Papa nel messaggio per la pace invita alla cultura della cura

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“Il 2020 è stato segnato dalla grande crisi sanitaria del Covid-19, trasformatasi in un fenomeno multisettoriale e globale, aggravando crisi tra loro fortemente interrelate, come quelle climatica, alimentare, economica e migratoria, e provocando pesanti sofferenze e disagi. Penso anzitutto a coloro che hanno perso un familiare o una persona cara, ma anche a quanti sono rimasti senza lavoro. Un ricordo speciale va ai medici, agli infermieri, ai farmacisti, ai ricercatori, ai volontari, ai cappellani e al personale di ospedali e centri sanitari, che si sono prodigati e continuano a farlo, con grandi fatiche e sacrifici, al punto che alcuni di loro sono morti nel tentativo di essere accanto ai malati, di alleviarne le sofferenze o salvarne la vita”.

Così inizia il messaggio di papa Francesco per la 54^ Giornata mondiale per la pace, che si celebra il prossimo 1° gennaio sul tema ‘La cultura della cura come percorso di pace’, per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, spesso prevalente. Presentando il messaggio ieri il card. Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha sottolineato la volontà di ‘debellare la cultura dell’indifferenza’:

“E’ stato papa Benedetto XVI a dire che: ‘L’amore, come luce, è stato il primo atto creato da Dio’. Intende dire che, se la creazione esprime la manifestazione di Dio fuori di sé, la motivazione di questa manifestazione/azione si trova nel suo amore. L’amore di Dio elargito verso di noi crea non soltanto il nostro essere (la nostra vita), ma anche la custodia, ne prende cura. Nel suo amore Dio ci genera/crea; ci dà la vita e la protegga, ne prende cura”.

La cultura della cura è sempre presente nei racconti biblici: “Quindi la presentazione della cultura della cura parte del primo libro della Bibbia che racconta la creazione della vita, le sue prime minace e gli interventi di Dio per proteggerla, e assicurarla una continuazione: un senso rafforzato del precetto del Shabbat e il Giubileo.

Pertanto la cura divina assicura la dignità a una persona, e la realizzazione del diritto-dono d’essere/esistere. Nello stesso racconto, la persona umana, creata all’immagine di Dio e alla sua somiglianza, è chiamata, da parte sua, a prendere cura dei suoi simili (Caino ed Abele) e la terra (giardino da coltivare e custodire). La cura divina diventa un esemplare, un modello di cura per la persona umana e la terra, soprattutto nel senso che la cura divina conserva l’armonia della creazione, perché la pace e la violenza non possono abitare nella stessa dimora”.

Anche mons. Bruno-Marie Duffé, segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha spiegato il significato della cultura della cura: “La cultura è un modo di essere e di costruire un modo di pensare ‘l’essere insieme’. La ‘cultura della cura’ richiede quindi una certa visione delle persone e delle condizioni di vita. ‘Prendersi cura’ non significa solo fornire assistenza, anche se l’assistenza e i medicinali sono indispensabili.

‘Prendersi cura’ significa avvicinarsi agli altri, al loro corpo e alla loro vita, e ascoltare la loro sofferenza, come si impara ad ascoltare un cuore che batte. La dignità inizia con lo sguardo e l’ascolto. Così, la ‘cultura della cura’ è inseparabile dalla ‘cultura dell’incontro’ che è centrale nell’insegnamento morale e pastorale di papa Francesco”.

La dott.ssa a Dott.ssa Christine Jeangey, officiale del dicastero, ha sottolineato che via della pace è la ‘cultura della cura’ di papa Francesco: “Egli riafferma l’importanza di relazioni internazionali fondate sulla fratellanza, sul rispetto reciproco, sulla solidarietà e sull’osservanza del diritto internazionale e ribadisce la centralità della tutela e della promozione dei diritti umani fondamentali.

Dinanzi alla crisi che attraversa il diritto internazionale dei diritti dell’uomo, la cultura della cura implica l’impegno a colmare le numerose inadempienze e, per quanto concerne i dibattiti e i negoziati a livello multilaterale, ad accantonare visioni parziali ed interpretazioni controverse e a superare l’eccessiva politicizzazione, in favore di un approccio solidale ai diritti fondamentali in vista del bene comune dell’intera umanità”.

Infine la dott.ssa Anne-Julie Kerheul, officiale della Seconda Sezione della Segreteria di Stato, ha sottolineato che la ‘cultura della cura’ è la ‘grammatica’ dei diritti umani: “Questa ‘grammatica’ della cura si è espressa, tra l’altro, nel riconoscimento e nella formulazione dei diritti umani, sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani.

Pur sottolineando i diritti della persona umana, questa Dichiarazione non omette di sottolineare il fatto che la persona umana appartiene alla famiglia umana. L’idea di giustizia, insita nella garanzia dei diritti umani, si coniuga così con la necessità di tener conto della natura relazionale e sociale della persona umana”.

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