Tag Archives: Bambini
In Italia meno bambini, ma più poveri
Nello scorso anno l’Italia ha conosciuto un nuovo record negativo per la natalità, con meno di 380.000 nuovi nati, mentre la povertà continua a colpire i minori, i più piccoli in particolare: il 13,4% delle bambine e dei bambini tra 0 e 3 anni è in povertà assoluta, e circa 200.000 bambini di età compresa tra 0 e 5 anni (8,5% del totale) vivono in povertà alimentare, cioè in famiglie che non riescono a garantire almeno un pasto proteico ogni due giorni. Oltre la metà risiede nel Mezzogiorno (Sud e isole), dove la percentuale sale al 12,9%. Quasi un bambino su dieci (9,7%) della stessa fascia d’età ha sperimentato la povertà energetica, cioè ha vissuto in una casa che non era adeguatamente riscaldata in inverno.
Questi dati sono contenuti nella XV edizione dell’Atlante dell’Infanzia a rischio in Italia, dal titolo ‘Un due tre…stella. I primi anni di vita’, pubblicato dall’ong Save the Children, che delinea la fotografia della prima infanzia nell’Italia fragile, con profonde disuguaglianze sociali e territoriali, in cui i nuovi nati sono sempre meno e le opportunità, fin dai primi mille giorni di vita, non sono uguali per tutti, dalla salute all’ambiente, ai servizi educativi.
In Italia, le famiglie in povertà assoluta in cui sono presenti minori sono quasi 748.000, che negli ultimi anni hanno dovuto fare i conti anche con l’aumento dei prezzi di alcuni beni e servizi essenziali per la prima infanzia: da un’analisi realizzata con il Centro Studi di Confindustria, emerge infatti che dal 2019 al 2023 una spesa indispensabile, come quella per ‘latte e pappe’ è salita del 19,1% (più dell’aumento dell’inflazione pari al 16,2%), il costo per la frequenza degli asili nido è aumentato dell’11,3%, con riferimento in particolare all’offerta privata, mentre per i posti finanziati dai Comuni l’aumento è pari all’1,5%; inoltre i costi pre-nascita come visite mediche, ecografie, abbigliamento premaman, sono cresciuti del 37%,
aumenti significativi per le famiglie anche nelle spese del primo anno di vita, in particolare per le famiglie con i redditi medio bassi: dal 2021 al 2024 le spese per i pannolini, ad esempio, sono cresciute dell’11% per quanto riguarda i costi minimi, ovvero per i pannolini meno cari (€ 552 annui).
La fotografia restituita dall’Atlante dell’Infanzia mostra ancora troppe disuguaglianze sociali e territoriali nei servizi per la prima infanzia: “E’ necessario un cambiamento radicale delle politiche pubbliche e investire sulla prima infanzia, per il presente e per il futuro del nostro Paese.
Come abbiamo evidenziato nel XV Atlante dell’Infanzia rispetto ai servizi educativi le famiglie incontrano molte difficoltà: meno di un bambino su tre dagli 0 ai 2 anni trova posto in un asilo nido, un servizio che si dimostra fondamentale per combattere le disuguaglianze, con forti disparità territoriali”.
Con i progetti PNRR i posti negli asili nido si stima raggiungeranno la media nazionale del 41,3%, avvicinandosi all’obiettivo europeo del 45% per il 2030, ma molti territori dove la povertà educativa è più forte rischiano di restare indietro: Campania e Sicilia attualmente hanno il tasso di copertura più basso in Italia (rispettivamente del 13,2% e del 13,9%), in base alle stime sui progetti in corso, non riuscirebbero a raggiungere neanche il 33%. Eppure, le due regioni rappresentano la seconda e la terza regione, dopo la Provincia Autonoma di Bolzano, per incidenza dei bambini 0-2 sulla popolazione, con alti tassi di povertà minorile e dispersione scolastica.
L’Atlante sottolinea che i minori in povertà assoluta in Italia sono 1.295.000, pari al 13,8% del totale. Sono i bambini e le bambine ad essere i più poveri a confronto con le altre generazioni: 6,2% degli anziani over 65, del 9,4% dei 35-64enni, e dell’11,8% dei 18-34enni. Nel 2023, l’8,5% del totale delle bambine e dei bambini vivevano in povertà alimentare, una percentuale cresciuta rispetto al 7,7% del 2021. Il 9,7% della stessa fascia d’età ha sperimentato la povertà energetica, cioè ha vissuto in una casa che non era adeguatamente riscaldata.
Per questo nello scorso anno l’Italia ha raggiunto un nuovo record di denatalità, con solo 379.890 nuovi nati. Le bambine e i bambini tra 0 e 2 anni rappresentano attualmente appena il 2% della popolazione nazionale, ma la disparità tra generazioni è destinata ad aumentare in futuro: secondo le previsioni ISTAT, infatti, se oggi bambini e giovani fino a 18 anni sono il 15,3% della popolazione, nel 2050 saranno il 13,5%.
Al contrario, la generazione più anziana (over 65) passerà dall’attuale 24% al 34,5% nel 2050. Anche dal punto di vista territoriale, i dati confermano questa tendenza negativa per la natalità: nel 2023 in 340 Comuni italiani, non è nato nessun bambino e in 72 Comuni non ci sono bambini sotto i 3 anni.
La sanità neonatale italiana è un’eccellenza, eppure anche in questo settore emergono gravi disuguaglianze. In Italia i posti letto nelle terapie intensive pediatriche erano solo 273 nel 2023, con una carenza del 44,4% rispetto agli standard europei e una distribuzione non omogenea: si va dai 128 posti letto al Nord, a fronte di un fabbisogno di 222, ai 55 del Sud e isole, dove ne servirebbero 168, ai 90 del Centro, sotto solo di 2 posti letto.
Punto fondamentale è che i pediatri sono troppo pochi. Nonostante rappresentino una figura indispensabile per le famiglie, nel 2022 il carico medio potenziale per pediatra, cioè il numero di bambini e bambine residenti nell’area in cui opera un medico pediatra, è a livello nazionale di 993 bambini.
Ed anche per quanto riguarda la vivibilità nelle città la situazione non è migliore, perché le aree verdi scarseggiano, le temperature aumentano in maniera esponenziale a causa della crisi climatica e gli spazi pubblici disponibili e fruibili, come le biblioteche, sono pochi: a luglio di quest’anno, 349.000 bambini sono stati esposti a temperature al suolo medie pari o superiori ai 40 gradi. Un trend in forte crescita negli ultimi 5 anni, sia per il mese di luglio che di agosto.
Per quanto riguarda il verde negli oltre 100 capoluoghi di provincia, l’estensione delle aree verdi urbane copre appena il 2,9% dei territori comunali. I giardinetti e i piccoli parchi con aree giochi, sono solo una fetta piccolissima di tutto il verde urbano, pari al 10,9% e, anche in questo caso, con evidenti differenze territoriali. Nel 2022, delle 8.131 biblioteche in Italia, 8 su 10 sono di pubblica lettura. Di queste ultime, il 58,8% ha uno spazio dedicato ai bambini da 0 a 6 anni.
Al termine della presentazione Claudio Tesauro, presidente di Save the Children, ha sottolineato la solitudine delle famiglie che fanno nascere i figli: “Abbiamo voluto dedicare questo XV Atlante dell’Infanzia ai bambini più piccoli, nella consapevolezza che i primi mille giorni di vita sono determinanti per la crescita e lo sviluppo di ciascuno.
Troppi genitori oggi in Italia affrontano la nascita di un bambino in solitudine, senza poter contare su adeguate reti di sostegno. Il supporto alla prima infanzia è un obiettivo da mettere al centro di tutte le scelte della politica: nel campo della salute come in quello dei servizi educativi, nel contrasto alla povertà così come nella tutela dell’ambiente”.
Papa Francesco benedice le cliniche mobili ‘Salus’ destinate ai bambini ammalati e ai loro familiari in Egitto
Nei giorni scorsi papa Francesco questa mattina ha ricevuto una delegazione dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, costituita dal presidente mons. Yoannis Lazhi Gaid, già suo Segretario personale, dal Presidente dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, dal Presidente della Fondazione Policlinico Universitario ‘Agostino Gemelli’ IRCCS, dal Presidente della Società italiana RI Group, del Presidente della Fondazione Hospitals Without Borders, dal Presidente della Fondazione Fratellanza Umana in Egitto, dai rappresentanti della Società Teladoc e della Società Butterfly e da alcuni membri e benefattori che hanno contribuito a questa iniziativa.
Papa Francesco ha benedetto le due Cliniche Mobili, posizionate in Piazza dei Protomartiri romani, che verranno inviate e messe a disposizione per le cure dei bambini ammalati e vittime della guerra e dei loro familiari, nei posti dove mancano strutture sanitarie. Le due Cliniche Mobili rientrano nell’iniziativa denominata ‘Salus’, promossa dall’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, dalla Fondazione della Fratellanza Umana in Egitto e dalla Fondazione Hospitals Without Borders.
Sua Santità Papa Francesco ha espresso la sua gioia e benedizione verso questa iniziativa: “Ringrazio tutte le persone e gli enti che hanno lavorato e contribuito alla realizzazione di queste due Cliniche Mobili che daranno assistenza e cure a numerosi bambini e ammalati e rispecchiano lo spirito del Documento sulla Fratellanza Umana. Mi fa piacere vedere insieme l’Ospedale Bambino Gesù, il Gemelli, le autorità italiane e altre associazioni e fondazioni a cooperare insieme in questo bel progetto Salus. Vi incoraggio di continuare a sostenere queste concrete iniziative caritatevoli che don Gaid, con voi, riesce a portare avanti. Con affetto saluti tutti voi presenti e le delegazioni dagli USA, dal Regno Unito, dall’Egitto, dall’Argentina e dall’Italia. Il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca sotto il Suo manto materno e per favore pregate per me!”
Mons. Gaid ha espresso la sua gratitudine al Santo Padre e a tutti i benefattori che hanno reso possibile questo progetto che rappresenta una piccola luce in un mondo sconvolto da troppi dolori e sofferenza e sostiene il motto dell’Associazione: “Tutto l’oscurità del Mondo non può spegnere la luce di una piccola candela”. Un’iniziativa che unisce tutti per servire tutti senza distinzione o preferenza nello spirito del Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune sottoscritto da Sua Santità Papa Francesco il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi.
La notizia è stata diramata in Italia e all’estero dal giornalista Biagio Maimone, Direttore della Comunicazione Associazione Bambino Gesù del Cairo. Dott. Fuad SWEISS, Presidente e Fondatore di (HWB) ha espresso la sua gioia e la sua gratitudine al Santo Padre assicurando l’impegno della (HWB) a proseguire e a collaborare per le altre iniziative umanitarie.
Gli altri progetti dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’ sono l’Orfanotrofio ‘Oasi della Pietà’, che è stato inaugurato il 5 maggio 2024 nella città del Cairo; la ‘Catena dei Ristoranti della Fraternità Umana’, denominata ‘Fratello’, che offre pasti gratuiti per le famiglie bisognose egiziane, inaugurata il 9 gennaio 2024.Il prossimo anno saranno avviati i lavori per la costruzione dell’Ospedale ‘Bambino Gesù del Cairo’, il primo ‘Ospedale del Papa’ fuori dall’Italia.
Alla cerimonia hanno preso parte anche una delegazione egiziana guidata da Sua Eccellenza Nabila Makram, Responsabile della Segreteria tecnica e Direttore esecutivo dell’Alleanza nazionale per il lavoro di sviluppo civile, Sua Eccellenza Mahmoud TALAAT, Ambasciatore della Repubblica Araba di Egitto presso la Santa Sede, S.Ecc. Enas MEKKAWY, Ambasciatrice della Lega Araba a Roma, S.Ecc. Kais Abu Dayyeh, Ambasciatore della Giordania in Italia, S.E. Luciano Pezzoti, Ambasciatore d’Italia in Giordania.
Carlo Acutis e il suo amico Gesù
E’ presto per pensare ai regali di Natale? Forse sì, ma chissà che non ci sia tra voi qualcuno che gradirebbe già qualche idea, per non trovarsi, poi, all’ultimo, con l’acqua alla gola. E allora, se siete tra coloro che si muovono in anticipo, lasciate che vi proponga un libro, adatto per i bambini dai sette anni in su, dedicato a Carlo Acutis, il beato millennial, prossimo alla canonizzazione: Carlo Acutis e il suo amico Gesù (Mimep Docete).
Ecco la trama. Lucia, la mamma di due gemelli, Filippo e Alessia, decide di raccontare ai suoi figli ogni sera un episodio della vita di questo giovane per aiutarli a conoscere meglio Gesù attraverso i gesti di Carlo e ad entrare nel mistero dell’Eucaristia, in vista della loro prima comunione.
Filippo e Alessia, allora, scoprono cosa ha fatto questo ragazzino originario di Milano e morto a soli 15 anni nel 2006, a causa di una leucemia fulminante. Scoprono che Carlo è stato un giovane cristiano appassionato del Vangelo e del Santissimo Sacramento, davanti al quale riponeva tutta la sua vita, scoprendo di sentirsi ‘leggero’ nell’affrontare la vita con Gesù. Veniva da una famiglia ricca, ma il suo ‘mito’ era san Francesco, il poverello di Assisi, che era riuscito a cercare l’essenziale, avendo così un cuore libero dalla schiavitù del possedere.
Anche Carlo voleva spogliarsi del superfluo, condividere con gli altri ciò che aveva, e lo faceva con i piccoli grandi gesti di un bambino (ad esempio, usava la sua paghetta per donare sacchi a pelo ai senzatetto di Milano). ‘Non io, ma Dio’, ripeteva, certo che la felicità fosse spostare lo sguardo da noi stessi al Signore e, come conseguenza di questa relazione intima, sugli altri.
Carlo insegna a questi due gemellini che la santità non è una questione di luoghi, età, possibilità, ma di cuore: si può essere santi ovunque, basta essere uniti a Dio in tutto ciò che facciamo, basta non perdere – in questo mondo iperconnesso – la connessione più importante, quella con il Padre. Il libro vuole mostrare un modello di vita semplice e al tempo stesso straordinario, per piccoli o grandi.
Vi ho incuriosito? Vi aspetto tra le pagine di ‘Carlo e il suo amico Gesù!’ Dall’introduzione del libro: ‘Mamma: tu sei proprio sicura che quando fai la comunione ricevi il corpo di Gesù?’
Alessia è una bambina molto riflessiva, non ama fare le cose senza pensare. Da tempo, soprattutto con l’avvicinarsi della data in cui riceverà quel sacramento, si interroga su come sia possibile che in un pezzetto di Pane si nasconda proprio Dio!
La mamma la guarda con dolcezza e annuisce. Lucia pensa davvero che nell’Eucaristia ci sia Gesù. Ci crede perché ha sperimentato la gioia, la speranza, la forza che entrano nel cuore quando viene in lei il Signore. Sa che Cristo è vivo, in quel piccolo e prezioso pezzettino di pane e che ogni comunione è una carezza per l’anima. Capisce, però, che si tratta di un mistero grande e che la figlia possa avere dei dubbi. Così, dopo aver parlato a lungo con la figlia, quella sera, pensa ad un modo per aiutare i suoi bambini a capire meglio questo grande regalo. Sa che i catechisti e il parroco li hanno preparati molto bene, ma sente il desiderio di donare qualcosa di unico anche lei, per questa occasione particolare.
Ecco che Lucia decide di scrivere per loro la storia di un ragazzino speciale, che ha vissuto un rapporto intimo e bellissimo con Gesù. Volete sapere di chi stiamo parlando? Lo scoprirete nelle prossime pagine, leggendo il racconto che Lucia ha voluto condividere con Filippo e Alessia, ma che ora è anche per ognuno di voi.
Dino Tropea: Lasciato indietro, una promessa per i bambini del Bambin Gesù
Buongiorno, come si intitola il suo libro e perché è così importante a livello sociale e spirituale?
“Il mio libro si intitola ‘Lasciato Indietro: Un tributo alla forza della resilienza di fronte alle avversità!’ E’ un viaggio profondo nelle pieghe dell’anima, un racconto che parla di resistenza, di resilienza, di rinascita dopo l’oscurità. Ogni pagina è scritta con l’intento di suscitare riflessioni e di invitare chi legge a trovare forza in sé stesso, anche nei momenti in cui tutto sembra perduto. Questo libro non è solo il racconto della mia esperienza personale, ma una testimonianza di quanto possiamo scoprire su noi stessi nel momento della difficoltà. Lo scopo è offrire non solo uno specchio su me stesso, ma anche una luce per chi si sente smarrito”.
Dietro a questo volume c’è una promessa, di cosa si tratta?
“La promessa dietro ‘Lasciato Indietro’ è duplice: da una parte, c’è l’impegno di donare un euro per ogni copia venduta alle prime mille, alla Terapia Intensiva Neonatale (TIN) dell’Ospedale Bambino Gesù, dove lavora Alice. E’ il mio modo di restituire qualcosa di concreto, come ringraziamento per il grande lavoro di questa struttura e per i neonati che lì ricevono cure fondamentali. Dall’altra parte, c’è la promessa più intima, quella di condividere la mia storia per chi, leggendo queste righe, possa ritrovarsi e riscoprire una scintilla di speranza, un motivo per non mollare, nonostante tutto”.
A chi si rivolge quest’opera (target)?
“Questo libro è per chiunque si sia sentito abbandonato o lasciato indietro nella vita. Per chi combatte battaglie interne, per chi ha il desiderio di rialzarsi ma non sa come farlo. È un racconto per chi cerca risposte, per chi ha bisogno di ritrovare fiducia. Si rivolge anche a chi vive o ha vissuto situazioni di pressione estrema, come i militari o chiunque operi in contesti difficili e complessi. Ma è, soprattutto, per chi ha bisogno di una voce che dica: non sei solo”.
Dove si può acquistare il libro?
“Lasciato Indietro è disponibile sui principali siti on line come Amazon e presto sarà pubblicato anche da Armando Editore Roma, che ringrazio. Sarà possibile trovarlo sia online che presso librerie selezionate”.
Qual è il messaggio principale del libro?
“Il messaggio principale è che la resilienza non è solo una parola vuota, ma una verità che tutti possiamo vivere. Anche quando si ha l’impressione di essere stati lasciati indietro, c’è sempre la possibilità di rimettersi in piedi, di guardare avanti con occhi nuovi. Ho scritto questo libro anche come una lettera a mia figlia ‘Onda’, che ha scelto di allontanarsi da me. Attraverso questa storia, voglio riconnettermi con lei, e con chiunque abbia vissuto una situazione simile.
Nonostante i sacrifici fatti per lei, come il sostegno a una scuola internazionale per otto anni e una laurea presso una prestigiosa università privata, sento che è mancato qualcosa nel nostro legame. Questo libro è anche una preghiera silenziosa, un tentativo di ricucire un rapporto spezzato e di mostrare a mia figlia il cuore di un padre che ha dato tutto, forse in modo diverso da come lei avrebbe voluto.
Oltre a Lasciato Indietro, sto lavorando a un nuovo progetto intitolato ‘Scrivere al Futuro: Esplorando il Potenziale dell’Intelligenza Artificiale nella Scrittura: Creatività, Produttività e Opportunità nel Nuovo Paradigma Letterario’, anche esso autopubblicato e attualmente in cerca di editore. Quest’opera rappresenta un ulteriore passo nel mio percorso di condivisione e donazione delle esperienze vissute, con l’intento di continuare a ispirare chi legge e di lasciare un segno, ancora una volta, attraverso la scrittura”.
Dal Libano il racconto di Save The Children in una guerra che uccide bambini
“Le famiglie in fuga dalla violenza in Libano stanno lottando per trovare sicurezza nei rifugi in tutto il Paese, perché sono almeno 1.000.000 le persone (un quinto della popolazione) ora sfollate e la metà ha abbandonato le proprie case negli ultimi quattro giorni”: è quanto, nei giorni scorsi, ha affermato ‘Save the Children’, l’organizzazione non governativa, che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio, la quale prevede che i numeri aumenteranno in seguito ai nuovi ordini di ricollocazione emessi dalle forze israeliane, che chiedono ai residenti di più di due dozzine di villaggi nel sud del Libano di trasferirsi a nord del fiume Awali, circa 50 km al suo interno.
L’inizio delle operazioni militari di terra è stato ampiamente riportato dai media così come gli attacchi aerei in tutto il Libano, compresi quelli su Ein El Helwe, il più grande campo profughi del Libano, dove secondo quanto riferito sono state uccise sette persone, tra cui quattro bambini. La velocità della crisi sta esercitando un’enorme pressione sugli ospedali, oltre 37 centri sanitari di base sono stati costretti a chiudere per motivi di sicurezza, mentre gli attacchi aerei hanno gravemente danneggiato 25 strutture idriche, lasciando 300.000 persone senza accesso all’acqua pulita.
Oltre 154.000 sfollati sono ospitati in 851 rifugi attivi, incluse scuole pubbliche, di cui il 70% già al completo, e solo alcuni sono dotati di docce adeguate, servizi igienici, acqua calda e riscaldamento. Altri alloggiano presso famiglie ospitanti, spesso in condizioni di sovraffollamento. E dallo scorso 23 settembre, Save the Children ha distribuito generi di prima necessità come coperte, materassi, kit igienici e acqua in bottiglia, ad oltre 27.000 persone, tra cui 11.000 bambini, in 70 rifugi. Le distribuzioni sono in corso nel Nord, nella Bekaa, nella Bekaa occidentale, a Rashaya, sul Monte Libano, a Saida, a Sour e a Beirut.
E dopo aver raccolto molte testimonianze delle famiglie fuggite ai bombardamenti Jennifer Moorehead, direttrice di Save the Children in Libano, ha sottolineato la grave situazione in cui vivono i bambini: “I bambini di tutto il Paese sono colpiti da questa crescente violenza, le loro vite vengono sconvolte quasi da un giorno all’altro mentre perdono la casa e il senso di sicurezza. Ci sono famiglie nei rifugi, ma anche tante ancora nelle loro auto o per le strade di Beirut, alla ricerca di un posto dove andare. Il senso di terrore è palpabile. I nostri team affermano che, più di ogni altra cosa, le famiglie sono paralizzate dalla paura dell’ignoto.
I bambini saranno colpiti in modo sproporzionato da questo conflitto armato. Come in tutti i recenti conflitti armati, ci saranno troppi bambini tra le vittime. Le scuole sono chiuse, i rifugi e gli ospedali in Libano sono sotto pressione crescente e stiamo facendo del nostro meglio per sostenere le famiglie sfollate, ma con il lancio di operazioni militari di terra nel Libano meridionale, vedremo inevitabilmente un numero ancora maggiore di sfollati e distruzione. La vita dei bambini in Libano e nell’intera regione è in bilico. Chiediamo un cessate il fuoco immediato per prevenire ulteriori sofferenze, garantire un accesso umanitario sicuro e impedire che il conflitto si inasprisca ulteriormente in tutta la regione”.
Nel frattempo la popolazione cerca di fuggire: secondo Rasha Muhrez, direttore della ‘risposta umanitaria’ di Save the Children in Siria. sono circa 60.000 bambini, molti dei quali disidratati e stremati, fuggiti in Siria dal Libano, costretti a fuggire dalle loro case sotto la costante minaccia di attacchi e bombardamenti. Il Libano ospita circa 1.500.000 siriani fuggiti dal conflitto.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, dal 24 settembre quando le ostilità si sono intensificate, circa 100.000 persone, di cui il 60% siriane e il 40% libanesi, sono entrate in Siria dal Libano: “Questa situazione non può continuare. Le persone fuggono dal Libano ed entrano in un Paese in cui i servizi sono quasi collassati dopo 14 anni di conflitto… La Siria non è un campo di gioco per gli attacchi, i minori non possono sopportarne altri”.
Ad Assisi per testimoniare la pace
Sabato 21 settembre circa 4.000 persone hanno partecipato alla marcia della pace e della fraternità lunga 4 km da Santa Maria degli Angeli ad Assisi per una mobilitazione contro la guerra e contro il riarmo, come ha raccontato Flavio Lotti, presidente della Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace:
“Siamo tantissimi. Tante persone che hanno lo sguardo aperto sul mondo invece di rimirare il proprio ombelico e che si rendono conto del pericolo enorme che sta avanzando… E’ una marcia della Pace tra le più importanti che abbiamo mai realizzato perché il momento è davvero drammatico. Siamo qui a suonare l’allarme, siamo qui per richiamare la nostra società ad aprire gli occhi sulla gravità del momento, dei pericoli che incombono, sulla necessità di reagire”.
Ed ha dato un appuntamento al prossimo anno: la marcia è solo un anticipo di quella del prossimo 12 ottobre 2025 che, finanziata dall’Unione Europea. si preannuncia come la più grande PerugiAssisi. Alla preparazione di questa lavoreranno per un anno, tra gli altri, i 40 giovani che hanno sorretto lo striscione di apertura corteo.
Nella Giornata internazionale della pace, e alla vigilia del Summit del Futuro dell’Onu, si è quindi avviato questo percorso lungo un anno, con un titolo: ‘Immagina’: un programma frutto di una collaborazione tra soggetti con ruoli diversi: il Coordinamento nazionale enti locali pace diritti umani, la Rete delle scuole di pace, la Rete delle Università italiane per la pace, la Rete delle cattedre Unesco italiane e la Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace.
A partecipare alla tavola rotonda ci sono anche il presidente delle Acli, Emiliano Manfredonia, quello dell’Arci Walter Massa, Alfio Nicotra dell’Associazione Ong Italiane, Sergio Bassoli di Rete italiana pace e disarmo, Luciano Scalettari presidente di ResQ, il comboniano fratel Antonio Soffientini del comitato promotore Arena di pace e Fondazione Nigrizia, il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo: “E’ emersa da tutti la forte volontà di fare assieme un nuovo passo avanti nell’impegno contro la guerra, su piattaforme e iniziative comuni. Il momento è particolarmente grave”.
Padre Marco Moroni, custode del Sacro Convento, ha salutato i partecipanti con le parole di san Francesco d’Assisi: “Il Signore vi dia la pace… Il cristiano deve dire ‘prima l’altro’. Perché la pace si fa insieme. E con questi presupposti non si potrà dare spazio all’aumento delle spese per le armi e alla risposta militare, ma solo alla diplomazia e al dialogo”.
Mentre p. Enzo Fortunato, direttore della comunicazione della basilica di San Pietro, ha chiesto ai governanti di mettere al primo posto la pace: “Prima di tutto la pace, ma oggi molti governanti preferiscono prima di tutto la guerra, prima di tutto le armi, prima di tutto la morte. Dinanzi a questa deriva siamo chiamati a partire dalle parole di papa Francesco: una nazione che dona il sorriso ai bambini è una nazione che ha futuro.
Ecco perché oggi più che mai ripartire dai più piccoli, dai più fragili significa costruire una società a misura d’uomo. Dinanzi a momenti bui come quelli che stiamo vivendo accendiamo la lampada della pace di Assisi che può orientare il cammino degli uomini di buona volontà”.
Papa Francesco: i bambini sono segni di Dio
Nell’omelia della messa celebrata nella spianata di Taçi Tolu a Dili alla presenza di 600.000 persone, papa Francesco ha invitato a guardare alla tenerezza e semplicità dei bambini, perché attraverso di loro Dio si fa vicino, in quanto ‘un bambino è nato per noi’, come ha profetizzato Isaia: “Queste sono le parole con cui il profeta Isaia si rivolge, nella prima Lettura, agli abitanti di Gerusalemme, in un momento prospero per la città, caratterizzato però, purtroppo, anche da una grande decadenza morale”.
In effetti, è stato il monito del papa, la ricchezza conduce all’illusione: “C’è tanta ricchezza, ma il benessere acceca i potenti, li illude di bastare a sé stessi, di non aver bisogno del Signore, e la loro presunzione li porta ad essere egoisti e ingiusti. Per questo, anche se ci sono tanti beni, i poveri sono abbandonati e soffrono la fame, l’infedeltà dilaga e la pratica religiosa si riduce sempre più a pura formalità. La facciata ingannevole di un mondo a prima vista perfetto nasconde così una realtà molto più oscura, molto più dura e crudele, in cui c’è tanto bisogno di conversione, di misericordia e di guarigione”.
Ma il profeta annuncia al popolo un orizzonte nuovo: “Per questo il profeta annuncia ai suoi concittadini un orizzonte nuovo, che Dio aprirà davanti a loro: un futuro di speranza, un futuro di gioia, dove la sopraffazione e la guerra saranno bandite per sempre. Farà sorgere per loro una grande luce, che li libererà dalle tenebre del peccato da cui sono oppressi, e lo farà non con la potenza di eserciti, di armi o ricchezze, ma attraverso il dono di un figlio. Fermiamoci a riflettere su questa immagine: Dio fa splendere la sua luce che salva attraverso il dono di un figlio”.
Nella sua riflessione il papa ha sottolineato che ogni figlio è un particolare messaggio: “In ogni luogo la nascita di un figlio è un momento luminoso, un momento di gioia e di festa, e a volte suscita anche in noi desideri buoni, di rinnovarci nel bene, di ritornare alla purezza e alla semplicità. Di fronte ad un neonato, anche il cuore più duro si riscalda e si riempie di tenerezza. La fragilità di un bambino porta sempre un messaggio così forte da toccare anche gli animi più induriti, portando con sé movimenti e propositi di armonia e di serenità”.
La meraviglia della nascita di un figlio diventa ancor più grande quando è Dio che si fa bambino: “La vicinanza di Dio è attraverso un bambino. Dio si fa bambino. E non solo per stupirci e commuoverci, ma anche per aprirci all’amore del Padre e lasciarcene plasmare, perché possa guarire le nostre ferite, ricomporre i nostri dissensi, rimettere ordine nella nostra esistenza”.
Ed ha elogiato questo Stato perché ha molti figli: “A Timor Est è bello, perché ci sono tanti bambini: siete un Paese giovane in cui in ogni angolo si sente pulsare, esplodere la vita. E questo è un regalo, un dono grande: la presenza di tanta gioventù e di tanti bambini, infatti, rinnova costantemente la nostra energia e la nostra vita. Ma ancora di più è un segno, perché fare spazio ai bambini, ai piccoli, accoglierli, prendersi cura di loro, e farci anche noi piccoli davanti a Dio e gli uni di fronte agli altri, sono proprio gli atteggiamenti che ci aprono all’azione del Signore. Facendoci bambini permettiamo l’azione di Dio in noi”.
Ecco, quindi, il riferimento alla Madonna, che ha detto ‘sì’ all’opera di Dio nella sua ‘piccolezza’: “Maria questo lo ha capito, al punto che ha scelto di rimanere piccola per tutta la vita, di farsi sempre più piccola, servendo, pregando, scomparendo per far posto a Gesù, anche quando questo le è costato molto”.
E’ stato un invito a rivedere la propria vita davanti a Dio: “Perciò, cari fratelli, care sorelle, non abbiamo paura di farci piccoli davanti a Dio, e gli uni di fronte agli altri, non abbiamo paura di perdere la nostra vita, di donare il nostro tempo, di rivedere i nostri programmi e ridimensionare quando necessario anche i nostri progetti, non per sminuirli, ma per renderli ancora più belli attraverso il dono di noi stessi e l’accoglienza degli altri”.
Infatti ha tratto un ammonimento, prendendo spunto da due monili tradizionali, quali sono il Kaibauk ed il Belak: “Il primo simboleggia le corna del bufalo e la luce del sole, e si mette in alto, a ornamento della fronte, come pure sulla sommità delle abitazioni. Esso parla di forza, di energia e di calore, e può rappresentare la potenza di Dio, che dona la vita. Ma non solo: posto a livello del capo, infatti, e in cima alle case, ci ricorda che, con la luce della Parola del Signore e con la forza della sua grazia, anche noi possiamo cooperare con le nostre scelte e azioni al grande disegno della redenzione.
Il secondo, poi, il Belak, che si mette sul petto, è complementare al primo. Ricorda il chiarore delicato della luna, che riflette umilmente, nella notte, la luce del sole, avvolgendo ogni cosa di una fluorescenza leggera. Parla di pace, di fertilità, di dolcezza, e simboleggia la tenerezza della madre, che coi riflessi delicati del suo amore rende ciò che tocca luminoso della stessa luce che riceve da Dio. Kaibauk e Belak, forza e tenerezza di Padre e di Madre: così Il Signore manifesta la sua regalità, fatta carità e misericordia”.
Al termine della celebrazione eucaristica le parole di ringraziamento del card. Virgílio do Carmo da Silva, arcivescovo di Dili e le parole conclusive del papa prima della Benedizione finale, come augurio: “Cari fratelli e sorelle, ho pensato molto: qual è la cosa migliore che ha Timor? Il sandalo? La pesca? Non è questa la cosa migliore. La cosa migliore è il suo popolo. Non posso dimenticare la gente ai lati della strada, con i bambini. Quanti bambini avete! Il popolo, che la cosa migliore che ha è il sorriso dei suoi bambini. E un popolo che insegna a sorridere ai bambini è un popolo che ha un futuro.
Ma state attenti! Perché mi hanno detto che in alcune spiagge vengono i coccodrilli; i coccodrilli vengono nuotando e hanno il morso più forte di quanto possiamo tenere a bada. State attenti! State attenti a quei coccodrilli che vogliono cambiarvi la cultura, che vogliono cambiarvi la storia. Restate fedeli. E non avvicinatevi a quei coccodrilli perché mordono, e mordono molto. Vi auguro la pace. Vi auguro di continuare ad avere molti figli: che il sorriso di questo popolo siano i suoi bambini! Prendetevi cura dei vostri bambini, ma prendetevi cura anche dei vostri anziani, che sono la memoria di questa terra”.
(Foto: Santa Sede)
Cesvi pubblica uno studio sui maltrattamenti dei bambini in Italia
Sono sempre molti i bambini vittime di maltrattamento, però si registrano anche i primi segnali di ripresa, secondo il report della sesta edizione dell’Indice regionale sul maltrattamento e la cura all’infanzia in Italia, ‘Le parole sono importanti’, realizzata dalla Fondazione Cesvi, in cui si evidenzia punti di forza e di debolezza delle regioni italiane rispetto ai fattori di rischio e ai servizi.
Il focus dell’Indice 2024 è dedicato al ruolo del linguaggio nel maltrattamento e nella cura all’infanzia, come si legge nel sito di Cesvi: “Lo studio si concentra sull’impatto del linguaggio abusante: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’abuso psicologico, di cui la violenza verbale fa parte, è la forma più diffusa di maltrattamento infantile tra i 55.000.000 bambine e bambini che in Europa subiscono abusi, con prevalenza del 36,1%.
Quello che emerge dal rapporto è che uno degli strumenti per la prevenzione del fenomeno è investire sull’educazione alla cura e al linguaggio positivo di bambini, genitori e comunità educante, partendo proprio dalla formazione dei professionisti e dalla ricerca di un linguaggio condiviso su maltrattamento e cura nei tavoli di coordinamento territoriale”.
L’analisi dell’Indice si basa su 64 indicatori, classificati rispetto a sei diverse capacità: capacità di cura di sé e degli altri, di vivere una vita sana, di vivere una vita sicura, di acquisire conoscenza e sapere, di lavorare, di accedere a risorse e servizi: “Con l’espressione ‘maltrattamento infantile’ si fa riferimento a varie forme di abuso e trascuratezza nei confronti di persone con meno di 18 anni. Le tipologie riconosciute sono abuso fisico, abuso sessuale, abuso psicologico e trascuratezza, che in comune hanno conseguenze di danni a salute, sopravvivenza, sviluppo e dignità del minore”.
Le Regioni italiane dove il contesto legato ai fattori di rischio è più favorevole a bambine e bambini sono Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, stabili al primo e secondo posto dalla precedente rilevazione. Seguono Emilia-Romagna e Lombardia, che salgono rispettivamente di una e di due posizioni arrivando al terzo e quarto posto, e poi Veneto, che dal terzo passa al quinto posto.
Il fattore di rischio complessivo è massimo invece in Campania, all’ultimo posto e preceduta nell’ordine da Sicilia, Puglia e Calabria, tutte invariate rispetto alla rilevazione precedente. Altre variazioni positive di due posizioni riguardano l’Umbria, di una posizione le Marche, la Basilicata e il Molise. Rimangono invariati anche Toscana e Piemonte, mentre arretrano di una posizione la Valle d’Aosta, il Lazio, l’Abruzzo, la Sardegna, di due posizioni il Veneto e la Liguria.
In riferimento ai servizi di prevenzione e cura del maltrattamento all’infanzia, la regione con la miglior dotazione strutturale è l’Emilia-Romagna, seguita da Veneto, Toscana, Valle d’Aosta, Umbria e Sardegna. Le regioni con maggiori criticità sono la Campania (all’ultimo posto in posizione invariata, preceduta dalla Sicilia al penultimo posto, peggiorata di un gradino) e ancora la Calabria e la Puglia, entrambe in peggioramento.
Sulla capacità di fronteggiare il maltrattamento all’infanzia, nella sintesi tra fattori di rischio e servizi, l’Emilia-Romagna si conferma al primo posto. Seguono Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, nelle stesse posizioni dalla precedente edizione, così come la Lombardia. Le Regioni con le maggiori criticità rimangono Sicilia e Campania. Le Marche migliorano di tre posizioni, la Valle d’Aosta di due, l’Umbria, la Sardegna, l’Abruzzo, la Basilicata, il Molise e la Calabria di una. Peggiorano di tre posizioni la Liguria, il Piemonte e il Lazio, mentre la Toscana e la Puglia perdono una posizione ciascuna.
Infine il rapporto sottolinea l’importanza di adottare un approccio che permetta di prendersi cura degli abusati, intervenire su chi abusa, interrompere la trasmissione intergenerazionale della violenza e prevenire l’abuso, individuando i fattori di rischio e rafforzando i fattori protettivi, considerando il contesto sociale. I fattori di rischio che aumentano la probabilità dei bambini di subire il maltrattamento possono essere contrastati o mitigati dai fattori protettivi, che agiscono come efficaci strumenti preventivi, riducendo la probabilità di subire maltrattamento e prevenendo in modo strutturale il fenomeno.
In effetti la violenza include anche quella inflitta con le parole, che può avere pesanti conseguenze sulla salute mentale, sia nell’infanzia sia una volta diventati adulti. La nuova edizione dell’Indice considera il ruolo del linguaggio nel maltrattamento e nella cura di bambine e bambini, rilevando quanto sia fondamentale una comunicazione da parte degli adulti che promuova un’idea positiva di sé stessi e che sviluppi la sicurezza emotiva. Forme di abuso verbale, come gli insulti e la denigrazione, hanno un impatto negativo sulla crescita, non solo nella percezione del senso di sé, ma anche nel comportamento appreso attraverso l’imitazione.
Esserne vittima può avere conseguenze sulla salute mentale in termini di ripercussioni emotive e psicologiche, e sul comportamento, da bambini e una volta divenuti adulti. Può determinare un forte ritardo nello sviluppo del linguaggio e nella comprensione in bambini di età tra 0 e 6 anni, violenta aggressività verbale dopo i 10 anni, spesso svalutante e discriminatoria come bullismo e cyberbullismo, sessualizzazione precoce e inconsapevole:
“La violenza verbale di bambini e adolescenti può essere influenzata da social media, musica e coetanei, ma soprattutto da quanto ascoltato in famiglia, sia tra genitori e figli, sia tra i genitori. L’abuso verbale in famiglia è spesso legato alla pedagogia ‘nera’, retaggio di valori educativi arcaici ancora oggi adottati, con cui si dà legittimazione ‘morale’ a comportamenti maltrattanti o abusanti. L’inconsapevolezza del peso delle parole può far sì che i genitori pronuncino insulti con intenzioni ‘affettuose’ od ‘educative’, usando toni ed espressioni umilianti e sprezzanti.
In questo scenario, emerge l’importanza dell’utilizzo di un linguaggio positivo e orientato alla cura come presupposto fondamentale per il cambiamento: una piena consapevolezza del suo valore nel rinforzare i fattori protettivi, superare traumi importanti, contribuire al recupero psicofisico e allo sviluppo armonioso di personalità ferite negli anni più delicati della crescita”.
Tutti i colori della solidarietà: L’arcobaleno, associazione per bisognosi di Lombardia
“Doniamo vestiti, scarpe, prodotti per l’infanzia e molto altro a tutti coloro che ne hanno bisogno. In fondo all’Arcobaleno non troverete una pentola d’oro ma una mano pronta ad aiutarvi”, dice la descrizione della pagina Facebook de ‘L’arcobaleno’.
Un progetto laico di tutto rispetto e una esclusiva lombarda. Le persone che si occupano di portarlo avanti sono squisite. L’associazione L’arcobaleno nasce per aiutare coloro che ne hanno bisogno.
Essa si occupa principalmente di sostenere tutte quelle persone che fanno fatica ad arrivare a fine mese, procurando loro abiti, scarpe, lenzuola, piumoni e tutto quello che necessitano. Se i bisognosi hanno dei bambini, l’associazione dà loro giochi. Tutto questo si svolge in maniera gratuita.
L’associazione è rintracciabile a questo link: https://www.facebook.com/profile.php?id=61561059326987. Altrimenti, potete scrivere a: associazione.larcobaleno@gmail.com.