Riflessioni sull’Origine sacramentale del matrimonio e sulle cause giustificative del divorzio: Vangelo secondo Mt 19,9 Amoris Laetitia di Papa Francesco n. 241

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Per tale orgogliosa esaltazione di sé, il peccato è diametralmente opposto all’obbedienza di Gesù, che realizza la salvezza [Cf Fil 2,6 9].Com’è noto i peccati possono essere distinti secondo il loro oggetto (come i reati), come si fa per ogni atto umano (come il delitto), oppure secondo le virtù (cfr. norme penali, erariali) alle quali si oppongono, per eccesso o per difetto, oppure secondo i comandamenti cui si oppongono. Si possono anche suddividere a seconda che riguardino Dio, il prossimo o se stessi; si possono distinguere in peccati spirituali e carnali, o ancora in peccati di pensiero, di parola, di azione e di omissione (cfr. delitto di omissione di soccorso).

La radice del peccato è nel cuore dell’uomo, nella sua libera volontà (CCC nn.1855 1861 1874). Il peccato mortale distrugge la carità nel cuore dell’uomo a causa di una violazione grave della Legge di Dio (molti delitti violano il bene supremo della vita); distoglie l’uomo da Dio, che è il suo fine ultimo e la sua beatitudine, preferendo a lui un bene inferiore. Il peccato veniale ( cfr. reato contravvenzionale) lascia sussistere la carità, quantunque la offenda e la ferisca. (CCC, 1855).

Il peccato mortale, in quanto colpisce il principio vitale che è la carità, richiede una nuova iniziativa della misericordia di Dio e una conversione del cuore, che normalmente si realizza nel sacramento della Riconciliazione: «Quando la volontà si orienta verso una cosa di per sé contraria alla carità, dalla quale siamo ordinati al fine ultimo, il peccato, per il suo stesso oggetto, ha di che essere mortale […] tanto se è contro l’amore di Dio, come la bestemmia, lo spergiuro, ecc., quanto se è contro l’amore del prossimo, come l’omicidio (delitto in materia grave come la vita).

Invece, quando la volontà del peccatore si volge a una cosa che ha in sé un disordine, ma tuttavia non va contro l’amore di Dio e del prossimo è il caso di parole oziose, di riso inopportuno, ecc., tali peccati son o veniali». (CCC, 1856). La materia grave è inoltre precisata dai dieci comandamenti, secondo la risposta di Gesù al giovane ricco.

«Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma ( soltanto, esclusivamente) la bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata» (Mt 12,31). Gli altri 2 elementi si fondano sui citati fattori di natura psico sociale presi in considerazione dal CCC che ho specificato per confermare il mio assunto riguardante la domanda ‘de qua’. (Catechismo della Chiesa Cattolica, CCC nn. 1735, 2352 “Amoris nn. 301,302,303 Quanto illustrato è anche conforme alla magistrale disamina del Presidente emerito del la Corte di Cassazione del Vaticano Cardinale Prof. Pietro Palazzini che ha elaborato un testo imperniato sulla comparazione giuridico teologica fra peccato e reato https://gloria.tv/post/8WT i7XQgAziZ2dEL6jqZni9h.

A questo punto è doveroso riflettere sulla traduzione di “porneia” (Mt 19, 9): 9):“Eccoci di fronte a un passo che ha suscitato una valanga di interpretazioni e commenti e che ha creato una divaricazione persino all’interno delle stesseChiese cristiane”. Il noto Teologo biblista S. Em. Cardinale Gianfranco Ravasi (che ha elaborato i commenti testuali della “Bibbia di Gerusalemme”) ha chiarito magistralmente alcuni rilevanti aspetti ermeneutici.

Il prelato si è espresso in materia in modo esaustivo ed evolutivo, formulando preliminarmente due premesse: “a)La prima è estrinseca. Il testo ricorre anche in una delle sei “antitesi” che Matteo colloca nel Discorso della Montagna. In esse si illustra non tanto il superamento, ma la pienezza che Cristo vuole far emergere dal dettato biblico. Sul ripudio matrimoniale egli affermava, citando il versetto del Deuteronomio (24,1) sul divorzio: «Fu detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie eccetto il caso di pornéia la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio» (5,32).

b)La seconda premessa riguarda il contesto del nostro passo (19,1 9). In esso Gesù, provocato dai suoi interlocutori che lo volevano mettere in contraddizione con la norma sulla liceità del divorzio «per una qualsiasi mancanza», come si affermava nel Deuteronomio, risale alla Genesi che dichiara l’uomo e la donna destinati a diventare «una sola carne» (2,24).

Questo è il progetto divino sulla coppia al quale Cristo si allinea, per cui «l’uomo non deve dividere ciò che Dio ha congiunto» (Matteo 19,6). Quella del Deuteronomio è, dunque, un’eccezione concessa «per la durezza del vostro cuore» (19,8). Gesù, quindi, propone nella sua visione del matrimonio il modello dell’indissolubilità. Ma a questo punto come spiegare l’inciso da noi lasciato con il termine greco “pornéia “ che presenta un’eccezione?

È probabile che qui si sia di fronte a un elemento redazionale introdotto da Matteo per giustifica re una prassi in vigore nella comunità giudeo cristiana delle origini. Sarebbe, quindi, una sorta di norma ecclesiale locale che veniva incontro alla domanda rabbinica sull’interpretazione della clausola del Deuteronomio concernente il caso del divorzio «p er una qualsiasi mancanza».

Nell’ebraismo si confrontavano due scuole teologiche, l’una più “liberale”, incline a concedere un largo raggio di casi di divorzio (rabbí Hillel), un’altra più restrittiva e orientata ad ammettere solo ‘l’adulterio come giusti ficazione per il divorzio”. Quale sarebbe, allora, l’eccezione riconosciuta dalla Chiesa giudeo cristiana ed espressa con il vocabolo greco ‘pornéia’?

Non può essere, come si traduceva in passato, il ‘concubinato’ non essendo esso un matrimonio in senso autentico, né una generica “fornicazione”, cioè l’adulterio, perché in questo caso si sarebbe usato il termine proprio “ Nel giudaismo del tempo esisteva un termine, “zenût”, equivalente alla “pornéia matteana” (“prostituzione”) che indicava tec nicamente le “unioni illegittime” come quella tra un uomo e la sua matrigna (, condannata già dal libro biblico del Levitico (18,8;20,11) e dallo stesso san Paolo (1Corinzi 5,1).

In pratica, anche se non era in uso allora questa fattispecie giuridica, si tratterebbe di una dichiarazione di nullità del matrimonio contratto, linea seguita dalla Chiesa cattolica sui casi di nullità del vincolo matrimoniale precedente (previsto dall’attuale Codice di Diritto canonico). Sappiamo, però, che le Chiese ortodosse e protestanti hanno interpretato l’eccezione della pornéia come adulterio e, perciò, hanno ammesso il divorzio ed il secondo matrimonio religioso, sia pure limitandolo a questo caso. In realtà, la visione di Cristo sul matrimonio era netta e radicale, nell o spirito di una cosciente, piena e indissolubile donazione reciproca”.

Apprezzando quanto ha spiegato autorevolmente il Cardinale Ravasi i n riferimento alla traduzione di “porneia” ( unione illegittima ) in presenza della quale si ritiene ammissibile ( s enza colpa morale dice l’attuale CCC) il divorzio, ci rapportiamo a quello che ha puntualizzato Papa Francesco in merito nel citato documento magisteriale “Amoris Laetitia” ( n. 241).Quanto illustrato è anche conforme alla magistrale disamina del Presidente emerito della Corte di Cassazione del Vaticano Cardinale Prof. Pietro Palazzini che ha elaborato un testo imperniato sulla comparazione giuridico teologica fra peccato e reato https://gloria.tv/post/8WTi7XQgAziZ2dEL6jqZni9h

Chiedo umilmente a chi legge queste mie riflessioni se una gravissima situazione familiare individuata dal Papa (A.L. n. 241), qui descritta, (vissuta spesso dalle 25 coppie da noi seguite dal 2013) diventata tale purtroppo col tempo, possa qualificarsi in alcuni casi una “unione illegittima” (porneia), a volte anche illecita ed immorale……giustificativa a pieno titolo ( come ho cercato di dimostrare in questo testo) del divorzio …..(Mt 19,9).

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