Il papa propone la virtù della carità

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Nell’udienza generale, trasmessa sempre dalla biblioteca del Palazzo Apostolico in streaming, papa Francesco ha messo  in evidenza ciò che il coronavirus ha fatto emergere in questi mesi: “La pandemia ha messo allo scoperto la difficile situazione dei poveri e la grande ineguaglianza che regna nel mondo. E il virus, mentre non fa eccezioni tra le persone, ha trovato, nel suo cammino devastante, grandi disuguaglianze e discriminazioni. E le ha aumentate!”

Ed ha indicato due strade indispensabili per debellare il virus, che devono essere percorse contemporaneamente, perché sono parallele: “La risposta alla pandemia è quindi duplice. Da un lato, è indispensabile trovare la cura per un virus piccolo ma tremendo, che mette in ginocchio il mondo intero. Dall’altro, dobbiamo curare un grande virus, quello dell’ingiustizia sociale, della disuguaglianza di opportunità, della emarginazione e della mancanza di protezione dei più deboli.

In questa doppia risposta di guarigione c’è una scelta che, secondo il Vangelo, non può mancare: l’opzione preferenziale per i poveri. E questa non è un’opzione politica; neppure un’opzione ideologica, un’opzione di partiti.

L’opzione preferenziale per i poveri è al centro del Vangelo. E il primo a farla è stato Gesù; lo abbiamo sentito nel brano della Lettera ai Corinzi che è stato letto all’inizio. Lui, essendo ricco, si è fatto povero per arricchire noi. Si è fatto uno di noi e per questo, al centro del Vangelo, al centro dell’annuncio di Gesù c’è questa opzione”.

Ripercorrendo la Dottrina Sociale della Chiesa il papa ha sottolineato l’opzione del cristianesimo per i poveri ad imitazione di Gesù: “Cristo stesso, che è Dio, ha spogliato sé stesso, rendendosi simile agli uomini; e non ha scelto una vita di privilegio, ma ha scelto la condizione di servo. Annientò sé stesso facendosi servo… E tante volte è stato giudicato come un uomo impuro perché andava dai malati, dai lebbrosi, che secondo la legge dell’epoca erano impuri. E Lui ha rischiato per essere vicino ai poveri.

Per questo, i seguaci di Gesù si riconoscono dalla loro vicinanza ai poveri, ai piccoli, ai malati e ai carcerati, agli esclusi, ai dimenticati, a chi è privo del cibo e dei vestiti. Possiamo leggere quel famoso parametro sul quale saremo giudicati tutti, saremo giudicati tutti… Questo è un criterio-chiave di autenticità cristiana. Alcuni pensano, erroneamente, che questo amore preferenziale per i poveri sia un compito per pochi, ma in realtà è la missione di tutta la Chiesa, diceva san Giovanni Paolo II”.

Riprendendo l’Istruzione su alcuni aspetti della ‘Teologia della Liberazione’ del 1984 il papa ha sottolineato che la fede spinge alla preferenza dei ‘bisognosi’: “Implica infatti il camminare assieme, il lasciarci evangelizzare da loro, che conoscono bene Cristo sofferente, il lasciarci ‘contagiare’ dalla loro esperienza della salvezza, dalla loro saggezza e dalla loro creatività.

Condividere con i poveri significa arricchirci a vicenda. E, se ci sono strutture sociali malate che impediscono loro di sognare per il futuro, dobbiamo lavorare insieme per guarirle, per cambiarle. E a questo conduce l’amore di Cristo, che ci ha amato fino all’estremo e arriva fino ai confini, ai margini, alle frontiere esistenziali”.  

Proprio la pandemia può essere un’occasione per ‘portare le periferie al centro’: “La pandemia è una crisi e da una crisi non si esce uguali: o usciamo migliori o usciamo peggiori. Noi dovremmo uscire migliori, per migliorare le ingiustizie sociali e il degrado ambientale. Oggi abbiamo un’occasione per costruire qualcosa di diverso.

Per esempio, possiamo far crescere un’economia di sviluppo integrale dei poveri e non di assistenzialismo. Con questo io non voglio condannare l’assistenza, le opere di assistenza sono importanti. Pensiamo al volontariato, che è una delle strutture più belle che ha la Chiesa italiana. Ma dobbiamo andare oltre e risolvere i problemi che ci spingono a fare assistenza”.

Ed ha rilanciato l’opzione preferenziale per i poveri: “questa esigenza etico-sociale che proviene dall’amore di Dio, ci dà l’impulso a pensare e disegnare un’economia dove le persone, e soprattutto i più poveri, siano al centro. E ci incoraggia anche a progettare la cura del virus privilegiando coloro che ne hanno più bisogno.

Sarebbe triste se nel vaccino per il Covid-19 si desse la priorità ai più ricchi! Sarebbe triste se questo vaccino diventasse proprietà di questa o quella Nazione e non sia universale e per tutti.

E che scandalo sarebbe se tutta l’assistenza economica che stiamo osservando (la maggior parte con denaro pubblico) si concentrasse a riscattare industrie che non contribuiscono all’inclusione degli esclusi, alla promozione degli ultimi, al bene comune o alla cura del creato”.

Ed ha proposto alcuni ‘criteri’ per guarire il ‘mondo’, ricordando il metro su cui ci sarà il giudizio indicato nel capitolo 25 del vangelo di Matteo: “Se il virus dovesse nuovamente intensificarsi in un mondo ingiusto per i poveri e i più vulnerabili, dobbiamo cambiare questo mondo.

Con l’esempio di Gesù, il medico dell’amore divino integrale, cioè della guarigione fisica, sociale e spirituale (come era la guarigione che faceva Gesù), dobbiamo agire ora, per guarire le epidemie provocate da piccoli virus invisibili, e per guarire quelle provocate dalle grandi e visibili ingiustizie sociali.

Propongo che ciò venga fatto a partire dall’amore di Dio, ponendo le periferie al centro e gli ultimi al primo posto… E a partire da questo amore concreto, ancorato alla speranza e fondato nella fede, un mondo più sano sarà possibile. Al contrario, usciremo peggio dalla crisi”.

(Foto: Santa Sede)

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