L’amore a Dio ed alla Chiesa di p. Bartolomeo Sorge

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Oggi si svolgono i funerali di p. Bartolomeo Sorge, direttore de La Civiltà Cattolica (1973-1985), poi fondatore dell’Istituto di formazione politica ‘Pedro Arrupe’ a Palermo (1985-1996) e direttore delle riviste ‘Popoli’ (1999-2005) e ‘Aggiornamenti Sociali’ (1997-2009).

Ad Avvenire così lo ha ricordato p. Filippo Rizzi: “Padre Sorge aveva il dono della parola e la capacità del grande oratore nei dibattiti grazie anche alla sua preparazione nel campo della Dottrina sociale della Chiesa: si era laureato, tra l’altro, in teologia nell’Università dei gesuiti di Comillas. Sarà proprio nel 1966 il gesuita p. Roberto Tucci, perito al Vaticano II e futuro cardinale, a chiamare il promettente gesuita a far parte del collegio degli scrittori de La Civiltà Cattolica, di cui sarà direttore dal 1973 al 1985…

In quegli anni romani intrattenne rapporti con grandi personaggi della Chiesa del tempo: oltre che con l’amato Paolo VI (di cui anche nella sua semplice ‘cella’ di Gallarate conserverà molte lettere autografe), con il segretario generale della Cei il vescovo Enrico Bartoletti o con i cardinali Antonio Poma e Ugo Poletti (che lo nominerà esorcista per la diocesi di Roma), ad Albino Luciani (che da patriarca di Venezia lo sceglierà come predicatore di Esercizi Spirituali nella diocesi lagunare e a cui indirizzerà una delle sue ultime lettere appena eletto Papa) fino a Salvatore Pappalardo”.

Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo ha ricordato come persona a fianco dei deboli: “La morte di padre Bartolomeo Sorge lascia un vuoto nella società italiana, in cui si è impegnato con tutta la sua grande cultura e passione fino agli ultimi giorni. Non ha esitato a schierarsi in prima fila per combattere le diseguaglianze, le ingiustizie, la mafia e lascia ai giovani una ricca eredità di pensiero, di valori, di esperienze”.

Mentre ‘Aggiornamenti Sociali’ ricorda i suoi 162 articoli sulla rivista: “Caro p. Bartolomeo, qualche anno fa scrivevi, citando papa Benedetto XVI: ‘Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo diritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità.

Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri’. Grazie per averci testimoniato che questo è possibile: hai contagiato chi ti incontrava con la tua allegria e la tua fiducia e gli hai fatto respirare la gioia del Vangelo.

Grazie per il tuo infaticabile impegno a fare uscire la Chiesa ‘dalle mura del tempio’ attraverso i tuoi scritti e le centinaia di incontri in tutta l’Italia e non solo. Grazie per non aver taciuto quello che hai visto e udito, fino all’ultimo giorno”.

Nel 2012 a Korazym delineò la dinamicità della Chiesa: “Pertanto, la fedeltà nella trasmissione delle verità rivelate, che compongono il cosiddetto ‘depositum fidei’, non va intesa in forma statica, quasi si trattasse di conservare la verità in una sorta di scrigno sigillato, da trasmettere ben chiuso e conservato di generazione in generazione; la fedeltà va intesa in forma dinamica: non solo non vieta, ma esige che si tenga conto dell’evoluzione nella conoscenza delle verità rivelate, grazie al divenire delle situazioni storiche e culturali.

La verità rivelata aiuta a meglio comprendere la storia, e la storia aiuta a meglio comprendere la verità rivelata.  Il terzo importante ‘balzo in avanti’ sta nella rivalutazione dell’autonomia e della laicità sia delle realtà terrestri, sia della missione propria dei fedeli laici. La salvezza evangelica e la promozione umana, pur essendo distinte, non sono estranee una all’altra; tra i due piani non vi è dicotomia o dualismo, ma integrazione e complementarità. Perciò, il Concilio ha ripensato in modo nuovo il rapporto tra fede e storia, tra Chiesa e mondo”.

(Foto: Vatican Media)

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