‘Noi dell’ultima ora’, una riflessione sull’Avvento e il Natale di Padre Giuseppe Scalella

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“Riflettevo su ciò che sta accadendo. Vedo sempre di più una mancanza di intelligenza, ma non dell’intelligenza in quanto tale ma dell’intelligenza della realtà. È come se fossimo davanti a uno spartito musicale che non sappiamo leggere perché non conosciamo la musica. Siamo stati privati, e lo siamo sempre di più, del metodo per leggere la realtà: il cuore, la coscienza. Non ci colpisce più niente, non siamo provocati e accesi da niente. Eppure la realtà continua a provocare e oggi sempre di più”.

Iniziamo da questo capoverso dell’opuscolo ‘pro manuscripto’ dell’agostiniano p. Giuseppe Scalella, ‘Noi dell’ultima ora’, che è un piccolo dossier per ‘vivere il presente’, in cui cerchiamo di approfondire il tempo di Avvento, che conduce ad una vita nuova, che si apre con Natale.

Con quale atteggiamento accogliere gli ‘operai dell’ultima ora’?

“Con il cuore e la mente aperti. Gli operai dell’ultima ora siamo noi, tutti noi cristiani, mandati a lavorare nella vigna di Dio. Più che domandarci con quale atteggiamento accoglierli, mi pare ci dobbiamo domandare con quale atteggiamento andare nella vigna. Se ci andiamo col dito puntato, con il già “saputo”, con l’atteggiamento di chi non ha niente da imparare e solo da insegnare, con quel moralismo che spesso ci contraddistingue, non faremo sicuramente un buon lavoro.

Dobbiamo dirlo: oggi la sterilità di tante comunità cristiane è data proprio da quegli atteggiamenti. Siamo sinceri: se si presentasse uno, tutto tatuato e con i piercing dalla testa ai piedi, come lo tratteremo? Non lo guarderemmo neppure. E non è un figlio di Dio anche lui? Anzi, a volte capita che chi ha il coraggio di perdere tempo con tipi come lui, scopre una ricchezza di umanità inaudita e un desiderio di vivere che non ha l’eguale.

Papa Francesco si è ormai stancato di ripetere: una Chiesa in uscita. Chiesa in uscita non vuol dire portare la gente in chiesa ma il contrario: portare la chiesa tra la gente. Se provi ad andare in un qualsiasi ambito della vita sociale (scuola, quartiere, mondo del lavoro…) trovi mai un segno, anche minimo, di presenza cristiana? Non parlo del crocifisso, parlo di persone vive che sanno testimoniare lì la fede e sanno aggregare le persone lì.

Ricordo che quando ero a Bologna, nella mia parrocchia c’erano persone che vivevano una presenza cristiana lì dove lavoravano. Tanto che poi mandavano da me chi aveva bisogno di confessarsi. Diciamolo: oggi chi fa una cosa del genere?

Ripeto: c’è solo un atteggiamento per gli operai dell’ultima ora ed è quello di avere un cuore e una mente aperti, e umilmente disposti ad imparare. Mi hanno molto colpito le parole del papa a chiusura della prima sessione del Sinodo: adorare e servire. Cioè, seguire Cristo, imparare il suo sguardo sull’umanità e umilmente servirlo”. 

Allora, durante l’Avvento, in quale modo mettersi in ascolto di una ‘vox clamans’?

La vox clamans è un uomo che grida. E grida perché si sente trattato non come uomo ma come cosa. Quello che mi colpisce di più del recente conflitto Israele – Palestina è che si è arrivati a tanto proprio perché trattati così, come cose. Oggi purtroppo stiamo mercificando tutto, perfino la vita umana. Quando essa diventa una merce o una cosa allora è inevitabile la ribellione. L’uomo non è fatto per questo. In quel caso, se Israele avesse guardato un attimo ma con il cuore aperto, le condizioni in cui erano finiti i Palestinesi, si sarebbero sicuramente evitate tante atrocità.

Questo però vale anche per noi, l’ho già detto. Quando io sento un uomo gridare è perché è in pericolo. Allora mi avvicino e cerco di capire il motivo, la ragione di quel grido. E cercherò con tutti i mezzi possibili di liberarlo da quel pericolo.

Se non ci riuscirò, avrò almeno perso tempo per ascoltarlo. Quante volte mi è capitato di essere stato ringraziato solo per aver ascoltato. Non c’è bisogno di essere esperti o laureati per fare una cosa del genere. E noi questo lo facciamo abitualmente; non si capisce perché non dovremmo farlo nei riguardi di tutte le forme che può assumere un grido”.

Il Natale può essere occasione di scoprire la redenzione?

“Certo, a patto che sia chiaro che cos’è la redenzione. Il vocabolario la definisce così: ‘acquisizione di uno stato di libertà fisica o morale attraverso la liberazione da colpe e motivi d’infelicità’. Definizione assolutamente insufficiente. La redenzione per noi cristiani non è solo essere liberati dal male e dall’infelicità, ma aver acquistato per dono gratuito di far parte della vita di Dio, di poter essere capaci di Dio.

Cioè essere ritornati ad essere quello che erano Adamo ed Eva prima del peccato. La redenzione è la porta dell’Eden che si riapre. E Dio la riapre perché vuol bene così tanto gli uomini che non sopporta la loro schiavitù. Il racconto biblico della liberazione di Israele dall’Egitto è la profezia di quello che sarebbe avvenuto con Gesù di Nazareth.

Con lui Dio non ci libera solo dalla schiavitù fisica ma da quella interiore, che è peggiore di quella fisica. E lo fa in un modo per noi sconcertante e inconsueto: si fa uomo nel seno di una vergine. Se si prova a guardare un’icona russa della Madre di Dio, si vede che con una mano indica il bambino Gesù che tiene in braccio ma il suo volto è triste perché vede già come Dio avrebbe compiuto la liberazione dell’uomo: con il supplizio della croce. Un modo atroce e disumano diremmo noi, ma, senza la morte di Cristo, essa, la morte, sarebbe rimasta a dominare la vita degli uomini.

Allora il mistero del Natale porta già in sé il mistero della redenzione. Il tentativo di eliminare il bambino Gesù appena nato da parte del re Erode fa capire la grandezza della posta in gioco. Se il re Erode vuole uccidere Gesù è perché aveva intuito che non era nato un uomo qualsiasi che gli avrebbe usurpato il regno ma era nato colui che avrebbe liberato le coscienze.

Il potere di un re, come ogni potere del mondo, ha paura solo di un uomo libero, di un uomo che non può sottomettere al suo potere. Basta guardare e capire quello che è successo nella storia e quello che succede ancora oggi in Russia o lì dove ancora sono vive le dittature.

Ma basta guardare e capire anche quello che succede tra noi, quando la dittatura del pensiero unico impone alla gente cosa deve pensare e come deve agire. E’ una nuova schiavitù ma quel che è peggio è che passa inosservata, se non addirittura accettata dai più. Gli uomini di tutti i tempi hanno sempre accettato chi permetteva loro di ripararsi dalle responsabilità. E questo mondo, che non è più cristiano, ne sta dimostrando le conseguenze disastrose.

Mai come in questo tempo ho visto tanta paura per la libertà, perché non c’è niente di più tuo della libertà, e la libertà è responsabilità, cioè rispondere a chi ti offre un prezzo alto ma vantaggioso. Oggi invece si preferisce non rispondere a nessuno e delegare ad altri ogni responsabilità. E non si capisce che così si vende solo se stessi al miglior acquirente. Se il cristianesimo è stato sempre odiato e lo è ancora è solo perché fa uomini liberati e liberi”.      

(Tratto da Aci Stampa)

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