Papa Francesco: lo sfruttamento minorile è un crimine

Condividi su...

“Vorrei ringraziare il circo. Il lavoro del circo è un lavoro umano, un lavoro d’arte, un lavoro che comporta tanto sforzo. Quando tornerà vi chiamo all’applauso”: al termine dell’udienza generale papa Francesco ha ringraziato il circo ‘Rony Roller’, che ha allietato la mattinata, come nella scorsa settimana aveva fatto il ‘Circo Africa’, chiedendo di pregare per le popolazioni colpite dalle alluvioni e dalle guerre:

“L’altro ieri una frana ha travolto abitazioni in Myanmar provocando vittime, dispersi e ingenti danni. Sono vicino alla popolazione colpita da questa sciagura a prego per quanti hanno perso la vita e i loro famigliari. Non manchi il sostegno e la solidarietà della comunità internazionale… Non dimentichiamo l’Ucraina, la Palestina, Israele e tutti i Paesi che sono in guerra; la guerra una sconfitta. Preghiamo anche per la conversione del cuore dei fabbricanti delle armi, perché con il loro prodotto aiutano ad uccidere”.

Mentre nella catechesi si è soffermato sulla piaga del lavoro minorile: “Eppure, ancora oggi nel mondo, centinaia di milioni di minori, pur non avendo l’età minima per sottostare agli obblighi dell’età adulta, sono costretti a lavorare e molti di loro sono esposti a lavori particolarmente pericolosi. Per non parlare dei bambini e delle bambine che sono schiavi della tratta per prostituzione o pornografia, e dei matrimoni forzati. E questo è un po’ amaro. Nelle nostre società, purtroppo, sono molti i modi in cui i bambini subiscono abusi e maltrattamenti”.

Ha affermato che l’abuso sui minori è un crimine: “L’abuso sui minori, di qualunque natura esso sia, è un atto spregevole, è un atto atroce. Non è semplicemente una piaga della società, no, è un crimine! È una gravissima violazione dei comandamenti di Dio. Nessun minore dovrebbe subire abusi. Anche un solo caso è già troppo.

Occorre, dunque, risvegliare le nostre coscienze, praticare vicinanza e concreta solidarietà con i bambini e i ragazzi abusati, e nello stesso tempo costruire fiducia e sinergie tra coloro che si impegnano per offrire ad essi opportunità e luoghi sicuri in cui crescere sereni. Conosco un Paese in America Latina, dove cresce un frutto speciale, molto speciale, che si chiama arandano (una specie di mirtillo). Per fare la raccolta dell’arandano ci vogliono mani tenere e la fanno fare ai bambini, li schiavizzano da bambini per la raccolta”.

E’ una situazione tragica: “Le povertà diffuse, la carenza di strumenti sociali di supporto alle famiglie, la marginalità aumentata negli ultimi anni insieme con la disoccupazione e la precarietà del lavoro sono fattori che scaricano sui più piccoli il prezzo maggiore da pagare. Nelle metropoli, dove ‘mordono’ il divario sociale e il degrado morale, ci sono ragazzini impiegati nello spaccio di droga e nelle più disparate attività illecite.

Bambini ‘sacrificati’, perché non si ha il coraggio della denuncia, come è stato per Loan: “Quanti di questi ragazzini abbiamo visto cadere come vittime sacrificali! A volte tragicamente essi sono indotti a farsi “carnefici” di altri coetanei, oltre che a danneggiare sé stessi, la propria dignità e umanità. E tuttavia, quando in strada, nel quartiere della parrocchia, queste vite smarrite si offrono al nostro sguardo, spesso guardiamo dall’altra parte.

C’è un caso anche nel mio Paese, un ragazzo chiamato Loan è stato rapito e non si sa dov’è. E una delle ipotesi è che sia stato mandato per togliere gli organi, per fare trapianti. E questo si fa, lo sapete bene. Questo si fa! Alcuni tornano con la cicatrice, altri muoiono. Per questo io vorrei oggi ricordare questo ragazzo Loan”.

Ecco l’appello a combattere lo sfruttamento minorile: “Ci costa riconoscere l’ingiustizia sociale che spinge due bambini, magari abitanti dello stesso rione o condominio, a imboccare strade e destini diametralmente opposti, perché uno dei due è nato in una famiglia svantaggiata. Una frattura umana e sociale inaccettabile: tra chi può sognare e chi deve soccombere. Ma Gesù ci vuole tutti liberi, felici; e se ama ogni uomo e ogni donna come suo figlio e figlia, ama i più piccoli con tutta la tenerezza del suo cuore.

Perciò ci chiede di fermarci e di prestare ascolto alla sofferenza di chi non ha voce, di chi non ha istruzione. Combattere lo sfruttamento, in particolare quello minorile, è la strada maestra per costruire un futuro migliore per tutta la società. Alcuni Paesi hanno avuto la saggezza di scrivere i diritti dei bambini. I bambini hanno diritti. Cercate voi stessi su internet quali sono i diritti del bambino”.

E’ stato un invito ad acquisire consapevolezza sulla realtà dello sfruttamento: “La consapevolezza su quello che acquistiamo è un primo atto per non essere complici. Vedere da dove vengono quei prodotti. Qualcuno dirà che, come singoli, non possiamo fare molto. E’ vero, ma ciascuno può essere una goccia che, insieme a tante altre gocce, può diventare un mare.

Occorre però richiamare anche le istituzioni, comprese quelle ecclesiali, e le imprese alla loro responsabilità: possono fare la differenza spostando i loro investimenti verso compagnie che non usano e non permettono il lavoro minorile… Non abbiate paura, denunciate, denunciate queste cose”.

Ha concluso l’udienza generale con una preghiera di santa Teresa di Calcutta: “Santa Teresa di Calcutta, gioiosa operaia nella vigna del Signore, è stata madre delle bambine e dei bambini tra i più disagiati e dimenticati. Con la tenerezza e l’attenzione del suo sguardo, lei può accompagnarci a vedere i piccoli invisibili, i troppi schiavi di un mondo che non possiamo lasciare alle sue ingiustizie. Perché la felicità dei più deboli costruisce la pace di tutti.

E con Madre Teresa diamo voce ai bambini: Chiedo un luogo sicuro dove posso giocare. Chiedo un sorriso di chi sa amare. Chiedo il diritto di essere un bambino, di essere speranza di un mondo migliore. Chiedo di poter crescere come persona. Posso contare su di te?”

In precedenza aveva ricevuto i presidenti ed i direttori nazionali delle Caritas dell’America Latina e dei Caraibi: “E’ per me un grande piacere ricevervi qui oggi, in quello che è il secondo corso di formazione promosso dalla Caritas America Latina e Caraibi. Lo è perché rappresenta il consolidamento di processi volti a creare quella cultura della cura che abbiamo scelto di chiamare salvaguardia”.

Salvaguardia significa anche custodia e protezione: “Il Signore chiede a noi, suoi inviati, suoi angeli nel senso della missione, anche se non della purezza, di porre il segno della sua croce benedetta sulla fronte di tutti coloro che si rivolgono alla nostra Caritas, gemendo e lamentandosi per tante ingiustizie, perfino abominazioni perpetrate contro di loro”.

Il segno è un riconoscimento della propria dignità: “Porre ‘virtualmente’ questo segno su ogni assistito, su ogni professionista, su ogni essere umano che incontriamo, è riconoscere in lui la sua dignità di fratello in Cristo, di redento dal sangue del Salvatore, vedere in Lui la ferita aperta del Redentore che Egli offre la sua mano tesa perché possiamo riconoscere il mistero della sua incarnazione”.

Tale segno di ‘custodia’ è anche un ‘comando’ di Dio: “E’ anche assumere l’imperativo ineludibile del Signore che ci comanda: ‘non toccare il mio consacrato’. In questo senso, custodia è un nome divino, è Cristo stesso scritto sulla fronte di ogni uomo e di ogni donna e, come in uno specchio, nel cuore di ciascuno di noi che, nella nostra fragilità, vogliamo essere portatori del suo amore. in piccoli gesti di carità e di cura”.

(Foto: Santa Sede)

151.11.48.50