Papa Francesco: mai perdere lo stupore

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Non solo stupirsi del piano di salvezza, ma stupirsi del fatto che Gesù ci coinvolge in questo piano di salvezza; martedì 30 agosto papa Francesco ha concluso gli incontri con i cardinali con una celebrazione eucaristica con i nuovi porporati, cui è stata consegnata la berretta rossa nel concistoro di sabato 27 agosto.

La messa, alla quale hanno partecipato 4.500 fedeli, è stata concelebrata dal Pontefice con i nuovi cardinali, anche se il Papa, ancora a causa del dolore al ginocchio, ha presieduto la celebrazione eucaristica stando seduto e pronunciando l’omelia, mentre gli atti liturgici sono stati affidati al cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio.

Rivolgendosi ai cardinali il papa ha sottolineato come quello stupore di cui nella lettura parla san Paolo di fronte al disegno di salvezza di Dio, e quello dei discepoli nell’incontro con Gesù risorto:

“L’inno con cui si apre la Lettera agli Efesini sgorga dalla contemplazione del piano salvifico di Dio nella storia. Come rimaniamo incantati al cospetto dell’universo che ci circonda, così ci pervade lo stupore considerando la storia della salvezza. E se nel cosmo ogni cosa si muove o sta ferma secondo l’impalpabile forza di gravità, nel disegno di Dio attraverso i tempi tutto trova origine, sussistenza, destinazione e fine in Cristo”.

La centralità dell’espressione paolina è Cristo: “Nell’inno paolino questa espressione (‘in Cristo’ o ‘in Lui’) è il cardine che sorregge tutte le fasi della storia della salvezza: in Cristo siamo stati benedetti prima della creazione; in Lui siamo stati chiamati; in Lui siamo stati redenti; in Lui ogni creatura è ricondotta all’unità, e tutti, vicini e lontani, primi e ultimi, siamo destinati, grazie all’opera dello Spirito Santo, ad essere a lode della gloria di Dio”.

L’inno paolino si trasforma nello stupore evangelico: “Se poi ci addentriamo nel breve ma denso racconto evangelico, se insieme ai discepoli rispondiamo all’appello del Signore e ci rechiamo in Galilea (ognuno di noi ha la propria Galilea nella propria storia, quella Galilea nella quale abbiamo sentito la chiamata del Signore, lo sguardo del Signore che ci ha chiamato; tornare a quella Galilea), se torniamo a quella Galilea, sul monte da Lui indicato, sperimentiamo un nuovo stupore”.

In Galilea si manifesta la salvezza: “Questa volta, a incantarci, non è il piano di salvezza in sé stesso, ma il fatto, ancora più sorprendente, che Dio ci coinvolge, in questo suo disegno: è la realtà della missione degli apostoli con Cristo risorto…

Queste parole del Risorto hanno ancora la forza di far vibrare i nostri cuori, a duemila anni di distanza. Non finisce di stupirci l’insondabile decisione divina di evangelizzare il mondo a partire da quel misero gruppo di discepoli, i quali (come annota l’Evangelista) erano ancora dubbiosi”.

E’ un invito ai cardinali a non perdere lo stupore della salvezza: “Che Dio ce lo conservi sempre vivo, perché esso ci libera dalla tentazione di sentirci ‘all’altezza’, di sentirci ‘eminentissimi’, di nutrire la falsa sicurezza che oggi, in realtà, è diverso, non è più come agli inizi, oggi la Chiesa è grande, la Chiesa è solida, e noi siamo posti ai gradi eminenti della sua gerarchia, ci chiamano ‘eminenze’… Questo è il tarlo della mondanità spirituale”.

Lo stupore sta nella Chiesa: “In verità, la Parola di Dio oggi risveglia in noi lo stupore di essere nella Chiesa, lo stupore di essere Chiesa! Torniamo a questo stupore iniziale, battesimale! Ed è questo che rende attraente la comunità dei credenti, prima per loro stessi e poi per tutti: il duplice mistero di essere benedetti in Cristo e di andare con Cristo nel mondo.

E tale stupore non diminuisce in noi con il passare degli anni, non viene meno con il crescere delle nostre responsabilità nella Chiesa. Grazie a Dio no. Si rafforza, si approfondisce”.

Colui che sa stupirsi è un ministro della Chiesa: “Questo, cari fratelli e sorelle, è un ministro della Chiesa: uno che sa meravigliarsi davanti al disegno di Dio e che con questo spirito ama appassionatamente la Chiesa, pronto a servire la sua missione dove e come vuole lo Spirito Santo. E questo forse è la misura, il termometro della nostra vita spirituale”.

(Foto: Santa Sede)

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