Un invito alla speranza nel tempo del ‘cambiamento climatico’

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Nelle settimane scorse ai Greci e agli Italiani, colpiti dalle calamità naturali, papa Francesco ha inviato due telegrammi a firma del card. Parolin, in quanto “è profondamente preoccupato per la minaccia alla vita e per i danni causati dagli incendi diffusi in varie parti della Grecia, e non solo”, causati dall’ondata di caldo che sta colpendo diversi Paesi europei, sottolineando che “i rischi per la nostra Casa comune, esacerbati dall’attuale crisi climatica, spronino tutte le persone a rinnovare i loro sforzi per prendersi cura del dono della creazione, per il bene delle generazioni future”.

Mentre agli Italiani papa Francesco ha chiesto “di farsi interprete della sua affettuosa vicinanza alle popolazioni colpite” da nubifragi e incendi, “che evidenziano la necessità di porre in atto sforzi coraggiosi e lungimiranti per affrontare la sfida dei cambiamenti climatici e proteggere responsabilmente il Creato”.

Partiamo da questi due telegrammi per riflettere su questo momento, in cui tutti siamo attanagliati da un dibattito, che potrebbe essere interessante, ma lo abbiamo ridotto ad un inutile profluvio di parole, che potrebbero contribuire ad un ‘innalzamento’ di temperature.

La Coldiretti ha sottolineato che il record storico per il caldo fatto segnare a luglio è stato accompagnato in Italia da una media di 43 eventi estremi al giorno lungo la Penisola, tra grandinate, trombe d’aria, bombe d’acqua, ondate di calore e tempeste di vento, praticamente raddoppiate (+95%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno:

 “Siamo di fronte ad una evidente tendenza alla tropicalizzazione con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal caldo al maltempo. Le alte temperature e l’assenza di precipitazioni hanno inaridito i terreni favorendo l’innesco degli incendi nelle campagne e nei boschi spesso abbandonati”.

 Per la Coldiretti ci sono due fattori concomitanti: “L’ondata di calore africana è la punta dell’iceberg delle anomalie di questo pazzo 2023 che è stato segnato, fino ad ora, prima da una grave siccità che ha compromesso le coltivazioni in campo e poi per alcuni mesi dal moltiplicarsi di eventi meteo estremi, precipitazioni abbondanti e basse temperature ed infine dal caldo torrido di luglio con danni all’agricoltura e alle infrastrutture rurali che supereranno i 6 miliardi dello scorso anno, dei quali oltre 1 miliardo solo per l’alluvione in Romagna”.

 Questo caldo produce gravi perdite all’agricoltura: “L’ondata di caldo sta poi letteralmente ‘bruciando’ la frutta e verdura nei campi con ustioni che provocano la perdita del raccolto che in alcune aziende arrivano al 90%, dai peperoni ai meloni, dalle angurie all’uva, dai pomodori alle melanzane. Le scottature danneggiano in maniera irreversibile frutta e verdura, fino a renderle invendibili…

Il caldo africano di questi giorni taglia anche le produzioni di uova, latte e miele: se nei pollai si registra un netto calo della produzione di uova, le api stremate dal caldo hanno smesso di volare e non svolgono più il prezioso lavoro di trasporto di nettare e polline con un calo del raccolto di miele stimato pari del 70% rispetto allo scorso anno.

Con il termometro sopra i 40 gradi ci sono forti ripercussioni anche per la produzione di latte scesa di oltre il 10% per le mucche nelle stalle mentre le pecore sono costrette a migrare in altura per cercare pascoli verdi. Nelle stalle sono in funzione a pieno ritmo ventilatori e doccette refrigeranti”.

Anche in Europa si parla di ‘cambiamento climatico’ secondo quanto riportato da ‘Osservatorio  dei Balcani e Caucaso’ in un articolo di Romain Chauvet pubblicato sul giornale greco ‘Le Courrier des Balkans’: “Il Mediterraneo è una delle regioni del mondo più vulnerabili ai cambiamenti climatici. Secondo alcuni studi, in Grecia entro il 2050 il numero di ondate di calore all’anno raddoppierà (passando da 10 a 20), le precipitazioni diminuiranno del 10-30%, e il numero di giorni ad alto rischio incendi aumenterà del 15-75%…

Stando ad un rapporto del WWF, in Grecia nel periodo compreso tra il 2016 e il 2020 l’83,5% delle risorse pubbliche stanziate per la protezione antincendio è stato destinato alla lotta contro gli incendi boschivi, mentre solo il 16,5% è andato alla prevenzione. Una ripartizione delle risorse ben lontana da quella considerata adeguata dalle Nazioni Unite, che raccomandano di investire almeno il 45% nella prevenzione degli incendi…

Ogni anno la Grecia viene colpita da violenti incendi. Nel 2021 sull’isola di Eubea tre persone sono morte e migliaia di ettari sono andati in fumo durante un’ondata di calore. Tre anni prima, nel 2018, circa cento persone avevano perso la vita in un incendio scoppiato nella località balneare di Mati”.

Mentre da Sofia Francesco Martino ha analizzato, sempre sul sito dell’Osservatorio dei Balcani e Caucaso la situazione in Bulgaria: “Rispetto al problema degli incendi boschivi, la Bulgaria presenta una situazione che somiglia a quella dei paesi mediterranei, piuttosto che a quelli dell’Europa centrale. Tradizionalmente, gli incendi si presentano in forma più estesa e grave durante le estati secche, come accaduto ad esempio nel 1994, nel 2007, 2012 e 2016.

Secondo i dati oggi disponibili, ogni anno circa 10mila ettari di bosco vengono distrutti dalle fiamme, con perdite economiche dirette stimate intorno ad € 2.500.000. In anni particolarmente difficili, queste cifre possono aumentare drasticamente: per esempio, nel 2012 la superficie boscosa perduta ha raggiunto i 20.000 ettari. Ogni anno, poi, viene registrato uno o più incendi di vaste o vastissime proporzioni, come quello che nel 2017 ha letteralmente devastato la regione di Kresna, nella Bulgaria sud-occidentale”.

E’ inutile ‘girare’ intorno al problema e l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, in una lettera ai cittadini è stato molto chiaro nel dire che quello che sta accadendo non è un’emergenza: “Tutti noi sappiamo però che non si tratta di un’emergenza. Quello che è accaduto in questi giorni è l’esito ultimo di decenni di decisioni, di scelte, di gesti, di omissioni.

La responsabilità di questo disastro ricade certo su chi ha avuto in mano la cosa pubblica, sulla politica; sulle nostre crepe educative, come anche sul modo di annunciare il Vangelo delle nostre comunità cristiane; ricade su di noi, su di noi in quanto popolo.

Non abbiamo fatto abbastanza per cambiare la nostra Casa comune, la Terra; per mettere fine alla logica dello sfruttamento e del profitto e combattere le mafie; per difendere l’ambiente, il territorio, i nostri beni culturali; per creare opportunità di lavoro e servizi sociali. Siamo stati pigri, indolenti, individualisti, fatalisti, distratti da gretti interessi di parte. Il panorama desolato delle nostre città in fiamme, riscaldate da un vento infernale, avvolte dal fumo, prive di acqua e di elettricità, è lo specchio di tutto questo”.

E’ un invito a riprendere il ‘cammino della speranza’, rimettendosi in marcia: “Gesù dalla montagna esortava i poveri ad alzarsi e a mettersi in marcia: questo vuol dire la parola del Vangelo “Beati i poveri!”. Mettiamoci su questa strada, entriamo in questa schiera, sentiamo la responsabilità di creare un mondo diverso, per noi e per coloro che verranno.

Il tempo è ora. La chiamata è ora. Tutti voi, donne e uomini di buona volontà, unitevi, uniamoci. Io sono e sarò accanto a voi, per compiere quest’esodo, per uscire dalla morsa della schiavitù e dell’ingiustizia, per cantare insieme il canto della liberazione e della consolazione”.

(Foto: Banca Etica)

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