Per la proibizione delle armi nucleari campane a festa

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“Dopodomani, venerdì 22 gennaio, entrerà in vigore il Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che vieta esplicitamente questi ordigni, il cui utilizzo ha un impatto indiscriminato, colpisce in breve tempo una grande quantità di persone e provoca danni all’ambiente di lunghissima durata. Incoraggio vivamente tutti gli Stati e tutte le persone a lavorare con determinazione per promuovere le condizioni necessarie per un mondo senza armi nucleari, contribuendo all’avanzamento della pace e della cooperazione multilaterale, di cui oggi l’umanità ha tanto bisogno”.

Così aveva ricordato mercoledì scorso papa Francesco al termine dell’udienza generale; mentre in un’intervista a Vatican News mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, ha spiegato il motivo per cui la Santa Sede si è particolarmente impegnata per la sua ratifica:

“L’obiettivo principale del Trattato è quello di vietare le armi nucleari in maniera inequivocabile, inserendole nella stessa categoria di altre armi di distruzioni di massa come le armi chimiche e quelle biologiche, già proibite. In tal modo, pone anche le armi nucleari all’interno di quelle armi il cui uso e possesso vanno continuamente stigmatizzati e delegittimati.

Questo è uno dei motivi per cui la Santa Sede si è impegnata per l’entrata in vigore del Trattato e ha attivamente partecipato al suo processo di redazione. Tale attiva partecipazione è, d’altronde, ben evidenziata dal Messaggio che papa Francesco ha rivolto all’inizio della ‘Conferenza dell’ONU finalizzata a negoziare uno strumento giuridicamente vincolante per proibire le armi nucleari e giungere allo loro totale eliminazione’, svoltasi a New York, dal 27 al 31 marzo 2017.

Un testo molto chiaro che mette in luce anche il perché la Santa Sede incoraggia gli Stati non solo ad aderire al Trattato, ma anche a cercare di comprenderlo nella lettera e nello spirito e a dare seguito a ciò che esso promuove. Molte sue disposizioni richiamano in maniera diretta o indiretta la centralità della persona umana, il paradigma umanitario e le strette connessioni del Trattato con la pace”.

Da tutto il mondo i vescovi hanno accolto l’entrata in vigore di questo Trattato: “Siamo incoraggiati dal fatto che la maggioranza degli Stati membri delle Nazioni Unite sostenga attivamente il nuovo trattato attraverso l’adozione, le firme e le ratifiche. È giusto che la Santa Sede sia stata tra i primi Stati ad aderire all’accordo nel 2017. Inoltre, i sondaggi dell’opinione pubblica mondiale dimostrano la convinzione globale che le armi nucleari debbano essere abolite. La peggiore di tutte le armi di distruzione di massa è stata da tempo giudicata immorale. Adesso è anche finalmente illegale”.

Infine hanno invitato altre conferenze episcopali ad intraprendere azioni concrete: “Invitiamo i colleghi leader della Chiesa a discutere e deliberare sul ruolo significativo che la Chiesa può svolgere nel costruire il sostegno per questa nuova norma internazionale contro le armi nucleari. E’ particolarmente importante per le conferenze episcopali nazionali e regionali, nonché per le istituzioni e le fondazioni cattoliche, verificare se i fondi relativi alla Chiesa vengono investiti in società e banche coinvolte nella produzione di armi nucleari.

In tal caso, intraprendere azioni correttive ponendo fine ai rapporti di finanziamento esistenti e cercare modi per il disinvestimento. Crediamo che il dono della pace di Dio sia all’opera per scoraggiare la guerra e superare la violenza. Pertanto, in questo giorno storico, ci congratuliamo con i membri della Chiesa cattolica che per decenni sono stati in prima linea nei movimenti di base per opporsi alle armi nucleari e ai movimenti per la pace cattolici che fanno parte della Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, vincitrice del Premio Nobel (Ican)”.

Anche in molte diocesi italiane le campane suonano ‘a festa’ per l’entrata in vigore del TPNW, il trattato internazionale sulla proibizione delle armi nucleari, che le rende di fatto illegali  per gli stati che l’hanno ratificato, tra cui l’Italia. Si  tratta del primo trattato internazionale vincolante per la completa proibizione di armi nucleari in un percorso orientato alla loro eliminazione.

A De Finibus Terrae è la Basilica-Santuario di S. Maria di Leuca,  che ogni anno accompagna il movimento di Carta di Leuca, a portare questa buona notizia al mondo, in particolare ai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Alle ore 9 le campane della Basilica suonano per rendere concreta l’adesione di questa ‘terra finestra’ a questo primo passo verso il disarmo nucleare globale, come ha dichiarato mons. Vito Angiuli, vescovo di Ugento – Santa Maria di Leuca:

“La Basilica di Leuca si presenta al mondo come simbolo di terre tenute insieme dal mare dell’unica fratellanza. Da anni, attraverso la Fondazione De Finibus Terrae,  viviamo proprio sul promontorio leucano l’evento internazionale ‘Carta di Leuca’ per accompagnare i giovani dei popoli che si affacciano sul Mediterraneo a fare insieme un cammino disarmante! E quando qualche  piccolo seme porta frutto è bene dargli voce! Lo facciamo suonando le campane della Basilica di S. Maria de finibus terrae”.

Campane a festa anche nelle chiese delle diocesi del Triveneto: “Il suono delle campane è un segno esplicito che avviene nei capoluoghi di diverse diocesi del Triveneto, riconoscendo nell’entrata in vigore di questo Trattato un primo passo verso una ‘cultura della pace’, richiamata dallo stesso papa Francesco nel Messaggio della giornata della pace, celebrata lo scorso 1° gennaio”.

Infine Renata Natili Micheli, presidente nazionale del Centro italiano femminile (Cif), ha richiamato la scelta di discontinuità del neo presidente Biden rispetto alla scelta di Trump: “Il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, nel suo discorso di insediamento, ha ribadito la scelta per il multilateralismo denunciato invece a suo tempo da Trump…

Sarà un primo passo della discontinuità tra l’epoca trumpiana e quella inaugurata da Biden che, fuori di ogni retorica e di ogni simbolismo, allude alla possibilità che un mondo di pace è possibile”.

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