Il papa al Pime: raccontate le periferie

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In occasione dei 150 anni di Mondo e Missione ieri, proprio nel mese missionario, papa Francesco ha ricevuto in udienza la redazione della rivista, i missionari ed i collaboratori del Centro Pime su un tema decisivo: come raccontare oggi la missione in Italia valorizzandone il messaggio e le storie dei suoi protagonisti.

Nell’udienza il papa ha sottolineato l’originalità della rivista: “La sua ‘culla’ fu il Seminario Lombardo per le Missioni Estere, e il suo modello Les Missions Catholiques, che l’Opera della Propagazione della Fede aveva cominciato a pubblicare quattro anni prima, a Lione. Ci colpisce l’attualità, la modernità, l’orizzonte di quella iniziativa, che fin dall’inizio esprime e promuove una Chiesa ‘in uscita’. Sì, quando si è in uscita si rimane giovani”.

La rivista è nata con uno scopo specifico: “Va sottolineato che la rivista nacque per rispondere a un’esigenza del popolo di Dio: tanti volevano leggere le storie dei missionari, eroiche!, sentirsi vicini a loro e alle loro opere, accompagnarli con la preghiera.

E volevano anche conoscere i Paesi e le culture in modo diverso da quello più comune (a quei tempi intriso di mentalità coloniale): con uno sguardo cristiano, rispettoso e attento ai ‘semi’ di verità e di bene sparsi nel mondo”.

Il papa ha ricordato p. Giacomo Scurati: “Rendiamo omaggio alla memoria di Padre Giacomo Scurati, primo direttore, e ai suoi collaboratori. Essi compresero il valore della comunicazione nella missione, anzitutto per la Chiesa stessa, per essere estroversa, e pienamente coinvolta nell’evangelizzazione, tutta missionaria, tutta evangelizzatrice. Questi pionieri di 150 anni fa capivano l’importanza di far conoscere i Paesi a cui erano destinati e il modo in cui, in quelle terre lontane, avveniva l’incontro tra il Vangelo e le comunità locali”.

La rivista aprì un orizzonte ai cattolici occidentali: “Fin dall’inizio, dunque, la rivista fu portatrice di uno sguardo ampio, aperto alle ricchezze di ogni popolo e di ogni Chiesa locale. E questa resta ancora oggi la vocazione di Mondo e Missione, come venne ‘ribattezzata’ nel 1969, per assumere lo spirito e gli insegnamenti del Concilio Vaticano II riguardo alla missione ad gentes.

Per molti anni, le lettere e le cronache dei missionari hanno restituito in maniera accurata i contesti e la vita delle popolazioni con cui venivano in contatto. E ancora oggi i reportage e le testimonianze dirette rappresentano la caratteristica più propria della rivista, grazie a racconti da luoghi o situazioni di cui pochi altri parlano: periferie geografiche ed esistenziali, che, in un mondo dove la comunicazione apparentemente ha accorciato le distanze, continuano però a rimanere relegate ai margini”.

Ed ha ricordato il compito principale dell’informazione missionaria: “Essere voce dei senza voce è un compito primario della rivista, come di altre iniziative che il PIME ha promosso nel campo della comunicazione: l’agenzia AsiaNews, i contenuti multimediali, la presenza nelle reti sociali, le attività culturali e di animazione.

Tutti modi per raccontare il mondo mettendosi dalla parte di chi non ha diritto di parola o non viene ascoltato, dei più poveri, delle minoranze oppresse, delle vittime di guerre dimenticate. Questo lo voglio sottolineare: le guerre dimenticate”.

Ed ha invitato a ricordare le guerre ‘dimenticate’: “Oggi tutti siamo preoccupati, ed è buono che sia così, di una guerra qui in Europa, alla porta dell’Europa e in Europa, ma da anni ci sono guerre: più di dieci anni in Siria, pensate allo Yemen, pensate al Myanmar, pensate in Africa. Queste non entrano, non sono dall’Europa colta…

Le guerre dimenticate sono un peccato, dimenticarle così. E anche fare memoria di chi opera silenziosamente e tenacemente ‘dal basso’ per costruire un mondo diverso, tracciando percorsi di solidarietà e di riconciliazione in contesti segnati da crisi o violenza”.

E’ stato un invito a mettere al centro la missione: “Riconoscere che la missione è al centro. Ricordare alle comunità cristiane che se guardano solo a sé stesse, perdendo il coraggio di uscire e portare a tutti la parola di Gesù, finiscono per spegnersi.

Mostrare come il Vangelo, incontrando popoli e culture diverse, ci viene riconsegnato ogni giorno nella sua novità e freschezza. E crea dialogo e amicizia anche con chi professa altre religioni, riconoscendosi figli dell’unico Padre. Perché la realtà si vede meglio dalle periferie”.

Ma la missione deve raccontare la periferia: “In quelle che continuano a essere considerate ‘periferie’, ai missionari è capitato spesso di scoprire che lo Spirito Santo era arrivato prima di loro. Chi era partito per evangelizzare, si è trovato il più delle volte a ricevere una Buona Notizia.

Come i discepoli di Gesù, inviati a due a due per predicare tra i poveri e i piccoli, così anche i missionari di ieri e di oggi incontrano spesso la gioia e la vita nuova che il Vangelo è capace di generare. E un’esperienza così non è possibile tenerla per sé”.

Infine il papa ha sottolineato la ‘missione’ della rivista, invitandoli a camminare in questa strada: “In un mondo purtroppo segnato da tante ferite, è questa, alla fine, la ragione che dopo 150 anni spinge a realizzare ancora una rivista come Mondo e Missione: dare voce alla speranza che l’incontro con Cristo semina nella vita delle persone e dei popoli. Per dire a tutti che un mondo migliore è possibile, quando seguendo Gesù impariamo a tendere la mano ad ogni fratello e sorella”.

(Foto: Santa Sede)

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