Mons. Renna: testimoni credibili del Risorto

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“Se nello scorso anno pastorale vi invitavo a sostare nella casa di Betania, dove Gesù Cristo amava godere della ospitalità di Marta, Maria e Lazzaro, e da dove ci ha indicato che l’essenziale è l’ascolto dell’Ospite e di ogni persona che incontriamo, quest’anno vi invito a metterci in cammino”: Con queste parole si apre la nuova Lettera pastorale dell’arcivescovo di Catania, mons. Luigi Renna, il cui tema è ‘Camminiamo con il Signore da fratelli per testimoniare il Risorto’.

Nel primo capitolo l’arcivescovo invita ad un discernimento sulla capacità di relazionarsi, sull’accoglienza, sull’ascolto, sull’introduzione alla vita cristiana dei giovani, sulla corresponsabilità nell’evangelizzazione, sulla credibilità della carità.

Il secondo capitolo, centrato sulla sapienza, è un intenso commento al racconto di Emmaus, costellato da domande per la riflessione, che lo inseriscono nel tessuto del territorio della diocesi etnea: “Camminare insieme è un dono: l’isolamento è sempre una deriva triste della vita. E’ un dono che ci fanno gli altri, ma che ci fa soprattutto il Signore nella esperienza dell’Eucarestia.

C’è un rapporto intimo tra l’Eucarestia e il cammino sinodale: noi possiamo camminare insieme perché, come i discepoli di Emmaus, Cristo Signore si fa vicino alla nostra vita e si fa riconoscere nello spezzare del Pane, in quella che negli Atti degli Apostoli viene chiamata ‘la frazione del pane’, che insieme alla preghiera comune e alla comunione fraterna costituisce l’identità della Chiesa di ogni tempo”.

Quindi la celebrazione eucaristica è un sinodo: “Camminare insieme è un dono, ma anche un compito, che chiede discernimento, capacità di aprire gli occhi davanti all’esperienza del Signore che ci accompagna e ci sollecita con la Sua Parola e con la presenza dei fratelli e delle sorelle.

Lo scorso anno pastorale abbiamo vissuto la fase ‘narrativa’: ci siamo ascoltati ed abbiamo ascoltato in clima di conversazione spirituale. Riconosciamo tuttavia di avere sempre un ‘debito’ di accoglienza dell’altro e di quegli ambienti che non siamo ancora riusciti a raggiungere, ma che il Signore vuole avvicinare alla sua Chiesa”.

E’ un invito a non chiudere la porta: “Non chiudiamo la porta ‘dal di dentro’, perché c’è ancora tanta gente che chiede la nostra attenzione e che dobbiamo cercare di comprendere senza pregiudizi; ci sono tante persone compagne di strada nel nostro cammino e noi non lo sappiamo ancora: andiamo a cercarle, come farebbe il Signore, che si reca al pozzo di Sicar, che interpella Zaccheo e Levi ed entra in casa loro”.

Per questo la celebrazione eucaristica è il centro della relazione: “Nella Celebrazione eucaristica abbiamo la fonte e il modello delle nostre relazioni, grazie alle quali ogni battezzato è chiamato a vivere in stile di ascolto e di accoglienza!

Anzi, per la vocazione propria dei fedeli laici, che vivono la loro testimonianza nel mondo, non possiamo non riconoscere il miracolo di una evangelizzazione e di una prossimità che coinvolgono davvero tutti i credenti e che essi sono chiamati a diffondere in tanti ambienti delle nostre città, anche in quelli più ‘bui’!”

In tale cammino si innesta il carisma dei religiosi e delle religiose: “E come non riconoscere anche i carismi di religiose e di religiosi che hanno fatto dell’accoglienza e dell’ascolto dei più poveri lo stile di vita che abbraccia davvero tutta la nostra gente?

La nostalgia e il desiderio di crescere su questo aspetto, a partire dalle piccole cose, vanno presi sul serio, perché sono espressioni del ‘senso di fede’ (sensus fidei) del popolo di Dio, che ha chiesto soprattutto di vivere in quella carità che è il più grande dei doni che il Padre suscita nei suoi figli”.

In questo senso è necessario il linguaggio: “Il tema del linguaggio e della formazione riguarda una grande fascia di età, che va dai diciottenni ai quarantenni, spesso genitori e adulti che non hanno retto nella loro esperienza di fede comunitaria, e si sono magari limitati, nella maggioranza dei casi, ad una manifestazione della fede privata o legata alla devozione popolare, terreno da evangelizzare con amore e pazienza, e con un grande senso di spiritualità”.

Il linguaggio prelude la formazione: “Per questi motivi, argomento privilegiato del nostro discernimento comunitario sarà quello della formazione alla vita cristiana delle nuove generazioni, l’Iniziazione cristiana, sulla quale lavoreremo ad un progetto rinnovato e condiviso con gli operatori pastorali più numerosi nella nostra Diocesi, ossia i catechisti, oltre che con i ministri ordinati”.

Quindi la formazione cristiana parte dalla carità: “Formare alla vita cristiana significa formarsi alla carità verso i poveri, per includerli e farseli amici per oggi e per l’eternità. Le opere caritative fioriscono, ma hanno bisogno di corresponsabilità da parte di tutti.

Occorre che ogni cristiano faccia esperienza di cosa significa vivere la propria vocazione sperimentando la bellezza della carità: anche i seminaristi hanno nel loro programma formativo esperienze caritative costanti e in passaggi decisivi del loro itinerario; e così i futuri diaconi permanenti. Così dovrebbe essere per ogni battezzato, per ogni giovane che si prepara ai sacramenti o vuole conoscere la bellezza della testimonianza cristiana”.

E’ un invito alla carità: “Non possiamo eludere la più grande delle virtù e pensare che essere credenti significhi solo ‘sapere’ le verità di fede; occorre anche vivere da uomini e donne che ‘profumano’ delle pecore più umili. Fare discernimento sulla formazione cristiana, sull’Iniziazione Cristiana significa anche chiederci come educhiamo alla carità”.

E ritornano i discepoli di Emmaus: “Anzitutto ci colpisce positivamente che i discepoli camminano insieme: non sono due persone che si sono chiuse nell’isolamento, ma nell’altro hanno cercato una persona con cui confrontarsi sulle loro delusioni, sulle attese che avevano riposto in Gesù, su ciò che non riescono a comprendere.

I due di Emmaus ci fanno capire che abbiamo sempre bisogno dell’altro, soprattutto nei momenti di crisi come quello che essi stanno vivendo. Cleopa e l’altro discepolo dimostrano di essere un sostegno l’uno per l’altro sulla stessa strada, che è una fuga da Gerusalemme e dalla loro esperienza di discepoli”.

Ma Gesù con pazienza chiarisce i dubbi dei discepoli: “Gesù ricomincia proprio dai loro dubbi e li rimprovera: ‘O stolti e tardi di cuore nel credere a tutto ciò che hanno detto i profeti!’ Quell’ ‘o’ con il quale introduce il suo richiamo, nella lingua del tempo, esprime l’affetto di colui che parla, e attutisce il rimprovero, riempiendolo di dolcezza e senza venire meno alla verità.

Il problema del ‘linguaggio’ nell’annuncio del Vangelo, è anche quello di come ci poniamo davanti agli altri: come dei saccenti, pronti a bacchettare, salvo poi scoprire che dietro le nostre rigidità c’è tanta insicurezza, o come dei sapienti che sanno che la professione di fede passa anche attraverso il crogiuolo del dubbio e che Dio sa ‘scolpire’ la santità di un sant’Agostino, ad esempio, nonostante i suoi dubbi, i suoi peccati, la sua inquietudine?”

Ed ha raccontato la sua esperienza alla GMG di Lisbona: Ho sperimentato una forma nuova, tenendo le catechesi ai giovani alla Giornata mondiale della Gioventù di Lisbona: ai giovani veniva proposto un brano del Vangelo, il testo di una canzone, brevi brani del magistero o di grandi pagine della letteratura ed essi, dopo un tempo di silenzio e di confronto reciproco, rivolgevano delle domande. Ecco un bel modo di evangelizzare che coinvolge!”

E’ un invito a mettere al centro della vita l’Eucarestia: “Ogni comunità abbia grande cura della Celebrazione eucaristica, affinché sia davvero partecipata e centrale nella vita cristiana. Questa centralità si senta anche nelle nostre riunioni, nella formazione dei ragazzi e dei giovani: l’Eucarestia come punto d’arrivo della formazione e punto di partenza della missione.

Tutto ciò che c’è nel ‘mezzo’, ossia le nostre riunioni, le assemblee, la catechesi, l’impegno caritativo, la pietà popolare, si faccia in modo che sia una ‘Eucarestia dilatata’, nella quale si sente il Signore che si fa vicino, che ci ascolta, che ci aiuta a fare la lettura della nostra vita alla luce della sua croce e risurrezione”.

(Foto: Arcidiocesi di Catania)

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