L’impegno di Sant’Egidio in Ucraina: ora serve una tregua

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“Cinquanta giorni di guerra sono troppi ed hanno già portato a troppe vittime, sfollati, sofferenze e distruzioni. Per questo lanciamo un appello alle autorità dei diversi paesi perché accolgano la proposta avanzata da papa Francesco per una tregua di Pasqua, perché tacciano le armi. Un momento lungo, di due settimane in Ucraina per la presenza dei riti cattolici e ortodossi, che porterebbe a salvare migliaia di vite e a consentire a tante famiglie di potersi spostare in sicurezza da luoghi ancora al centro del conflitto”.

A lanciare questo appello è stato, pochi giorni prima di Pasqua, il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, durante una conferenza stampa a Roma nella quale è stato presentato il lavoro umanitario e di accoglienza ai profughi, portato avanti in queste difficili settimane dalla Comunità presente in Ucraina dal 1991.

Il presidente della Comunità di Sant’Egidio ha fatto il punto sulla ‘resistenza solidale’ degli aiuti agli ucraini, in patria ed espatriati. Generi di necessità raccolti e spediti in Ucraina:

“Arrivare alla pace dopo tanto odio, sangue e violenza a causa dell’aggressione russa è difficile. Ma bisogna tentare. E pensare al domani. Noi speriamo e preghiamo che si possa iniziare a parlare di ricostruzione dell’Ucraina e ritorno a casa dei profughi. I civili stanno morendo a migliaia. Tanti anziani rischiano la vita bloccati negli istituti, malati, non autosufficienti o isolati senza cibo, acqua e medicinali”.

Sul fronte della raccolta e dell’invio di aiuti, Impagliazzo ha citato le 73.000 confezioni di materiale sanitario e farmaci, soprattutto per dializzati e per la cura della tiroide e le 110 tonnellate di aiuti, con un solo tir carico di plaid e biancheria intima:

“Ogni giorno continuano i viaggi per portare aiuti, mentre possiamo testimoniare la grande mobilitazione dei cittadini e l’attenzione dedicata, in particolare, a famiglie, malati, anziani e portatori di handicap. Abbiamo inviato 73.000 confezioni di medicinali, con particolare attenzione alle persone dializzate. Un’altra richiesta riguarda i farmaci per la cura della tiroide di cui la popolazione ucraina ancora soffre a causa dell’incidente di Chernobyl.

Ed ancora, servono insulina e anti emorragici, anestetici e materiali per le medicazioni dei feriti e degli ustionati, che purtroppo sono tanti”. In collegamento da Leopoli, centro di smistamento in Ucraina degli aiuti della Comunità, Yuriy Lifanse spiega che «grazie ai volontari nel Paese riusciamo a portare gli aiuti direttamente ai profughi, a Kharkiv, Bucha, Dniepr, Kiev. A Mariupol no, purtroppo è impossibile far arrivare aiuti, lì molte persone sono bloccate nei rifugi, a volte sotto le macerie”.

A testimoniare le difficoltà che ancora vive la popolazione ucraina è stato Jurij Lifanse, responsabile di Sant’Egidio in Ucraina, collegato da Leopoli: “Soprattutto in questa città ci troviamo in una fase di difficoltà. Continuano a giungere famiglie che riescono a scappare da Mariupol.

Mancano soprattutto posti per dormire, visto che Leopoli è una città aumentata del 30% di abitanti per i tanti sfollati. Poi manca il cibo perché la gente, non lavorando a causa della guerra, non vede uno stipendio da mesi. In difficoltà sono soprattutto gli anziani e i bambini e le famiglie in cerca di lavoro. Quello che serve veramente è festeggiare la Pasqua senza gli allarmi e con una tregua”.

I profughi accolti finora in Italia da Sant’Egidio sono 621: solo a Roma sono 210, gli altri in Piemonte, Valle D’Aosta, Liguria, Campania, Sicilia, Lombardia, Toscana. Complessivamente le Comunità in tutta Europa, soprattutto nei Paesi dell’Est, hanno accolto circa 1.500 ucraini, come ha testimoniato Giulia, profuga ucraina:

“Qui in Italia molti di loro si sono presto messi a disposizione dei connazionali. Arriviamo spaventati, angosciati dal futuro perché non si può vivere tra le sirene e le bombe che arrivano in testa. Qui abbiamo trovato accoglienza e amore, stiamo seguendo corsi d’italiano, i nostri figli vanno a scuola e hanno nuovi amici”.

(Foto: Comunità di Sant’Egidio)

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