Bilancio della Santa Sede inferiore a molte High School USA? APSA, serve chiarezza. Con l’Obolo di San Pietro non si pagano gli stipendi? Se si, quali?

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«Quello che preoccupa invece il Pontefice è la situazione degli immobili, gestiti da un altro organismo, l’APSA (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica). “Un problema che mi preoccupa tanto è che non c’è chiarezza negli immobili. Ci sono tanti immobili pervenuti per donazione, o acquisto. Si deve andare avanti con una chiarezza. Questo dipende dall’APSA”, ha detto Papa Francesco nell’intervista» (Philip Pullella – Reuters, 20 giugno 2018).

Il Bilancio 2020 della Santa Sede presenta un deficit di quasi 50 milioni di euro. Il mantenimento dei posti di lavoro continua in questi tempi difficili ad essere una priorità per il Santo Padre. Nel 2019 il “rosso” era stato di 11 milioni e nel 2018 75 milioni. Papa Francesco ha concesso il nulla osta al Budget 2021 della Santa Sede, proposto dalla Segreteria per l’Economia guidata dal Prefetto Padre Juan Guerrero Alves, S.I., il 16 febbraio 2021 discusso e approvato dal Consiglio per l’Economia presieduto dal Cardinale Reinhard Marx.

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Consolidato per la prima volta l’Obolo di San Pietro: saldo positivo di 30 milioni. Spese ridotte del 14%, nessuna perdita di posti di lavoro. I ricavi sono diminuiti del 21% (48 milioni) rispetto al 2019. Nel 2019, il fondo dell’Obolo di San Pietro ha coperto il 32% delle spese per la missione della Santa Sede. “Escludendo l’Obolo di San Pietro e i fondi dedicati, il deficit della Santa Sede sarebbe quindi di 80 milioni di euro nel 2021. A causa della riduzione di attività commerciali – in particolare la chiusura dei Musei Vaticani – servizi e attività immobiliari, come pure di donazioni e contributi”. Padre Guerrero Alves spiega il budget 2021: “Le spese preventivate sono le più basse nella storia recente, ma non tagliamo i servizi né ristrutturiamo il personale”. “Se questa situazione va avanti troppo a lungo non saremo in grado di contenere il deficit se non con il sostegno dei fedeli”. “Nel 2019 il Fondo dell’Obolo ha contribuito con 81 milioni alla missione complessiva del Santo Padre, mentre le entrate nette sono state di 53,8 milioni, le riserve dell’Obolo sono diminuite di 27,2 milioni di euro” [Vatican News, 12 marzo 2021].

“L’incasso dell’Obolo è stato di 53 milioni di euro, di cui 10 milioni di euro donati per scopi specifici. In altre parole, il fondo ha collaborato con la missione del Santo Padre per 66 milioni di euro, 23 in più di quanto raccolto” [Vatican News, 1° ottobre 2020].

“La struttura e i servizi sono invece coperti da fondi propri” [Vatican News, 1° ottobre 2020]. “Fondi propri”, per i quali Padre Guerrero Alves non specifica altro e non presenta dati a riguardo.

L’Obolo di San Pietro, stando a quanto dichiarato da Mons. Galantino al Messaggero il 2 febbraio 2021 [QUI], «l’Obolo di San Pietro serve al Papa anche per pagare gli stipendi».

Nelle pagine internet della Segreteria di Stato, alla voce Obolo di San Pietro si legge: «Si Chiama Obolo di San Pietro l’aiuto economico che i fedeli offrono al Santo Padre, come segno di adesione alla sollecitudine del Successore di Pietro per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le opere di carità in favore dei più bisognosi… per saperne di più, visita il sito: Obolodisanpietro.va» [QUI].

«La partecipazione concreta, anche economica, ai bisogni della comunità ecclesiale più ampia ha preso forme diverse lungo la storia, attraverso collette e donazioni di singoli fedeli o di intere chiese locali; con la consapevolezza che tutti i battezzati sono chiamati a sostenere anche materialmente, con ciò che si può, l’opera di evangelizzazione e al tempo stesso di soccorrere i poveri» [Storia dell’Obolo].

Ci siamo sforzati a cercarla, ma la voce “stipendi” non siamo riusciti a trovarla nello statuto dell’Obolo di San Pietro. Quindi, gli stessi non dovrebbero rientrare nelle necessità della Chiesa universale o nella carità del Papa. Ma il condizionale è d’obbligo, poiché sul punto non c’è chiarezza e non ci risulta che la Segreteria di Stato ha mai emesso un comunicato per spiegare cos’è l’Obolo di San Pietro e dove finiscono i fondi.

Dove viene destinato l’Obolo di San Pietro per statuto? La risposta – forse un po’ troppo vaga – è la seguente:
1. Necessità della Chiesa Universale
2. Carità del Papa

In queste due causali rientrano gli stipendi? Se la risposta è sì? A quali stipendi si riferisce Mons. Galantino, quando afferma che nelle competenze dell’Obolo di San Pietro rientra la copertura del pagamento degli stipendi? Perché a questo punto la domanda sorge spontanea: come mai ai dipendenti dei Musei Vaticani (dipendenti dello Stato della Città del Vaticano, non della Santa Sede) che hanno accumulato ore negative poiché non lavorate per volontà dell’amministrazione, vengono prelevati – direttamente dal TFR – 5, 7, 10mila euro? [QUI] [QUI]. Quindi, quali sono gli stipendi che vengono pagati “anche” con l’Obolo di San Pietro, a cui fa riferimento Mons. Galantino?

Il contributo dell’Obolo di San Pietro al Papa, per l’esercizio della sua missione universale, si manifesta in due modi: nel finanziare le tante attività di servizio svolte dalla Curia (ad es. formazione del clero, comunicazione, promozione dello sviluppo umano integrale, dell’educazione, della giustizia, etc.) e nel contribuire alle numerose opere di assistenza materiale diretta ai più bisognosi.

L’Obolo di San Pietro ha dunque una duplice finalità:

1. Il sostegno della missione universale del Successore di San Pietro, il quale, allo scopo, si avvale di un complesso di organismi che prendono il nome di Curia romana (cfr. Cann. 360-361 CIC) e di oltre cento Rappresentanze Pontificie sparse in tutto il mondo (cfr. Cann. 362ss. CIC).

2. Il sostegno alle opere di carità del Papa a favore dei più bisognosi [QUI].

Padre Guerrero Alves non ha mai affermato che l’Obolo di San Pietro viene usato per pagare “anche” degli stipendi, al contrario di quanto dichiarato da Mons. Galantino. Un fatto è sicuro: su questo punto c’è ancora poca chiarezza. Invece, i fedeli, che elargiscono generosamente le offerte, devono poter conoscere quali e quanti sono i reali beneficiari di tale atto caritatevole.

“Le conseguenze di tale natura dell’Obolo sono due. Non tutte le risorse che i fedeli indirizzano al Pontefice tramite questo canale sono – come si vuol fare credere da certi organi di stampa – destinate alla carità intesa come elemosina. Sempre nel sito già citato si dichiara apertamente, infatti, che «l’Obolo contribuisce a sostenere anche la Sede Apostolica e le attività della Santa Sede». La seconda conseguenza è che la carità di cui qui si parla è ben più grande e inclusiva di quella dell’immaginario collettivo. Si prenda un esempio per tutti: le spese per mantenere aperta la nunziatura di Damasco, anche nel periodo più cruento della guerra in Siria, la stessa azione del nunzio cardinale Mario Zenari, possono essere derubricate a semplice spesa per il funzionamento delle strutture, o hanno avuto un ruolo insostituibile per alleviare le sofferenze della popolazione e quindi rendere presente la carità del Papa? [Mimmo Muolo – Avvenire, 29 settembre 2020].

Padre Guerrero Alves – smentendo indirettamente l’affermazione di Galantino – non ha mai dichiarato che l’obolo viene utilizzato “anche” per pagare gli stipendi dei dipendenti. Se così non fosse – non ci sarebbero – le criticità che si sono presentate ai Musei Vaticani, con conseguente “class action” dei lavoratori, che hanno subito prelievi forzosi direttamente dal Trattamento di Fine Rapporto (TFR), da parte del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano [QUI e QUI].

Padre Guerrero Alves afferma: “Dovremmo aspirare a diventare un modello di riferimento internazionale”. È nostra convinzione che le parole devono essere seguite necessariamente dai fatti, altrimenti restano parole che volano via con il vento. È evidente che il Popolo di Dio, richiamato sovente da Padre Guerrero Alves in termini di “esortazione alle donazioni”, deve poter conoscere in maniera trasparente tutte le voci di bilancio e in particolare dove vengono destinate le donazioni dei fedeli.

L’Amministrazione del Patrimonio Sede Apostolica (APSA) è il dicastero della Santa Sede progettato per gestire le risorse di tutti i dicasteri, ma l’APSA non ha prerogative di una Banca. APSA per operare sul mercato deve necessariamente “appoggiarsi”, per quanto riguarda lo Stato della Città del Vaticano all’Istituto per le Opere di Religione (IOR) e a banche di Paesi stranieri – banche italiane “in primis” – banche centrali comprese. La Senatrice australiana Concetta  Ferravanti-Wells chiede ad AUSTRAC, che la verifica dei flussi finanziari – da e per l’Australia – sia estesa anche a “qualsiasi entità o individuo” che possono essere associati allo Stato della Città Vaticano [QUI].

L’APSA è il Dicastero della Curia Romana al quale spetta di amministrare i beni immobiliari e mobiliari di proprietà della Santa Sede. Beni, destinati a fornire i fondi necessari, all’adempimento delle funzioni, della Curia Romana stessa. A tal fine il Dicastero è tenuto a conservare integro il patrimonio e renderlo per quanto possibile fruttifero nella prospettiva di un equilibrio tra rendimenti patrimoniali e spese sostenute e a tal riguardo opera investimenti in beni mobili e immobili e compie investimenti in tutto il mondo [QUI]. L’APSA effettua operazioni finanziarie, attraverso beni mobili, che sono strumenti finanziari, che possono essere negoziati sul mercato dei capitali, in quanto trasferibili e liquidabili, titoli di capitali, che si possono vendere, comprare e ritirare nel mercato finanziario. L’APSA opera anche attraverso istituzioni, che fanno da intermediari, a scopo di lucro. I titoli di capitale sono le azioni e i titoli di debito sono le obbligazioni, che si possono scambiare anche in borsa.

L’APSA sorse con la riforma del 1967 [QUI] voluta da Papa Paolo VI, sovrapponendosi alla già esistente Amministrazione Speciale della Santa Sede” [QUI].

CAMERA DEI DEPUTATI SENATO DELLA REPUBBLICA IX LEGISLATURA Doc. XXIII n. 2-bis/2 COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SULLA LOGGIA MASSONICA P2 (Legge 23 settembre 1981, n. 527) RELAZIONE DI MINORANZA dell’onorevole GIORGIO PISANO
Estratti dal documento: La caratteristica principale della vecchia “Amministrazione Speciale della Santa Sede”, diretta per lunghi anni dal suo noto finanziere Bernardino Nogara, morto nel 1958, era stata quella di operare in larga misura sul mercato italiano. Così, negli anni del “miracolo economico”, la finanza vaticana aveva mirato soprattutto ad acquisire il controllo di società come la “Generale Immobiliare”, la “Ceramica Pozzi”, la “Condotte d’Acqua”, il “Pastificio Pantanella”, oltre a partecipazioni di minoranza nella “RAS”, nella “Assicurazioni Generali”, nella “Bastogi”, “SIP”, “Italcementi” eccetera. – “Ma documentiamo, adesso, le operazioni attuate dal trio Sindona-Marcinkus-Calvi tra il 1971 e il 1973, limitandoci a quelle più clamorose e indicative: le operazioni “Centrale”, “OPA Bastogi”, “Rome Daily American”, “Generale Immobiliare”, “Franklin Bank”, “Talcott”, speculazioni su cambi, “Finambro”, “Cattolica del Veneto”, “Credito Varesino”, “Toro Assicurazioni”.
Nel maggio del 1979, infatti, la “Fasco A.G.” di Eschen (Liechtenstein), la società capogruppo dell’ “impero” sindoniano aveva stipulato con monsignor Sergio Guerri, responsabile della APSA (Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica), un contratto in base al quale la società, tramite la sua sussidiaria “Distributor Holding”, dislocata in Lussemburgo, si impegnava ad acquistare in un prossimo futuro (data non fissata) circa 90 milioni di azioni della Società Generale Immobiliare, che, in quel momento, avevano una quotazione oscillante tra le 325 e le 350 lire. Il che significava che per acquistare quelle azioni, l’acquirente avrebbe dovuto sborsare, più o meno – 32 miliardi di lire italiane – dell’epoca.

Padre Guerrero Alves: «Come ho già detto in passato, da qualunque parte la si guardi, la Santa Sede non è una grande entità economica. Abbiamo avuto entrate per 307 milioni di euro, abbiamo speso 318 milioni di euro. Il nostro deficit è di 11 milioni. Abbiamo un patrimonio netto pari a 1.402 milioni di euro. Ci sono molte high school negli Stati Uniti che hanno un volume superiore a quello della Curia romana indicato in questo bilancio» [QUI].

Padre Guerrero Alves afferma che la Santa Sede non è una grande realtà economica: l’APSA gestisce una realtà economica contenuta, addirittura inferiore come bilancio ad alcune high school statunitensi. A questo punto c’è da chiedersi – seriamente – come viene calcolato il bilancio della Santa Sede, se corrisponde a un calcolo “parziale”, che non considera tutte le voci di bilancio. Dati alla mano APSA opera in gestione ordinaria e straordinaria, come sottolinea Galantino, dopo aver spiegato da dove derivi il patrimonio gestito dall’APSA, in parte risultante dalla Convenzione finanziaria allegata ai Patti Lateranensi del 1929 [QUI]. Per la gestione ordinaria “si tratta di 2400 appartamenti per lo più a Roma e a Castel Gandolfo. E di 600 tra negozi e uffici. Quelli non a reddito sono gli appartamenti di servizio e gli uffici della Curia”. Per la gestione straordinaria sono previste operazioni, come quelle che prevedono interventi finanziari esterni al territorio dello Stato Città del Vaticano. “Il dato negativo contabile è esclusivamente dovuto a un intervento straordinario volto a salvare l’operatività di un ospedale cattolico e i posti di lavori dei suoi dipendenti”.

Da tempo battiamo il ferro della sanità vaticana, poiché la gestione delle finanze sanitarie – a parer nostro – è zona opaca [QUI]. Abbiamo tenuto e – sempre verrà tenuto – sotto la lente, il prezioso operato del Presidente della Pontificia Commissione per le Attività del Settore Sanitario delle persone giuridiche pubbliche nella Chiesa, Mons. Luigi Mistò. FAS – dai conti e dai bilanci occulti – ma con una “spesa sanitaria superiore a 20 milioni di Euro” annua [QUI].

Tornando a quanto affermato da Mons. Galantino, è utile analizzare il documento dei Patti lateranensi – nello specifico della Convenzione finanziaria – [QUI] – Art. 1 – L’Italia si obbliga a versare, allo scambio delle ratifiche del Trattato, alla Santa Sede la somma di lire italiane 750.000.000 (settecento cinquanta milioni) ed a consegnare contemporaneamente alla medesima tanto Consolidato italiano 5% al portatore (col cupone scadente al 30 giugno p.v.) del valore nominale di lire italiane 1.000.000.000 (un miliardo).

Padre Guerrero Alves afferma: “Quello che abbiamo presentato al Consiglio per l’Economia è il Bilancio della Curia Romana, cioè della Santa Sede in senso stretto: 60 enti al servizio del Papa nella sua missione di guida della Chiesa”. “La Santa Sede non è una grande entità economica. Abbiamo un patrimonio netto pari a 1.402 milioni di euro”. “Aggiungendo il bilancio del Governatorato, dell’Obolo, dello IOR, del Fondo pensioni e delle Fondazioni che aiutano la missione della Santa Sede, si ottiene un patrimonio netto di circa 4.000 milioni di euro”.

Tenendo presenti i dati che emergono dalle dichiarazioni di Padre Guerrero Alves – che il patrimonio della Santa Sede ammonterebbe a 1.4 miliardi di euro e che aggiungendo altri bilanci elencati la somma salirebbe a 4 miliardi di euro – ci chiediamo come tali cifre possono essere considerate di “poco conto”. Dispiace mettere in dubbio le affermazioni di Mons. Galantino e di Padre Guerrero Alves ma – a noi – i conti non tornano, proprio alla luce dei dati “in entrata” analizzati e – tra gli altri – gli investimenti a scopo di lucro, di seguito evidenziati:
– mobiliari (azioni obbligazioni titoli operazioni in borsa)
– immobiliari
– donazioni dei fedeli

Il patrimonio gestito da APSA non è consultabile. Ciò che viene indicato riguarda soprattutto i dati di spesa, di seguito indicati:
– asset management
– servizi interni dell’amministrazione
– servizi per le 125 nunziature delle missioni presenti nel mondo
– settore della comunicazione Osservatore romano – Radio Vaticana – Vatican Media

É proprio il caso – per quanto riguarda la spesa per i media – di ricordare che quanto viene considerato per il comparto del settore della comunicazione non è altro che l’eredità della Radio Vaticana, il cui personale è stato assorbito – in gran parte – da Vatican Media. Tale settore ha subito negli ultimi anni grandi cambiamenti al suo interno, se viene considerata la trasformazione della Radio Vaticana. Dopo 80 anni di servizio le trasmissioni radiofoniche hanno ceduto il passo alla tecnologia del web. Nonostante il cambiamento sostanziale, è da considerare il ricondizionamento nei servizi e nei costi del personale, che nei tempi della Radio Vaticana, era stato incrementato come per il servizio fornito – in tutte le lingue – per erogare le coperture adeguate su temi specifici con il fine di raggiungere i fedeli nelle terre più lontane.

D’altra parte, la gestione dell’ immenso patrimonio del Vaticano preoccupò già Leone XIII il quale con chirografo del 9 agosto 1878 nominava il Cardinale Nina, suo Segretario di Stato, Prefetto dei Sacri Palazzi e amministratore del Patrimonio rimasto alla Santa Sede dopo il 1870 [QUI].

Padre Guerrero Alves: “Se dovessimo consolidare tutto, nel 2019 non ci sarebbe deficit, né c’è stato nel 2016, l’ultimo anno in cui tutti questi conti sono stati consolidati. Con ciò non voglio però dire che non abbiamo difficoltà e che in questa crisi del coronavirus non ne avremo di più grandi”. “Dire che l’Obolo copre il deficit della Curia. Non è esatto l’Obolo serve a coprire le spese della missione del Santo Padre”. “La crisi provocata dalla pandemia è la causa di questo bilancio restrittivo, in cui le entrate previste sono molto inferiori a quelle del 2019. Nel 2020, a causa della diminuzione delle entrate, possiamo stimare una riduzione delle riserve di più di 40 milioni. Ora possiamo aspettarci che lo stesso si ripeta anche nel 2021. Questo ricorso alle riserve dell’Obolo negli ultimi anni comporta che la liquidità del fondo dell’Obolo va esaurendosi e con la crisi attuale è molto probabile che nel 2022 si dovrà ricorrere in qualche misura al patrimonio dell’APSA”.

La Costituzione Pastor Bonus di Papa Giovanni Paolo II del 28 giugno 1988 [QUI] (e non del 1984 – come indicato da Vatican News [QUI]), dispone che l’APSA amministra i beni di proprietà della Santa Sede, destinati a fornire fondi necessari all’adempimento delle funzioni della curia romana e anche i beni mobili ad esso affidati da altri enti della Santa Sede [QUI]. Ci chiediamo il motivo per cui, nel bilancio della Santa Sede, non viene presentato il bilancio del Fondo di Assistenza Sanitaria (FAS), che gestisce uscite per 20 milioni di euro all’anno (non si conoscono le entrate). Il FAS fa parte dell’APSA, ma ha bilanci secretati, in barba alla trasparenza sbandierata da Padre Guerero Alveas. Questo Fondo – nel bilancio della Santa Sede – non viene mai menzionato. Il FAS è costituito dalla solidarietà degli assistiti, che sono dipendenti in attività (con obbligo di solidarietà) e in pensione (con solidarietà facoltativa). Il FAS è l’unico ente della Santa Sede che preleva, in modo forzoso e con arroganza amministrativa, la quota della solidarietà obbligatoria direttamente dalla busta paga dei dipendenti dello Stato della Città del Vaticano e della santa sede. Il FAS pretende questa “tassa di solidarietà” anche contro la volontà degli stessi dipendenti, che sono obbligati all’iscrizione. Il Presidente Mons. Luigi Mistó ha dichiarato a Vatican News [QUI] che il FAS gestisce uscite annue per 20 milioni di euro. Considerato che i bilanci del FAS sono secretati, cioè, non sono visionabili, il Popolo di Dio dive crederlo sulla parola.

Padre Guerrero Alves, Prefetto della Segreteria per l’Economia (SPE): “L’economia della Santa Sede deve essere una casa di vetro, i fedeli hanno diritto di sapere come usiamo le risorse”. “Non siamo proprietari, siamo custodi di beni che abbiamo ricevuto”. Suggeriamo a Padre Guerrero Alves che, per la citata trasparenza finanziaria, sarebbe il caso di andare a verificare e mettere nella “casa di vetro” anche il patrimonio del FAS. A maggior ragione se costituito attraverso la “solidarietà dei dipendenti”.

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