Il valore della vita

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‘Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie’: questa poesia di Giuseppe Ungaretti, intitolata ‘Soldati’ mi è venuta in mente, pensando alle due notizie sull’esplosione del sottomarino alla ricerca del Titanic, viaggio giudicato folle, e all’annegamento dei profughi nel mar Egeo, viaggio compiuto per una vita migliore.

La cosa che colpisce è il valore della vita: ha valore se uno se la può permettere; non ha valore se non te la puoi permettere. Se fai un viaggio di ‘piacere’ grandi titoli; se fai un viaggio della ‘speranza’ puoi sentirti dire che non ami la vita e sei incosciente. Ma così va il mondo. Però è un mondo strano, in cui si continua ad affermare che la vita non ha ‘prezzo’, ma alla fine assegniamo un ‘prezzo’: se sei ricco la vita vale, mentre se sei povero essa non ha nessun valore.

Nei giorni scorsi sul ‘Times’ Amy Goodman e Denis Moynihan hanno proposto questo interessante parallelo: “I passeggeri del Titan erano ricchi, due erano miliardari. Ognuno di loro aveva pagato 250.000 dollari per l’avventura di una vita, un’immersione in acque profonde per vedere il relitto del Titanic, il transatlantico ‘inaffondabile’ che affondò nel 1912 dopo aver urtato un iceberg.

Quelli stipati sulla sgangherata barca da pesca Adriana non cercavano l’avventura, ma un rifugio dalla guerra, dalla povertà, dal cambiamento climatico o da una delle tante altre crisi che mettono a repentaglio la vita delle persone e che le costringono a fuggire dalle loro case con poco più dei vestiti che hanno addosso. Hanno pagato dei trafficanti di esseri umani per trasportarli dalla Libia all’Europa.

Forse la differenza più evidente tra questi due disastri è il modo in cui il mondo ha risposto. I governi hanno immediatamente speso milioni per organizzare un’operazione di ricerca e salvataggio per trovare il Titan, sommerso da qualche parte nell’Atlantico settentrionale, in un’area grande due volte il Connecticut…

Nel frattempo, in Grecia, gli ufficiali conoscevano l’esatta posizione dell’Adriana, sovraffollata e disabile. Ora stanno emergendo dettagli scioccanti sul suo affondamento il 14 giugno. I resoconti di prima mano, riportati da El Pais, suggeriscono che la Guardia Costiera greca avrebbe potuto salvare i 400-750 passeggeri della nave condannata, ma ha scelto di non farlo”.

Invece la poesia ungarettiana insegna proprio la fragilità della vita, per cui essa deve essere sempre protetta e valorizzata in ogni occasione e non ci può essere distinzione fra una vita di maggior valore ed una di minor valore, perché la vita è sempre portatrice di speranza.

E’ il destino che Salvatore Quasimodo preconizzava in ‘E’ subito sera’: “Ognuno sta sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera”. La solitudine e  l’egoismo conducono alla morte. Contro questo papa Francesco oppone la fraternità sociale: “Le persone possono sviluppare alcuni atteggiamenti che presentano come valori morali: fortezza, sobrietà, laboriosità e altre virtù.

Ma per orientare adeguatamente gli atti delle varie virtù morali, bisogna considerare anche in quale misura essi realizzino un dinamismo di apertura e di unione verso altre persone.

Tale dinamismo è la carità che Dio infonde. Altrimenti, avremo forse solo un’apparenza di virtù, e queste saranno incapaci di costruire la vita in comune. Perciò san Tommaso d’Aquino. citando sant’Agostino, diceva che la temperanza di una persona avara non è neppure virtuosa”.

In questo senso non resta che ascoltare il monito di Primo Levi, tratto dall’incipit del libro ‘La tregua’, modellato su un testo del Deuteronomio nel quale Mosè esorta Israele a tenere sempre a mente, in ogni momento del giorno, che Dio è l’unico Signore di Israele: “Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome, senza più forza di ricordare, vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore, stando in casa andando per via, coricandovi alzandovi; ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi”.

E’ questione di visione del mondo.

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