Foibe: dal ricordo la verità

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Oggi le Istituzioni italiane hanno celebrato il ‘Giorno del Ricordo’, che ricorda i massacri delle foibe e l’esodo giuliano dalmata. Istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92, vuole conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. La data è il giorno in cui, nel 1947, furono firmati i trattati di pace di Parigi, che assegnavano alla Jugoslavia l’Istria, il Quarnaro, la città di Zara con la sua provincia e la maggior parte della Venezia Giulia, in precedenza facenti parte dell’Italia.

In questa occasione il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha ricordato che fu una tragedia da non dimenticare: “Ma la tragedia che si è consumata sulle terre del confine orientale a cavallo tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e i primi anni dell’Italia repubblicana non si può cancellare.

Non può essere fatta passare attraverso i filtri e le censure delle ideologie. La storia non è un racconto di parte: è testimonianza di ciò che è stato. E come tale va ricostruita, documentata, studiata e tramandata: specie quando ci riguarda direttamente come italiani”.

Poi il presidente del Senato ha invitato a non dimenticare: “Ed è sulla base di questa consapevolezza che, con la legge 92 del 2004 è stata istituita questa giornata, per conservare e rinnovare la memoria di ciò che non deve più accadere.  La memoria è una ricchezza preziosa.

Perché è solo su di una memoria piena, condivisa, libera da censure e pregiudizi che può consolidarsi quel percorso di riconciliazione storica e culturale che ha consentito di saldare tante fratture e che ha reso l’Italia una Nazione sempre più moderna, democratica e dialogante. Coltiviamo quindi la memoria; non smettiamo mai di avere fame di conoscenza e di verità”.

D’altro canto il presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico, ha sottolineato che fu persecuzione, senza però negare le ‘aberrazioni’ della politica italiana del periodo: “Per troppo tempo le ferite lasciate da quei terribili eventi sono state confinate nella memoria degli esuli e dei loro discendenti, le cui sofferenze sono state acuite dalla indifferenza o addirittura dalla ostilità di ampie parti del nostro Paese.

Per troppo tempo sono prevalse narrazioni di parte, fortemente distorte da pregiudiziali di natura ideologica e nazionalista, che hanno ostacolato (ed in parte continuano ad ostacolare) una ricostruzione accurata ed oggettiva di quanto realmente avvenuto al confine orientale…

Oggi, sulla base di ricerche autorevoli, imparziali ed accurate, sappiamo che in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia fu messa in atto una feroce persecuzione contro la popolazione italiana inerme, mascherata in molti casi da rappresaglia di membri dell’apparato repressivo nazifascista ed elementi collaborazionisti. Abbiamo dunque tutti gli elementi per respingere senza esitazioni le tesi negazioniste o giustificatorie di quella persecuzione, purtroppo ancora presenti.

Ciò non significa certo ignorare o sminuire le aberrazioni della politica di italianizzazione forzata delle popolazioni slave, condotta dal fascismo, e la ferocia criminale che ispirò la condotta delle forze nazifasciste in Jugoslavia. Verso di esse dobbiamo ribadire la più ferma condanna, in coerenza con la Costituzione che nasce sulla Resistenza e si fonda sui valori antifascisti.

Ma, è bene ribadirlo, nessuna aggressione o violenza, per quanto efferata, può giustificare rappresaglie atroci verso la popolazione inerme, come quelle commesse contro gli italiani sul confine orientale”.

Infine il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha denunciato l’orrore delle foibe: “Tanto sangue innocente bagnò quelle terre. L’orrore delle foibe colpisce le nostre coscienze. Il dolore, che provocò e accompagnò l’esodo delle comunità italiane giuliano-dalmate e istriane, tardò ad essere fatto proprio dalla coscienza della Repubblica.

Prezioso è stato il contributo delle associazioni degli esuli per riportare alla luce vicende storiche oscurate o dimenticate, e contribuire così a quella ricostruzione della memoria che resta condizione per affermare pienamente i valori di libertà, democrazia, pace”.

Però le sofferenze non si devono eludere per evitare l’odio: “Le sofferenze patite non possono essere negate. Il futuro è affidato alla capacità di evitare che il dolore si trasformi in risentimento e questo in odio, tale da impedire alle nuove generazioni di ricostruire una convivenza fatta di rispetto reciproco e di collaborazione.

Ogni comunità custodisce la memoria delle proprie esperienze più strazianti e le proprie ragioni storiche. E’ dal riconoscimento reciproco che riparte il dialogo e l’amicizia, tra le persone e le culture”.

Ed è proprio dall’incontro che nasce la proposta di Gorizia e Nova Gorica capitale della cultura europea: “Si tratta di valori che abbiamo voluto riaffermare con il Presidente della Repubblica di Slovenia, Borut Pahor, che ringrazio ancora per l’incontro e le iniziative del luglio scorso, in occasione della firma del protocollo d’intesa per la restituzione del Narodni Dom alla minoranza linguistica slovena in Italia.

Da questi valori discendono progetti altamente apprezzabili come la scelta di fare di Gorizia e Nova Gorica, congiuntamente, capitale della cultura europea 2025.

Atti di alto significato simbolico che dimostrano una volta di più come la integrazione di italiani, sloveni e croati nell’Unione Europea abbia aperto alle nostre nazioni orizzonti di solidarietà, amicizia, collaborazione e sviluppo.

Il passato non si cancella. Ma è doveroso assicurare ai giovani di queste terre il diritto a un avvenire comune di pace e di prosperità”.  

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