Papa: Scalabrini e Zatti hanno saputo ringraziare Dio

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Terminando la recita dell’Angelus in piazza san Pietro papa Francesco, dopo aver canonizzato mons. Giovanni Battista Scalabrini ed Artemide Zatti, ha ricordato anche la beatificazione di suor Maria Costanza Panas nel ricordo dell’apertura del Concilio Vaticano II, sottolineando che occorre imparare dalla storia:

“Oggi, a Fabriano, verrà beatificata Maria Costanza Panas, monaca clarissa cappuccina, vissuta nel Monastero di Fabriano dal 1917 al 1963, quando partì per il Cielo. Accoglieva quanti bussavano al monastero infondendo in tutti serenità e fiducia.

Negli ultimi anni, gravemente inferma, offrì le sue sofferenze per il Concilio Vaticano II, di cui ricorre dopodomani il 60° di apertura. La Beata Maria Costanza ci aiuti ad essere sempre fiduciosi in Dio e accoglienti verso il prossimo. Un applauso alla nuova Beata!

A proposito dell’inizio del Concilio, 60 anni fa, non possiamo dimenticare il pericolo di guerra nucleare che proprio allora minacciava il mondo. Perché non imparare dalla storia? Anche in quel momento c’erano conflitti e grandi tensioni, ma si scelse la via pacifica”.

Mentre nell’omelia della celebrazione eucaristica della canonizzazione dei due nuovi santi il papa si è soffermato su due parole del Vangelo di questa domenica, che sono ‘camminare insieme e ringraziare’:

“Anzitutto, camminare insieme. All’inizio del racconto non c’è nessuna distinzione tra il samaritano e gli altri nove. Semplicemente si parla di dieci lebbrosi, che fanno gruppo tra di loro e, senza divisione, vanno incontro a Gesù. La lebbra, come sappiamo, non era soltanto una piaga fisica, che anche oggi dobbiamo impegnarci a debellare, ma anche una ‘malattia sociale’, perché a quel tempo per timore della contaminazione i lebbrosi dovevano stare fuori dalla comunità”.

Ma la malattia non conosce l’esclusione: “Quindi non potevano entrare nei centri abitati, erano tenuti a distanza, relegati ai margini della vita sociale e perfino di quella religiosa, isolati. Camminando insieme, questi lebbrosi manifestano il loro grido nei confronti di una società che li esclude. E notiamo bene: il samaritano, anche se ritenuto eretico, ‘straniero’, fa gruppo con gli altri. Fratelli e sorelle, la malattia e la fragilità comuni fanno cadere le barriere e superare ogni esclusione”.

La fede cristiana è un invito ad un cammino insieme: “Ricordiamoci questo: la fede cristiana sempre ci chiede di camminare insieme agli altri, mai di essere marciatori solitari; sempre ci invita a uscire da noi stessi verso Dio e verso i fratelli, mai di chiuderci in noi stessi; sempre ci chiede di riconoscerci bisognosi di guarigione e di perdono, e di condividere le fragilità di chi ci sta vicino, senza sentirci superiori.

Fratelli e sorelle, verifichiamo se nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nei luoghi dove lavoriamo e che ogni giorno frequentiamo, siamo capaci di camminare insieme agli altri, siamo capaci di ascoltare, di superare la tentazione di barricarci nella nostra autoreferenzialità e di pensare solo ai nostri bisogni”.

Ricordando la vita dei nuovi santi il papa ha sottolineato che le comunità cristiane devono essere inclusive: “Ho paura quando vedo comunità cristiane che dividono il mondo in buoni e cattivi, in santi e peccatori: così si finisce per sentirsi migliori degli altri e tenere fuori tanti che Dio vuole abbracciare. Per favore, includere sempre, nella Chiesa come nella società, ancora segnata da tante disuguaglianze ed emarginazioni. Includere tutti”.

E proprio attraverso la canonizzazione di mons. Scalabrini il papa ha invitato a pensare ai migranti con parole molto calibrate: “Ed oggi, nel giorno in cui Scalabrini diventa santo, vorrei pensare ai migranti. E’ scandalosa l’esclusione dei migranti! Anzi, l’esclusione dei migranti è criminale, li fa morire davanti a noi.

E così, oggi abbiamo il Mediterraneo che è il cimitero più grande del mondo. L’esclusione dei migranti è schifosa, è peccaminosa, è criminale, non aprire le porte a chi ha bisogno. ‘No, non li escludiamo, li mandiamo via’: ai lager, dove sono sfruttati e venduti come schiavi. Fratelli e sorelle, oggi pensiamo ai nostri migranti, quelli che muoiono. E quelli che sono capaci di entrare, li riceviamo come fratelli o li sfruttiamo? Lascio la domanda, soltanto”.

L’altro aspetto è il ringraziamento: “Nel gruppo dei dieci lebbrosi ce n’è uno solo che, vedendosi guarito, torna indietro per lodare Dio e manifestare gratitudine a Gesù. Gli altri nove vengono risanati, ma poi se ne vanno per la loro strada, dimenticandosi di Colui che li ha guariti. Dimenticare le grazie che Dio ci dà”.

Il cristiano che non sa ringraziare è un ‘cristiano all’acqua di rose’: “E, così, si finisce per pensare che tutto quanto riceviamo ogni giorno sia ovvio e dovuto. La gratitudine, il saper dire ‘grazie’, ci porta invece ad affermare la presenza di Dio-amore. E anche a riconoscere l’importanza degli altri, vincendo l’insoddisfazione e l’indifferenza che ci abbruttiscono il cuore.

E’ fondamentale saper ringraziare. Ogni giorno, dire grazie al Signore, ogni giorno saperci ringraziare tra di noi: in famiglia, per quelle piccole cose che riceviamo a volte senza neanche chiederci da dove arrivino; nei luoghi che frequentiamo quotidianamente, per i tanti servizi di cui godiamo e per le persone che ci sostengono; nelle nostre comunità cristiane, per l’amore di Dio che sperimentiamo attraverso la vicinanza di fratelli e sorelle che spesso in silenzio pregano, offrono, soffrono, camminano con noi”.

Le vite di due nuovi Santi ricordano l’attualizzazione di queste due parole fondamentale: “Il Vescovo Scalabrini, che fondò due Congregazioni per la cura dei migranti, una maschile e una femminile, affermava che nel comune camminare di coloro che emigrano non bisogna vedere solo problemi, ma anche un disegno della Provvidenza…

C’è una migrazione, in questo momento, qui in Europa, che ci fa soffrire tanto e ci muove ad aprire il cuore: la migrazione degli ucraini che fuggono dalla guerra.

Non dimentichiamo oggi la martoriata Ucraina! Scalabrini guardava oltre, guardava avanti, verso un mondo e una Chiesa senza barriere, senza stranieri. Da parte sua, il fratello salesiano Artemide Zatti, con la sua bicicletta, è stato un esempio vivente di gratitudine: guarito dalla tubercolosi, dedicò tutta la vita a gratificare gli altri, a curare gli infermi con amore e tenerezza.

Si racconta di averlo visto caricarsi sulle spalle il corpo morto di uno dei suoi ammalati. Pieno di gratitudine per quanto aveva ricevuto, volle dire il suo ‘grazie’ facendosi carico delle ferite degli altri”.

(Foto: Santa Sede)

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