In Italia la denatalità avanza

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Gli italiani continuano a diminuire: alla fine dello scorso anno i residenti ammontano a 60.317.000; quindi 116.000 in meno rispetto al 2018: calo dovuto sostanzialmente al Mezzogiorno e al Centro, mentre nel Nord Italia crescono con un buon ritmo Bolzano (5 per mille), Trento (3,6 per mille), la Lombardia e l’Emilia Romagna. Tra le Regioni del Centro quella con il tasso inferiore di perdita è la Toscana. Il calo della popolazione è determinato dalle nascite, decisamente inferiori ai decessi: sono rispettivamente 435.000 contro 647.000. La differenza è infatti di 212.000 unità: per ogni 100 persone che muoiono ne nascono solo 67.

Quindi la popolazione residente in Italia è in calo per il quinto anno consecutivo, nonostante il saldo migratorio con l’estero risulti ancora positivo, nel 2019 per 143.000 unità (è la differenza tra 307.000 nuove iscrizioni e 164.000 cancellazioni): la quota di popolazione straniera sul totale è dell’8,9%.

Dal lato delle iscrizioni si assiste a una sostanziale riduzione del volume complessivo se confrontato con quello del biennio precedente, con 25.000 ingressi in meno rispetto al 2018 e 34.000 sul 2017. Parallelamente, si assiste a un nuovo rialzo delle cancellazioni per l’estero, il cui volume totale, sfiorando le 164.000 unità, raggiunge il livello più alto da che sono disponibili statistiche omogenee sul fenomeno (1981).

Sul piano territoriale, tutte le regioni sono interessate da saldi migratori con l’estero positivi, tuttavia in veste più accentuata nel Nord (3,1 per mille abitanti) e nel Centro (2,9 per mille), rispetto a un Mezzogiorno meno attrattivo (1,1 per mille). La regione con la più vivace dinamica per migrazioni internazionali è l’Emilia-Romagna (3,8 per mille), che precede Toscana (3,7) e Lombardia (3,5), mentre appaiate per livelli minimi risultano Sicilia e Sardegna (0,6 per mille).

Per quanto riguarda la natalità, nonostante l’ennesimo record negativo di nascite, la fecondità rimane costante al livello espresso nel 2018, ossia 1,29 figli per donna. Nell’ultimo biennio, in particolare, tra le donne residenti in età feconda (convenzionalmente di 15-49 anni) si stima una riduzione di circa 180.000 unità.

L’età media al parto ha toccato i 32,1 anni, anche perché nel frattempo la fecondità espressa dalle donne 35-39enni ha superato quella delle 25-29enni. Non solo, fanno più figli le donne ultraquarantenni di quanti ne facciano le giovani sotto i 20 anni di età mentre il divario con le 20-24enni è stato quasi del tutto assorbito.

Comunque circa un quinto delle nascite occorse nel 2019 è da parte di madre straniera: tra queste, pari ad un totale di 85.000, 63.000 sono quelle prodotte con partner straniero (che quindi incrementano il numero di nati in Italia con cittadinanza estera), 22.000 quelle con partner italiano. I nati da cittadine italiane sono invece 349.000, di cui 341.000 con partner connazionale e circa 8.000 con partner straniero.

Le donne straniere, che usualmente evidenziano un comportamento riproduttivo più marcato e che sono favorite da una struttura per età più giovane, hanno avuto in media 1,89 figli (contro 1,94 del 2018). Le italiane, dal canto loro, con 1,22 figli sono rimaste all’incirca allo stesso livello dell’anno precedente (1,21). Nel frattempo, l’età media al parto sale di un ulteriore punto decimale sia per le straniere sia per le italiane. Le prime, abitualmente precoci, procreano in media intorno ai 29,1 anni di età. Le italiane, come noto più tardive, hanno come riferimento centrale i 32,6 anni.

Anche nel 2019, come succede da qualche anno, la fecondità più elevata si manifesta nel Nord del Paese (1,36 figli per donna), ben davanti a quella del Mezzogiorno (1,26) e del Centro (1,25). Inoltre sono migliorate le condizioni di sopravvivenza della popolazione e si registra un ulteriore aumento della speranza di vita alla nascita.

A livello nazionale gli uomini sfiorano gli 81 anni, le donne gli 85,3. Per gli uni come per le altre l’incremento sul 2018 è pari a 0,1 decimi di anno, corrispondente a un mese di vita in più. Però, dopo decenni di costanti e consistenti incrementi l’Istat sottolinea come la speranza di vita abbia iniziato a rallentare il suo ritmo di crescita, fenomeno particolarmente accentuato tra le donne.

Il presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo, a margine dell’incontro al Quirinale con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha commentato ii dati dell’Istat, sostenendo la necessità di un patto per la natalità: “Il Forum Famiglie ripete da ormai 5 anni, inascoltato dalla politica, l’urgenza di un Patto per la natalità con cui mettere insieme tutte le forze del Paese per far ripartire le nascite.

Per questo, il 15 maggio a Roma terremo gli Stati Generali della Natalità: incontreremo tutte le componenti più importanti e strategiche a livello nazionale per spingerle ad agire e cambiare le cose. Il tempo per evitare il default del Welfare nazionale è quasi scaduto. Non sarà facendo finta di nulla che salveremo quello che resta dell’Italia. L’anno buono per le famiglie non può essere sempre il prossimo: è ora che la politica dia risposte concrete. Da parte nostra, saremo ancora qui anche il prossimo anno, per vedere se qualcosa finalmente è cambiato”.

Mentre il presidente di Ai.Bi, Marco Griffini, ha evidenziato il disinteresse della politica per l’adozione: “I dati Istat sulla impressionante crisi demografica che ha investito l’Italia parlano chiaro. E, di fronte a circa 3.000.000 di coppie sposate sterili, la cui unica possibilità per divenire genitori è quella del percorso adottivo, il disinteresse dei Governi in carica dal 2011 per l’adozione internazionale è davvero gravissimo”.

Griffini ha parlato di ‘ecatombe demografica’: “Il totale disinteresse dello Stato per l’adozione internazionale, certificato dalla vicenda dei fondi stanziati e poi non spesi: ricordiamo infatti come, dal 2013 al 2017, siano stati stanziati, tra il Fondo per il sostegno alle adozioni internazionali e quello per le attività di cooperazione a sostegno dell’adozione internazionale, € 101.000.000 e ne sia stato impiegato solo il 10%.

Questo disinteresse ha di fatto quasi distrutto un sistema capace solo 8 anni fa di accogliere in Italia più di 4.000 minori ogni anno. E non è questione di minore disponibilità di minori adottabili, anzi. Ogni settimana i 49 enti autorizzati in Italia ricevono dai vari Paesi schede relative a bambini dichiarati adottabili… Questo significa che per combattere la denatalità le famiglie ci sarebbero, i minori che invece una famiglia la cercano anche, i soldi pure. Cosa manca? La volontà politica!”

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