A San Marino il vescovo invita all’impegno per la vita

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Domenica 26 settembre 2021 a San Marino si è votato sulla legalizzazione dell’aborto: alle urne il 41,1% degli elettori (il 60,30% degli interni, il 5,69% degli esteri). I ‘sì’ hanno raggiunto il 77,30%: 11.119 sanmarinesi (su 14.558 votanti) si sono dichiarati favorevoli non solo alla legalizzazione dell’aborto fino alla dodicesima settimana.

Ad un mese dal risultano il vescovo di San Marino-Montefeltro, mons. Andrea Turazzi, ha rivolto un appello per ‘riorganizzare la speranza’, invitando a partecipare alla ‘Veglia per la Vita nascente’, organizzata dall’associazione ‘Papa Giovanni XXIII’ lunedì 29 novembre, proprio nella città del monte Titano:

“Adesso viene il momento della coerenza: non con dichiarazioni o proclami, ma con un fattivo impegno. Accolgo e invito a far circolare le testimonianze di aiuto alle donne e alle famiglie e ad esprimere vicinanza a chi ha vissuto il dramma dell’interruzione volontaria della gravidanza: è uno spazio di sofferenza che ci unisce e ci provoca”.

Ringraziando chi si è impegnato nel referendum il vescovo ha evidenziato che è mancato un coinvolgimento dei cittadini: “Ringrazio chi si è impegnato in questa campagna ed ha speso tempo, intelligenza, cuore; sia chi l’ha fatto per un profondo senso religioso della vita, sia chi l’ha fatto alla luce della ragione. Per gli uni e per gli altri resta inaccettabile che vi siano mani che sopprimono un germoglio già pieno di vita nel grembo.

Quanto accaduto ci coinvolge in campo educativo per un’etica della responsabilità, che non prevede scorciatoie né facili pendii, per orientare al meglio le giovani generazioni. Rimane una domanda aperta: a quanto saranno serviti dibattiti, confronti, riflessioni se solo una percentuale minima di Sammarinesi si è espressa col voto?”

Infine ha invitato il legislatore ad offrire un quadro legislativo per la tutela della vita: “Auspico l’offerta di un quadro legislativo di vero aiuto alla donna, di tutela della vita e di accoglienza dell’obiezione di coscienza. Ci sarà una legislazione diversa dall’attuale; si dà una libertà che prima non era prevista. Spero non sia un incentivo ad una prassi abortiva, ad una leggerezza nelle decisioni”.

Mentre nell’appello prima del referendum mons. Turiazzi aveva sollecitato nella tutela della maternità: “Siamo dalla parte della mamma e del futuro papà; in particolare non vogliamo che la donna sia lasciata sola né prima, né dopo la nascita del suo bimbo. Nella maternità risplende in modo mirabile la sua bellezza.

L’interruzione volontaria della gravidanza non è mai senza conseguenze per la donna, a motivo del legame unico e sublime con la creatura che porta in grembo. Crediamo che nessuna donna affronti l’aborto a cuor leggero; è sempre un dramma: non vogliamo lasciare nulla di intentato per trovare alternative. Dobbiamo far sì che mai più una vita non sbocci per insicurezza, sfiducia, solitudine, mancanza di custodia e di tutele o per motivi economici”.

E nella lettera era contenuto l’invito a difendere ogni diritto, partendo da quello della vita: “Oggi, col progresso delle scienze, con i mezzi a disposizione, con la crescita del senso sociale, si può fare davvero tanto per accogliere la vita nascente. L’indice di sviluppo di una società, crediamo, non si valuti tanto con l’economia, ma con il rispetto dei diritti di tutti, a partire da chi è fragile, indifeso, nascituro.

E verranno i giorni del dopo-referendum. Qualunque sia l’esito, ci impegneremo con coerenza per testimoniare il Vangelo della vita, per una cultura ed una politica favorevoli alla famiglia, per un sussulto di consapevolezza e di responsabilità. Cercheremo amici per riorganizzare la speranza. Tutti sono invitati”.

La difesa de diritti umano è parte della propria identità, aveva sottolineato nell’omelia della festa del patrono cittadino: “Considerare, discernere e agire su questi temi di società è parte essenziale della fede cristiana e nostra ‘identità umana’. Si tratta di dare un’anima al sociale.

Il nostro impegno non può essere ridotto a pratiche formalmente funzionali. L’indice di sviluppo oggi non si valuta solo dall’economia, ma soprattutto dal rispetto dei diritti umani, dal rispetto dell’altro: il diverso, il fragile, il nascituro…”.

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