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Papa Francesco invita a promuovere il multilateralismo

“E’ per me sempre un piacere rivolgermi alle donne e agli uomini di scienza, come pure alle persone che nella Chiesa coltivano il dialogo con il mondo scientifico. Insieme potete servire la causa della vita e il bene comune. Nell’Assemblea generale di quest’anno vi siete proposti di affrontare la questione che oggi viene definita policrisi. Essa riguarda alcuni aspetti fondamentali della vostra attività di ricerca nel campo della vita, della salute e della cura”:
così inizia il messaggio che papa Francesco ha inviato dal Policlinico Gemelli ai partecipanti all’Assemblea Generale della Pontificia Academia per la Vita, sul tema ‘The End of the World? Crises, Responsibilities, Hopes’, in svolgimento fino al 5 marzo al Centro Conferenze dell’Augustinianum con planetologi, fisici, biologi, paleoantropologi, teologi, storici.
Nel messaggio il papa ha invitato ad esaminare correttamente la visione del mondo: “Un primo passo da compiere è quello di esaminare con maggiore attenzione quale sia la nostra rappresentazione del mondo e del cosmo. Se non facciamo questo e se non analizziamo seriamente le nostre resistenze profonde al cambiamento, sia come persone sia come società, continueremo a fare ciò che abbiamo fatto con altre crisi, anche recentissime. Pensiamo alla pandemia da covid: l’abbiamo, per così dire, ‘sprecata’; avremmo potuto lavorare più a fondo nella trasformazione delle coscienze e delle pratiche sociali”.
E’ un invito ad ascoltare la scienza: “Ed un altro passo importante per evitare di rimanere immobili, ancorati alle nostre certezze, alle nostre abitudini e alle nostre paure, è ascoltare attentamente il contributo dai saperi scientifici. Il tema dell’ascolto è decisivo. E’ una delle parole-chiave di tutto il processo sinodale che abbiamo avviato e che ora si trova nella sua fase di attuazione. Apprezzo quindi che il vostro modo di procedere ne riprenda lo stile”.
E’ stato un richiamo alla ‘profezia sociale’ del Sinodo: “Vedo in esso il tentativo di praticare nel vostro ambito specifico quella ‘profezia sociale’ a cui anche il Sinodo si è dedicato. Nell’incontro con le persone e con le loro storie e nell’ascolto delle conoscenze scientifiche, ci rendiamo conto di quanto i nostri parametri riguardo all’antropologia e alle culture esigano una profonda revisione”.
Per il papa la scienza ‘propone’ sempre conoscenza: “L’ascolto delle scienze ci propone continuamente nuove conoscenze. Consideriamo quanto ci dicono sulla struttura della materia e sull’evoluzione degli esseri viventi: ne emerge una visione molto più dinamica della natura rispetto a quanto si pensava ai tempi di Newton. Il nostro modo di intendere la ‘creazione continua’ va rielaborato, sapendo che non sarà la tecnocrazia a salvarci: assecondare una deregulation utilitarista e neoliberista planetaria significa imporre come unica regola la legge del più forte; ed è una legge che disumanizza”.
E non a caso ha richiamato all’attenzione dei partecipanti il tentativo di dialogo messo in atto da p. de Chardin: “Possiamo citare come esempio di questo tipo di ricerca p. Teilhard de Chardin e il suo tentativo (certamente parziale e incompiuto, ma audace e ispirante) di entrare seriamente in dialogo con le scienze, praticando un esercizio di trans-disciplinarità… Così egli ha lanciato le sue intuizioni che hanno messo al centro la categoria di relazione e l’interdipendenza tra tutte le cose, ponendo homo sapiens in stretta connessione con l’intero sistema dei viventi”.
Questi modi di interazione possono offrire segnali di speranza: “Questi modi di interpretare il mondo e il suo evolversi, con le inedite modalità di relazione che vi corrispondono, possono fornirci dei segni di speranza, dei quali andiamo in cerca come pellegrini durante questo anno giubilare. La speranza è l’atteggiamento fondamentale che ci sostiene nel cammino”.
Per tali ragioni il papa ha rilanciato la necessità degli organismi internazionali: “Anche per questa dimensione comunitaria della speranza, davanti a una crisi complessa e planetaria, siamo sollecitati a valorizzare gli strumenti che abbiano una portata globale.
Dobbiamo purtroppo constatare una progressiva irrilevanza degli organismi internazionali, che vengono minati anche da atteggiamenti miopi, preoccupati di tutelare interessi particolari e nazionali… In tal modo si promuove un multilateralismo che non dipenda dalle mutevoli circostanze politiche o dagli interessi di pochi e che abbia un’efficacia stabile. Si tratta di un compito urgente che riguarda l’umanità intera”.
Infatti in conferenza stampa mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha sottolineato la necessità di costruire una nuova ‘arca’: “Sta a noi quindi lavorare alla costruzione di un’arca comune con tutti dentro: un nucleo ordinato secondo la parola di Dio, che Noè ha ascoltato attentamente per realizzare il suo artefatto, in modo di custodire la logica della creazione realizzando il proprio percorso grazie alla capacità di stare a galla nel mare che sommerge ogni altra realtà. In questo modo l’arca è simbolo di uno spazio in cui il progetto di vita di Dio può navigare attraverso la morte e la distruzione (violenta) verso un nuovo inizio”.
E’ stato un invito a non disperare come ha fatto Noè: “40 giorni e diverse settimane di esplorazione, che mostrano Noè come uomo della pazienza e della speranza. Una speranza che non è sinonimo di rassegnazione o di rinuncia, ma di attesa operosa ed esplorativa con l’aiuto di tutti i mezzi disponibili (corvi e colombe, allora non c’erano i droni) resistendo nella durata, affidandosi alla promessa di una parola che ritiene degna di fede che richiede una decisione per poter accedere alla realtà di quanto annuncia”.
Mentre dalla prof.ssa Katalin Karikó, premio Nobel per la Medicina 2023, è giunto l’invito alla collaborazione: “Le persone hanno opinioni e pensieri diversi, come un medico o uno scienziato di base, e pensano in modo diverso. Se lavorano insieme e si rispettano a vicenda, è possibile realizzare una nuova invenzione. Questo è ciò che ritengo importante, quindi cerco di sottolineare che le donne sono importanti per la scienza e che la scienza ha bisogno di più donne perché all’inizio ci sono molte donne che si laureano e hanno il loro sogno, ma le difficoltà possono arrivare quando vogliono costruire una famiglia. In molti Paesi, come sappiamo, se non si ha un sostegno economico sufficiente, si deve rinunciare al lavoro perché quel bambino piange e bisogna prendersene cura”.
Per questo il prof. Henk ten Have, docente all’Anahuac University di Città del Messico, ha evidenziato la necessità di una prospettiva educativa: “In primo luogo, l’educazione non dovrebbe concentrarsi solo sul futuro, ma riflettere sul passato (mostrando che nella storia di tutte le civiltà sono circolate idee di declino e collasso), per analizzare il presente (mostrando che le idee apocalittiche non sono uniformi e dipendono dalle condizioni socio-economiche, dalla cultura e dalla religione)”.
Infine suor Giustina Holha Holubets, responsabile dell’associazione ‘NGO Perinatal Hospice’ di Lviv, in Ucraina, ha messo in evidenza le minacce alla vita: “Qualsiasi minaccia alla vita e alla dignità della persona colpisce la Chiesa profondamente nel suo cuore. In particolare diventa attuale al giorno d’oggi dove assistiamo a molti attacchi, la guerra contro la vita delle persone e dei popoli, e in particolare verso la vita fragile e indifesa. Il crimine contro la vita ha oggi una grande diffusione.
Ogni volta che con lo sviluppo della medicina e della tecnologia, si nota una sovrapposizione della diagnosi prenatale con la prevenzione delle malattie ereditarie, spesso questo porta all’interruzione della gravidanza in seguito alla diagnosi. L’aborto cosi comporta una riduzione nelle statistiche delle patologie e malformazioni innate”.
Ed un figlio non nato è sempre un lutto: “La perdita di un bambino è un lutto che lascia il senso di una profonda mancanza, solitudine, tristezza e per questo c’è bisogno di un particolare approccio nell’aiutare all’elaborazione del lutto. Nella società mancano informazioni su che cosa vuol dire il lutto prenatale e perinatale. Non si conoscono le modalità appropriate di comunicazione e di comportamento in queste situazioni”.
Infine la proposta: “Per questo motivo, abbiamo cominciato di sviluppare la celebrazione nel livello nazionale il 15 ottobre del Giorno Mondiale della Consapevolezza sul Lutto in gravidanza e dopo la nascita. Per noi è una opportunità di annunciare il valore e l’importanza di una vita breve. Questo è il giorno dei nostri Angeli. Questo è il giorno per festeggiare la maternità e la paternità”.
Papa Francesco traccia una diplomazia della speranza

“All’inizio di quest’anno, che per la Chiesa cattolica ha una particolare rilevanza, il nostro ritrovarci ha una valenza simbolica speciale, poiché il senso stesso del Giubileo è quello di “fare una sosta” dalla frenesia che contraddistingue sempre più la vita quotidiana, per rinfrancarsi e per nutrirsi di ciò che è veramente essenziale: riscoprirsi figli di Dio e in Lui fratelli, perdonare le offese, sostenere i deboli e i poveri, far riposare la terra, praticare la giustizia e ritrovare speranza. A ciò sono chiamati tutti coloro che servono il bene comune e esercitano quella forma alta di carità (forse la forma più alta di carità) che è la politica”: ha iniziato così il discorso ai diplomatici accreditati presso la Santa Sede papa Francesco per gli auguri di inizio anno attraverso l’esortazione di un appello al dialogo ‘con tutti’ per spezzare le catene dell’odio.
Ricordando le nuove relazioni stabilite nello scorso anno papa Francesco ha proposto le parole del profeta Isaia, narrate dall’evangelista Luca: “…nelle parole del profeta Isaia, che il Signore Gesù fa proprie nella sinagoga di Nazareth all’inizio della sua vita pubblica, secondo il racconto tramandatoci dall’evangelista Luca, troviamo compendiato non solo il mistero del Natale da poco celebrato, ma anche quello del Giubileo che stiamo vivendo”.
Quindi ha citato alcuni avvenimenti successi nello scorso anno: “Il Cristo è venuto ‘a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore’. Purtroppo, iniziamo questo anno mentre il mondo si trova lacerato da numerosi conflitti, piccoli e grandi, più o meno noti e anche dalla ripresa di esecrabili atti di terrore, come quelli recentemente avvenuti a Magdeburgo in Germania e a New Orleans negli Stati Uniti”.
Tali eventi sono anche stati ‘enfatizzati’ dalle fake news: “Vediamo pure che in tanti Paesi ci sono sempre più contesti sociali e politici esacerbati da crescenti contrasti. Siamo di fronte a società sempre più polarizzate, nelle quali cova un generale senso di paura e di sfiducia verso il prossimo e verso il futuro. Ciò è aggravato dal continuo creare e diffondersi di fake news, che non solo distorcono la realtà dei fatti, ma finiscono per distorcere le coscienze, suscitando false percezioni della realtà e generando un clima di sospetto che fomenta l’odio, pregiudica la sicurezza delle persone e compromette la convivenza civile e la stabilità di intere nazioni. Ne sono tragiche esemplificazioni gli attentati subiti dal Presidente del Governo della Repubblica Slovacca e dal Presidente eletto degli Stati Uniti d’America”.
Ciò provoca insicurezza e di conseguenza costruzione di barriere, ricordando il muro che da 50 anni divide gli abitanti di Cipro: “Tale clima di insicurezza spinge a erigere nuove barriere e a tracciare nuovi confini, mentre altri, come quello che da oltre cinquant’anni divide l’isola di Cipro e quello che da oltre settanta taglia in due la penisola coreana, rimangono saldamente in piedi, separando famiglie e sezionando case e città. I confini moderni pretendono di essere linee di demarcazione identitarie, dove le diversità sono motivo di diffidenza, sfiducia e paura… Paradossalmente, il termine confine indica non un luogo che separa, bensì che unisce, ‘dove si finisce insieme’ (cum-finis), dove si può incontrare l’altro, conoscerlo, dialogare con lui”.
Di fronte ad una possibilità di una nuova guerra mondiale il papa ha proposto la riscoperta della relazione, come compito della democrazia: “Il mio augurio per questo nuovo anno è che il Giubileo possa rappresentare per tutti, cristiani e non, un’occasione per ripensare anche le relazioni che ci legano, come esseri umani e comunità politiche; per superare la logica dello scontro e abbracciare invece la logica dell’incontro; perché il tempo che ci attende non ci trovi vagabondi disperati, ma pellegrini di speranza, ossia persone e comunità in cammino impegnate a costruire un futuro di pace.
D’altronde, di fronte alla sempre più concreta minaccia di una guerra mondiale, la vocazione della diplomazia è quella di favorire il dialogo con tutti, compresi gli interlocutori considerati più ‘scomodi’ o che non si riterrebbero legittimati a negoziare. E’ questa l’unica via per spezzare le catene di odio e vendetta che imprigionano e per disinnescare gli ordigni dell’egoismo, dell’orgoglio e della superbia umana, che sono la radice di ogni volontà belligerante che distrugge”.
Inoltre il papa ha messo in guardia gli Stati dal sentirsi autosufficienti: “In ogni epoca ed in ogni luogo, l’uomo è sempre stato allettato dall’idea di poter essere autosufficiente, di poter bastare a sé stesso ed essere artefice del proprio destino. Ogni qualvolta si lascia dominare da tale presunzione, si trova costretto da eventi e circostanze esterne a scoprire di essere debole e impotente, povero e bisognoso, afflitto da sciagure spirituali e materiali. In altre parole, scopre di essere misero e di avere bisogno di qualcuno che lo sollevi dalla propria miseria”.
Davanti a tale ‘sentimento’ ecco emergere la prospettiva cristiana del Natale: “Numerose sono le miserie del nostro tempo. Mai come in quest’epoca l’umanità ha sperimentato progresso, sviluppo e ricchezza e forse mai come oggi si è trovata sola e smarrita, non di rado a preferire gli animali domestici ai figli. C’è un urgente bisogno di ricevere un lieto annuncio. Un annuncio che, nella prospettiva cristiana, Dio ci offre nella notte di Natale! Tuttavia, ciascuno (anche chi non è credente) può farsi portatore di un annuncio di speranza e di verità”.
Ed ha invitato a non ‘crearsi’ verità su misura: “Alcuni diffidano delle argomentazioni razionali, ritenute strumenti nelle mani di qualche potere occulto, mentre altri ritengono di possedere in modo univoco la verità che si sono auto-costruiti, esimendosi così dal confronto e dal dialogo con chi la pensa diversamente. Gli uni e gli altri hanno la tendenza a crearsi una propria ‘verità’, tralasciando l’oggettività del vero. Queste tendenze possono essere incrementate dai moderni mezzi di comunicazione e dall’intelligenza artificiale, abusati come mezzi di manipolazione della coscienza a fini economici, politici e ideologici”.
Inoltre l’intelligenza artificiale amplifica alcune preoccupazioni: “Questo sbilanciamento minaccia di sovvertire l’ordine dei valori inerenti alla creazione di relazioni, all’educazione e alla trasmissione dei costumi sociali, mentre i genitori, i parenti più stretti e gli educatori devono rimanere i principali canali di trasmissione della cultura, a vantaggio dei quali i Governi dovrebbero limitarsi a un ruolo di supporto delle loro responsabilità formative. In quest’ottica si colloca anche l’educazione come alfabetizzazione mediatica, volta ad offrire strumenti essenziali per promuovere le capacità di pensiero critico, per dotare i giovani dei mezzi necessari alla crescita personale e alla partecipazione attiva al futuro delle loro società”.
Ecco l’invito a promuovere una ‘diplomazia’ della speranza: “Una diplomazia della speranza è perciò anzitutto una diplomazia della verità. Laddove viene a mancare il legame fra realtà, verità e conoscenza, l’umanità non è più in grado di parlarsi e di comprendersi, poiché vengono a mancare le fondamenta di un linguaggio comune, ancorato alla realtà delle cose e dunque universalmente comprensibile. Lo scopo del linguaggio è la comunicazione, che ha successo solo se le parole sono precise e se il significato dei termini è generalmente accettato. Il racconto biblico della Torre di Babele mostra che cosa succede quando ciascuno parla solo con ‘la sua’ lingua”.
E’ stato un rilancio del multilateralismo: “Comunicazione, dialogo, e impegno per il bene comune richiedono la buona fede e l’adesione a un linguaggio comune. Ciò è particolarmente importante nell’ambito diplomatico, specialmente nei contesti multilaterali. L’impatto e il successo di ogni parola, delle dichiarazioni, risoluzioni e in generale dei testi negoziati dipende da questa condizione. E’ un dato di fatto che il multilateralismo è forte ed efficace solo quando si concentra sulle questioni trattate e utilizza un linguaggio semplice, chiaro e concordato”.
Quindi il papa ha mostrato la sua preoccupazione per le strumentalizzazioni a fine ideologico: “Risulta quindi particolarmente preoccupante il tentativo di strumentalizzare i documenti multilaterali (cambiando il significato dei termini o reinterpretando unilateralmente il contenuto dei trattati sui diritti umani) per portare avanti ideologie che dividono, che calpestano i valori e la fede dei popoli. Si tratta infatti di una vera colonizzazione ideologica che, secondo programmi studiati a tavolino, tenta di sradicare le tradizioni, la storia e i legami religiosi dei popoli. Si tratta di una mentalità che, presumendo di aver superato quelle che considera ‘le pagine buie della storia’, fa spazio alla cancel culture; non tollera differenze e si concentra sui diritti degli individui, trascurando i doveri nei riguardi degli altri, in particolare dei più deboli e fragili”.
Per questo il papa ha detto che l’aborto non è un diritto: “In tale contesto è inaccettabile, ad esempio, parlare di un cosiddetto ‘diritto all’aborto’ che contraddice i diritti umani, in particolare il diritto alla vita. Tutta la vita va protetta, in ogni suo momento, dal concepimento alla morte naturale, perché nessun bambino è un errore o è colpevole di esistere, così come nessun anziano o malato può essere privato di speranza e scartato”.
La proposta del papa è la diplomazia del ‘perdono’: “Una diplomazia della speranza è pure una diplomazia di perdono, capace, in un tempo pieno di conflitti aperti o latenti, di ritessere i rapporti lacerati dall’odio e dalla violenza, e così fasciare le piaghe dei cuori spezzati delle troppe vittime. Il mio auspicio per questo 2025 è che tutta la Comunità internazionale si adoperi anzitutto per porre fine alla guerra che da quasi tre anni insanguina la martoriata Ucraina e che ha causato un enorme numero di vittime, inclusi tanti civili. Qualche segno incoraggiante è apparso all’orizzonte, ma molto lavoro è ancora necessario per costruire le condizioni di una pace giusta e duratura e per sanare le ferite inflitte dall’aggressione”.
Ed ha ribadito l’appello alla pace in Terra Santa: “Allo stesso modo rinnovo l’appello a un cessate-il-fuoco e alla liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza, dove c’è una situazione umanitaria gravissima e ignobile, e chiedo che la popolazione palestinese riceva tutti gli aiuti necessari. Il mio auspicio è che Israeliani e Palestinesi possano ricostruire i ponti del dialogo e della fiducia reciproca, a partire dai più piccoli, affinché le generazioni a venire possano vivere fianco a fianco nei due Stati, in pace e sicurezza, e Gerusalemme sia la ‘città dell’incontro’, dove convivono in armonia e rispetto i cristiani, gli ebrei e i musulmani”.
Ma lo sguardo del papa si estende anche al Myanmar ed alla situazione in America Latina: “Il mio pensiero va in modo particolare al Myanmar, dove la popolazione soffre grandemente a causa dei continui scontri armati, che obbligano la gente a fuggire dalle proprie case e a vivere nella paura.
Duole poi constatare che permangono, specialmente nel continente americano, diversi contesti di acceso scontro politico e sociale. Penso ad Haiti, dove auspico che si possano quanto prima compiere i passi necessari per ristabilire l’ordine democratico e fermare la violenza. Penso pure al Venezuela e alla grave crisi politica in cui si dibatte. Essa potrà essere superata solo attraverso l’adesione sincera ai valori della verità, della giustizia e della libertà, attraverso il rispetto della vita, della dignità e dei diritti di ogni persona (anche di quanti sono stati arrestati in seguito alle vicende dei mesi scorsi), attraverso il rifiuto di ogni tipo di violenza e, auspicabilmente, l’avvio di negoziati in buona fede e finalizzati al bene comune del Paese.
Penso alla Bolivia, che sta attraversando una preoccupante situazione politica, sociale ed economica; come pure alla Colombia, dove confido che con l’aiuto di tutti si possa superare la molteplicità dei conflitti che hanno lacerato il Paese da troppo tempo. Penso, infine, al Nicaragua, dove la Santa Sede, che è sempre disponibile a un dialogo rispettoso e costruttivo, segue con preoccupazione le misure adottate nei confronti di persone e istituzioni della Chiesa e auspica che la libertà religiosa e gli altri diritti fondamentali siano adeguatamente garantiti a tutti”.
E la pace è garantita anche con la libertà religiosa: “Effettivamente non c’è vera pace se non viene garantita anche la libertà religiosa, che implica il rispetto della coscienza dei singoli e la possibilità di manifestare pubblicamente la propria fede e l’appartenenza ad una comunità. In tal senso preoccupano molto le crescenti espressioni di antisemitismo, che condanno fortemente e che interessano un sempre maggior numero di comunità ebraiche nel mondo.
Libertà religiosa messa a rischio nel Medio Oriente: “I cristiani possono e vogliono contribuire attivamente all’edificazione delle società in cui vivono. Anche laddove non sono maggioranza nella società, essi sono cittadini a pieno titolo, specialmente in quelle terre in cui abitano da tempo immemorabile. Mi riferisco in modo particolare alla Siria, che dopo anni di guerra e devastazione, sembra stia percorrendo una via di stabilità. Auspico che l’integrità territoriale, l’unità del popolo siriano e le necessarie riforme costituzionali non siano compromesse da nessuno, e che la Comunità internazionale aiuti la Siria ad essere terra di convivenza pacifica dove tutti i siriani, inclusa la componente cristiana, possano sentirsi pienamente cittadini e partecipare al bene comune di quella cara Nazione.
Parimenti penso all’amato Libano, auspicando che il Paese, con l’aiuto determinante della componente cristiana, possa avere la necessaria stabilità istituzionale per affrontare la grave situazione economica e sociale, ricostruire il sud del Paese colpito dalla guerra e implementare pienamente la Costituzione e gli Accordi di Taif. Tutti i libanesi lavorino affinché il volto del Paese dei Cedri non sia mai sfigurato dalla divisione, ma risplenda sempre per il ‘vivere insieme’ e il Libano rimanga un Paese-messaggio di coesistenza e di pace”.
Quindi c’è bisogno di una diplomazia di libertà, capace di liberare dalle ‘tossicodipendenze’, come ha contribuito il cristianesimo: “In pari tempo, occorre prendersi cura delle vittime di questi traffici, che sono i migranti stessi, costretti a percorrere a piedi migliaia di chilometri in America centrale come nel deserto del Sahara, o ad attraversare il mare Mediterraneo o il canale della Manica in imbarcazioni di fortuna sovraffollate, per poi finire respinti o trovarsi clandestini in una terra straniera. Dimentichiamo facilmente che ci troviamo davanti a persone che occorre accogliere, proteggere, promuovere e integrare…
Si considerano le persone in movimento solo come un problema da gestire. Esse non possono venire assimilate a oggetti da collocare, ma hanno una dignità e risorse da offrire agli altri; hanno i loro vissuti, bisogni, paure, aspirazioni, sogni, capacità, talenti. Solo in questa prospettiva si potranno fare passi avanti per affrontare un fenomeno che richiede un apporto congiunto da parte di tutti i Paesi, anche attraverso la creazione di percorsi regolari sicuri”.
E nell’appello finale il papa ha chiesto la liberazione dei prigionieri e l’eliminazione della pena di morte: “La diplomazia della speranza è infine una diplomazia di giustizia, senza la quale non può esservi pace. L’anno giubilare è un tempo favorevole per praticare la giustizia, per rimettere i debiti e commutare le pene dei prigionieri. Non vi è però debito che consenta ad alcuno, compreso lo Stato, di esigere la vita di un altro. Al riguardo, reitero il mio appello perché la pena di morte sia eliminata in tutte le Nazioni, poiché essa non trova oggi giustificazione alcuna tra gli strumenti atti a riparare la giustizia”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco a Singapore: costruire il multilateralismo

Da Singapore, dove è arrivato ieri per l’ultima tappa del viaggio apostolico, papa Francesco nei discorso al Corpo Diplomatico ha rivolto un messaggio di speranza, come ha scritto nel Libro d’Oro: “Come la stella che guidò i Magi, così la luce della sapienza orienti sempre Singapore nella costruzione di una società unita e capace di trasmettere speranza”.
In apertura del suo discorso il papa ha evidenziato proprio l’aspetto di un crocevia, ringraziando dell’accoglienza: “Chi arriva qui per la prima volta non può non essere impressionato dalla selva di modernissimi grattacieli che sembrano sorgere dal mare. Essi sono una chiara testimonianza dell’ingegno umano, della dinamicità della società di Singapore e dell’acume dello spirito imprenditoriale, che qui hanno trovato un terreno fertile per esprimersi”.
Quest’anno Singapore festeggia i 101 anni dalla nascita di Lee Kuan Yew, che fu il Primo Ministro della Repubblica e che dal 1959 al 1990 diede forte impulso ai cambiamenti del Paese: “E’ frutto di decisioni razionali e non del caso, è il risultato di un costante impegno nel portare a termine progetti e iniziative ben ponderate e in sintonia con le caratteristiche specifiche del luogo… Singapore non solo ha prosperato economicamente, ma si è sforzata di costruire una società nella quale la giustizia sociale e il bene comune sono tenuti in grande considerazione”.
In effetti la prosperità economica di Singapore ha corso in parallelo alla costruzione di una società attenta alla giustizia sociale e al bene comune, anche se il papa ha messo in luce un rischio pericoloso se i provvedimenti non sono giusti: “Su questo fronte, riconosco e lodo le varie politiche e iniziative messe in atto per sostenere i più deboli, e auspico che venga prestata particolare attenzione ai poveri, agli anziani, le cui fatiche hanno gettato le fondamenta per la Singapore che conosciamo oggi, e anche per tutelare la dignità dei lavoratori migranti, che molto contribuiscono alla costruzione della società, e ai quali occorre garantire un salario equo”.
In effetti la cura è possibile se si mantengono le relazioni: “E’ essenziale coltivare relazioni umane reali e concrete; e che queste tecnologie si possono valorizzare proprio per avvicinarsi gli uni agli altri, promuovendo comprensione e solidarietà, e non per isolarsi pericolosamente in una realtà fittizia e impalpabile”.
Quindi ha sottolineato la coesistenza armonica di etnie, culture e religioni: “Singapore è un mosaico di etnie, culture e religioni che convivono in armonia, e questa parola è molto importante: l’armonia. Il raggiungimento e la conservazione di questa positiva inclusività sono favoriti dall’imparzialità dei poteri pubblici, impegnati in un dialogo costruttivo con tutti, rendendo possibile che ognuno apporti il suo peculiare contributo al bene comune e non consentendo all’estremismo e all’intolleranza di acquisire forza e di mettere in pericolo la pace sociale.
Il rispetto reciproco, la collaborazione, il dialogo e la libertà di professare il proprio credo nella lealtà alla legge comune sono condizioni determinanti del successo e della stabilità ottenuti da Singapore, requisiti per uno sviluppo non conflittuale e caotico, ma equilibrato e sostenibile”.
Poi ha ringraziato la Chiesa per le opere caritative nell’istruzione, nella sanità e negli aiuti umanitari, ricordando i missionari, che hanno inculturato la fede: “La Chiesa Cattolica a Singapore, fin dall’inizio della sua presenza, ha cercato di offrire il proprio apporto peculiare al cammino di questa Nazione, soprattutto nei settori dell’istruzione e della sanità, avvalendosi dello spirito di sacrificio e di dedizione dei missionari e dei fedeli.
Sempre animata dal Vangelo di Gesù Cristo, la comunità cattolica è anche in prima linea nelle opere di carità, contribuendo in modo significativo agli sforzi umanitari e gestendo a questo fine diverse istituzioni sanitarie e molte organizzazioni umanitarie, tra cui la Caritas che tutti conosciamo”.
Inoltre quest’anno ricorre anche l’anniversario delle relazioni tra Santa Sede e Singapore: “Questa mia visita, giunge a 43 anni da quando furono stabilite le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Singapore. Essa si propone di confermare nella fede i cattolici ed esortarli a proseguire con gioia e dedizione la collaborazione con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, per la costruzione di una società civile sana e coesa, per il bene comune e per una testimonianza cristallina della propria fede”.
Ha, quindi, elogiato lo Stato per aver dato un contributo allo sviluppo del multiculturalismo: “Singapore ha anche un ruolo specifico da giocare nell’ordine internazionale (questo non lo dimentichiamo) minacciato oggi da conflitti e guerre sanguinose, e mi rallegro che abbia meritoriamente promosso il multilateralismo e un ordine basato su regole da tutti condivise. Vi incoraggio a continuare a lavorare per l’unità e la fraternità del genere umano, a beneficio del bene comune di tutti, di tutti i popoli e di tutte le Nazioni, con una comprensione non escludente né ristretta degli interessi nazionali”.
Infine ha chiesto una tutela per le famiglie che rischiano di essere ‘indebolite’: “Nelle condizioni sociali attuali, le fondamenta su cui si basano le famiglie sono messe in discussione e rischiano di venire indebolite. Occorre che esse vengano poste nella condizione di trasmettere i valori che danno senso e forma alla vita e di insegnare ai giovani a formare relazioni solide e sane. Sono perciò da lodare gli sforzi compiuti per promuovere, proteggere e sostenere l’unità familiare attraverso il lavoro di varie istituzioni”.
E non ha dimenticato la cura per il creato: “Non possiamo nascondere che oggi viviamo in una crisi ambientale, e non dobbiamo sottovalutare l’impatto che una piccola Nazione come Singapore può avere in essa. La vostra posizione unica vi offre accesso a capitali, tecnologie e talenti, risorse che possono guidare l’innovazione per prendersi cura della salute della nostra casa comune.
Il vostro impegno per uno sviluppo sostenibile e per la salvaguardia del creato è un esempio da seguire, e la ricerca di soluzioni innovative per affrontare le sfide ambientali può incoraggiare altri Paesi a fare lo stesso. Singapore è un brillante esempio di ciò che l’umanità può realizzare lavorando insieme in armonia, con senso di responsabilità e con spirito di inclusività e fraternità”.
Nel ringraziamento il Presidente della Repubblica, Shanmugaratnam, ha condiviso le parole del papa: “Per noi la solidarietà e l’armonia sono state e continueranno ad essere aspetti centrali”, illustrando alcuni progetti per la salvaguardia ambientale sempre più efficace. La giornata era iniziata con un incontro con i Gesuiti, con cui ha parlato di p. Pedro Arrupe e di p. Matteo Ricci, come è stato sottolineato da un tweet di p. Spadaro: “E’ stata un’altra figura di riferimento, perché punto di riferimento per i gesuiti in questo luogo”..
(Foto: Santa Sede)
Mattarella all’ONU: garantire a tutti la democrazia e la pace

“La ringrazio molto, Signor Segretario generale, per questa accoglienza e per la possibilità di dialogare con lei in questo momento così delicato della vita della comunità internazionale. Sono lietissimo di poter analizzare con lei le crisi che vi sono. Occorre, in questo momento, riuscire a interrompere ovunque le spirali di violenza; la spirale di azione e reazione che fa aggravare i problemi e non consente di risolverli. Sono qui all’ONU per testimoniare, ancora una volta, quanto l’Italia abbia fiducia nelle Nazioni Unite e anche nella sua azione, Signor Segretario generale. Tanto più nel mondo crescono le crisi, le difficoltà, le contrapposizioni, i contrasti, tanto più si afferma quanto vi sia indispensabile bisogno dell’azione delle Nazioni Unite”.
Dopo il saluto iniziale il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, al Palazzo di Vetro dell’ONU ha parlato del sedicesimo obiettivo di sviluppo dell’Agenda 2030 come un traguardo urgente: “Pace, inclusione, giustizia, sono capisaldi irrinunciabili per lo sviluppo sostenibile di ogni Paese e di ogni società, e mi piace sottolineare come siano principi portanti anche dell’ordinamento costituzionale italiano. L’esistenza di un sistema di tutele e di garanzie giuridiche è pre-condizione al godimento dei diritti della persona e, appunto, per lo sviluppo umano, inteso nel suo senso più alto”.
Infatti quello programmato dall’ONU è un obiettivo con un orizzonte concreto: “L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con i suoi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, ha il merito di avere fornito un orizzonte concreto per il loro realizzarsi, indicando un percorso che tutti gli Stati Membri si sono impegnati a perseguire nell’interesse dei popoli, e che passa anzitutto dalla preservazione del pianeta, il luogo che abitano”.
Ed ha denunciato il ritardo accumulato negli scorsi decenni: “All’intensificarsi degli effetti negativi del cambiamento climatico si aggiunge il proliferare di drammatici conflitti che allontanano dall’impegno di dare priorità a quell’agenda. Le conseguenze sono disastrose: allo stato attuale solo una parte modestissima degli obiettivi dell’Agenda 2030 sarebbe raggiungibile nei tempi indicati. Il lavoro che attende questa Conferenza preparatoria sarà prezioso, come avvenuto per le edizioni precedenti di Roma, in particolare in vista del ‘Summit per il Futuro’, previsto il prossimo settembre. Il quadro giuridico entro cui si colloca la capacità di perseguire gli obiettivi dell’Agenda è strumento essenziale”.
Quindi per proseguire nel dialogo questo Obiettivo è fondamentale: “Come potremmo parlare, infatti, di pace come sviluppo se non sostenendo i diritti delle persone e dei popoli? Come potremmo, se non affermando la pratica, nei conflitti, dei principi delle Convenzioni di Ginevra in materia di diritto umanitario, oggi apertamente violati? Se non ponendo in campo norme e iniziative a tutela della condizione femminile, contro la violenza sui fanciulli e sulle donne, sullo sfruttamento da parte della criminalità organizzata, sulla marginalizzazione dei disabili?
Sono questioni che riguardano da vicino le istituzioni e l’amministrazione della giustizia. Si tratta di por fine alla insicurezza cui sono confinate troppe popolazioni e troppe persone”.
Nel ricordo di Giovanni Falcone ha sottolineato la necessità di ‘costruire’ società democratiche: “Se questi sono temi di urgenza particolare, la prospettiva verso la quale ci muoviamo è quella di rendere le nostre società più coese e giuste, allargando gli spazi civici e politici di partecipazione a tutte le componenti delle società; rendendo le istituzioni, a ogni livello, più inclusive e più rappresentative: in ultima analisi rinsaldando il ‘contratto sociale’ tra popoli e istituzioni. Si tratta di condizioni essenziali per lo sviluppo della persona, purtroppo fragili o assenti in tante parti del mondo”.
Quindi pace e sviluppo non possono essere disgiunti: “Viviamo in un’epoca con il maggior numero di conflitti dalla fine della Seconda guerra mondiale che divorano enormi risorse nella corsa agli armamenti, sottraendole allo sviluppo. L’appello alla costruzione delle condizioni necessarie per la pace e per porre fine ai conflitti non potrebbe essere più necessario e urgente.
Fronteggiamo oggi un pericolo ulteriore che mina il rapporto di fiducia con le istituzioni e tra i Paesi, quello della disinformazione. E’ di venerdì scorso la Giornata mondiale per la libertà di stampa che ammonisce, ogni anno, sul valore della libertà dell’informazione per il mantenimento della democrazia. Temi come l’accesso all’informazione, la libertà di espressione, la tutela della privacy, appartengono, a buon diritto, alle mete incluse nell’Obiettivo 16, oggetto di questa discussione”.
E l’Italia farà la sua parte nel favorire una nuova visione del ‘multilateralismo’: “Con (e nelle) Nazioni Unite dobbiamo lavorare per ricostituire la fiducia tra le nazioni, rinsaldare la cooperazione internazionale e tessere nuove reti di comprensione e di collaborazione.
E’ sulla base di questo approccio che l’Italia dispiega la sua azione, con ferma determinazione nel sostenere gli strumenti di dialogo basati su quel principio di multilateralismo che oggi vediamo così drammaticamente messo in discussione dall’aggressione russa all’Ucraina e dalle conseguenze dell’irrisolto conflitto israelo-palestinese. Non possiamo continuare ad attardarci in relazioni tra Paesi basate su visioni ed eredità ottocentesche, su pulsioni di potenza”.
(Foto: Quirinale)
Papa Francesco invita a lodare Dio

“Lodate Dio per tutte le sue creature. Questo è stato l’invito che San Francesco d’Assisi ha fatto con la sua vita, i suoi canti, i suoi gesti. In tal modo ha ripreso la proposta dei salmi della Bibbia e ha ripresentato la sensibilità di Gesù verso le creature del Padre suo: ‘Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro’. ‘Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio’. Come non ammirare questa tenerezza di Gesù per tutti coloro che ci accompagnano nel nostro cammino?”
Papa Francesco: la pace è integrale

Alla riunione dei capi di Stato del G7 a Tokjo, dove si sono decise sanzioni contro la Russia, che ha invaso l’Ucraina, con il possibile invio dei F16 all’esercito ucraino, papa Francesco ha inviato al vescovo di Hiroshima, mons. Alexis Mitsuru Shirahama, un messaggio, pregando che sia un summit ‘fruttuoso’:
Parolin a Tolentino per la festa dei ‘panini benedetti’ senza pazienza non c’è diplomazia

Domenica 19 marzo nella basilica di san Nicola da Tolentino si è conclusa la festa dei ‘panini benedetti’, alla presenza dei sindaci della comunità montana ‘Monti Azzurri’, con una concelebrazione eucaristica presieduta dal segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, che nell’omelia al vangelo del ‘cieco nato’ ha sottolineato che Dio salva attraverso la fede di colui che cerca la guarigione, come avvenne a san Nicola, che pregando intensamente ottenne la grazia della guarigione per intervento della Vergine Maria, che, apparsa in visione, gli aveva assicurato: ‘Chiedi in carità, in nome di mio Figlio, un pane. Quando lo avrai ricevuto, tu lo mangerai dopo averlo intinto nell’acqua, e grazie alla mia intercessione riacquisterai la salute’.
Papa Francesco in Kazakhstan: la democrazia è la via per l’armonia tra i popoli

Durante il viaggio aereo che lo portava nella capitale del Kazakhstan papa Francesco ha ricevuto dalla giornalista di Radio Cope, Eva Fernández un ‘pagne’, tipico indumento del Mozambico (chiamato ‘capulana’), dono delle suore comboniane per ricordare l’uccisione suor Maria Coppi, per “per presentare a Papa Francesco, la vita del popolo mozambicano che in questo momento ha bisogno di cura, di essere protetta con la capulana della preghiera, della giustizia, della prossimità, della solidarietà”, come si legge in un comunicato.
Per la proibizione delle armi nucleari campane a festa

“Dopodomani, venerdì 22 gennaio, entrerà in vigore il Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che vieta esplicitamente questi ordigni, il cui utilizzo ha un impatto indiscriminato, colpisce in breve tempo una grande quantità di persone e provoca danni all’ambiente di lunghissima durata. Incoraggio vivamente tutti gli Stati e tutte le persone a lavorare con determinazione per promuovere le condizioni necessarie per un mondo senza armi nucleari, contribuendo all’avanzamento della pace e della cooperazione multilaterale, di cui oggi l’umanità ha tanto bisogno”.