita, soprattutto per i più deboli per una necessaria valutazione dei trattamenti non proporzionati; maggior cura dei malati; collaborazione tra Chiesa e politica sui temi del fine vita, chiarendo alcuni punti sulle tematiche etiche relative al dibattito sul fine vita: dall’eutanasia e il suicidio assistito, alle cure palliative e la cremazione.
Nell’introduzione al volume mons. Paglia ha scritto che questi temi riguardano tutti: “Quando sono in gioco la vita, la sofferenza e la morte non possono essere solo i singoli individui che se la debbono sbrigare privatamente, per conto proprio. E’ perciò un fatto positivo che tutta la comunità si senta coinvolta e chiamata a elaborare in modo condiviso il senso degli eventi più delicati dell’esistenza.
Non deve esserci dubbio che essi hanno profonda rilevanza per la comunità intera. Ma proprio per questa diffusione non è raro che i termini del dibattito risultino equivoci. Le stesse parole talora vengono utilizzate con significati diversi, anche perché non sono facili da maneggiare, con il risultato di rendere difficile intendersi non solo per la differenza delle posizioni ma anche per la complessità dei termini”.
Ed ha ribadito l’importanza della presenza testimoniale dei cattolici nella società: “Proprio nella cultura si apre il tema della presenza e della testimonianza dei credenti, in quanto anch’essi partecipano al dibattito pubblico, intellettuale, politico e giuridico. Il contributo dei cristiani si realizza all’interno delle differenti culture: non sopra (come se essi possedessero una verità data a priori) né sotto (come se fossero portatori di un’opinione senza impegno di testimonianza della giustizia condivisibile): soggettivamente rispettabile, ma pregiudizialmente parziale e dogmatica, dunque oggettivamente inaccettabile. Tra credenti e non credenti si stabilisce così una relazione di apprendimento reciproco”.
Al teologo morale, don Maurizio Chiodi, accademico della Pontificia Accademia per la Vita (PAV), chiediamo di spiegare l’importanza di questo libro: “La sua importanza, mi pare, risiede anzitutto nel contesto: pur non essendo un testo magisteriale, è promosso dalla PAV e fa parte di una collana dell’editrice Vaticana; in quest’ottica va letta la densa introduzione di mons. Paglia, presidente della PAV. La ragione maggiore della sua importanza, però, è quella per la quale si raccomanda ogni libro: è un’opera pregevole per la qualità della riflessione, per le parole che dice e che non dice, per la lettura istruttiva anche per gli addetti ai lavori e accessibile a tutti”.
Per quale motivo le decisioni sulla vita riguardano tutti?
“La domanda dice bene il motivo per cui è stato scritto il ‘Piccolo lessico del fine-vita’. Il dibattito in Italia e talvolta anche nella Chiesa rischia di ridursi a polarizzazioni semplificatrici. Quanto più si grida e si attacca, tanto più si pretende di aver ragione. Così, però, ignoriamo le ragioni del dialogo e il dialogo delle ragioni. Il dialogo appartiene all’umano e va nel profondo, per accedere alla verità, nelle sue diverse articolazioni. In tal senso esso fa parte del cammino della Chiesa, che per la sua struttura è sinodale, secondo lo specifico di ciascuna componente, dal ministero dei pastori con il magistero corrispondente, al ‘sensus fidei fidelium’, al servizio della teologia. Dialogare non è rinunciare alle proprie idee e scelte, ma testimoniarle, parlando in modo che l’altro possa comprenderle e continuando ad ascoltare le sue ragioni”.
Perché la Chiesa ribadisce il proprio no ad eutanasia, suicidio assistito ed accanimento terapeutico?
“Il ‘Piccolo Lessico’ ha selezionato 22 voci, con 19 commenti effettivi. Pur essendo un ‘Lessico’, necessariamente frammentato, ogni articolo rimanda agli altri, componendo un mosaico di concetti e formulazioni legate tra loro, in un profilo unitario. Ad esempio, la voce eutanasia non si comprende senza riferirsi all’accanimento terapeutico (o ostinazione irragionevole), la medicina intensiva, la proporzionalità, l’autonomia, l’accompagnamento, la morte. Quest’ultimo tema è il cuore di tutto: gli è dedicata una voce che, con approccio multidisciplinare (comune a tutto il ‘Piccolo Lessico), non si limita al suo accertamento, ma suggerisce questioni teologiche, filosofiche, etiche e antropologiche di ampio respiro.
Su di essa, che è l’esperienza radicale di ‘essere sottratti a se stessi’, si innestano l’accanimento e il suicidio assistito. Il rifiuto dell’accanimento, insieme al no all’eutanasia (ed al suicidio assistito), sono la chiave per porsi dinanzi alla morte, con quella saggezza che per il cristiano è forma della fede e per chi non lo è rappresenta la virtù della vita buona. Il fare della tecnica appartiene all’agire responsabile che nella medicina diventa forma della cura della vita ‘fragile e mortale’, propria e altrui. Sotto tale profilo ritorna il tema della proporzionalità, che il ‘Piccolo Lessico’ mette bene in rilievo, come anche la proposta di DAT, che lo conclude”.
Quanto è importante sviluppare le cure palliative?
“Accompagnare, comunicare, custodire le relazioni, prendersi cura anche quando non si può guarire, senza provocare la morte e senza allontanarla indefinitamente: le cure palliative sono una forma esemplare della medicina scientifica e tecnologica che, guardandosi dal tecnicismo, custodisce il senso fondamentale della pratica medica”.
Con questo vademecum cambia qualcosa nella dottrina della Chiesa nei confronti della vita e della morte?
“La dottrina della Chiesa, nel suo insieme, non è un monolite fuori della storia. La verità della fede e la pratica che la custodisce esigono un ritorno continuo al vangelo e agli interlocutori ai quali si rivolge. Si tratta dunque di una verità storica, com’è evidente anche in etica. A volte sottolineature o sfumature possono aiutare a reinterpretare, prospettando vie nuove. A tal proposito, vorrei ricordare due temi del Piccolo Lessico, che han fatto molto discutere. Come rileva la voce ‘nutrizione ed idratazione artificiale’ (NIA), i testi del magistero, mentre considerano tali cure ‘dovute’ in senso generale, prevedono condizioni in cui ne sia possibile la sospensione.
Il Piccolo Lessico trae le conseguenze di tale valutazione, riconducendo la NIA al decisivo criterio della proporzionalità. L’altra questione riguarda il ‘suicidio assistito’. Già la Dichiarazione ‘Iura et bona’ (1980), condannando l’eutanasia come omicidio, prevedeva situazioni in cui potesse non darsi responsabilità morale. Rimanendo in tale quadro etico, il Piccolo Lessico dice che si può pensare ad una mediazione giuridica che tenga conto del pluralismo della società democratica, certo riferendosi al dibattito italiano, locale, ma rilanciando la possibilità di ‘tradurlo’ in altri contesti culturali. A tal riguardo, l’Introduzione, senza sottodeterminare la legge giuridica, mette in guardia dalla sua sovradeterminazione e rilancia la questione radicale della cultura, umanistica e relazionale”.
Su questi temi quale contributo possono fornire i cattolici?
I credenti non stanno né fuori né sotto né sopra, ma dentro la società e la cultura, chiamati a entrare nell’arena pubblica, anche nei suoi aspetti etici e antropologici, spesso dimenticati nei dibattiti giuridici e politici. Accogliendo pienamente la (buona) ‘laicità’ dello Stato, il ‘particolare’ dei credenti testimonia un bene che è di tutti e a tutti è destinato, sia offrendo ‘risorse di senso’ specifiche sia entrando nella logica dell’ ‘apprendimento reciproco’ che ci chiede di praticare l’ascolto ed il confronto con tutto ‘ciò che è virtù e merita lode’, come scrive san Paolo ai Filippesi”.
Stefano Vecchia: il viaggio apostolico di Papa Francesco, incontro tra culture

Oggi papa Francesco inizia il viaggio apostolico per visitare quattro Paesi in due continenti (Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore) portando iniezione di fiducia e speranza alle comunità cristiane con una dozzina di discorsi, quattro omelie e quattro motti. La tappa dal 3 al 6 settembre in Indonesia è caratterizzata dal motto ‘Fede, Fraternità e Compassione’con il logo dell’immagine del papa benedicente davanti all’emblema della ‘Garuda’ dorata (aquila sacra), che richiama il tessuto ‘batik’.
Dal 6 al 9 settembre la tappa in Papua Nuova Guinea ha come motto ‘Pray’, ispirato alla domanda dei discepoli a Gesù: ‘Signore, insegnaci a pregare’ con la Croce al centro. ‘Che la vostra fede sia la vostra cultura’ è il motto della tappa in Timor Est, dal 9 all’11 settembre, con il logo che ha al centro l’immagine del papa benedicente. Infine ‘Unità. Speranza’ è il moto della tappa finale a Singapore, dall’11 al 13 settembre con una Croce stilizzata.
Quindi quattro Nazioni ed altrettante tematiche; ci facciamo spiegare questa scelta dal giornalista Stefano Vecchia, esperto delle culture asiatiche: “Questa scelta rispecchia la situazione locale e quella della Chiesa in una varietà di condizioni che l’Asia presenta. In Indonesia il motto scelto ‘Fede-Fraternità-Compassione’è perfettamente allineato con quanto prescritto dal Pancasila (‘Cinque principi’), l’ideologia di stato indonesiana finora mai tradita in un paese-arcipelago vastissimo e frammentato, di fede islamica maggioritaria ma con un ruolo dei cattolici importante e riconosciuto. In Papua Nuova Guinea, paese-cerniera fra continente asiatico ed Oceania, in cerca di progresso e sostegno ma anche realtà orgogliosa della propria identità, l’impegno di una Chiesa cattolica abbraccia un quarto della popolazione.
L’esortazione ‘Insegnaci a pregare’ è in linea con il forte spirito comunitario locale. Timor Est è l’unica realtà orgogliosamente cattolica del continente asiatico oltre alle Filippine e da qui il motto ‘Possa la vostra fede essere la vostra cultura’. Mentre vanno sfumando i problemi lasciati dalla lunga e sanguinosa lotta per l’indipendenza e dalle tensioni interne fra gruppi etnici, religiosi e di potere, la Chiesa cattolica est-timorese continua a essere promotrice di pace, unità e progresso.
Una realtà quella della comunità cattolica che a Singapore è invece estremamente minoritaria ma presente e attiva in un contesto di benessere generalizzato dove però non mancano aree di disagio e anche di emarginazione espressi. Come espresso nel motto ‘Unità-Speranza’, la Chiesa si propone come portatrice di dialogo e di attenzione verso coloro che si trovano in difficoltà”.
Quanto è significativa la presenza dei cattolici in questi Paesi?
“ Come accennato prima, la consistenza delle comunità cattoliche varia anche di molto percentualmente nei vari paesi che saranno tappe del viaggio apostolico dal 3,1% dell’Indonesia al 97% di Timor Est, passando dal 6,2% di Singapore ed il 26% della Papua Nuova Guinea”.
Perchè il papa presta molta attenzione all’Asia?
“Un papa che proviene dal Sud del mondo ha ben presente i limiti ma anche le potenzialità di un continente che non è più sinonimo di povertà e conflitto ma che (pur tra i suoi molti volti e le sue contraddizioni) è oggi l’area più dinamica del pianeta, oltre che la più popolata. Sa anche che è un laboratorio di tensioni e di convivenza che sempre più ha dinamiche interne, proprie, meno dipendenti o influenzabile dalle tendenze globali.
Sa pure che è la culla delle maggiori religioni mondiali che su questo territorio immenso si confrontano e spesso si affiancano con esperienze di vita condivise. La Chiesa, che qui prosegue il suo lungo processo di inculturazione, ha un ruolo da giocare. Anzitutto di accompagnamento del progresso di tante nazioni, molte delle quali aperte a un ulteriore sviluppo delle comunità cattoliche forti della loro capacità di convivenza”.
E’ un viaggio con un’attenzione alla Cina?
“La Cina è sempre presente a papa Francesco, non soltanto per le questioni irrisolte e i tentativi di dialogo in corso, a partire dall’Accordo provvisorio fra Santa Sede e Repubblica popolare cinese sulla nomina dei vescovi, ma anche perché Pechino è un interlocutore ineludibile per estensione, popolazione e ruolo, con il quale è necessario mantenere aperte vie di comunicazione e cercare dove possibile un dialogo franco. Nonostante le questioni ancora aperte, in Cina le potenzialità di crescita per i cattolici sono concrete. Da qui l’aspettativa, peraltro non alimentata in Vaticano, di un messaggio rivolto alla Cina durante uno dei voli dei viaggio oppure in occasione della tappa di Singapore, città-stato con una popolazione al 75% di origine cinese”.
(Tratto da Aci Stampa)
Quale è stato il contributo cattolico alla Resistenza?

“Miei amatissimi genitori, sorella cara, Tonino e la mia piccola Angelica, oggi verrò fucilato, non piangete per me. Vi attendo tutti in Cielo dove saremo sempre uniti. Muoio innocente, ma perdono a coloro che mi hanno fatto prendere, perdono con tutto il cuore, perdonateli anche voi. Muoio con il vostro sguardo rivolto a me. Vi voglio tanto bene, perdonatemi se qualche volta ci ho dato dei dispiaceri, sono il vostro Nino, dal cielo vi guarderà e vi attende tutti lassù con Dio. Salutatemi tutti e arrivederci in Cielo. Vi mando gli oggetti, teneteli in mia memoria. Arrivederci tutti miei cari vostro Nino. Cuorgnè, 24 novembre 1944, ore 14.15”: ‘Nino’ era il nome di battaglia da partigiano di Domenico Bertinatti. Nato a Pont Canavese (vicino a Torino) nel 1919, faceva il ragioniere, sottotenente di fanteria, entrò nella Resistenza nel 1944 e, come tantissimi cattolici, militava in una brigata Garibaldi a guida comunista, di cui fu anche vicecomandante. Prese parte a diversi scontri.
Questa è una delle molte storie narrate nel volume ‘Partigiani cristiani nella Resistenza. La storia ritrovata (1943-1945)’, scritto da Alberto Leoni e Stefano R. Contini, accurato e completo lavoro di ricostruzione storica, volto a far conoscere episodi pressoché ignorati della lotta antifascista. In realtà l’apporto che diedero alla Resistenza, tra il 1943 e il 1945, migliaia di italiane e italiani animati dalla fede cristiana, fu determinante. Contributo ampiamente documentato grazie ad un’indagine precisa, che si è avvalsa di testimonianze, lettere e memorie civili. Quindi le pagine del libro permettono di leggere testimonianze di fede e verificare come sia possibile combattere per la libertà e accettare di morire con sentimenti di fratellanza e senza nutrire rancore per il nemico.
Ad uno degli autori, Stefano R. Contini, abbiamo chiesto di spiegare il motivo per cui un giovane studioso scrive un volume sul contributo alla Resistenza da parte dei cattolici: “Frequentavo il liceo e mi resi conto di una discrepanza: 25 aprile, Festa della Liberazione… festa solo per alcuni. Volevo saperne di più e informare chi non se ne preoccupava. Una festa nazionale dovrebbe essere condivisa da ogni parte politica: in realtà è la narrazione della storia a non essere condivisa, mentre la storia è una, con tutte le sue sfaccettature di grigio. Si utilizza ancora una narrazione della storia utile per giustificare delle zone d’ombra, semplificando tutto tra bianco e nero (e ignorando le sfumature di grigio), con il risultato di una dannosa polarizzazione”.
Allora quale fu il contributo dei cattolici alla Resistenza?
“Furono moltissimi i cattolici inquadrati in formazioni garibaldine, di cui Aldo Gastaldi ‘Bisagno’ fu il più rappresentativo. Non parliamo di cristiani in quanto battezzati, ma in quanto persone attive nei circoli e nelle associazioni cattoliche. Erano almeno la metà del partigianato italiano; un dato che viene spesso trascurato è che non tutti i partigiani, in punto di morte, facevano riferimento ai partiti politici nella stesura delle loro ultime lettere”.
Perché è una ‘storia ritrovata’?
“Nel volume si trovano resistenti di fede cristiana, appartenenti a schieramenti politici anche opposti tra loro ed il punto è proprio questo: dovremmo ritrovare il loro umanesimo, precursore dei principî comuni della civiltà occidentale. Erano persone ‘straordinariamente ordinarie’, cui dovremmo ispirarci per capire chi siamo e come comportarci di fronte alle sfide più difficili”.
Come possono essere stati ‘resistenti disarmati’?
“Odoardo Focherini e padre Placido Cortese salvarono decine di persone dalla persecuzione semplicemente mettendo a frutto il proprio ingegno e i pochi mezzi di cui disponevano. Disse Focherini a suo cognato: ‘Se tu avessi visto come ho visto io in questo carcere, cosa fanno patire agli ebrei, non rimpiangeresti se non di aver fatto abbastanza per loro, se non di non averne salvati in numero maggiore’.
Ricorda la frase ‘Chi salva una vita salva il mondo intero’, riportata da Steven Spielberg nel film ‘Schindler’s list’. Vittorio Gasparini, dirigente d’azienda fucilato in piazzale Loreto (10 agosto ’44) a Milano, forniva informazioni alle bande partigiane tramite una radio clandestina. Rischiava la propria vita senza poterla difendere, rispondeva a Dio e alla propria coscienza”.
Per quale motivo la Chiesa non ha ‘valorizzato’ abbastanza la Resistenza condotta dai cattolici?
“Ribalto la questione: consideriamo la Chiesa come un gruppo composto dal basso verso l’alto, dalla parrocchia di un qualunque villaggio alla basilica di san Pietro. Ecco, dai comportamenti e dagli scritti dei resistenti cattolici traspare il desiderio di superare la tragica esperienza della guerra senza avere nulla in cambio. Nel dopoguerra, i partigiani cristiani, i preti e le suore non sentivano la necessità di raccontare (per un tornaconto) quanto fatto durante il periodo resistenziale. Anche per questo la Resistenza cristiana è passata ‘in secondo piano’. Lo scrisse Manzoni: ‘…quel poco bene che si può fare, si sa che non bisogna contarlo’”.
Dopo 80 anni, come raccontare ai giovani la Resistenza?
“Andando per gradi, come in un climax: la guerra, l’8 settembre, la presa di coscienza, la Liberazione e la Costituzione. I giovani devono essere aiutati a capire come ci siamo arrivati, le biografie dei resistenti ci fanno immedesimare più della classica lezione scolastica di storia. Per evitare i duelli rusticani dei nostri politici ogni 25 aprile, è bene che la storia diventi la guida della politica, di una politica intesa come servizio”.
Libro che aiuta anche scoprire preghiere scritte da loro, come quella composta da don Giuseppe Pollarolo per la brigata Garibaldi ‘Cichero’, quella del comandante ‘Bisagno’: “Vergine Maria, madre di Dio, rendimi un patriota intelligente e onesto nella vita, intrepido nelle battaglie, sicuro nel pericolo, calmo e generoso nella vittoria. Accetta i sacrifici e le rinunce della mia vita partigiana e concedimi di raggiungere, con purezza d’intenzioni, l’ideale che donerà alla Patria, con lo splendore delle antiche tradizioni, l’ebbrezza di nuove altissime mete”.
(Tratto da Aci Stampa)
25 aprile: il contributo dei cattolici alla liberazione dell’Italia

Dopo l’8 settembre e fino al termine della guerra (e magari anche oltre, considerando gli strascichi di violenza successivi al 25 aprile), una scelta si impose a moltissimi italiani ‘servire’ nelle file della Repubblica sociale italiana (Rsi) oppure ‘passare’ in montagna; si impose a un grande numero di preti, sul se e sul come accettare e coprire le decisioni dei propri fedeli oppure ottemperare o meno alle esigenti richieste delle parti in campo; si impose ancora a molte donne e molte religiose, e in tal caso maturò un autentico volontariato resistenziale (o viceversa fascista repubblicano).
Alla luce delle nuove sensibilità e delle più recenti ricerche risulta elevato il numero dei cristiani che operarono per salvare tutti coloro che si trovavano in pericolo, senza badare troppo alle appartenenze religiose o politiche. Al panorama organizzativo e solidale già noto si sono aggiunti i recuperi di figure finora trascurate: da Odoardo Focherini a padre Placido Cortese e a Giovanni Palatucci (per citare solo tre tra le tante vittime cristiane della propria generosità verso i perseguitati), o di nuovi ‘Giusti tra le nazioni’ come l’ex podestà di Cagliari Vittorio Tredici.
Lo stesso Giuseppe Dossetti nell’immediato dopoguerra si rivolgerà al suo maestro di spiritualità, don Dino Torreggiani, contestandogli amichevolmente: ‘Ci avete fatto lavorare molto, ma non ci avete educato a capire il fascismo’. Anche Giuseppe Lazzati lasciò trasparire la sua critica temporalmente successiva verso chi ‘insegnava la indifferenza della chiesa per i regimi politici’.
Con la Resistenza i cattolici maturano un nuovo progetto democratico, che può essere sintetizzato nella solenne affermazione di Teresio Olivelli ne ‘Il ribelle’: “Siamo dei ribelli: la nostra è anzitutto una rivolta morale. Contro il putridume in cui è immersa l’Italia svirilizzata, asservita, sgovernata, depredata, straziata, prostituita nei suoi valori e nei suoi uomini… La nostra rivolta non data da questo a quel momento, non va contro questo o quell’uomo, non mira a questo o quest’altro punto del programma: è rivolta contro un sistema e un’epoca, contro un modo di pensiero e di vita, contro una concezione del mondo. Mai ci sentimmo così liberi come quando ritrovammo nel fondo della nostra coscienza la capacità di ribellarci alla passiva accettazione del fatto brutale”.
L’apporto dei cattolici alla Resistenza è stato molto importante, come ha sottolineato lo storico Vittorio Emanuele Giuntella: “La presenza dei cattolici militanti nella Resistenza è… assai più frantumata e sfugge ad una rilevazione numerica, o a una sistematica classificazione, come si è tentato di fare da più parti, con intenti denigratori o apologetici, nella polemica successiva. Nella condizione storica e geografica della Resistenza non si avrà mai abbastanza attenzione alla casualità dell’adesione a una formazione, o all’altra, per la vicinanza topografica, il prestigio goduto, la omogeneità (ex alpini, paesani della stessa valle, ceti sociali identici), l’urgenza della scelta, prescindendo dall’assunzione o meno dell’ideologia, che ispirava la formazione nella quale si entrava”.
Quindi la rete capillare delle parrocchie fu fondamentale; ed i sacerdoti pagarono questo schierarsi: più di 200 furono uccisi dai nazifascisti, in rappresaglie ed in esecuzioni sommarie, per punire, in maniera esemplare, la loro collaborazione con i partigiani. Durante i mesi della Resistenza, pur nell’unità d’intenti per raggiungere l’obiettivo della fine della guerra e dell’oppressione nazifascista e lavorare per un futuro di progresso e di democrazia, emersero alcune fondamentali differenze tra i cattolici e i comunisti, sul comportamento durante la guerra ma anche sul dopo.
Per questo l’Azione Cattolica Italiana ha ‘lanciato’ nel 2020 un portale intitolato ‘Biografie Resistenti’, un progetto curato dall’Isacem-Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI. Il lavoro, in continua opera di aggiornamento, ha previsto una prima fase di censimento di soci, socie e assistenti di Azione cattolica che hanno partecipato attivamente e in vario modo alla lotta di liberazione nazionale e, successivamente, la schedatura dei nominativi individuati attraverso la descrizione dei dati biografici essenziali.
Come dimostrano cifre e testimonianze raccolte nella documentazione archivistica dell’Isacem, i tesserati dell’Azione Cattolica morti nella Resistenza (tra laici e ecclesiastici) furono 1.481: tra essi si contano 112 medaglie d’oro, 384 medaglie d’argento, 358 medaglie di bronzo, alle quali bisogna aggiungere un numero non definito di altre onorificenze militari e il titolo di ‘giusto fra le nazioni’. A questi vanno inoltre sommati tutti quelli che, pur non ottenendo un’onorificenza, parteciparono alla lotta contro l’occupante come combattenti, staffette, cappellani militari o membri dei Comitati di liberazione nazionale locali.
Sottolineando il contributo dei cattolici alla Resistenza il prof. Paolo Trionfini, direttore dell’Isacem e docente incaricato di Geopolitica contemporanea alla Lumsa di Roma, ha ribadito che l’incontro dei soci dell’Azione Cattolica con papa Francesco nel giorno della Liberazione è una data che invita a riflettere sul significato di Resistenza: “Come potevano i cattolici che avevano deciso di imbracciare un’arma sentirsi sicuri nella loro scelta, quando anche la condanna della violenza continuava a essere il tratto distintivo, tanto più che iniziava una guerra civile? In effetti, su questo punto, si aprì uno dei casi di coscienza più angoscianti e tormentati per i cattolici, perché chi era convinto della necessità e della giustezza della causa resistenziale rimaneva, tuttavia, perplesso sull’uso della violenza che necessariamente la guerra partigiana implicava.
Le risposte a tali interrogativi e dubbi non furono univoche all’interno del mondo resistenziale. Per rimanere a esponenti dell’Ac, Giuseppe Dossetti, ad esempio, fin dal settembre del 1943, si dichiarò personalmente contrario all’uso delle armi, senza per questo voler condizionare altri tipi di scelta. Il riminese Alberto Marvelli, beatificato nel 2004, fu contrario non solo alla violenza ma anche alla partecipazione alla Resistenza, prodigandosi per alleviare le sofferenze materiali e morali della popolazione. La maggior parte dei cattolici che fece la scelta dì militare nelle formazioni partigiane si convinse, comunque, dell’inevitabilità dell’uso delle armi, cercando, per quanto possibile, come avrebbe ricordato Ermanno Gorrieri, di umanizzare gli aspetti più crudi della guerra partigiana”.
Infine l’Associazione Nazionale Partigiani Cattolici ANPC) ha ricordato che la Costituzione Italiana nasce dalla Resistenza: “La Resistenza ha fondato la Costituzione, baluardo di diritti e di doveri per una nazione capace di autodeterminarsi e dedicare la propria sovranità per ripudiare la guerra e ogni discriminazione. L’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani è ancora qui e sempre ci sarà per continuare una battaglia pacifica a difesa dei valori della libertà e della democrazia e quindi contro ogni forma di razzismo, antisemitismo e apologia di regimi illiberali e criminali”.
Per tale associazione la Resistenza non potrà essere dimenticata dalla storia: “Esprimiamo solidarietà agli ebrei italiani e in particolare agli ebrei romani che continuano a essere offesi dopo le atrocità subite dal regime fascista delle leggi razziali. La ‘Resistenza ora è sempre’ è il manifesto di un impegno che non potrà mai venire meno e al quale educare le giovani generazioni che, lontane dai fatti storici, devono sentirsi protagoniste di un futuro costruito per dire mai più alla guerra.
Il 25 aprile 2024 è alla vigilia di una importante convocazione elettorale per eleggere il Parlamento europeo. I nostri martiri hanno combattuto e sognato patrie in pace in una Europa in pace: a loro forti del loro esempio e della loro eredità tocca il destino di dobbiamo essere non pacifisti ma operatori di pace”.
(Foto: Azione Cattolica Italiana)
Betlemme a Pasqua, senza pellegrini e senza lavoro per molti

Più di 160 giorni di guerra in Terra Santa che per i cristiani ha un ‘valore’ molto importante, come ha scritto il presidente del prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, card. Claudio Gugerotti, nella lettera dell’appello per la Colletta dei cristiani in Terra Santa:
“Il pellegrinaggio a Gerusalemme ha una storia antica quanto il cristianesimo, e non solo per i Cattolici. Questo è reso ancora oggi possibile dall’opera generosa dei Francescani della Custodia di Terra Santa e dalle Chiese Orientali ivi presenti. Essi mantengono e animano i santuari, segni della memoria dei passi e delle azioni di Gesù, testimoni materiali di un Dio che assunse la materia per salvare noi, fango animato dal soffio dello Spirito. Per la loro dedizione in quei luoghi si continua a pregare incessantemente per il mondo intero”.
Per raccontare la verità di queste parole abbiamo incontrato a Tolentino Nizar Lama, guida turistica cattolica a Betlemme, su invito di don Rino Ramaccioni, supportato dalle organizzazioni di volontariato Sermit, Sermirr, Agesci ed Azione Cattolica Italiana, che ha raccontato ai giovani la vita in Terra Santa:
“Oggi sono qui mentre il mio Paese vive in stato di guerra, sono ben consapevole che la mia nazione soffre di difficoltà e grandi problemi dal 1948, ma questa volta è la più dura e la più triste, e la più sanguinosa. La mia Patria è la terra dei profeti e una terra sacra, che ha sofferto per lungo tempo di diversi problemi, politici, sociali ed economici”.
Citando il profeta Geremia, Nizar ha ribadito di non aver perso la speranza in Dio, nonostante le difficoltà: “Nonostante tutte le difficoltà, la nostra speranza in Dio rimane ferma e forte, e la speranza prevale su tutto. In questo periodo difficile, abbiamo perso molti amici, e la maggior parte delle persone ha perso il lavoro, sono momenti difficili e preziosi, dove abbiamo perso l’amore l’uno per l’altro. Abbiamo vissuto nella paura, paura per i nostri figli e paura per il nostro futuro. Ma questa paura ha rafforzato la nostra fede e ci ha avvicinati a Dio nella preghiera”.
Ha raccontato le difficili condizioni di vita in questi ultimi anni: “Non ci siamo ancora ripresi dal Covid-19, ed all’improvviso è scoppiata questa guerra, lasciando il mio Paese vuoto senza visitatori né pellegrini, con circa 3.000.000 di persone che visitano Betlemme alla fine di ogni anno, e 17.000.000 di persone in Israele in particolare”.
Difficoltà vissute soprattutto a Betlemme: “La città della Natività ha vissuto condizioni molto difficili… La mia città, Betlemme, soffre di un grande assedio; dal 2002 è stato costruito il muro di separazione che si estende per 74 km intorno a Betlemme, e 810 km intorno alla Cisgiordania, è davvero una grande prigione a cielo aperto. All’inizio della guerra, sono stati controllati l’acqua, l’elettricità, il gas, la benzina, le strade e i trasporti. Le scuole sono rimaste chiuse, e la maggior parte dei negozi chiusi, e nonostante ciò i prezzi dei prodotti e dei beni alimentari sono aumentati notevolmente, dove la maggior parte delle persone soffre molto per trovare il pane quotidiano. Un gran numero di negozi è chiuso a causa del conflitto e della tensione di sicurezza”.
E’ stata una denuncia contro gli estremisti: “Noi, nella Terra Santa, portiamo ogni giorno la croce di Cristo, per strada, nei nostri lavori… a causa dei movimenti estremisti. Non ci sono parole sufficienti… e non ci sono parole adeguate per descrivervi quanto siano difficili e complicate le condizioni. Il ricordo della guerra rimarrà impresso nei nostri cuori e nei cuori dei nostri bambini, che avranno disperatamente bisogno di cure psicologiche quando la guerra finirà”.
Infine ha ringraziato le organizzazioni di volontariato per il supporto economico ai cattolici di Terra Santa: “La mia presenza qui oggi con voi è per ringraziarvi. Voglio ringraziare ognuno di voi, perché vi interessate a noi e al nostro futuro; grazie per tutto il supporto che ci avete dato, morale e materiale; grazie per le vostre preghiere per noi, e vi chiedo di continuare a pregare affinché questa guerra finisca e la pace torni nella terra della pace. In qualità di rappresentante della voce cristiana a Betlemme, vi ringrazio per tutto il supporto ricevuto, ma abbiamo bisogno di sostenibilità per aiutare le famiglie colpite dalla guerra, che hanno perso il loro lavoro”.
Al termine dell’incontro ho potuto chiedere di raccontare come si vive in Terra Santa: “In Terra Santa si vive una situazione molto difficile, perché dal 7 ottobre le famiglie hanno perso il loro lavoro ed a Betlemme non riescono a trovare il pane quotidiano, in quanto la città è turistica, ospitando ogni anno 3.000.000 di turisti. Con la guerra non ci sono più turisti e quindi non c’è più lavoro”.
La Pasqua si avvicina: quale è il sentimento dei cattolici?
“Questa Pasqua è completamente diversa dagli anni precedenti, perché siamo costretti a stare a casa forzatamente dalla guerra. Non possiamo andare a Gerusalemme, che dista quindici minuti di autobus da Betlemme. A Gerusalemme nel santo Sepolcro c’è tutta la storia di Gesù. In questa Pasqua sarà molto difficile per noi raggiungere Gerusalemme”.
Cosa dicono i tuoi figli?
“Ho tre figli. La loro situazione è molto difficile, perché sono bloccati a casa dal 7 ottobre; non vanno a scuola ed io con mia moglie facciamo lezioni a casa. Non possono uscire neanche a giocare in un giardino, perché c’è pericolo di essere uccisi”.
Chi desidera sostenere i cristiani a Betlemme queste sono le coordinate del Ser.Mi.T.: Intesa Sanpaolo – IT09D036969200100000006377; Poste Italiane – IT66N0760113400000014616627.
(Tratto da Aci Stampa)
Aiuto alla Chiesa che Soffre sostiene i cattolici

Nello scorso anno ‘Aiuto Alla Chiesa che Soffre’ ha ricevuto e distribuito € 145.995.491, 13.000.000 più del 2021, che derivano dalla generosità di oltre 364.000 privati benefattori, a cui si sono aggiunti € 2.700.00000 di precedenti riserve, che hanno portato a finanziare € 148.700.000 di progetti.
“Una Missione Trasformante da Compiere” il libro di Rocco Gumina che indaga sul nesso tra cattolici e politica. Ne parliamo con l’autore

Uno strumento per riflettere e stimolare l’impegno dei cristiani. È questo il motore di fondo che anima “Una Missione trasformante da compiere. Prospettive sul contributo dei cattolici nella società”, il nuovo libro di Rocco Gumina, edito da Paruzzo Editore. Docente di Religione nelle scuole statali della diocesi di Palermo, un Master in bioetica e tra i fondatori del movimento Open politiche aperte, per lo sviluppo di buone pratiche culturali, economiche e politiche, il prof. Gumina vanta diverse pubblicazioni su riviste specialistiche e volumi per studiare il nesso tra teologia, politica e spiritualità.
Lino Prenna: il compito della scuola è istruire

Nell’introduzione al suo libro ‘Educare istruendo’ il prof. Lino Prenna, ordinario di filosofia dell’educazione all’università di Perugia, scrive: “L’idea di scuola, qui proposta, è sorretta dalla convinzione che il compito specifico della scuola sia istruire. Infatti, se l’educazione, intesa come coltivazione dell’uomo e del cittadino, è finalità comune alle varie istituzioni educative, l’istruzione è propria della scuola.