Papa Francesco: la redenzione inizia nel deserto

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“Evcharistó! [Grazie!]. Dalla lingua greca è venuta per tutta la Chiesa questa parola che riassume il dono di Cristo: Eucaristia. E così per noi cristiani il ringraziamento è inscritto nel cuore della fede e della vita. Che lo Spirito Santo possa fare di tutto il nostro essere e agire un’Eucaristia, un rendimento di grazie a Dio e un dono d’amore ai fratelli… Domani lascerò la Grecia, ma non lascerò voi! Vi porterò con me, nella memoria e nella preghiera. E anche voi, per favore, continuate a pregare per me”.

Queste le parole di papa Francesco al termine della celebrazione eucaristica per la seconda Domenica di Avvento nella Megaron Concert Hall, l’auditorium della capitale greca. E l’arcivescovo di Atene, mons. Theodoros Kontidis, ha ringraziato il papa per la presenza:

“La Sua presenza ci fa sentire e riconoscere che siamo uniti con la Chiesa universale come un corpo in Cristo, con i fedeli di ogni parte del mondo. Questo succede in ogni Messa, ma oggi lo viviamo in modo speciale, perché vediamo in Lei l’unità e l’universalità della Chiesa.

La ringraziamo di cuore, Santità, perché è venuto presso di noi. La ringraziamo per la celebrazione della Santa Messa insieme. La ringraziamo per tutto quello che fa per la Chiesa nel mondo e per il Suo insegnamento che ci incoraggia a seguire la via di Gesù. Preghiamo per Lei affinché il Dio Santo Le dia coraggio e luce per guidare il popolo di Dio nella via del Vangelo”.

Nell’omelia papa Francesco ha messo in evidenza la figura di san Giovanni Battista, che predica nel deserto la conversione: “Dalle righe del Vangelo emerge una sottile ironia: dai piani alti dove dimorano i detentori del potere si passa improvvisamente al deserto, a un uomo sconosciuto e solitario.

Dio sorprende, le sue scelte sorprendono: non rientrano nelle previsioni umane, non seguono la potenza e la grandezza che l’uomo abitualmente gli associa. Il Signore predilige la piccolezza e l’umiltà”.

La redenzione richiede il deserto: “La redenzione non inizia a Gerusalemme, ad Atene o a Roma, ma nel deserto. Questa strategia paradossale ci dona un messaggio molto bello: avere autorità, essere colti e famosi non è una garanzia per piacere a Dio; anzi, potrebbe indurre a insuperbirsi e a respingerlo. Serve invece essere poveri dentro, come povero è il deserto”.

Il deserto è il luogo dove avvengono le trasformazioni: “Il Precursore prepara la venuta di Cristo in questo luogo impervio e inospitale, pieno di pericoli… Proprio lì, nel luogo dell’aridità, in quello spazio vuoto che si stende a perdita d’occhio e dove quasi non c’è vita, lì si rivela la gloria del Signore, che (come profetizzano le Scritture) cambia il deserto in un lago, la terra arida in sorgenti d’acqua (Is 41,18)”.

Il papa ha sottolineato che Dio visita le persone nei ‘vuoti’ della vita: “Ecco un altro messaggio rincuorante: Dio, adesso come allora, volge lo sguardo dove dominano tristezza e solitudine. Possiamo sperimentarlo nella vita: Egli spesso non riesce a raggiungerci mentre siamo tra gli applausi e pensiamo solo a noi stessi; ci riesce soprattutto nelle ore della prova. Ci visita nelle situazioni difficili, nei nostri vuoti che gli lasciano spazio, nei nostri deserti esistenziali. Lì ci visita il Signore”.

Ed ecco la liberazione: “Non c’è dunque luogo che Dio non voglia visitare. E oggi non possiamo che provare gioia nel vederlo scegliere il deserto, per raggiungerci nella nostra piccolezza che ama e nella nostra aridità che vuole dissetare! Allora, carissimi, non temete la piccolezza, perché la questione non è essere piccoli e pochi, ma aprirsi a Dio e agli altri. E non temete nemmeno le aridità, perché non le teme Dio, che lì viene a visitarci!”

La seconda parola è conversione, esplicata meglio nel significato greco: “Ci può venire in aiuto la vostra bella lingua, il greco, con l’etimologia del verbo evangelico ‘convertirsi’, metanoéin. E’ composto dalla preposizione metá, che qui significa oltre, e dal verbo noéin, che vuol dire pensare.

Convertirsi è allora pensare oltre, cioè andare oltre il modo abituale di pensare, al di là dei nostri soliti schemi mentali. Penso proprio agli schemi che riducono tutto al nostro io, alla nostra pretesa di autosufficienza.

O a quelli chiusi dalla rigidità e dalla paura che paralizzano, dalla tentazione del ‘si è sempre fatto così, perché cambiare?’, dall’idea che i deserti della vita siano luoghi di morte e non della presenza di Dio”.

La conversione è pensare che Dio è più grande della realtà: “Convertirsi, allora, significa non dare ascolto a ciò che affossa la speranza, a chi ripete che nella vita non cambierà mai nulla, i pessimisti di sempre. E’ rifiutare di credere che siamo destinati ad affondare nelle sabbie mobili della mediocrità.

E’ non arrendersi ai fantasmi interiori, che si presentano soprattutto nei momenti di prova per scoraggiarci e dirci che non ce la faremo, che tutto va male e che diventare santi non fa per noi. Non è così, perché c’è Dio. Bisogna fidarsi di Lui, perché è Lui il nostro oltre, la nostra forza. Tutto cambia se si lascia a Lui il primo posto”.

Ed infine una preghiera alla Madre di Dio: “E mentre questo nostro incontro ci rinnova nella speranza e nella gioia di Gesù, e io gioisco stando con voi, chiediamo alla nostra Madre, la Tuttasanta, che ci aiuti a essere, come lei, testimoni di speranza, seminatori di gioia intorno a noi, la speranza, fratelli e sorelle, non delude, non delude mai”.

(Foto: Santa Sede)

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