Papa Francesco ai Movimenti Popolari: poeti sociali secondo la Dottrina Sociale della Chiesa

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Sabato 16 ottobre papa Francesco ha inviato un videomessaggio ai partecipanti alla seconda Sessione del IV Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari, svoltosi  online, chiamandoli ‘poeti sociali’:  “Perché voi siete poeti sociali, in quanto avete la capacità e il coraggio di creare speranza laddove appaiono solo scarto ed esclusione. Poesia vuol dire creatività, e voi create speranza. Con le vostre mani sapete forgiare la dignità di ciascuno, quella delle famiglie e quella dell’intera società con la terra, la casa e il lavoro, la cura e la comunità.

Grazie perché la vostra dedizione è parola autorevole, capace di smentire i rinvii silenziosi e tante volte ‘educati’ a cui siete stati sottoposti, o a cui sono sottoposti tanti nostri fratelli. Ma pensando a voi credo che la vostra dedizione sia principalmente un annuncio di speranza.

Vedervi mi ricorda che non siamo condannati a ripetere né a costruire un futuro basato sull’esclusione e la disuguaglianza, sullo scarto o sull’indifferenza; dove la cultura del privilegio sia un potere invisibile e insopprimibile e lo sfruttamento e l’abuso siano come un metodo abituale di sopravvivenza. No! Questo voi lo sapete annunciare molto bene”.

In sei anni sono avvenuti molti cambiamenti, ha sottolineato il papa con un’iperbole: “In questo tempo sono successe molte cose, tante sono cambiate. Si tratta di cambiamenti che segnano punti di non ritorno, punti di svolta, crocevia in cui l’umanità è chiamata a scegliere.

Occorrono nuovi momenti di incontro, discernimento e azione congiunta. Ogni persona, ogni organizzazione, ogni Paese, e il mondo intero, ha bisogno di cercare questi momenti per riflettere, discernere e scegliere. Perché ritornare agli schemi precedenti sarebbe davvero suicida e, se mi consentite di forzare un po’ le parole, ecocida e genocida”.

Riprendendo l’enciclica sociale di san Giovanni Paolo II, ‘Sollecitudo Rei Socialis’ papa Francesco ha evidenziato ‘il dolore della chiusura’: “Nei quartieri privi di infrastrutture di base (dove vivono molti di voi e milioni e milioni di persone), è difficile restare in casa; non solo perché non si dispone di tutto il necessario per portare avanti le misure minime di cura e di protezione, ma semplicemente perché la casa è il quartiere”.

Ha ricordato i danni provocati dalla pandemia nei bambini: “Voglio fare riferimento anche a una pandemia silenziosa che da anni colpisce i bambini, gli adolescenti e i giovani di ogni classe sociale; e credo che, in questo tempo d’isolamento, sia cresciuta ancora di più.

Si tratta dello stress e dell’ansia cronica, legata a diversi fattori come l’iperconnettività, lo smarrimento e la mancanza di prospettiva di futuro, che si aggrava senza un vero contatto con gli altri (famiglie, scuole, centri sportivi, oratori, parrocchie); insomma, si aggrava per la mancanza di un vero contatto con gli amici, perché l’amicizia è la forma in cui l’amore risorge sempre”.

La pandemia ha provocato crisi alimentari: “Nonostante i progressi della biotecnologia, milioni di persone sono state private di alimenti, benché questi siano disponibili. Quest’anno venti milioni di persone in più si sono viste trascinate a livelli estremi di insicurezza alimentare, salendo a milioni di persone. L’indigenza grave si è moltiplicata.

Il prezzo degli alimenti è aumentato notevolmente. I numeri della fame sono orribili, e penso, per esempio, a Paesi come Siria, Haiti, Congo, Senegal, Yemen, Sud Sudan; ma la fame si fa sentire anche in molti altri Paesi del mondo povero e, non di rado, anche nel mondo ricco. E’ possibile che le morti annuali legate alla fame possano superare quelle del Covid.  Ma questo non fa notizia, questo non genera empatia”.

Il papa ha chiesto che ‘Beati gli affamati di giustizia’ sia esteso nel mondo: “Vogliamo che questa beatitudine si estenda, permei e unga ogni angolo e ogni spazio dove la vita si vede minacciata. Ma ci succede, come popolo, come comunità, come famiglia e persino individualmente, di dover affrontare situazioni che ci paralizzano, dove l’orizzonte scompare e lo smarrimento, il timore, l’impotenza e l’ingiustizia sembrano impossessarsi del presente”.

Questo è affermato categoricamente dalla Dottrina sociale della Chiesa: “E’ ciò che la Dottrina sociale della Chiesa ha chiamato ‘strutture di peccato’, che siamo chiamati anche noi a convertire e che non possiamo ignorare nel momento in cui pensiamo al modo di agire. Il cambiamento personale è necessario, ma è anche imprescindibile adeguare i nostri modelli socio-economici, affinché abbiano un volto umano, perché tanti modelli lo hanno perso”.

E’ una richiesta in 9 punti precisi: “Ai grandi laboratori, che liberalizzino i brevetti. Compiano un gesto di umanità e permettano che ogni Paese, ogni popolo, ogni essere umano, abbia accesso al vaccino. Ci sono Paesi in cui solo il tre, il quattro per cento degli abitanti è stato vaccinato.

Voglio chiedere, in nome di Dio, ai gruppi finanziari e agli organismi internazionali di credito di permettere ai Paesi poveri di garantire i bisogni primari della loro gente e di condonare quei debiti tante volte contratti contro gli interessi di quegli stessi popoli.

Voglio chiedere, in nome di Dio, alle grandi compagnie estrattive – minerarie, petrolifere –, forestali, immobiliari, agroalimentari, di smettere di distruggere i boschi, le aree umide e le montagne, di smettere d’inquinare i fiumi e i mari, di smettere d’intossicare i popoli e gli alimenti.

Voglio chiedere, in nome di Dio, alle grandi compagnie alimentari di smettere d’imporre strutture monopolistiche di produzione e distribuzione che gonfiano i prezzi e finiscono col tenersi il pane dell’affamato.

Voglio chiedere, in nome di Dio, ai fabbricanti e ai trafficanti di armi di cessare totalmente la loro attività, che fomenta la violenza e la guerra, spesso nel quadro di giochi geopolitici il cui costo sono milioni di vite e di spostamenti.

Voglio chiedere, in nome di Dio, ai giganti della tecnologia di smettere di sfruttare la fragilità umana, le vulnerabilità delle persone, per ottenere guadagni, senza considerare come aumentano i discorsi di odio, il grooming [adescamento di minori in internet], le fake news [notizie false], le teorie cospirative, la manipolazione politica.

Voglio chiedere, in nome di Dio, ai giganti delle telecomunicazioni di liberalizzare l’accesso ai contenuti educativi e l’interscambio con i maestri attraverso internet, affinché i bambini poveri possano ricevere un’educazione in contesti di quarantena.

Voglio chiedere, in nome di Dio, ai mezzi di comunicazione di porre fine alla logica della post-verità, alla disinformazione, alla diffamazione, alla calunnia e a quell’attrazione malata per lo scandalo e il torbido; che cerchino di contribuire alla fraternità umana e all’empatia con le persone più ferite.

Voglio chiedere, in nome di Dio, ai Paesi potenti di cessare le aggressioni, i blocchi e le sanzioni unilaterali contro qualsiasi Paese in qualsiasi parte della terra. No al neocolonialismo. I conflitti si devono risolvere in istanze multilaterali come le Nazioni Unite. Abbiamo già visto come finiscono gli interventi, le invasioni e le occupazioni unilaterali, benché compiuti sotto i più nobili motivi o rivestimenti”.

E’un invito a mettere in pratica la Dottrina Sociale della Chiesa: “La Dottrina sociale della Chiesa non contiene tutte le risposte, ma ha alcuni principi che possono aiutare questo cammino a concretizzare le risposte e aiutare sia i cristiani sia i non cristiani.

A volte mi sorprende che ogni volta che parlo di questi principi alcuni si meravigliano e allora il papa viene catalogato con una serie di epiteti che si utilizzano per ridurre qualsiasi riflessione alla mera aggettivazione screditante. Non mi fa arrabbiare, mi rattrista”.

Infine il papa ha lanciato il tempo dell’azione con due proposte concrete (‘salario universale’ e ‘riduzione della giornata lavorativa’), necessarie ma non sufficienti per superare la crisi economica e sociale aggravata dalla pandemia: “Un reddito minino (l’RMU) o salario universale, affinché ogni persona in questo mondo possa accedere ai beni più elementari della vita.

E’ giusto lottare per una distribuzione umana di queste risorse. Ed è compito dei Governi stabilire schemi fiscali e redistributivi affinché la ricchezza di una parte sia condivisa con equità, senza che questo presupponga un peso insopportabile, soprattutto per la classe media (generalmente, quando ci sono questi conflitti, è quella che soffre di più)…

La riduzione della giornata lavorativa è un’altra possibilità. Il reddito minimo è una possibilità, l’altra è la riduzione della giornata lavorativa. E occorre analizzarla seriamente. Nel XIX secolo gli operai lavoravano dodici, quattordici, sedici ore al giorno.

Quando conquistarono la giornata di otto ore non collassò nulla, come invece alcuni settori avevano previsto. Allora lavorare meno affinché più gente abbia accesso al mercato del lavoro è un aspetto che dobbiamo esplorare con una certa urgenza. Non ci possono essere tante persone che soffrono per l’eccesso di lavoro e tante altre che soffrono per la mancanza di lavoro”.

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