Da Tempio Ampurias un invito a ‘trovare nuove vie di dialogo e di collaborazione’

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“Mai come in un tempo come quello che stiamo vivendo, la Santa Pasqua torna come balsamo di fiducia e di speranza. Il virus che da oltre un anno ha cambiato e stravolto la nostra vita, come la vita del mondo intero, immettendovi dolore, morte e paura, ha condizionano la vita dei singoli individui e le relazioni sociali, ha creato danni incalcolabili sotto il profilo psicologico, sociale ed economico”.

Lo ha affermato mons. Sebastiano Sanguinetti, vescovo di Tempio Ampurias, nel messaggio inviato ai fedeli della diocesi per Pasqua, sottolineando la grave situazione, che si sta vivendo in Sardegna: “Anche il nostro territorio ha pagato e continua a pagare un prezzo molto alto. E se la questione sanitaria ha la preminenza, non meno devastante è stato il suo effetto sull’economia territoriale, a partire dai trasporti e dal turismo, veri assi portanti dell’intero Nord-Est della Sardegna, per il risvolto che hanno anche sull’indotto, non ultimo quello dell’enogastronomia e dell’agro-pastorale.

Per fare un esempio, il trasporto aereo (volano fondamentale del turismo insieme a quello navale) ha avuto sull’aeroporto di Olbia una perdita del 70-75%. Effetto di ciò, insieme alla perdita del lavoro, alla chiusura di tante aziende ed esercizi vari, è l’aumento della povertà. Ai vecchi poveri si sono aggiunti quelli nuovi, diventati tali a causa delle chiusure dovute alla pandemia”.

Ma nonostante questo periodo difficili il vescovo invita ad aprirsi alla Pasqua: “L’umanità attraversa il suo tempo di passione e di dolore, come Cristo l’ha attraversata. Ma proprio l’esperienza umana che Cristo ha voluto condividere con l’umanità anche nei suoi passaggi più tragici e dolorosi, ci dice che dopo il Venerdì Santo c’è la domenica di Risurrezione.

Sulla tomba vuota dove era stato deposto il corpo di Cristo, prima l’Angelo e poi il Risorto stesso, pronunciano parole la vita. La Pasqua è annuncio sempre nuovo che la notte è sempre seguita dal giorno, che il buio è sostituito dalla luce, che il dolore è spesso passaggio verso una gioia più grande”.

E per costruire il futuro il vescovo sottolinea che occorre saper ‘usare’ i doni ‘umani’: “I doni che il Signore ha posto nel cuore dell’uomo e di cui il Risorto è sorgente (intelligenza, creatività, volontà, capacità di altruismo, di solidarietà e di dedizione al bene, ma anche di conversione e di cambiamento dei propri stili di vita sbagliati…) sono la via sulla quale si può costruire un futuro, anche prossimo, migliore. Come in Cristo la morte non è stata l’ultima parola, così pure nella nostra esperienza la pandemia con il suo retaggio di dolore può essere sconfitta e superata”.

Ma soprattutto, conclude il vescovo di Tempio Ampurias, occorre riscoprire la ‘cultura della cura’: “Superando la ricorrente tendenza alla contrapposizione, talora preconcetta, alla rissa verbale e ideologica, occorre trovare nuove vie di dialogo e di collaborazione nel prevalente interesse del bene comune. Con papa Francesco crediamo che il male di uno va a danno di tutti, che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme”.

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