Dalla cura per me alla cura per gli altri

La canzone ‘La cura per me’ di Giorgia tratta dell’amore come cura alla solitudine. È così che chi vive ai margini cerca di aggrapparsi all’amore/affetto di qualcuno. Un ‘samaritano’ che gli sta accanto o chi dice di ricambiare i suoi sentimenti e lo ama. Ci sono molte realtà, anche che si autodefiniscono cristiane, dove si cerca di accoppiare un utente solo e con difficoltà con un altro utente o un assistente a sua volta solo, ma con meno difficoltà. Questo è brutto perché svilisce i sentimenti e fa sentire, quando la persona lo capisce, non amabile. Cosa succede quando la persona non si accorge e aspetta con ansia il ritorno a casa dell’altro? Cosa succede quando l’amore è nella variabile amicizia tra aiuto e assistito?
Magari si tratta solo di una persona che necessita compagnia per un pò, sa intendere e volere ed ha solo bisogno di comprensione. Questo capita ad anziani, giovani o neo adulti con lievi difficoltà, magari fisiche. La canzone di Giorgia, se non per poche frasi che potrebbero di più fare pensare alla relazione amorosa, è adatta a tutti i tipi di amore. Perché l’ ‘amore è una cosa semplice’ , come fece notare Tiziano Ferro a suo tempo, ma non solo quando ‘c’è ed è vero e ti semplifica la vita’. Lo è anche e soprattutto quando capisci cosa vuol dire amore: amicizia, rapporto tra genitori e figli, fratellanza, sorellanza….anche questi sono tipi di amore.
L’assistenza a chi è solo, se fatta con il cuore, è una forma di amore. L’argomento è stato spesso trattato, ma già dal 2013, per papa Francesco, il tema delle ‘Periferie del Cuore’ era importante. Durante la Messa crismale del 2013, papa Francesco ha invitato i sacerdoti ad andare sia nella periferia geografica che in quella ‘esistenziale’. La periferia dell’esistenza comprende: persone sole, malate, non autosufficienti, abbandonate… Se, oltre ai preti, ciascuno di noi avesse in sé la capacità, o almeno la volontà, perché spesso è quella che manca, di amare gli altri per quello che sono con e per noi sarebbe ancora meglio. Bisogna aprirsi all’altro, sempre e senza riserve.
Chi vive nelle periferie esistenziali ha imparato ad agire come noi altri abbiano fatto da tempo. Restano concentrati su se stessi, sulla loro casa, professione, situazione personale… Ma c’è una differenza: per molto tempo, diversamente da chi non ha mai fatto parte del gruppo periferia esistenziale, loro non sono stati così ed hanno
cercato disperatamente di dimostrarlo, di fare vedere il proprio valore prima che, come nel caso dei malati, quella capacità venisse persa. A loro basta poco per tornare ad aprirsi ed a fidarsi, a differenza dei ‘centro esistenziale’ che si fanno molte ‘paranoie’. Il fatto è che per motivazioni economiche, narcisistiche (perché sì, se non vuoi farti vedere vicino a qualcuno che ha un difetto, anche lieve, o un altro colore della pelle perché la tua immagine si rovina e perdi i favori degli altri, sei un narciso) e altre ‘buone scuse’, queste persone sono state lasciate sole e quindi si centrano su se stesse e ciò che resta loro cercando disperatamente di non impazzire.
Il Papa ha chiesto di essere presenti ‘dove c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni’. Qui si allarga il discorso ma, per restare nel nostro contesto, i cattivi padroni possono contenere anche la differenza, la solitudine, l’abbandono e la malattia che, se non si risolvono con l’altrui aiuto, ti portano verso cattivi padroni peggiori, che credo conosciamo tutti e non debbano essere elencati. Il punto è che tutti lo sanno, ma finché non vengono toccati, gli altri’ che hanno il problema possono andare a quel paese. Quando, invece, tocca a chi non aveva avuto questo bisogno fino a poco prima, sembra che sia esplosa una bomba, scoppiata la guerra o qualche altra catastrofe. Allora qualcuno potrebbe fargli la domanda: ‘Ma come, non era mica una cosa da poco?’ Ed ecco un altro fatto da non sottovalutare circa le difficoltà di comunicazione tra le varie zone del mondo esistenziale e anche tra.’vecchia’ e ‘nuova’ periferia. Ma perché questo accade? Perché si crolla dalle stelle alle stalle?
Sempre nello stesso periodo, il papa aveva definito questo tempo quello dei soli senza solitudine ‘pensata e vissuta’: una difficoltà umana e profonda. L’invito del papa, era ed è ancora quello di uscire dal centralismo del ‘mi godo la mia bella vita, i miei soldi, la mia carriera, il mio successo’ da solo, escludendo gli altri, per buttarsi in quelle realtà di vera solitudine. . Non si capisce se non si tocca con mano, da fuori non si può comprendere perché la gente si attacchi a una debole speranza, a una promessa fatta, alla presenza di una persona che è disponibile spesso e dona momenti felici… Cosa si può consigliare alle persone che hanno un ruolo nelle vite di chi vive nelle periferie?
Prendete sul serio quello che state facendo con quella persona che ha bisogno di voi. Le cose cambiano e potrebbe succedere che siate voi ad avere bisogno di lei. E’ brutto da dire, ma non tutti perdonano, non tutti porgono l’altra guancia, anche se si etichettano come credenti. Quindi torna al conflitto tra vecchia e nuova periferia. Ci sono quelli che rendono pan per focaccia, anche solo per un po’ per fare pesare ciò che avete fatto di male, per poi aiutarvi e… amici come prima. Altre persone, più fragili, potrebbero non perdonare affatto e chiudervi la porta in faccia.
Potreste recuperare comunque, ma con più difficoltà. Una ferita a chi è stato illuso ed abbandonato per l’ennesima volta, fa molto male. Pensate bene: vorrei che fosse fatto a me quello che io ho fatto a questa persona?
Mi piacerebbe essere trattato con disprezzo, abbandonato per un immagine di successo personale (chissà poi se duratura e reale)? Vorrei credere che chi mi sta accanto e si comporta da amico lo sia davvero, per poi scoprire che per lui ‘era solo lavoro’? Se la risposta è no, allora siate sinceri, dite subito le vostre intenzioni, ma non atteggiatevi, poi, a quello che non siete, se sapete che per voi quel rapporto non è importante. Prima di pensare di lasciare una persona delle periferie esistenziali, assicuratevi di poterla davvero continuare a trattare come amica e non lasciatela sola da un giorno all’altro.
Sta a voi trovare sostituti accettabili, visto che ve ne andate di vostra volontà per inseguire il vostro ‘sogno di libertà. Ricordatevi che, spesso, proprio gli ‘ultimi’ sono quelli che danno di più a livello di tempo ed affetto, ma non per questo vanno sfruttati. Vanno davvero amati. Non sono il ‘tappabuco’ dei vostri conoscenti del ‘centro città e centro esistenziale’. Spesso sono angeli mandati sulla terra per consolare, dare amore, amicizia… L’unico modo per averli accanto, però, è andarli a cercare.
Andateli a cercare nelle loro case, nei centri per disabili, nelle case famiglia, negli ospedali, nelle carceri… Anche i luoghi abituali dove vedete persone sempre sole, ma desiderose di affetto vanno bene: scuola, parco, lavoro… Le periferie sono ovunque. Non lasciate che i soli restino tra loro, vivendo un contatto esclusivamente tramite i social con loro simili. Accoglieteli. Ricordatevi che chi vive nelle periferie esistenziali è una persona come voi con dei doveri, ma anche diritti. Ha sogni ed emozioni come voi.