La piaga dei bambini-soldato alimentata dalle guerre

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“Nel 2022 quasi 8.000 minori, alcuni anche di soli cinque anni, sono stati arruolati ed utilizzati nelle guerre. Lo afferma il Segretario Generale dell’ONU in un rapporto dedicato alla situazione dell’infanzia nei conflitti. Va evidenziato che tale numero è aumentato rispetto al 2021. I piccoli vengono sottratti con la forza dalle scuole e dai propri villaggi e arruolati nelle milizie e negli eserciti regolari.

I Paesi interessati sono molti: Afghanistan, Burkina Faso, Colombia, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Iraq, Mali, Nigeria, Sudan, Sudan del Sud, Somalia, Siria, Yemen, Myanmar, Nigeria e il fenomeno coinvolge decine fra gruppi guerriglieri e forze armate regolari”.

Lo ha affermato nei giorni scorsi Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Istituto di ricerca Archivio Disarmo di Roma (Iriad), in occasione della giornata che l’Onu dedica alla sensibilizzazione contro l’uso dei bambini-soldato, celebratasi lunedì 12 febbraio. Per l’Istituto di ricerca la Somalia, secondo l’ONU, nel 2022 è stata fra i Paesi più coinvolti con circa 1.100 ragazzini, per lo più rapiti da Al Shabab, ma anche dalle forze di sicurezza, che li hanno utilizzati in quasi 100 casi. Va sottolineato che nell’ex colonia, Esercito e Polizia, usufruiscono del supporto dei nostri militari. Mentre nello Yemen, sempre secondo l’ONU, quasi 2.000 bambini tra i 10 e i 17 anni, reclutati dai ribelli Houthi, sono morti combattendo tra gennaio 2020 e maggio 2021:

“Le guerre combattute da decenni in molte parti del mondo richiedono sempre nuovi soldati, così tanti minori vengono rapiti da scuole e villaggi e trasformati in combattenti. I ragazzini sono utilizzati anche come messaggeri, spie e le ragazzine sono reclutate per fini sessuali, per matrimoni forzati o per compiere attentati suicidi. I minori sono sottoposti a violenze di ogni tipo, per piegarne la volontà: peraltro, i bambini possono essere facilmente indottrinati e trasformati in spietati assassini, dato anche che per sparare con un mitra non ci vuole la forza fisica di un adulto”.

Sempre secondo il vicepresidente dell’Iriad i campi profughi sono l’ambiente ‘ideale’ per reclutare i bambini: “Il fenomeno a livello globale è in continua crescita; nel Sahel ultimamente la situazione è drasticamente peggiorata. In generale i maschietti sono impiegati non solo come combattenti ma anche come informatori, messaggeri, trasportatori. Le ragazzine invece sono utilizzate come cuoche, schiave sessuali e spesso costrette a gravidanze indesiderate. In Nigeria, addirittura, Boko Haram le ha utilizzate come baby kamikaze, in quanto per loro era più facile eludere i controlli”.

Inoltre ha segnalato l’apporto fondamentale dell’ONU: “Ad ogni modo il lavoro delle agenzie dell’Onu ha consentito la liberazione di circa 15.000 fanciulli, ma la smobilitazione non basta per reinserirli nella vita civile. Questi ragazzi sono spesso messi ai margini della società e, privati di altre opportunità, vengono nuovamente arruolati o si dedicano al banditismo.

Per le ragazze la situazione è ancora peggiore, sono vittime di uno stigma sociale per essere state stuprate e hanno grandi difficoltà a recuperare la propria vita. I fondi per il recupero degli ex combattenti, che dovrebbero essere considerati un investimento per la pace per ricostruire società distrutte dal conflitto, in realtà sono sempre insufficienti. I Paesi più sviluppati non mostrano interesse a finanziare questi progetti ma solo a vendere armi”.

Alcuni anni fa Luciano Bertozzi, giornalista che segue le tematiche del commercio delle armi e dei diritti umani, ha analizzato le cause dell’utilizzo dei bambini-soldato: “In estrema sintesi fra i motivi che aiutano la diffusione del problema vi sono l’enorme disponibilità di armi leggere nei Paesi più poveri del mondo; la mancata registrazione dei bambini alla nascita, che nega il diritto all’identità anagrafica; la facilità d’indottrinamento dei più piccoli;

la possibilità di terrorizzare le popolazioni civili, obiettivo di tante guerre in corso. E’ da evidenziare che, quando i minori sono fra le file dei combattenti, le forze in campo tendono a considerarli tutti come potenziali nemici, con le conseguenze facilmente prevedibili. I combattimenti, inoltre, prendono di mira ospedali e scuole, in spregio di apposite convenzioni internazionali (nell’adozione delle quali l’Italia ha svolto un ruolo significativo) e impedendo la fruizione di diritti fondamentali come salute e istruzione a molte migliaia di persone”.

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