Finanza e Sanità vaticana, il cerchio di opacità che si chiude. E il Cardinale Angelo Becciu non c’entra niente. La topica dell’Espresso
L’articolo odierno di Renato Farina su Libero quotidiano (L’Espresso attacca perfino il Bambin Gesù. Non gli bastava la topica su Becciu), è un gran bel pezzo da novanta, che sposa in pieno le nostre tesi. E ripetiamo quanto abbiamo scritto ieri: “Il Cardinale Angelo Becciu in tutto ciò viene tirato dentro ad arte con carte false. E si tratta di un chiaro attacco. Becciu è stato attaccato direttamente e pubblicamente per due motivi:
1. Per distruggere Becciu stesso, per fare fuori un cardinale scomodo per qualcuno.
2. Per indurre il Papa in errore, allo scopo di destabilizzare la Chiesa e il Pontificato”.
Ecco, il caso Becciu diventato caso L’Espresso grazie a Feltri su Libero quotidiano, derubricato per quello che è: una gaffe.
Farina ci cita pure, come i più attenti al tema della sanità vaticana, evidenziando le nostre conclusioni. Grazie, è una grande soddisfazione, segnatamente scritto da lui, un grande professionista, collega stimato e amico da 35 anni.
Sul più recente numero dell’Espresso in edicola ieri, siamo intervenuti sabato, 12 dicembre 2020: Becciu, l’alieno venuto da Atlantide, ma dai! Dimmelo tu cos’è.
In tema di sanità vaticana, questo Blog dell’Editore ha spesso battuto il ferro, ignorato dai vaticanisti e dai media cattolici. Perciò, ringraziamo in particolar modo il laico Libero quotidiano, che evidenzia il nostro operato alla ricerca della trasparenza sulle questioni opache della sanità d’oltretevere: “Sulle questioni opache della sanità all’ombra di San Pietro si è diffuso il sito di informazione vaticana più attento al tema (korazym.org), e ha concluso: Becciu non c’entra nulla, prima si smonteranno formalmente le accuse al cardinale, meglio sarà per la Chiesa e per il Papato. Francesco – a quanto ci consta – se ne sta accorgendo”.
Un vecchio adagio recita “tutti siamo utili e nessuno è indispensabile“. La Santa Sede è luogo dove alcuni dipendenti non ci dormono la notte per rendersi indispensabili al Capo ufficio di turno, in tal modo che lo stesso non possa fare mai a meno di loro. Ma ciò che accade per i laici, accade sovente anche per i prelati e si sa che se un prelato gestisce la contabilità, solo lui avrà la combinazione del potere e solo lui saprà il percorso dei proventi che passeranno da scatola cinese in scatola cinese per poi disperdersi nell’etere.
Nel 2013 agli onori delle cronache è salito un personaggio non di poco conto, detto “Monsignor 500”, al secolo Nunzio Scarano, ex contabile dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA). Viene condannato, poiché gli inquirenti scoprono attività illecite, legate a una cospicua attività di riciclaggio di denaro. Il prelato con il vizio del riciclo dello sterco del diavolo, viene definito dagli inquirenti “consumato criminale”. Nell’inchiesta sul tentativo di far rientrare in Italia 20 milioni di euro, come riportato dal Fatto Quotidiano, un amico di Scarano riferiva agli inquirenti, che “Monsignor 500” aveva rivelato che anche la famiglia Agnelli avrebbe usato il Vaticano per far rimpatriare capitali.
A smuovere certi escrementi nel corso del riciclo dei rifiuti, si sa che la puzza aumenta, ma a volte tutto ciò serve per capire e mettere a posto alcuni tasselli del puzzle di una inchiesta complessa, soprattutto per comprendere questo accanimento mediatico contro il Cardinale Angelo Becciu messo in atto dal settimanale L’Espresso, una topica come lo definisce Farina.
L’Espresso fa capo al Gedi Gruppo Editoriale S.p.A. (famiglia Agnelli). Al tempo, i conti presso IOR riconducibili a Scarano sono stati congelati e con loro è stato congelato e sequestrato ogni capitale sospetto che non è potuto rientrare nelle tasche dei presunti proprietari.
Introducendo la condivisione del pezzo di Farina, ci teniamo a chiarire ancora una volta, che per l’operazione di acquisizione del palazzo di lusso londinese al numero 60 di Sloane Avenue, da parte della Segreteria di Stato, sono stati prelevati sì somme dai fondi di riserva della Segreteria di Stato, come ha concesso il Cardinale Angelo Becciu secondo la prassi della Santa Sede. Nel contempo il porporato sardo ha sempre escluso che siano stati prelevati somme dal Fondo dell’Obolo di San Pietro (solo uno tra i fondi di riserva nella disponibilità della Segreteria di Stato). Ci teniamo a ribadire e a sottolineare ancora una volta, di non aver motivo di dubitare delle parole di Becciu, come del resto autorevolmente ha confermato anche il Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede (APSA), il Vescovo Nunzio Galantino nell’intervista esclusiva rilasciata a Mimmo Muolo per Avvenire del 31 ottobre 2020.
Non risponde al vero – ha dichiarato Galantino, che il fondo di riserva a disposizione del Papa sia stato saccheggiato. Le perdite per l’affare immobiliare di Sloane Avenue oscillano, «secondo stime indipendenti», fra un minimo di 66 e un massimo di 150 milioni di sterline (73 e 166 milioni di euro rispettivamente), ma non hanno avuto ricadute sull’Obolo di San Pietro, bensì sul fondo di riserva della Segreteria di Stato. Ma soprattutto, aggiunge Galantino, da un lato l’immobile conserva il suo valore, anzi probabilmente lo ha incrementato, dall’altro – particolare finora poco noto – ormai per quell’affare il debito è stato riportato all’interno della Santa Sede, che si è liberata così di interessi su mutui contratti con le banche «particolarmente esosi». In questa intervista esclusiva ad Avvenire il Presidente dell’APSA ragiona anche sulla destinazione dell’Obolo di San Pietro («un modo per partecipare alla missione universale del Papa»), sull’opportunità di investimenti fatti con lo spirito del buon padre di famiglia e sulle riforme volute dal Papa: «Si è avviato un lavoro di squadra votato all’efficienza e alla trasparenza che sta dando frutti».
Da parte sua, il Presidente della Pontificia Commissione per le Attività del Settore Sanitario delle persone giuridiche pubbliche nella Chiesa Mons. Luigi Mistò ci ha scritto il 7 luglio 2020 di “essere totalmente estraneo alla vicenda dell’acquisto dell’immobile di 60 Sloane Square di Londra”, precisando “di non essere mai stato coinvolto in tale operazione da nessun punto di vista”. Inoltre, “in qualità di Presidente del Fondo di Assistenza Sanitaria della Santa Sede” ha aggiunto, “che pure detto F.A.S. è totalmente estraneo alla vicenda in oggetto”.
Per quanto riguarda i fondi FAS (che in ogni caso non sono nelle disponibilità della Segreteria di Stato), la questione rimane solo una e cioè, capire se esiste un conto FAS, perché nessuno ufficialmente sa della sua esistenza. La domanda è: dove finiscono i proventi del FAS (visite, esami, prenotazioni, prestazioni, contributi degli assistiti, versamenti da APSA e Governatorato SCV, ecc.)?
Abbiamo sempre battuto il ferro della sanità, poiché la gestione delle finanze sanitarie a parer nostro è zona opaca. Mons. Luigi Mistò, nell’intervista morbida a Vatican News del 18 luglio 2020 non contribuisce a chiarire i nostri quesiti, che quindi rimangono disattesi. Il Presidente del Fondo Assistenza Sanitaria (FAS) e della Pontificia Commissione per le Attività del Settore Sanitario delle persone giuridiche pubbliche nella Chiesa ha parlato di “spesa sanitaria superiore a 20 milioni di euro”, senza indicare mai i proventi totali annui e gli introiti effettivamente gestiti del segmento sanitario del FAS, ma soprattutto non viene mai chiarito su quale conto FAS vengono versati tali proventi e neanche se tale conto esiste davvero e presso quale istituto.
Sappiamo per certo che i proventi FAS vengono versati mensilmente presso la cassa APSA e che poi vengono convogliati presso lo IOR. Ma la domanda, che non trova risposta, è sempre la stessa e cioè: è possibile risalire in modo trasparente ai proventi FAS che APSA versa presso IOR?
Quando Monsignor Nunzio Scarano, arrestato a fine giugno 2013, viene interrogato il 24 luglio del 2013, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma sul fallito tentativo di far rientrare illecitamente in Italia 20 milioni di euro attraverso lo IOR, dalle sue dichiarazioni su attività finanziarie dell’APSA emerge: “L’APSA era cliente dello IOR, presso lo IOR c’era un conto APSA, serviva per i mandati interni. Ebbi una questione con il Dottor Mennini [*] al quale feci notare che non era il caso di tenere nella maniera infruttuosa un conto corrente con 50 milioni presso lo IOR”. Rispondendo alle domande dei pm di Roma, Scarano ha affermato che “l’APSA aveva un patrimonio liquido, credo, di 6/700 milioni di euro, ma forse anche di più. Soldi che giravano e andavano in giro per il mondo dove i nostri superiori andavano poi a vedere la gestione, andavano tre o quattro volte l’anno”.
Nella sopracitata intervista a Vatican News, Mons. Mistò spiega che il Fondo Assistenza Sanitaria (FAS) è una realtà che si basa sulla solidarietà. A parer nostro si tratta di un concetto distorto di solidarietà, poiché è una solidarietà imposta, obbligatoria. Il FAS è l’unico ente della Santa Sede che fa effettuare dalle rispettive amministrazioni un prelievo forzato in busta paga ai dipendenti del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, della Santa Sede e degli Enti collegati. Quindi, i dipendenti elargiscono tale solidarietà sanitaria senza poter rifiutare, anche contro volontà. Ma di questa solidarietà non è dato di sapere a quanto ammontano i proventi. Oltretutto, trattandosi di solidarietà, dovrebbe esserci la massima trasparenza nella gestione finanziaria di tale fondo. Invece, la situazione è tutt’altro che trasparente. Opaca è il termine giusto per definirla.
Scrive Farina: “Il cardinale Angelo Becciu – e ciò vale per i Sostituti predecessori e per l’attuale – non ha mai avuto a che fare con ospedali e simili. La sanità è stata sempre area esclusiva dei Segretari di Stato. Soprattutto sul Bambin Gesù, carissimo ai Pontefici, il Sostituto non vi ha storicamente alcuna competenza, fa semplici accuse di ricevimento delle eventuali comunicazioni provenienti dall’ospedale e le trasmette più in alto”. Se tutti siamo utili e nessuno è indispensabile e se il Cardinale Angelo Becciu, nella sua qualità di Sostituto per gli Affari generali della Prima Sezione della Segreteria di Stato non ha mai gestito il Bambin Gesù e le realtà sanitarie esterne collegate direttamente alla Santa Sede, poiché prerogativa esclusiva del Segretario di Stato, probabilmente non ha gestito da Sostituto nemmeno le realtà sanitarie interne allo Stato della Città del Vaticano. Quindi, Becciu è sempre stato utile, ma non indispensabile, a differenza di chi invece appare insostituibile e incontrastato plenipotenziario della sanità vaticana, a capo delle realtà che la gestiscono.
[*] Dott. Paolo Mennini (andato in pensione nel novembre del 2013) era il Delegato della Sezione straordinaria (cioè quella che gestisce gli investimenti in titoli e obbligazioni, cioè la liquidità della Santa Sede) dell’Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede (APSA), il diretto superiore di Monsignor Nunzio Scarano. È figlio di Luigi Mennini, che era il numero due dello IOR ai tempi di Monsignor Paul Marcinkus.
Concludiamo questa nostra introduzione al pezzo odierno di Farina, con un messaggio appena ricevuto, che ci conferma nel nostro lavoro certosino: “Non sono in grado di valutare le informazioni contenute nei suoi ultimi articoli. Ma mi sento confermato nella convinzione che ci sia del marcio dietro questa storia. Penso sempre di più che il Cardinale Becciu sia la vittima designata di una gigantesca montatura e che il Papa sia stato ingannato. Speriamo che la verità venga alla luce. E grazie per il suo impegnato contributo!”.
L’Espresso attacca perfino il Bambin Gesù
Non gli bastava la topica su Becciu
Il settimanale sguinzaglia il solito [Omissis], già falso prete, per ravanare su presunte trame legate alla sanità vaticana
di Renato Farina
Libero, 14 dicembre 2020
Dall’inizio Libero ha scritto che il caso Becciu è in realtà il caso Espresso. Chi ha armato le pagine del settimanale per attaccare il cardinale sardo, fedele esecutore, come Sostituto della Segreteria di Stato, delle volontà dei Papi (prima di Benedetto XVI e poi di Francesco)? Questa la domanda posta da Vittorio Feltri notando come il diavolo dopo aver costruito le pentole si fosse dimenticato i coperchi. Da cui l’errore bambinesco, la classica pistola fumante, delle dimissioni annunciate prima ancora fossero state decise dal Pontefice, e la vanteria di attribuire a una copia dell’Espresso fatta leggere a Bergoglio il «merito» della defenestrazione ottenuta grazie all’articolo di un falsario condannato per tale e già segnalato da una denuncia ai promotori di giustizia vaticani e allo stesso Guardasigilli della Santa Sede, cardinale Dominique Mamberti.
Come capita ai disperati che, secondo il motto romanesco, «nun ce vonno sta’», allo stesso modo si è comportato ancora in questi giorni il direttore che pur chiamandosi Damilano ha fatto suo quel motto alla vaccinara. E così ha ospitato un nuovo assalto alla baionetta di pastafrolla dell’autore dei servizietti ad uso dei calunniatori da dentro le Mura Leonine di Becciu, [Omissis], a questo punto ridotto a manzoniano vaso di [Omissis].
Rinculo
Non è d’uso nostro storpiare i cognomi, ma impossibile sottrarsi alla tentazione, constatando la miseria del nuovo tentativo. Trattasi di un classico rinculo, detto anche ritirata strategica per salvare la faccia. L’amanuense che in passato si è spacciato per don Andrea Andreani, segretario del Papa, ha una sua strana potenza. Non dimentichiamo che è amico di Roberto Saviano ed è autore di interviste in ginocchio all’allora procuratore capo di Roma e attuale presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Pignatone, assurto a questa carica senza competenze di diritto canonico e per meriti francamente piuttosto misteriosi, visto il clamoroso fiasco dell’inchiesta su Mafia-Capitale (niente mafia, ha sancito la Cassazione) cui doveva popolarità e prestigio.
E così Marco Damilano, pur protetto dall’omertà dei media italiani sulla base dell’assunto cane lecca cane, specie se è grosso (e L’Espresso appartiene al gruppo Gedi-Agnelli, con Repubblica, Stampa, Secolo XIX, quotidiani locali, Radio e tivù), ha rimesso in campo il suo campione di turlupinature per tutelare la periclitante reputazione del periodico. E ha investito ancora sul tema mandando lo sventurato Coccia ad addentare la preda.
Il risultato pubblicato con enfasi sul web e sul cartaceo è un depistaggio malaccorto. Per eterogenesi dei fini rivela due verità:
1) L’Espresso non ha più carte fresche, deve rimestare roba antica;
2) si capisce che Becciu era stato scelto come bersaglio perché leale e fedele al Papa, fuori però dal cerchio dei bergogliani che stanno pensando al proprio futuro post Francesco: l’attacco era a Becciu, uccidendo lui per indebolire la credibilità della Chiesa e lo stesso Papato, disarticolandone la struttura di governo nella sua giuntura più salda e al di sopra di qualunque diceria di corruzione. Se Becciu è marcio, tutta la Chiesa è marcia. Il suo cadavere – inteso come istituzione materiale – va distribuito a iene ed avvoltoi perché, ufficialmente, sia nuda e pura. In realtà svuotata del tesoro dei poveri per darlo ai ricchi adulatori.
Pelo predatorio
Ecco, il secondo punto è quello nuovo fiammante, ma in realtà di antico pelo predatorio. La sanità vaticana fa gola. È un boccone appetitoso. Come si fece a suo tempo nel 1993 con il patrimonio dello Stato italiano, che fini praticamente gratis nel piatto del capitalismo straccione e antipatriottico di Torino e quindi a Parigi e Londra, ora partendo da Becciu si profilerebbe lo smantellamento dei beni della Chiesa e il passaggio di mano delle sue opere: le quali – in nome del «beati i poveri» – ingrasserebbero i soliti ricconi abilissimi nel rendere onore a Francesco purché come Pinocchio affidi al Gatto e alla Volpe le monete d’oro.
Si noti il titolo della cosiddetta inchiesta «Scandalo in Curia, obiettivo Bambin Gesù». È l’ospedale che è la gloria pontificia della cura disinteressata per gli innocenti malati. I quali spesso sono scaricati come merce di scarto da cliniche à la page perché senza chance di una vita «normale». L’articolo di [Omissis] cerca di mettere in relazione i traffici dei lupi intorno alla sanità cattolica mettendoli in conto alle trame di Becciu.
Peccato non ci sia neppure non diciamo prova ma neppure indizio contro il piccolo prelato sardo. Il cardinale Angelo Becciu – e ciò vale per i Sostituti predecessori e per l’attuale – non ha mai avuto a che fare con ospedali e simili.
La sanità è stata sempre area esclusiva dei Segretari di Stato. Soprattutto sul Bambin Gesù, carissimo ai Pontefici, il Sostituto non vi ha storicamente alcuna competenza, fa semplici accuse di ricevimento delle eventuali comunicazioni provenienti dall’ospedale e le trasmette più in alto.
Sulle questioni opache della sanità all’ombra di San Pietro si è diffuso il sito di informazione vaticana più attento al tema (korazym.org), e ha concluso: Becciu non c’entra nulla, prima si smonteranno formalmente le accuse al cardinale, meglio sarà per la Chiesa e per il Papato. Francesco – a quanto ci consta – se ne sta accorgendo.