Liberi p. Macalli e Chiacchio
Ieri dopo due anni sono stati liberati, a pochi giorni dalla giornata missionaria, p. Pierluigi Maccalli e Nicola Chiacchio, che stanno bene e rientrano in Italia, come ha riferito l’Aise: “Abbiamo eseguito intense attività di intelligence realizzate in contesti territoriali caratterizzati da estrema complessità e pericolosità. Il buon esito dell’operazione, oltre a mettere in luce la professionalità, le capacità operative e di relazione dell’intelligence, ha evidenziato anche l’eccellente opera investigativa dell’Autorità giudiziaria italiana”.
Fondamentale è stato anche il contributo dell’Unità di crisi della Farnesina che ha mantenuto i contatti con le famiglie. Entrambi gli ostaggi si trovavano nel nord del Mali. I due, molto dimagriti, sembravano comunque in buona salute. Negli ultimi giorni sono stati liberati nel Paese quasi 200 jihadisti in cambio degli ostaggi; oltre a Chiacchio e Maccalli sono stati liberati anche la volontaria francese, Sophie Petronin, e il leader dell’opposizione maliana, Soumalia Cisse.
Padre Macalli, originario di Crema, operava da anni nella diocesi di Bomoanga, località a 150 chilometri a sud-ovest della capitale nigerina, Niamey, vicina al confine con il Burkina Faso. Un gruppo di uomini armati, probabilmente appartenenti alla comunità principalmente musulmana dei fulani, ha fatto irruzione nella missione la sera del 17 settembre 2018 sequestrando il religioso e rubando anche del materiale come telefoni e computer. Erano invece più incerte le notizie sull’ingegnere aereospaziale campano, Nicola Chiacchio, il quale stava viaggiando per la regione senza particolari accorgimenti rispetto ai livelli di sicurezza da rispettare.
In un tweet la Cei ha ringraziato coloro che hanno operato per la liberazione: “Accogliamo con gioia la notizia della liberazione in Mali di padre Pierluigi Maccalli e Nicola Chiacchio. Ringraziamo il Signore ed esprimiamo gratitudine a coloro che hanno lavorato per la liberazione, mentre continuiamo a pregare per quanti risultano scomparsi”.
Gioia anche dalla fondazione pontificia ‘Aiuto alla Chiesa che soffre’: “Era ora che un grande italiano venisse restituito alla sua famiglia, ai suoi fedeli, ai suoi confratelli. La notizia era nell’aria. Da un paio di giorni filtrava ottimismo per le sue sorti e per quelle di altri sequestrati in quell’area del mondo. Siamo felicissimi e ringraziamo coloro, non tanti per la verità, che in questi due anni hanno fatto sì che sulla tragedia di padre Gigi non calasse un definitivo oblio”.
Un anno fa in un’intervista all’Agenzia Fides il teologo ivoriano Donald Zagore, missionario della Società delle Missioni Africane (SMA), aveva così descritto p. Macalli: “Quando un missionario offre la propria vita e arriva anche a morire per fare trionfare la buona notizia del Vangelo, diventa un eroe di fede e di missione. Padre Luigi Maccalli è un eroe della missione.
Le esperienze più forti e difficili, come quella che attualmente sta vivendo padre Gigi, lungi dal creare paura e dubbio, devono aprire lo spirito delle giovani generazioni alla verità fondamentale dell’impegno missionario. Oggi, la dinamica del sacrificio che nutre fondamentalmente l’attività missionaria è sempre più relegata in secondo piano.
Molti sono missionari solo di nome, mentre nel concreto della vita quotidiana rimangono confinati nei loro comfort. Non si abbraccia la vita missionaria per cercare onori, potere, gloria. La vita missionaria significa testimoniare il Vangelo e soprattutto Cristo morto e risorto per la salvezza di tutti anche a rischio della vita.
Il sacrificio che padre Maccalli sta offrendo è degno di un autentico missionario. Il nostro impegno è continuare a pregare affinché la sua fede diventi lo strumento di conversione e pentimento dei suoi rapitori. Dio scrive dritto anche sulle linee storte della vita”.
(Foto: Avvenire)