Reineri e Marcelli raccontano le storie del presepe

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“Ciò che va in scena a Greccio, nel Natale 1223, è un fatto che è entrato a far parte dell’immaginario di ogni cristiano, insomma una di quelle storie che suscitano nell’ascoltatore il compiaciuto annuire di chi già sa. Ma cosa può avere da dire ancora una vicenda sentita chissà quante volte e visualizzata in celeberrime rappresentazioni pittoriche?

In questo, come in altri casi, il processo descritto nel ciclo perpetuo tra narrazione ed esegesi diventa fondamentale per la significatività di ciò che si narra: il movimento innescato può essere, infatti, quello di una spirale che punta alla profondità, attraverso una migliore comprensione del rapporto tra testo, contesto e messaggio, o quello di una circonferenza sempre superficiale e ripetitiva, in cui la notorietà degli eventi e una sempre più diffusa insofferenza alla complessità fanno smarrire i passaggi di senso”.

Così si può leggere nel capitolo ‘Greccio 1223’ scritto da Luca Marcelli, contenuto nel libro ‘Il presepe e le sue storie’ a cura di Paolo Reineri con la prefazione del vescovo della diocesi di Rieti, mons. Vito Piccinonna, e contenente i saggi di p. Massimo Fusarelli, ministro generale dell’Ordine Francescano dei Minori, e di mons. Marco Tasca, arcivescovo dell’arcidiocesi di Genova.

Ed a Paolo Reineri e Luca Marcelli chiediamo di raccontarci quali sono le storie del presepe: “Il presepe non è uno solo, ma in ognuno di quelli che abitano le case, le chiese, le strade di tutto il mondo sono contenute le storie delle donne e degli uomini che hanno incontrato e incontrano anche oggi la Storia della nascita di Gesù. Nel libro ‘Il presepe e le sue storie’ abbiamo voluto unire insieme alcuni punti vista partendo da ciò che avvenne 800 anni fa a Greccio per volontà di san Francesco.

Abbiamo voluto leggere le varie parti del presepe attraverso il loro valore spirituale grazie a fra Massimo Fusarelli, ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori. E poi c’è spazio anche per raccontare ai più piccoli, in una sorta di calendario d’Avvento narrativo, la storia di Maria e Giuseppe secondo la tradizione napoletana della Cantata dei pastori rivista e riscritta in prosa”.

Cos’è successo a Greccio nel 1223?

“Dobbiamo alla prima agiografia di Tommaso da Celano uno degli episodi più celebri della vita di Francesco d’Assisi, un fatto entrato, seppur con alcune banalizzazioni, nell’immaginario dei credenti. Francesco aveva da poco ricevuto l’approvazione della Regola dell’Ordine, quando chiede al nobile Giovanni di allestire quanto necessario per celebrare a Greccio la Natività del Signore. Sono la disponibilità e la collaborazione dell’amico e, insieme, le caratteristiche proprie del borgo reatino, a dettare la scelta della location.

Qui va in scena, durante la celebrazione della Messa della notte, una particolare rappresentazione del Natale del Signore, svolta in assenza dei protagonisti. Nel presepe di Francesco infatti, non c’è il Bambino, né la Vergine, né Giuseppe. La greppia vuota, riscaldata da un bue e da un asino, permette così agli astanti di concentrare l’attenzione sull’Eucarestia, segno di un Dio che non si accontenta di venire tra gli uomini, ma che sceglie di restare con loro fino alla fine dei tempi”.

Per quale motivo Francesco volle fare il presepe?

“Riflettendo su questo aspetto, è doveroso fugare alcune forzature contemporanee che fanno del presepe un segno da usare come una clava per ribadire un’identità, marcando in questo modo una distanza. Francesco che aveva partecipato alla quinta fallimentare crociata riuscendo a farsi ricevere dal sultano, non vede nel presepe un’occasione per avanzare rivendicazioni.

Trasformando Greccio nella ‘nuova Betlemme’, il santo d’Assisi ribadisce la necessità per i cristiani di convertire i propri cuori meditando su incarnazione e passione, umiltà e carità. Da questi capisaldi nasce un presepe diverso da quello che abbiamo nelle nostre case: è un presepe eucaristico, che richiama alla centralità della Pasqua che si celebra ogni domenica. E’ un presepe che più che marcare distanze ci aiuta a vedere Dio che si fa prossimo con l’uomo e soprattutto con gli ultimi della Storia, condividendone la condizione”.

Perché il presepe è ‘admirabile signum’?

“Il presepe è ‘Vangelo vivo’ come scrive papa Francesco nella Lettera apostolicaAdmirabile signum’ che chiude il nostro libro. E’ un segno semplice, umile, ma potente dell’Incarnazione di Dio, un modo immediato per raccontare il messaggio di gioia del Natale. E’ anche un luogo davanti al quale pregare e per questo abbiamo chiesto a mons. Marco Tasca, arcivescovo di Genova, già ministro generale dell’Ordine dei frati Minori Conventuali, di scrivere per noi e i nostri lettori una preghiera che permettesse a tutti, da soli, in famiglia, nelle nostre comunità, di stare davanti a Gesù come i pastori”.

A distanza di 800 anni cosa significa ‘fare’ il presepe?

“Oggi fare il presepe vuol dire non dimenticare che è Natale. Cercare con esso di risvegliare nei nostri cuori Gesù e la nostra fede in lui. E’ rivivere nuovamente il miracolo della luce che vince la notte, nonostante il mondo sia abitato dal male che spesso occupa tutti gli spazi e relega il bene alle ‘grotte’ e alle ‘mangiatoie’ di oggi. Come scrive mons. Vito Piccinonna, vescovo di Rieti, nella prefazione, siamo chiamati a ‘non dimenticare una vicenda che ci riguarda tutti, da vicino. E ci porta lontano, fin dove Dio non smette di farsi ancora oggi carne’”.

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