San Giovanni Paolo II: un papa nella storia

San Giovanni Paolo II
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Karol Józef Wojtyła nacque il 18 maggio 1920 a Wadowice, cittadina polacca situata a 48 km a sud-ovest di Cracovia. Era il terzo figlio di Emilia, nata Kaczorowska (1884-1929), e di Karol Wojtyła senior (1879-1941). Essendo un ex ufficiale dell’esercito austro-ungarico, egli volle dare al terzogenito il nome dell’ultimo imperatore asburgico, Carlo I ma,  durante la giovinezza, venne  chiamato da amici e  familiari ‘Lolek’.  Karol subì varie perdite tra cui la madre nel 1929. Quando Karol, che aveva nove anni, seppe della notizia, disse: ‘Era la volontà di Dio’.

Dopo questo evento, suo padre, uomo molto religioso, si impegnò  per fare studiare il figlio Karol, il quale visse la sua gioventù  in stretto contatto anche con  l’allora numerosa comunità ebraica di Wadowice. Nell’estate del 1938, Karol e il padre, da Wadowice si trasferirono a Cracovia. Qui il giovane si iscrisse all’Università Jagellonica nel semestre autunnale. Nel suo primo anno, non si limitò a studiare filologia, lingua e letteratura polacca, ma  prese anche lezioni private di francese.

Lavorò come bibliotecario volontario e fece l’addestramento militare obbligatorio nella legione accademica. Alla fine dell’anno accademico 1938-1939, impersonò il ruolo di Sagittarius nell’opera fiabesca ‘The Moonlight Cavalier’, prodotta da una compagnia teatrale sperimentale e studiò  varie lingue, così da conoscerne e parlarne undici: polacco, slovacco, russo, italiano, francese, spagnolo, portoghese, tedesco, ucraino, inglese, latino ecclesiastico ed esperanto.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale, Karol e suo padre fuggirono da Cracovia verso est, come migliaia di altri polacchi. Durante la fuga, a volte, si nascosero nei fossi per sfuggire alla Luftwaffe. Dopo avere camminato per duecento chilometri, a causa dell’invasione sovietica della Polonia, furono costretti a tornare a Cracovia.

Nel novembre seguente, 184 accademici dell’Università Jagellonica furono arrestati e l’Università chiusa. Tutti i maschi abili furono costretti a lavorare. Nel primo anno di guerra Karol lavorò come fattorino per un ristorante. Questo lavoro gli permise di continuare gli studi,  la carriera teatrale e atti di resistenza culturale. Intensificò anche lo studio del francese.

Anche grazie al sostegno della sua insegnante di francese, dall’autunno del 1940, Karol iniziò a lavorare nelle cave di pietra della Solvay.  Questo lo risparmiò dal lavoro forzato in Germania. L’azienda, infatti, produceva soda caustica, particolarmente importante nel periodo bellico. Il lavoro presso la Solvay durò fino al 1944, nel frattempo, il padre morì nel 1941. Nel 1942, Karol entrò nel seminario clandestino diretto dall’arcivescovo di Cracovia Sapieha. Il 29 febbraio 1944, tornando a casa dal lavoro alla cava, fu investito da un camion tedesco, perse coscienza e passò due settimane in ospedale, riportando un trauma cranico acuto, numerose escoriazioni e una ferita alla spalla. Secondo la biografia del papa, scritta da George Weigel, essere sopravvissuto a questo, confermò a Wojtyła la propria vocazione religiosa.

Nel 1944, dopo la rivolta di Varsavia, il 6 agosto la Gestapo rastrellò Cracovia, deportando i giovani maschi per evitare una simile ribellione. Quando la Gestapo perquisì la casa di Wojtyła, egli riuscì a scampare alla deportazione nascondendosi dietro una porta. Si rifugiò nel Palazzo vescovile, dove rimase fino alla fine della guerra. Quando i tedeschi lasciarono la città, i seminaristi restaurarono il vecchio seminario.

Karol Wojtyła venne ordinato presbitero il 1º novembre 1946 dall’arcivescovo di Cracovia, poi si trasferì  a Roma per continuare  gli studi teologici presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino. Nella tesi di dottorato, che aveva per tema la dottrina della fede in San Giovanni della Croce, Wojtyła si concentrò sulla natura personale dell’incontro tra l’uomo e Dio.

Nel 1948, la sua prima missione pastorale fu nel paesino di Niegowić, a venticinque chilometri da Cracovia. Nel 1949, fu trasferito nella parrocchia di San Floriano a Cracovia. Insegnò etica all’Università Jagellonica e, poi, all’Università Cattolica di Lublino.

A Cracovia si distinse per la sua attività di opposizione al regime comunista. In particolare, fece pubblicare a puntate nel suo giornale diocesano alcuni libri usciti all’epoca e colpiti dalla censura comunista. Tra questi Ipotesi su Gesù di Vittorio Messori e Lettera a un bambino mai nato della scrittrice fiorentina Oriana Fallaci. Nel 1958, fu nominato vescovo titolare di Ombi e ausiliare di Cracovia, e quattro anni dopo assunse la guida dell’arcidiocesi come vicario capitolare. Il 13 gennaio 1964, papa Paolo VI lo nominò arcivescovo di Cracovia.

Wojtyła partecipò al Concilio Vaticano II, contribuendo ai documenti per la stesura della Dignitatis Humanae e della Gaudium et Spes, due dei documenti storici più importanti e influenti prodotti dal concilio intervenendo saggiamente in vari schemi preparatori. Poi partecipò alla  Pontificia commissione per il controllo della popolazione e delle nascite.

Il 26 giugno 1967 fu nominato cardinale di San Cesareo in Palatio da papa Paolo VI. Nell’agosto del 1978, dopo la morte di Paolo VI, partecipò al conclave che si concluse con l’elezione di Albino Luciani, ( papà Giovanni Paolo I), il patriarca di Venezia, il quale fu papa per soli 33 giorni.  In ottobre, Wojtyła fece ritorno in Vaticano per il nuovo conclave.

Dopo 455 anni dalla nomina di papa  Adriano VI, eletto nel 1522, il quale era olandese, fu chiamato a capo delia Chiesa un papa straniero. Nonostante i favoriti fossero Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, e Giovanni Benelli, arcivescovo di Tusuros (Senegal) Wojtyła, venne eletto all’ottavo scrutinio, con grande stupore di tutto il mondo.

Alle 18:18 del 16 ottobre 1978 dal comignolo della Sistina si levò la fumata bianca. Poco meno di mezz’ora dopo, alle 18:45, il cardinale protodiacono Pericle Felici annunciò l’avvenuta elezione. Pare che Wojtyła volesse scegliere come nome pontificale Stanislao, in onore del santo patrono della Polonia. Non essendo però un nome che rientrava nella tradizione romana, il papa scelse di chiamarsi Giovanni Paolo II, per ricordare il predecessore. Pare che Papa Luciani avesse detto di volersi chiamare Giovanni Paolo I perché certo che sarebbe venuto un Giovanni Paolo II.

Quando si presentò alla folla, contrariamente a quanto previsto dal cerimoniale, decise di rivolgere un discorso di saluto, definendosi «un nuovo vescovo di Roma […] chiamato da un paese lontano» e catturando la simpatia degli italiani dicendo: «se mi sbaglio mi corrigerete!».

Nell’ Omelia per la messa di inizio del pontificato, il papà disse: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa!» 

Egli continuò a rinnovare le celebrazioni e ad avvicinarsi alla gente facendo a meno di parte della simbologia e del cerimoniale tradizionale al fine di rendere il suo pontificato meno simile a un vero e proprio regno. Decise anche di non usare il plurale maiestatis, riferendosi a sé stesso con ‘Io’ e non con i ‘Noi’. Celebrò una semplice messa al posto della tradizionale cerimonia di incoronazione papale. Il suo stemma, come quello dei predecessori, fu sormontato dal triregno un copricapo extra-liturgico adottato dai papi, sia negli stemmi sia nelle apparizioni pubbliche, visto spesso come un simbolo di potere terreno e di ricchezza, ma egli disse:

“Il Papa Giovanni Paolo I, il cui ricordo è così vivo nei nostri cuori, non ha voluto il triregno e oggi non lo vuole il suo successore. Non è il tempo, infatti, di tornare ad un rito e a quello che, forse ingiustamente, è stato considerato come simbolo del potere temporale dei Papi”.

Così egli utilizzò la mitra. Il papa volle iniziare il suo pontificato rendendo omaggio ai due patroni d’Italia, visitando Assisi, per venerare san Francesco e la basilica di Santa Maria sopra Minerva in Roma, per venerare la tomba di santa Caterina da Siena. Il suo pontificato fu caratterizzato da un’intensa attività pastorale in tutto il mondo, operando per la pace, il miglioramento delle relazioni con le altre religioni, in primo luogo con anglicani e ortodossi. Riconobbe ufficialmente lo Stato di Israele e chiese perdono per le mancanze e i peccati dei cristiani verso i ‘fratelli maggiori’ nel corso dei secoli.

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