XXVI Domenica del Tempo Ordinario: la vera obbedienza voluta da Dio

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‘Che ve ne pare…?’  Gesù inizia così questa parabola nella quale introduce due figli diversi che incarnano altrettanti atteggiamenti nei confronti del Regno di Dio: da una parte  l’ipocrisia, che, in fondo, è solo disobbedienza e finisce con il colpire l’agire dei farisei; d’altra parte l’apparente ribellione del figlio, che finisce, in fondo, con accogliere il desiderio del Padre.

I due figli, a cui il padre chiede di andare a lavorare sono l’esempio vivo di questi due modi differenti di reagire di fronte  ad uno stimolo: l’ordine o invito del Padre. Il primo figlio manifesta ciò che effettivamente ha nel cuore: dice di non avere voglia; il secondo figlio risponde con il suo ‘sì’ all’invito, ma il suo agire poi si rivela al contrario. Il primo compie veramente la volontà del Padre perché capisce di avere sbagliato e si pente: il pentimento è il dono mirabile del discernimento del cuore, che permette all’uomo di superare il proprio egoismo e realizzare ciò che è giusto.

L’obbidienza vera non è fatta solo di parole ma di azioni concrete; perciò dirà Gesù: ‘Non chi dice Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre’: perciò invita a guardarsi allo specchio, a guardare dentro la propria coscienza. Da qui le parole di Gesù: che ve ne pare? Chi ha fatto veramente la volontà del padre? 

Gesù non si aspetta una risposta accademica ma reale: una risposta che coinvolge il reale comportamento dell’individuo; ecco perché subito aggiunge: In verità vi dico che i pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti nel regno dei cieli.

I pubblicani erano coloro che per il denaro vendevano la loro dignità di popolo di Dio e servivano i Romani invasori; le prostitute erano le donne che per il denaro vendevano il proprio corpo: si vendono e la loro azione è pubblica, il loro peccato è  sotto gli occhi di tutti. In seguito alla predicazione di Giovanni Battista tanti  pubblicani e prostitute avevano compreso il loro errore e si erano convertiti;

hanno preso coscienza di avere sbagliato e si sono convertiti, hanno cambiato vita;  tanti invece pensando di essere persone per bene (anche se di fatto poi sono affaristi, ladri, fannulloni, mafiosi, sfruttatori etc.), non si mettono davanti allo specchio  della  propria coscienza, non cambiano vita, non si convertono perché sono convinti di essere da tutti stimati come persone per bene.

Dio guarda  le azioni di ciascuno e non le parole o quello che dice la gente; Dio legge nell’intimo del cuore e vede di ognuno la bontà o la cattiveria. Dio non punisce i figli per la cattiva condotta dei padri, ma premia o castiga a ciascuno per le proprie azioni, per la propria personale condotta. 

Non basta perciò essere figli di Abramo, appartenere al popolo di Dio per essere nel numero dei privilegiati, non basta essere battezzati o ricevere i sacramenti per essere sicuri della salvezza; è necessario invece agire bene, amare Dio e il prossimo, fare della legge di Dio la norma della propria vita  vivendo con fede viva e amore profondo: non c’è alternativa, non parole vuote ma azioni concrete. 

Dio ci ha creati uomini liberi e rispetta le nostre scelte, la nostra libertà sia nel bene che nel male. Diceva sant’Agostino: ‘qui creavit te sine te, non salvabit te sine te!’ La nostra risposta all’invito  divino deve essere reale, concreta, fattiva. Dei due chi ha fatto la volontà del padre? Solo colui che pur avendo detto ‘no’ al primo impulso, poi si è pentito ed è andato a lavorare nella vigna. 

Davanti a Dio non ci sono ‘privilegiati’, persone che si salvano ‘per diritto’, tutti siamo uguali: basta ricordare la parabola del ‘Figlio prodigo’ dove il Padre dice al figlio maggiore: tuo fratello era morto ed ora è risuscitato, era perduto ed ora l’ho ritrovato: perché si è convertito. Dio è sempre il Dio dell’amore e della misericordia; noi dobbiamo sempre operare la conversione del cuore se vogliamo il dono promesso da Dio: il posto nel suo regno.

La domanda di Gesù: ‘Chi ha veramente obbedito al padre?’ è una domanda che mira a conoscere chi è il vero ubbidiente e rispettoso; quella obbedienza  vera che permette alla fine di raccogliere frutti buoni, grappoli rigogliosi.

Le parole di Gesù: ‘I pubblicani e le prostitute…’ sono rivolte a ciascuno di noi  quando, a parole,  diciamo ‘sì’, ci vantiamo di essere cristiani, veri credenti  mentre siamo sterili di opere buone e valide.

Dio non vuole condannare nessuno, ma vuole risposte libere e responsabili. Dio ha fiducia nell’uomo, nonostante le nostre miserie, errori e debolezze; ci ama, crede in noi e nella sua misericordia infinita ci esorta ad iniziare una vera conversione del cuore non come ‘nostro dovere’ ma come segno “di amore e di libertà”.             

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