Papa Francesco: il pensiero di Pascal è attuale

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Lunedì  19 giugno papa Francesco ha scritto una Lettera Apostolica ‘Sublimitas et miseria hominis’, nel IV centenario della nascita di Blaise Pascal, nato nel 1623, a Clermond-Ferrand, e morto nel 1662, quando aveva appena compiuto i 39 anni d’età, partendo dal Salmo 8:

“A tale interrogativo, posto in un linguaggio così diverso da quello matematico e geometrico, Pascal non si è mai chiuso. Alla base di questo mi pare di poter riconoscere in lui un atteggiamento di fondo, che definirei ‘stupita apertura alla realtà’. Apertura alle altre dimensioni del sapere e dell’esistenza, apertura agli altri, apertura alla società…

Se faccio tale sottolineatura all’inizio di questa lettera, è per insistere sul fatto che né la sua conversione a Cristo, a partire specialmente dalla ‘Notte di fuoco’ del 23 novembre 1654, né il suo straordinario sforzo intellettuale di difesa della fede cristiana hanno fatto di lui una persona isolata dal suo tempo. Era attento ai problemi allora più sentiti, come pure ai bisogni materiali di tutte le componenti della società in cui viveva”.

Pascal era innamorato di Cristo: “Se Blaise Pascal può toccare tutti, è soprattutto perché ha parlato mirabilmente della condizione umana. Sarebbe tuttavia sbagliato non vedere in lui che uno specialista, per quanto geniale, dei costumi umani.

Il monumento che formano i suoi Pensieri, di cui alcune formule isolate sono rimaste celebri, non si può comprendere realmente se si ignora che Gesù Cristo e la Sacra Scrittura ne costituiscono al contempo il centro e la chiave.

Se infatti Pascal ha iniziato a parlare dell’uomo e di Dio, è perché era arrivato alla certezza che «non solo non conosciamo Dio se non tramite Gesù Cristo, ma non conosciamo noi stessi se non tramite Gesù Cristo. Non conosciamo la vita, la morte, se non tramite Gesù Cristo. Fuori di Gesù Cristo non sappiamo cos’è né la nostra vita, né la nostra morte, né Dio né noi stessi”.

Pascal ammonisce dall’usare la fede per i propri obiettivi: “Pascal ci premunisce così contro le false dottrine, le superstizioni o il libertinaggio, che tengono tanti di noi lontani dalla pace e dalla gioia durature di Colui che vuole che scegliamo ‘la vita e il bene’ e non ‘la morte e il male’.

Ma il dramma della nostra vita è che talvolta vediamo male e, di conseguenza, scegliamo male… Per questo l’intelligenza e la fede viva di Pascal, che ha voluto mostrare che la religione cristiana è ‘venerabile perché ha conosciuto bene l’uomo’, e ‘amabile perché promette il vero bene’, possono aiutarci ad avanzare attraverso le oscurità e le disgrazie di questo mondo”.

Per il papa Pascal è una mente eccezionale: “Blaise Pascal ha questo di estremamente stimolante per noi, che ci richiama la grandezza della ragione umana, e ci invita a servircene per decifrare il mondo che ci circonda. L’ esprit de géométrie, che è tale attitudine a comprendere in dettaglio il funzionamento delle cose, gli sarà utile per tutta la vita, come osserva l’eminente teologo Hans Urs von Balthasar…

Questo esercizio fiducioso della ragione naturale, che lo rende solidale con tutti i fratelli umani in cerca di verità, gli permetterà di riconoscere i limiti dell’intelligenza stessa e, nel contempo, di aprirsi alle ragioni soprannaturali della Rivelazione, secondo una logica del paradosso che costituisce il suo marchio filosofico e il fascino letterario dei suoi Pensieri”.

Nella conversione testimonia la gioia della fede: “Sì, il nostro Dio è gioia, e Blaise Pascal lo testimonia a tutta la Chiesa come pure a tutti i cercatori di Dio: ‘Non è il Dio astratto o il Dio cosmico, no. E’ il Dio di una persona, di una chiamata, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il Dio che è certezza, che è sentimento, che è gioia’…

Come ricordava san Giovanni Paolo II nella sua enciclica sui rapporti tra fede e ragione, filosofi come Pascal si distinguono per il rifiuto di ogni presunzione e per la loro scelta di un atteggiamento fatto tanto di umiltà quanto di coraggio”.

Infine sottolinea i rapporti con il giansenismo ed i gesuiti: “Dopo la sua ‘Notte di fuoco’, Pascal si era recato a fare un ritiro all’abbazia di Port-Royal, nel gennaio 1655. Ora, nei mesi seguenti, una controversia importante e già antica, che opponeva i Gesuiti ai ‘Giansenisti’, legati all’Augustinus, si risvegliò alla Sorbona, l’università di Parigi.

La disputa verteva principalmente sulla questione della grazia di Dio e sui rapporti tra la grazia e la natura umana, in particolare il suo libero arbitrio. Pascal, benché non appartenesse alla congregazione di Port-Royal, e benché non fosse un uomo di parte fu incaricato dai Giansenisti di difenderli, soprattutto perché la sua arte retorica era potente. Lo fece nel 1656 e nel 1657, pubblicando una serie di diciotto lettere, denominate Provinciali…

Alcune delle sue stesse affermazioni, però, concernenti ad esempio la predestinazione, tratte dalla teologia dell’ultimo Sant’Agostino, le cui formule erano state già affilate da Giansenio, non suonano giuste. Bisogna tuttavia comprendere che, come sant’Agostino aveva voluto combattere nel V secolo i Pelagiani, i quali sostenevano che l’uomo può con le proprie forze e senza la grazia di Dio fare il bene ed essere salvato, Pascal ha creduto sinceramente di opporsi al pelagianesimo o al semi-pelagianesimo che riteneva di identificare nelle dottrine seguite dai Gesuiti molinisti (dal nome del teologo Luis de Molina, morto nel 1600 ma il cui influsso era ancora vivo a metà del XVII secolo). Facciamogli credito sulla franchezza e la sincerità delle sue intenzioni”.

Presentando la lettera il card. José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, ha sottolineato il ‘fascino’ della sua figura: “Credenti e non credenti sono rimasti affascinati dalla sua figura: Charles Péguy scrisse di lui ‘le plus grand génie que la terre ait jamais porté’; Friedrich Nietzsche lo riteneva ‘l’uomo più profondo dei tempi moderni’.

L’influenza di Pascal fu indiscutibilmente immensa: da Giacomo Leopardi ad Arthur Schopenhauer, da Alessandro Manzoni a Martin Heidegger… pochi sono i pensatori e i filosofi dal XVII secolo in poi che non si siano confrontati con la sua antropologia”.

Ed ha rimarcato alcuni aspetti della lettera: “Pascal fu profondamente influenzato da sant’Agostino d’Ippona ma non fu mai un uomo di partito ed ebbe una sua personale interpretazione del giansenismo quando volle rispondere alla corrente molinista, considerando la tendenza a fare ricorso alla casuistica una sorta di emanazione del pelagianesimo che il grande Dottore della Chiesa aveva così ardentemente combattuto.

E’ in questa chiave di lettura che vanno interpretate le lettere ‘Provinciales’ (i 18 brani che i giansenisti gli chiesero di scrivere in difesa delle loro posizioni, consci della capacità che aveva di convincere con la sua retorica potente e tagliente) ed è anche in questa chiave che vanno considerate le sue posizioni pseudo-predestinazioniste ispirate dagli ultimi scritti di sant’Agostino stesso”.

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