P. Gargano racconta il Bangladesh colpito dalle alluvioni

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La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, riunita a Matera in occasione del XXVII Congresso Eucaristico Nazionale, ha deciso un doppio stanziamento dai fondi otto per mille, che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, per far fronte a situazioni di emergenza che stanno provando alcuni Paesi del mondo.

Si tratta di € 2.000.000 destinati alle comunità agro-pastorali del Sahel e del grande Corno d’Africa, alle prese con una grave crisi alimentare provocata dai conflitti, dalla siccità e dall’aumento dei prezzi; e di € 4.400.000 per le popolazioni di India, Sri Lanka, Pakistan, Libano, Siria, Giordania, Iraq, Kenya ed Etiopia, realtà in cui guerre, disastri naturali e pandemia hanno innescato o acuito difficoltà umanitarie, come ha sottolineato il presidente della Cei, card. Matteo Zuppi:

“Questo stanziamento reca un messaggio profondo: non possiamo mai pensarci come isole. Il Sud del mondo non è qualcosa di lontano, che non ci riguarda. Le persone che vi abitano e che si trovano in difficoltà per catastrofi provocate anche dal nostro egoismo sono nostre sorelle e nostri fratelli. Solo se allarghiamo lo sguardo oltre il nostro ‘io’ possiamo percepirci figli dell’unico Dio, famiglia, fratelli tutti”.

Il contributo servirà ad assistere le vittime della crisi economica e alimentare in Sri Lanka, a far fronte ai bisogni delle popolazioni di Baluchistan, Sindh, Punjab (Pakistan) duramente colpite dalle inondazioni e a quelle dell’Odisha e dell’Himchal Pradesh (India) devastate dalle alluvioni dello scorso agosto.

Infatti in questi mesi tra le 4.000.000 persone bloccate dalle alluvioni improvvise che hanno interessato la zona nord orientale del Bangladesh ci sono anche 1.600.000 bambini, che ‘hanno bisogno adesso di acqua sicura da bere. Prevenire malattie letali legate all’acqua è una delle principali preoccupazioni’, come ha affermato Sheldon Yett, rappresentante Unicef in Bangladesh.

Nella divisione di Sylhet, il 90% delle strutture sanitarie è stato inondato mentre i casi di malattie legate all’acqua continuano a crescere. I bambini, oltretutto, sono esposti a rischi maggiori di annegamento, che è già una delle principali cause di morti fra i piccoli nel Paese.

A p. Giovanni Gargano, missionario saveriano in Bangladesh, abbiamo chiesto di raccontarci la situazione nel Paese colpito dalle alluvioni: “Dopo L’alluvione nella zona di Sylhet la situazione è ritornata nella normalità anche se la gente sta affrontando anche la ricostruzione delle loro case. Poi ci sono stati altri allagamenti anche nelle zone di Mymensingh e nella zona di Khulna a sud del Bangladesh”.

In quale modo la Chiesa aiuta la popolazione?

“La Chiesa locale in questi casi fa sempre riferimento alla Caritas Regionale e locale perchè loro agiscono come una ONG. La Caritas si è fatta presente con diversi aiuti di prima necessità e si stanno interessando anche come aiutare coloro che hanno perso la casa”.

Quale aiuto sta arrivando da altri Paesi?

“In queste calamità naturali gli aiuti arrivano sempre. Il problema è chi li gestisce e come viene fatta la distribuzione e se vengono usati per aiutare la gente”.

E’ possibile costruire in Bangladesh il futuro con i migranti?

“I migranti che sono nel paese sono i Rohinga. Il paese sta cercando di risolvere il problema anche se non è facile. Da anni, molti Rohinga si sono stabiliti nella zona di Cox Bazar o Chittahong”.

Nel luglio scorso oltre 100 leader delle comunità religiose hanno espresso disappunto per le violenze contro i loro luoghi di culto e i membri delle loro comunità. Quali tutele hanno le minoranze religiose?

“Le minoranze religiose sono abbastanza tutelate non ci sono problemi di rivalità. Alcune volte possono scoppiare delle liti ma è questione di terre che tentano di portare via. Non c’è molta tensione a livello religioso. L’attuale primo ministro, Sheikh Hasina, cerca in tutti i modi di creare un ambiente di armonia e di pace”.

Per quale motivo mons. Gervas Rozario, vice presidente della Conferenza episcopale del Bangladesh, è ‘preoccupato’ per i debiti dei cristiani?

“Mons. Gervas in un discorso per la celebrazione di un credito cooperativo cristiano ha posto la domanda: come mai i cristiani si sono così indebitati? Come mai non restituiscono i soldi? Questo è vero. Molti prendono il prestito ma poi non ripagano indietro il debito.

L’invito che il vescovo rivolgeva era quello di educare le persone ad investire i soldi in qualcosa di concreto per il loro futuro. Ecco il motivo per cui mons. Rozario ha fatto notare che i creditori hanno la responsabilità di informare le persone su come investire il denaro in maniera produttiva così da avere un ritorno ed essere in grado di ripagare i prestiti”.

(Tratto da Aci Stampa)

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