Il prof. Monda racconta l’umorismo secondo papa Benedetto XVI

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“Martedì 19 aprile 2005, ore 17.44, piazza san Pietro, ombelico del mondo: la fumata è bianca. Da qui comincia il percorso di Joseph Ratzinger come Vicario di Cristo in terra. Da qui inizia anche il nostro viaggio alla scoperta di Benedetto XVI, ‘semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore’, come lui stesso si definì quel giorno. Ma queste prime parole, che sono rimaste impresse nella memoria di tutti, sono figlie dell’emozione del momento, rappresentano una formula retorica o rivelano qualcosa di profondo dell’uomo chiamato a succedere a Pietro?”

Scegliendo quest’ultima ipotesi Andrea Monda si addentra in una ‘selva luminosa’ fatta di discrezione, rinuncia, disponibilità, dedizione, leggerezza, sacrificio, autoironia, umorismo, gioia… tutti tasselli preziosi per ricostruire il profilo del pontefice-professore attraverso l’analisi di uno stile in cui forse risiede una delle sue lezioni più importanti. In particolare al centro della scena ci sono, per una volta, l’umiltà (la più misteriosa delle virtù) e il suo frutto più gustoso, l’umorismo, due parole che trovano in humus, terra, una comune radice etimologica:

“Chi è ‘terra terra’, chi non insuperbisce, è a un tempo umile e dotato di umorismo, perché avverte che esiste un mondo più grande del proprio io e, oltre questo mondo, Qualcuno di ancora più grande. Umiltà e umorismo sono ‘il segreto della vita’, soprattutto per un cattolico, e sono due tratti che caratterizzano al massimo grado l’uomo Joseph Ratzinger”.

Con tali parole a Tolentino, su invito del Circolo culturale ‘Tullio Colsalvatico’, il direttore de ‘L’Osservatore Romano’, prof. Andrea Monda, ha presentato il proprio volume, ‘Benedetta umiltà. Le virtù semplici di Joseph Ratzinger’, dedicato a papa Benedetto XVI, che diceva: “La gioia profonda del cuore è anche il vero presupposto dello ‘humour’; e così lo ‘humour’, sotto un certo aspetto, è un indice, un barometro della fede”.

A conclusione dell’incontro abbiamo chiesto ad Andrea Monda di spiegarci il motivo per cui l’umiltà è benedetta da papa Benedetto XVI: “Era un gioco di parole riferito a papa Benedetto XVI e mi riferivo alla sua virtù, che era l’umiltà. E’ una virtù così difficile da trovare negli esseri umani, ma ogni tanto brilla e splende nel cuore di alcune persone, di cui una di queste è stato Joseph Ratzinger. Ho voluto raccontare questa persona, al di fuori dei cliché e delle etichette che gli venivano ‘appiccicate’, nel saggio ‘Benedetta umiltà. Le virtù semplici di Joseph Ratzinger’.

Ed il circolo ‘Tullio Colsalvatico’ mi ha invitato a Tolentino per raccontare questo saggio legandolo all’umorismo. In effetti l’umorismo è presente nel mio saggio, perché umiltà ed umorismo sono due virtù strettamente collegate: la persona umile non si prende troppo sul serio ed è pronto a ridere anche di se stesso; quindi esercita l’umorismo. Esercitando l’umorismo ci si mantiene umili, che è anche un modo per rimanere saggi ed umani”.

Cosa era l’umorismo per papa Benedetto XVI?

“Era un modo di guardare la vita e la realtà con fiducia, pensando che il mondo è buono, perché creato da Dio, che ci vuole bene, anche se siamo limitati e peccatori; questa nostra fragilità  può essere guardata con umiltà e con un senso meno drammatico della vita, senza condannare le persone, ma che ci fa riconoscere che siamo bisognosi di misericordia”.

L’umorismo può essere un tratto di unione tra papa Benedetto XVI e papa Francesco?

“Assolutamente sì! Papa Francesco esercita continuamente nel suo pontificato la virtù dell’umiltà e dell’umorismo, collegandola alla misericordia, che è il grande annuncio di questo papa. Papa Francesco ci dice quello che già papa Benedetto XVI diceva: siamo limitati e siamo in un cammino di imperfezione, ma Dio ci attende e ci sostiene perdonandoci continuamente. La misericordia, quindi, ci aiuta a non prenderci troppo sul serio, ma a cercare di migliorarci con un passo alla volta in questo cammino verso la meta eterna”.

Perché l’umorismo è la caratteristica del cristianesimo?

“L’uomo salvato da Gesù sa di non essersi salvato da solo e sa di non essere onnipotente; quindi ride anche dei propri fallimenti e degli insuccessi dei suoi schemi mentali ed ha la capacità di rimettersi sempre in discussione, cioè di convertirsi, e di rimettersi in gioco. La vita è un gioco, ma che vale la pena vivere: il cristiano sa questo, perché in palio di questo gioco c’è la pienezza della vita eterna”.     

Papa Benedetto XVI ha letto il ‘Signore degli anelli’ di Tolkien?

“Possiamo essere quasi sicuri che papa Benedetto XVI non abbia letto il capolavoro di Tolkien, ma anche altrettanto certi che conosca un piccolo saggio del suo amico e ‘maestro’, il teologo svizzero Hans Urs von Balthasar, dedicato alla ‘semplicità del cristiano’, in cui ha usato parole perfettamente ‘calzanti’ anche per i buffi, goffi e vincenti hobbit tolkieniani.

Nell’analizzare la figura degli ‘anawìm’, von Balthasar ricorda che il vero Israele è un Israele nascosto, rimasto accessibile a Dio e alla sua Parola grazie alla sua povertà, umiliazione, bisogno e pazienza. Israele conosce l’apparente paradosso secondo cui Dio è vicino agli umili e distante invece dai superbi. Gli ‘infimi’ sono, molto semplicemente, coloro che sono aperti a Dio, coloro in cui la sua parola e quindi anche la pienezza della sua sapienza può irrompere”.

L’opera di Tolkien è, dunque, ancora capace di raccontare il mondo?

“La letteratura è il frutto della riflessione dell’uomo sul mistero dell’esistenza. Chesterton sosteneva che la letteratura può essere un lusso, ma la narrativa è una necessità. L’uomo è un animale narrante. Nel ‘900, secolo di crisi in cui sembrava non ci fosse più spazio per le grandi storie ma tutto fosse centrato sull’interiorità, sono nate opere ricche dal punto di vista narrativo.

Nel momento in cui il lettore entra nel libro, esce dal mondo in cui vive per poi tornarvi con una comprensione più nitida di ciò che lo circonda. Ci si astrae dal mondo per dargli un senso. Chi legge ‘Il Signore degli Anelli’ viaggia per la Terra di Mezzo per rientrare nella sua realtà quotidiana più attrezzato per capirla”.

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