Ravenna: i cristiani annuncino la risurrezione

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‘La libertà religiosa sia per il bene di tutti’: citando il titolo di un recente documento della Commissione teologica internazionale l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, mons. Lorenzo Ghizzoni, mettendo al centro il tema della libertà religiosa nella messa del patrono cittadino e della regione, sant’Apollinare, chiedendo “la sapienza per conciliare le esigenze che nascono dai diritti fondamentali con quelle della tutela della salute fisica, psichica e morale di tutti, perché la dimensione religiosa sia rispettata e accolta da tutti, senza contrapporre Cesare e Dio, lo stato e la Chiesa, ma mettendo al centro la persona umana con tutte le sue relazioni, compresa quella con Dio”.

Per l’arcidiocesi di Ravenna è stata la prima celebrazione diocesana con la presenza dei fedeli dopo il lockdown e le domande che esso ha posto a credenti e non credenti sono state al centro nell’omelia dell’arcivescovo: “Quello che ci colpisce è l’intervento di Dio nella storia di un popolo, per ristabilire la giustizia sociale, i rapporti di solidarietà tra le persone nelle comunità e per difendere i deboli da chi esercita il potere in modo violento contro i suoi sudditi, anziché mettersi al servizio della crescita e del bene di tutti.

Come questo sono numerosissimi i testi dell’Antico Testamento dove si vede l’intervento costante di Dio per fare giustizia, per ristabilire il diritto, per capovolgere le sorti quando i superbi, i ricchi, i potenti schiacciano, umiliano, depredano i deboli, i poveri, gli umili.

Nel Magnificat, Maria raccoglie tutti questi interventi di Dio e li vede come il frutto della sua misericordia che si stende di generazione in generazione. Dio riporta la giustizia e capovolge le situazioni umane e sociali, perché non è solo un Dio ‘etico’, che vuole il bene e la giustizia, ma è un Padre che per amore viene in soccorso dei suoi figli più deboli, più piccoli, quelli che sono senza voce e senza diritti”.

Riprendendo l’enciclica di papa Benedetto XVI, ‘Deus est caritas’, mons. Ghizzoni ha invitato i cattolici ad un impegno nella difesa dei diritti: “I cristiani sono quindi chiamati ad un impegno serio, non facoltativo, nella società civile e nella comunità politica che è a suo servizio, per affermare la giustizia, la solidarietà, la cura del bene comune, il rispetto della persona umana, della sua vita e della sua dignità. Su di essa si fondano i diritti fondamentali della persona (e i rispettivi doveri), che non sono realtà negoziabili”.

I fedeli laici hanno il ‘diritto-dovere’ di partecipare alla vita sociale: “Come cittadini dello Stato tocca ad essi partecipare in prima persona alla vita pubblica e, nel rispetto delle legittime autonomie, cooperare a configurare rettamente la vita sociale, insieme con tutti gli altri cittadini secondo le competenze di ognuno e sotto la propria autonoma responsabilità.

La conversione al Vangelo infatti chiede di rinnovare in profondità tutte le dimensioni della esistenza umana: la fede in Gesù Cristo incide nella sfera personale come in quella sociale, in quella etica come in quella spirituale. La comunità dei primi cristiani descritta negli Atti degli apostoli ne è un modello ideale e da realizzare in ogni tempo”.

La partecipazione alla vita sociale nella città è un elemento che essenziale per esercitare la carità: “Non è quindi solo una motivazione umanitaria o filantropica, o tantomeno ideologica, che ci deve spingere, ma c’è un dato più profondo che ci chiede di agire in politica con coraggio e con fermezza, con una presenza liberatrice, capace di promuovere tutto l’uomo, di aprirlo a una speranza nuova, di orientarlo alla cura per ogni fratello e alla custodia per la terra, nostra casa comune”.

Riprendendo l’esortazione apostolica di papa Francesco, ‘Evangelii Gaudium’, mons. Ghizzoni ha sottolineato il valore della ‘fratellanza’ come comunione trinitaria: “Ma il tema della ‘fratellanza’ è stato secolarizzato e applicato in diversi contesti storici o attuali, con modalità che lo hanno allontanato dalla sua verità originale, cioè dall’amore fraterno frutto dell’annuncio evangelico e dell’esperienza di fede.

Tanto che le ‘fratellanze’ sono divenute dei circoli chiusi, delle alleanze politiche contro qualcun altro, dei movimenti nazionalisti che vogliono affermare la superiorità di un popolo su altri popoli, addirittura dei gruppi terroristici che usano la appartenenza religiosa per darsi una identità e commettere violenze sui loro nemici. Siamo ben lontani dalla meraviglia e dall’entusiasmo di vivere la fraternità e la giustizia del Vangelo!”

Per i credenti il vangelo indica la difesa della vita umana, che consiste nel dare a tutti la possibilità di avere diritto ad una vita ‘degna’: “Ma significa anche non piegarsi alla rivendicazione di presunti diritti che sono invece bisogni individuali che contrastano con il diritto fondamentale alla vita, con il sostegno alla famiglia naturale, o con il bene comune, che è bene di tutti, anche delle minoranze che si sentono discriminate.

Significa trovare, di fronte al problema mondiale delle migrazioni, soluzioni umane, equilibrate, regolamentate, affinché (come diceva Paolo VI già nel 1967) ci sia un crescita nella solidarietà mondiale che ‘deve consentire a tutti i popoli di divenire essi stessi gli artefici del loro destino’”.

Ha concluso con l’invito ad essere ‘forza di ricostruzione’: “Ci preme in ogni caso sostenere che una linea ‘cattolica’ in politica, per ispirazione e per convinzione, deve essere libera nel rapporto con qualsiasi centro di potere (politico, economico e culturale) e al tempo stesso deve essere consapevolmente aperta al dialogo senza paura e senza pregiudizi con chiunque abbia sincero interesse a costruire una società più solidale e più libera, più ricca di carità e di giustizia. Compito dei cattolici oggi è quello di essere una ‘forza di ricostruzione’. Vorremmo che lo fossero tutti insieme, uniti”.

(Foto: diocesi di Ravenna-Cervia)

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